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Autore: Dragonfly92    12/02/2019    5 recensioni
Stavano morendo e Peter li ha guardati, li ha sentiti morire.
Uno ad uno.
Peter ha detto di essere morto insieme a loro.
Tony gli ha dato uno schiaffo.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il getto dell'acqua tace e le urla riempiono il box.

Rimbombano, lo scuotono.

La voce è graffiata, le corde vocali stirate.

Tony rischia di scivolare spalancando le ante.

“SIGNOR STARK!”

La nebbia del vapore lo rallenta, tentoni per strappare un asciugamano dal gancio e stringerselo addosso.

Il piede slitta, imprecazioni masticate.

La porta spalancata, i nervi frustati da quella voce.

Quella maledetta voce.

“Peter!”

Lo sguardo del ragazzo lo ingoia e Tony si maledice.

PERCHE' NON HA RISPOSTO! PERCHE'!”

Peter lo urla con gli occhi, con le braccia tese e con le mani aggrappate alle lenzuola.

Lo urla col terrore che gli riempie ogni tratto del viso, lo urla senza voce.

“Signor Stark!”, ripete.

“Signor Stark, Signor Stark.”

E anche se sono solo due, le sue parole, Tony legge tutte le domande.

 

Ma non sa rispondere.

 

Perché la paura di Peter gli trafigge i pensieri, gli intossica il cervello e lo annebbia.

Rendendolo incapace.

“Peter...”

“NO! NO!”

Come la sua rabbia.

Peter lo spinge via, lui si riavvicina e una scarica di pugni deboli come carezze gli piove sul petto.

“Calmati...”

“NO!”

 

No, non lo fa mai.

 

Peter non si placa, non finché tutto il terrore non è stato espulso dall'anima con urla piene d'angoscia e vuote di parole.

Poi le grida diventano singhiozzi e i singhiozzi mugolii.

 

Peter si libera e si lacera.

 

Finché la forza non è stata sfogata contro un corpo che è reale, che c'è ancora, che è lì ma che lui ha avuto la certezza d'aver perso, anche lui, come gli altri, come tutti, come tutt-“Ragazzo...”

“Lei non c'era più!”

Ci sono, cerca di dire Tony.

Ma non riesce.

Perché Peter piange e trema e si svuota.

Ed il suo corpo si rannicchia lontano, insieme alla mente.

In quel letto grande, Peter occupa lo spazio di un cuscino, addossato alla testiera con le ginocchia al petto.

Si guarda attorno e mastica parole incomprensibili, prega un passato che non si può cambiare.

Poi gli occhi si fermano sulla finestra, le tende ben tirate, il mondo fuori.

E quando gli occhi sono lì, rossi, gonfi, umidi.

Quando ci arrivano dopo aver scansionato la stanza e il presente, Tony sa di potersi avvicinare, di poterlo prendere e riportare nel reale.

In quello placebo, almeno.

“Vieni...”

Stark gli passa una mano fra i capelli, li riaggiusta dietro le orecchie.

Peter torna a guardarsi attorno.

Gli occhi saettano a destra e sinistra mentre le mani si stringono e allentano, stringono e allentano intorno ai polsi di Tony.

“Va tutto bene, Peter.”

L'annuire del ragazzo è uno spasmo che si ripete mentre lo fa adagiare sul materasso, contro il suo petto.

“Lei non c'era, lei non c'era..”

“Sono qui, Peter.”

Ma Tony sa che dovrà ripeterlo molte volte, prima che Peter se ne accorga davvero.

Molte, prima che le sue parole prendano il ritmo del cuore sul quale il ragazzo si addormenterà.

 

 

E sa anche che il sole sta tramontando.

Peter non si alzerà nemmeno oggi.

 

 

 

 

 

 

 

“Capitano...

Peter, saluta il Capitano!”

L'inquadratura cambia, si stacca da Tony per mostrargli la mano ed il sorriso di Steve.

 

“Ehi...”

Capitano! Come va?”

Un sorriso, i convenevoli mai forzati.

A Peter piace parlare con Steve, lo stima come stima tutti gli Avengers e starebbe ore, ORE a fargli domande, ad ascoltarli.

A guardarli, così belli nelle loro armature, a studiarli, così normali al di fuori di esse.

Riuscirò mai ad essere come voi? O degno di voi, almeno?”

Ognuno di noi si fa la stessa domanda rivolta a se stesso, Peter. Sempre, ogni giorno.

E l'unica verità è che non possiamo risponderci da soli. Dobbiamo fidarci di ciò che dice lo sguardo dei nostri colleghi.

Quindi, tu che ne deduci?”

Wanda, Natasha, Thor.

E Visione e il Dottor Strange.

Tutti lo guardano.

Annuiscono.

Sorridono.

 

“Peter, saluta Steve...”

 

Ma sulla loro espressione di fiducia la realtà si dissolve.

Lasciando un uomo preoccupato che scongiura il suo nome.

E uno impotente.

 

Entrambi lo raggiungeranno e lo scuoteranno.

Facendolo svegliare in un mondo che lui non riconosce più.

 

 

“Perché non mi hai detto che era così peggiorato?”

“Ha bisogno di restare in contatto webcam con me ogni volta che esco, dovevo dirti di più?”

I bicchieri tintinnano in un brindisi amaro e fuori luogo.

“Mi dispiace...” offre Steve, alzandosi per riempire i bicchieri.

“Starà meglio.”

 

I vetri tintinnano brindando a quella nuova bugia.

 

 

 

 

Tre mesi.

Sono passati tre mesi da quando Thanos ha distrutto il mondo.

Più egoisticamente, il suo mondo.

Tony guarda il mucchio di coperte che Peter è diventato.

E decide che è il momento di guarire.

 

 

“Oggi esco.

Non porterò la webcam.

Se vuoi sapere dove sono, vieni con me.”

 

Stark tira le lenzuola e scopre un ragazzo spaventato.

Che si siede al centro del letto e lo guarda come fosse la personificazione del suo terrore.

Lo è.

Lo sa.

“Signor Stark...”

“Niente Signor Stark.

Questa sono le mie condizioni oggi.”

 

Tony lascia nella stanza spasmi di un corpo che non ha più controllo.

Un mento tremante che combatte contro la forza di volontà.

Vincerai tu, ragazzo. , sussurra spiandolo.

E costringendo un sorriso nel vederlo alzarsi.

 

 

 

Peter ha lo sguardo inghiottito dalla strada.

Ma va tutto bene.

 

La testa incassata nelle spalle, i pugni spinti nelle tasche della felpa.

Ma va tutto bene.

 

“È...

Una giornata bella, oggi.”

Stark lo dice, si maledice e lo ripete perché è vero.

Dev'essere vero, lo è: Peter è uscito, Peter cammina, Peter ha abbandonato quel letto ed è vivo, al suo fianco.

 

“Vuoi una cioccolata?”

Si fermano di fronte al Cafè.

Al loro Cafè, dove c'è Jen che li accoglie e dove Sam non li servirà più.

 

Si, Peter ha aumentato il ritmo del respiro, ma va tutto bene.

 

 

La panna è ridotta ad una schiuma macchiata.

Galleggia, sulla cioccolata che Peter non berrà mentre lui masticherà caffè e va tutto bene.

 

Stark distoglie lo sguardo.

Finge di non aver visto le dita del ragazzo tremare ed essere sconfitte dal peso di un cucchiaino che affoga nella tazza insieme ai suoi buoni propositi.

 

“Bevila, per favore.”

Scorretto è mascherare un ordine sotto uno strato di gelida cortesia.

Altrettanto scorretto è l'assottigliarsi del suo sguardo, sono le sue iridi affilate.

Che affonderanno nel petto del ragazzo e lo costringeranno all'obbedienza e soprattutto, soprattutto, a quel cazzo di mezzo sorriso col quale Peter si torturerà e lo torturerà.

 

Un baffo di cioccolato lo scarabocchia e Tony dovrebbe sorridere.

 

Ma Peter lo cancella col tovagliolo, non col dorso della mano e nemmeno leccandolo via.

E non c'è niente da ridere.

 

 

“Grazie, Signor Stark.”

 

Tony è irritato.

E quella voce, quel pigolio lo irrita ancor di più.

Non vuole sentirlo.

 

Voleva un pomeriggio normale da passare con un Peter normale.

E ha trascorso ore, ORE, a ripetersi che era esattamente così.

Ma adesso è stanco e non ha voglia di fingere, non ha voglia di rendersi ridicolo con frasi da imbecille e non ha assolutamente voglia di ascoltare una voce che non è quella che ama.

 

NON E' QUELLA CHE AMA.

 

Il pensiero si forma e Tony si rifiuta di sentirsi in colpa.

 

I passi marciano allontanandosi da una verità che non gli interessa.

 

 

Una angolo svoltato, passi arrabbiati, vendicativi.

 

 

Peter non vuole reagire? Che non reagisca!

 

 

Il suo nome suona disperato nelle labbra del ragazzo, alle sue spalle.

 

Lo ignora.

 

Forse così ti dai una mossa!, pensa infilandosi gli occhiali da sole.

Gli unici raggi, sono quelli della sua sofferenza.

 

L'intento di un grido, ora soffocato.

Peter ha capito.

 

Forse ha sentito il suo pensiero, forse ha sentito la sua minaccia.

La sua promessa.

 

Smetterò di amarti se non torni in te.

 

Certo, certo che lo farà.

 

 

Tony è determinato.

Indossa una rabbia elegante, di quella che fa incazzare molti e morire pochi.

Peter è fra quei pochi.

Perchè lui, con i suoi sensi, col suo dono e la sua condanna, sente.

Sente sottopelle, sotto la superficie.

Sente il dolore che ha scavato dentro Tony e che è stato ricoperto da strafottenza e menefreghismo.

E da qualche detrito di irritazione.

 

Sente la sua paura così come ha sentito la paura dei compagni.

Che si stordivano, realizzavano, guardavano la morte disintegrare il corpo degli altri e si chiedevano se sarebbe successo anche a loro.

Ma solo Peter, solo lui, ha sentito l'altra paura.

Quella della consapevolezza.

 

“Lo hanno capito! Tutti, tutti!”

Stavano morendo e se ne sono resi conto.

Stavano morendo e Peter li ha guardati, li ha sentiti morire.

Uno ad uno.

 

Peter ha detto di essere morto insieme a loro.

Tony gli ha dato uno schiaffo.

 

E adesso c'è una strada deserta, davanti a lui.

I passi, i passi del Signor Stark.

Deve concentrarsi su quelli.

 

Ma il rumore va veloce e lui è troppo lento.

E la razionalità si sta sbriciolando.

 

 

Tony si ferma, appoggia la schiena, la testa al muro.

Chiude gli occhi.

 

 

Il Signor Stark è dietro quell'angolo.

È lì, di sicuro.

Se riesce ad avanzare potrà constatarlo.

Se riesce ad avanzare potrà vederlo.

E forse Tony gli sorriderà, forse lui potrà chiamarlo Tony, con la voce.

Forse lo renderà fiero.

 

Ma Peter ha le mani gelate.

Il corpo scosso da onde di un calore soffocante.

 

E gli occhi pieni di una strada vuota.

Un angolo.

Dietro il quale forse il Signor Stark non c'è.

Non c'è più.

 

Tony apre piano gli occhi, guarda il cielo.

Si sfila gli occhiali per potergli dedicare il suo disprezzo.

 

Tony ha bisogno di indirizzare la sua rabbia su un colpevole.

Ha provato a farlo su Peter.

Lo sta facendo, anche adesso.

 

Ma ha sentito, mentre la voce del ragazzo si affievoliva, che anche la sua ira faceva altrettanto.

Tony non può permettersi di essere triste.

Fa troppo male.

Allora si arrabbia.

 

“Non me lo porterai via.”, giura al cielo.

Giura a se stesso.

Rimette gli occhiali.

E torna indietro.

 

 

 

 

Peter è seduto in soggiorno.

Sono le due di notte, una porta a vetri li separa.

Tony lavora e Peter combatte su una sedia.

Stark sa che è colpa sua.

 

“Vai a letto, accendo la webcam.”

“Non sono stanco, grazie Signor Stark.”

 

Una bugia sottolineata da un sorriso che trema.

 

Peter si sente in colpa.

Tony gli ha dato un motivo in più.

 

Il ragazzo ha sentito il suo odio per la telecamera.

Solo l'odio, non il perchè.

E cerca di fargliela usare il meno possibile.

 

Ma non riesce a non guardarlo.

Non riesce ad escluderlo dal suo campo visivo, ha bisogno di saperlo vivo.

È terrorizzato all'idea che Tony sparisca ancora.

 

Terrorizzato, non arrabbiato perché lo ha fatto quando sono usciti.

 

Stark voleva guarirlo.

E da quando sono usciti, da quando ha dovuto pulirlo dal vomito, tirarlo via dalla strada.

Da quando è riuscito a esorcizzarlo dal panico, che lui aveva provocato.

Da quel giorno Peter non riesce a dormire per due ore consecutive.

E, a volte, di notte, Tony deve andare a tirarlo fuori dagli angoli della camera dove si nasconde per non svegliarlo con il suo pianto.

 

“Andiamo a letto...”

Tony lo accarezza, gli bacia la fronte.

Peter alza la testa e gli sorride.

Tony si innamora di nuovo.

 

 

 

“Signor Stark...”

E' buio.

Entrambi sono svegli.

Tony ha tenuto gli occhi chiusi tutto il tempo.

E ad ogni singhiozzo soffocato ha pregato che la stanchezza avesse la meglio sul dolore.

Ad ogni singhiozzo più flebile ha sperato.

 

Tony si rigira su un fianco, gli occhi sulla schiena di Peter.

 

La sfiora.

 

“I-Io volevo essere un eroe...”

 

Stavolta, quel pigolio non lo irrita.

Lo crepa.

 

“Lo sei, Peter...”

“N-Non...”

 

Peter riprende fiato, la schiena trema.

La voce è piccola.

Di notte la voce è sempre più piccola.

È come se il cervello imponesse di non disturbare il buio.

È come se la notte chiedesse di lasciare da parte risate e discorsi frivoli.

Come se fosse nata solo per le confessioni.

 

“Non lo sono.

E io n-non voglio v-vivere così...”

“Smettila.”

“Perchè non vuole aiutarmi?”

“Smettila.”

 

Tony lo trascina verso di sé ed il suo abbraccio soffoca ogni altra parola.

 

“Starai bene.”

 

Tony non si sorprende nel vedere le tende schiarirsi.

Albeggia.

 

La notte non è fatta per le bugie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono giorni che Peter si sforza di apparire normale.

Si sforza di più, sempre di più.

Lo fa per il Signor Stark, che lo guarda e sorride.

Lo fa per il Signor Stark che lo guarda e lo vede contrarre la mascella fino a farla tremare.

Peter pensa di nasconderlo, fa di tutto, per nasconderlo.

E Tony accetta.

Accetta i suoi tentativi, accetta e lo guarda dondolare – piccoli ondeggiamenti frenetici per controllarsi.

Accetta e subisce le frasi che Peter sputa fuori convinto di averle disinfettate dalla paura.

Ma le sue parole tremano e il cuore di Tony fa lo stesso.

 

“Tuona da far paura, non è vero Signor Stark?”

Una risatina isterica, Peter dondola, le mani fra le cosce, il sorriso piegato.

“Si, sarà meglio andare a letto.

Che ne dici, ragazzo?”

 

E' stato bravo, Tony, bravissimo a dare una risposta tempestiva e ad alzarsi per raggiungere Peter ed il suo nodo di angoscia.

Bravo a non guardare la finestra o le tende tirate, bravo a non arrabbiarsi.

Fuori c'è il sole e non c'è nessun rumore.

Ma Tony ha capito che il panico tuona nella testa del ragazzo.

Ed assecondarlo farà meno male a tutti.

 

 

“Mi aiuti...”

Gli chiede Peter quella notte.

“Voglio essere un eroe.”

“Lo sei.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tony scuote la testa, tramortito.

“Ma cosa...”

Peter gli chiude la bocca con un indice intimandolo al silenzio.

 

Un tuono, uno vero, scuote il cielo e Peter passa lo sguardo su tutta la stanza.

Poi torna a guardare il Signor Stark.

Sorride.

“Non ci troveranno.”, lo rassicura.

E Tony sente un pezzo d'anima fratturarsi.

 

Si rigira, a pancia in su.

Peter dice che Non c'è nulla di cui preoccuparsi e gli occhi bruciano.

Tony fissa il tavolo sotto il quale è sdraiato e annuisce stringendo la mascella, trasformando i suoi occhi in due fessure di rabbia.

L'unico modo, per non farli cedere.

 

 

“Ma dove siete?”

“Stia giù, Capitano!”

 

Le buste della spesa si rovesciano sul pavimento.

Peter tiene una mano sul petto di Capitan America, lo obbliga a stare sdraiato.

“Qui siamo al sicuro...”, bisbiglia, guardandosi intorno.

“Sicuro.”, ripete.

 

Steve è spaesato.

Alza la testa, appena.

Vede Tony.

 

E capisce che lui non lo guarderà.

 

“Non credo che ci sia alcun pericolo, Peter e...”

Un tuono e il ragazzo lo investe col suo corpo.

Visto? Domanda il suo sguardo.

 

Sreve schiude la bocca, la logica muore schiacciata dal sorriso rassicurante del ragazzo.

“Grazie.”, dice.

E si sdraia nell'identica posizione di Tony.

 

“Starò di turno, voi risposate.”

 

Peter sbricia il mondo, pronto a cogliere ogni pericolo.

Ci penserà lui a difenderli.

 

Steve e Tony hanno entrambi un braccio sugli occhi.

Si sono guardati, per un attimo.

E dopo, è stato troppo per entrambi.

 

 

“Diamoci il cambio, ok Peter?”

“Ce la faccio!”

“Lo so, ma devi risposare.”

 

Peter si addormenta dopo poche proteste.

Sdraiato sotto un tavolo che crede un rifugio.

Al riparo da una guerra passata e riproposta nella pioggia.

 

 

“Signor Stark...”

“Lo sei, Peter.”

 

 

 

 

 

 

 

 

Peter parla poco e si alza ancor di meno.

Dopo la notte del temporale il corpo non riesce a rianimarsi.

Peter combatte e a volte urla, per la frustrazione, per il dolore e la stanchezza.

Per il male, che i muscoli gli fanno provare.

Per il male, che non va più via.

 

Peter sibila e Tony accorre.

Peter prova a parlare, riprende fiato.

Ha paura e non sa come dirlo.

Non respira e non sa come fare.

 

La crisi passa e Peter piange.

In silenzio, guarda il soffitto e le lacrime affogano nel cuscino.

 

 

“S-Signor Stark...”

“Lo sei, Peter.”

 

 

Nei giorni seguenti Peter non piange più.

O meglio, lo fa.

Ma l'espressione è vuota mentre gocce salate scivolano lungo una strada conosciuta.

Peter non chiede più niente.

Ma guarda le tende e Tony sa, sa cosa pensa.

 

 

“Ehi...”

Tony gli accarezza la fronte.

È invecchiato, pensa Peter.

Tony è invecchiato dall'ultima volta che l'ha visto.

 

“Mi senti, mh?”

 

“E' venuto ad aiutarmi, Signor Stark?”

 

Un rantolo è la sua voce.

E Tony non riesce a rispondere.

Se ne va.

 

 

 

 

“Vuoi metterlo?”

Peter sbatte le palpebre, la luce troppo forte.

“No, no.”

Tony lo scuote, gli impedisce di riaddormentarsi.

“Vuoi metterlo, ragazzo?”

 

Il suo costume.

Il costume di SpiderMan nelle mani del Signor Stark.

 

Peter si sforza e lo guarda.

C'è tanto dolore nel sorriso di Tony.

 

C'è tanta liberazione nel si che si sforzerà di dire.

 

 

 

“Dove...

Dove vuoi andare?”

 

“Su.”

 

 

Fra le braccia di IronMan, il mondo non fa paura.

Peter aspetta che la maschera venga abbassata poi porta una mano sul viso di Tony.

“Deve farsi la barba...”

 

Seduto sul parapetto del grattacielo più alto della città, il Signor Stark lo tiene sdraiato fra le sue braccia, sulle sue gambe.

 

“Ti...

Ti piace qui?”

 

La metropoli gli riempie gli occhi, il cuore.

 

“Ho combattuto per questa città, Signor Stark.

Ma adesso sono stanco.”

 

“Lo so.”

 

Entrambi guardano i palazzi, la vita scorrere attraverso le strade.

 

 

 

Le palpebre diventano pesanti.

Una minuscola lacrima scivola fin dentro l'orecchio e Peter si affretta a spiegare.

 

“Sono felice, Signor Stark.

Ho solo un po' paura.”

 

“Non farà male.”

Tony se lo stringe addosso.

Il naso sepolto fra i capelli, le emozioni al riparo dalla vista del ragazzo.

 

Stark inghiotte ogni sensazione.

 

“Peter...”

Il ragazzo riapre gli occhi.

Sono arrossati e stanchi.

 

“Ti ho amato tanto, Peter.”

 

Respiri lievi, tremori.

Le palpebre sbattono, lente.

 

 

“G-Grazie per averlo fatto, Signor Stark...”

 

 

Un bacio, sulla fronte.

Un sorriso.

 

E quel sospiro profondo che mai dimenticherà.

L'ultimo, di Peter.

L'ultimo, del suo eroe.

 

   
 
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