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Autore: Nao Yoshikawa    14/02/2019    5 recensioni
Soulmate!AU: Smetti di invecchiare ad una certa età, finché non incontri la tua anima gemella e invecchiate insieme.
«Non ti crea neanche un po’ di problemi il fatto che la tua vita sia già decisa?» a quel punto Sherlock si era leggermente alterato.
John Watson fece una smorfia e ci pensò un po’ prima di rispondere.
«Ma la mia vita non è già decisa. Io penso che il destino mi abbia messo dinnanzi un percorso, ma che spetti a me decidere se percorrerla o meno. Perché se mi girassi e iniziassi a correre dalla direzione opposta, allora sarebbe fare di testa mia. Sono io che ho deciso di voler incontrare la mia anima gemella. Così come ho deciso di venire qui oggi, così come l’hai deciso tu.»
Sherlock lo ascoltò. Il vento soffiò più forte e le goccioline di pioggia iniziarono a bagnarli il cappotto, i capelli, il viso. John lo guardava.
E lo guardava anche lui. Non seppe il perché, ma si sentì incredibilmente stupido.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Something in the rain
 
Il mondo funzionava in maniera molto, molto strana. C’era qualcosa, una forza che esisteva e che era superiore a qualsiasi uomo, una forza che non poteva essere affrontata, sconfitta, ma soltanto accettata.
Questo era un concetto fondamentale che Sherlock Holmes non aveva ancora compreso. Non ne era in grado.
Non avrebbe mai accettato di rassegnarsi a quella cosa chiamata destino. Anzi, affermava tranquillamente che quest’ultimo non esistesse, che fosse l’uomo stesso il padrone della propria vita.
Poco importava che fosse l’unico a pensarla in tal maniera. Questa era la sua convinzione e tale sarebbe rimasta.
Ma era un illudersi, un negare l’evidente verità: Sherlock non era mai stato padrone della propria vita, sin da quando era venuto al mondo.
Era una sorta di maledizione. Non solo sua, ma dell’umanità intera.
«Sherlock, per l’amor del cielo, ma non sei ancora pronto?» suo fratello Mycroft gli si rivolse a lui con tono seccato, con la giacca in mano e già pronto sull’uscio di casa.
Il più giovane se ne stava infatti seduto sulla sua poltrona a suonare il violino.
«I funerali non mi sono mai piaciuti», rispose secco.
«Non penso che ci sia qualcuno a cui piacciono. Ma parliamo della povera signora Hudson! D’accordo che stiamo parlando di te, ma non mi pare il caso di…»
«Va bene, d’accordo!» tentò di rabbonirlo Sherlock. Suo fratello aveva sempre da ridire, soprattutto per quanto riguardava l’argomento “anima gemella”.
«Magari potrebbe essere la volta buona per te», disse poi Mycroft, facendo alzare a Sherlock gli occhi al cielo.
«Mi dai tanto dell’insensibile e poi usi la scusa del funerale per cercare di trovare la mia anima gemella?»
«Lo sai che non intendevo questo.»
«Sarà, ma inizi ad annoiarmi. Non fai che ripetermelo ogni giorno.»
«Io cerco solo di dare una mano. Dopotutto, da quanto tempo è che ha la tua età
Da quanto il tempo per lui si era congelato? Forse una decina d’anni. Era successo all’improvviso, un giorno si era svegliato e aveva smesso di invecchiare, aveva smesso di cambiare. Il suo aspetto sarebbe rimasto immutato fin quando non avesse incontrato l’anima gemella.
Solo in quel caso allora quella maledizione – perché non poteva essere definita in altro modo – si sarebbe spezzata.
Odiava questo concetto. La sua vita dipendeva letteralmente da una persona che non conosceva e che magari non avrebbe mai conosciuto. E in tal caso che sarebbe successo? Avrebbe vissuto per sempre, bloccato nella sua eterna gioventù, mentre vedeva morire tutto e tutti davanti a lui?
Non voleva, ma allo stesso tempo non aveva scelta.
«Ne parli come se fosse colpa mia. Nemmeno tu e Greg vi siete incontrati subito. O sei forse geloso perché il tempo passa e io rimango giovane e bello?»
«Guarda che non sto scherzando. Vuoi vedermi morire e rimanere totalmente solo?»
«Ah, in ogni caso dubito che morirai a breve.»
Parlare con Sherlock e cercare di convincerlo di qualcosa era pressappoco impossibile. Ma doveva quantomeno provarci.
«Senti, perché cerchi di combattere contro qualcosa che… non si può combattere? È il destino di ogni persona. Tornerai normale quando incontrerai la tua anima gemella.»
«Bene, allora sarò immortale! Vogliamo andare adesso?»
Con quella domanda, Sherlock aveva messo fine all’argomento, almeno per il momento.
 
Londra era soleggiata quel giorno. Almeno non avrebbe dovuto preoccuparsi della pioggia durante la cerimonia funebre.
Mrs.Hudson era stata la proprietaria del loro appartamento, una donna estremamente premurosa e allegra. Sfortunatamente era volata via tre notti prima, durante il sonno. Andava bene anche così, aveva vissuto appieno la sua vita e alla fine era morta di vecchiaia.
Durante la cerimonia, Sherlock si ritrovò a pensare che probabilmente avrebbe rischiato di non conoscere poi quel tipo di morte. L’idea dell’immortalità poteva far sentire euforici e potenti in un primo momento, ma dopodiché arrivava il terrore. Oramai ne era convinto, vivere per sempre sarebbe stato orribile. A meno che non avesse deciso di porre fine alla sua vita in altro modo, ma non voleva arrivare a tanto.
Una contraddizione vivente. Il voler lottare contro quel destino e il voler avere un’esistenza normale.
E se nel profondo desiderassi incontrare la mia anima gemella?
Quel pensiero gli sfiorò per un attimo la mente. Maledisse Mycroft e le sue parole, parole cariche di verità.
Non dipende da me. Non ho nessuna scelta.
«Sherlock, tocca a te», gli sussurrò poi Mycroft, dandogli una gomitata.
Gli rivolse uno sguardo infastidito, per poi alzarsi e prendere con sé la custodia con dentro il violino.
Mrs.Hudson aveva sempre apprezzato la sua musica e più di una volta aveva espresso la volontà che Sherlock suonasse al suo funerale.
E tale volontà si sarebbe avverata.
Suonò “La follia” di Vivaldi. Pensò che fosse un brano piuttosto adatto, proprio per il suo tono malinconico. Quella stessa melodia parve richiamare la pioggia perché, dopo che ebbe finito di suonare, il cielo si ricoprì di nuvole.
E il sole scomparve.
 
Aveva fatto il suo dovere e ciò che adesso desirava ardentemente era tornarsene a casa. Purtroppo dubitava che avrebbe avuto vita facile, poiché immediatamente Mycroft e Greg lo avevano chiamato.
«Sherlock, che stai facendo? Non ti fermi neanche a bere qualcosa con noi?» gli domandò il secondo.
«No, grazie. Non sono molto in vena, preferisco andarmene.»
Magari potrebbe essere la volta buona per te.
O magari no. Magari lui era diverso da tutti gli altri. Era l’eccezione.
Ma se io esisto, questo vuol dire che esiste la mia anima gemella. E che potremmo anche non incontrarci mai. Può accadere? È mai accaduto?
Si vive solo per questo? Attendere di essere amati? Sciocchezze, tutte sciocchezze. Non ho mai vissuto attendendo questo.
«John, ecco dov’eri finito!»
La voce di Greg lo aveva momentaneamente distratto dai suoi pensieri. Sherlock alzò lo sguardo e puntò gli occhi azzurri sull’uomo che adesso si stava avvicinando.
«Scusate, vi avevo perso di vista. Tu sei… il fratello di Mycroft?»
Si sorprese. Non amò molto quell’appellativo, soprattutto perché non conosceva quella persona, non l’aveva mai vista in vita sua.
«Io mi chiamo Sherlock», rispose assottigliando lo sguardo.
«Ah, sì. Giusto. Io sono John Watson» lo vide sorridere. «Sei stato… davvero magnifico poco fa. Io non suono, non ne capisco nulla, quindi, per quello che può valere…»
«Mycroft, sta per piovere. Andiamo dentro, d’accordo?» propose Greg.
Quello fu l’esatto momento in cui Sherlock li maledisse entrambi. Non che avessero torto, il vento aveva iniziato a soffiare, scuotendo le foglie degli alberi, e le persone intorno a loro aveva iniziato a cercare riparo sotto il gazebo.
Sospirò seccato. Era rimasto solo con quel tipo, John. E non sapeva assolutamente che dire, forse doveva semplicemente congedarsi?
«Mrs.Hudson era la vostra padrona di casa, giusto?» domandò ad un tratto.
«Già. La conoscevi anche tu?»
«Non ci siamo visti spesso, ma sì. Io sono amico di Lestrade, che sta con Mycroft, per cui, quelle volte in cui sono venuto a castra vostra, lei…»
«Sei venuto in casa mia? Beh, strano il fatto che non ci siamo mai incontrati, allora.»
«In effetti lo è. Ma è stato solo un paio di volte, nulla più. Sei sicuro di non voler andare al coperto? Temo che tra poco pioverà.»
«Non importa. Un po’ di pioggia non ha mai ucciso nessuno.»
Aveva detto una cosa completamente diversa da ciò che avrebbe voluto, ma era stato più forte della sua volontà. A primo impatto, John gli sembrò una persona estremamente diversa da lui. E ciò provocò il suo interesse.
Il cielo sopra le loro teste era ora ricoperto di una cappa grigia, motivo per cui i colori sembrano essere sbiaditi. Ciò non impedì loro di camminare, lentamente, l’uno a fianco all’altro, e a parlare, come se fosse sparito il mondo.
«Sei un musicista?» domandò John.
«Direi di no. Ma suonare il violino mi piace, nel tempo libero.»
«Oh, capisco. Io invece ero…»
«Fammi indovinare, un soldato, vero?»
«Come hai…?»
«Sono intuitivo. E osservo, basta osservare per capire. E osservando posso vedere che non porti alcuna fede al dito, quindi non devi essere sposato.»
Si maledisse immediatamente. Adesso non era neanche più padrone delle proprie parole? Quest’ultime sfuggivano totalmente al suo controllo.
«Anche questo è vero» ammise John. «Non ho ancora incontrato la mia anima gemella.»
Sherlock si fermò ad un tratto. C’era uno strano silenzio, interrotto soltanto dallo starnazzare delle oche nel lago vicino.
«Capisco. Quindi immagino che anche tu abbia smesso di invecchiare all’improvviso, eh?» chiese dandogli le spalle.
«Dieci anni fa, per la precisione. Da allora non sono più cambiato. Inizialmente era strano, poi però ho iniziato ad abituarmi all’idea che le cose sarebbero rimaste invariate fin quando non avessi incontrato quella persona.  Ma è passato tanto tempo e a questo punto mi domando se… arriverà mai.»
Sherlock si voltò lentamente per guardarlo. Entrambi erano ancora vittime di quella maledizione, da ben dieci anni. Non avevano incontrato la loro anima gemella.
E se fosse lui?
No, non può essere lui. Non è così che va, si tratterebbe di una coincidenza troppo assurda.
«A me non importa. Non intendo vivere aspettando una persona che potrebbe anche non arrivare.»
«E non hai paura delle conseguenze? Non hai paura di rimanere così per sempre? Io sono dell’idea che sarebbe molto meglio incontrare la proprio anima gemella e… invecchiare insieme a quest’ultima.»
«Non ti crea neanche un po’ di problemi il fatto che la tua vita sia già decisa?» a quel punto Sherlock si era leggermente alterato.
John Watson fece una smorfia e ci pensò un po’ prima di rispondere.
«Ma la mia vita non è già decisa. Io penso che il destino mi abbia messo dinnanzi un percorso, ma che spetti a me decidere se percorrerla o meno. Perché se mi girassi e iniziassi a correre dalla direzione opposta, allora sarebbe fare di testa mia. Sono io che ho deciso di voler incontrare la mia anima gemella. Così come ho deciso di venire qui oggi, così come l’hai deciso tu.»
Sherlock lo ascoltò. Il vento soffiò più forte e le goccioline di pioggia iniziarono a bagnarli il cappotto, i capelli, il viso. John lo guardava.
E lo guardava anche lui. Non seppe il perché, ma si sentì incredibilmente stupido.
Vuoi dirmi che fino ad ora non ho reagito perché semplicemente non volevo? Perché forse, passivamente, ho accettato l’idea che un giorno mi sarei legato a qualcuno?
No, Sherlock. Tutto ciò lo stai pensando tu.
«Accidenti, mi sa che adesso dovremmo rientrare.»
John si avvicinò e delicatamente lo afferrò per una manica.
Quindi questo è il suo tocco. Sfumerà? O mi rimarrà impresso?
Chi dice che sia tu la mia anima gemella?
Chi dice che sarai tu colui che spazzerà la maledizione?
 
Aveva finito per bagnarsi quasi completamente, motivo per cui era stato costretto a cercare un bagno e  a chiudersi dentro per cercare di darsi una sistemata. Oh, se solo se ne fosse andato a casa, tutto ciò non sarebbe successo.
Si sciacquò il viso con dell’acqua calda, si strofinò tanto fino ad arrossarsi.
Mettersi a fare certi discorsi con uno sconosciuto – per quanto questo sconosciuto fosse nella sua stessa situazione – non era stato saggio, se ne rendeva contro.
Poi guardò il proprio riflesso nello specchio.
Dieci anni che vedo lo stesso viso, gli stessi lineamenti. Nessun cambiamento, neanche uno minimo. Pensandoci, forse mi merito di rimanere solo. Dopotutto mi va bene così.
Giusto?
«Sherlock! Quanto ancora hai intenzione di rimanere lì dentro?» Mycroft lo chiamò battendo contro la porta.
Ma lui parve non udirlo.
Perché c’era qualcosa che aveva attirato la sua attenzione. Si sfiorò la cute con le dita e allora poté osservare meglio ciò che credeva di essersi immaginato. Un capello bianco.
Era certo che in dieci anni non ne avesse mai avuti. Quella era la prima volta dopo tanto tempo che qualcosa in lui stava cambiando.
Sono io che ho deciso di voler incontrare la mia anima gemella. Così come ho deciso di venire qui oggi, così come l’hai deciso tu.
«John?» domandò lentamente,
Era lui?
Era sempre stato lui?
Colui che aveva spezzato la maledizione?
La sua anima gemella?
Indietreggiò e subito aprì la porta, finendo quasi addosso a Mycroft.
«Sherlock?!»
«Dov’è John?»
«Stava andando via. Ma stai bene?» chiese, stranito nel vederlo così scosso.
Sherlock allora lo guardò, con una nuova luce negli occhi.
«Adesso sì. Scusami, devo andare a cercarlo.»
Era già calato il buio, ma aveva smesso di piovere. John stava camminando sull’erba umidi e tra le foglie gocciolanti d’acqua, quando sentì qualcuno chiamarlo alle sue spalle.
«Non ho preso un’altra strada!»
Batté le palpebre un paio di volte, prima di guardare Sherlock come se davanti avesse avuto un matto.
«Scusami?»
«Non ho preso un’altra strada. Se avessi deciso di non venire, qui oggi, non ti avrei mai incontrato. Non so se ci saremmo incontrati in altri modi, in altre circostanze. Magari no, magari non ci saremmo trovati mai», cominciò a dire, ansimando.
«Sherlock, io non capisco cosa dici…»
«Dannazione, John Watson. Sei tu. La mia anima gemella sei tu. Tu hai spezzato la maledizione che ci affligge da anni. Ma non capisci? Torneremo a cambiare, a invecchiare e… lo faremo insieme.»
Il suo tono era divenuto solo un lieve sussurro. Non riusciva a credere che fosse davvero successo.
Lui, che aveva tanto odiato quel destino e l’idea di dover dipendere da qualcuno.
Lui, che adesso si sentiva sollevato.
John lo guardò ancora, sembrava confuso.
«Quindi… tu sei la persona con cui sono destinato e stare per il resto dei miei giorni?»
«Temo proprio di sì. Accidenti a te. Ma si può sapere dove sei stato fino ad ora?»
Sorrise, John. C’era profumo di pioggia, nell’aria.
«Sulla tua stessa strada. Dovevamo solo venirci incontro.»


 
Nota dell'autrice
Questa storia è stata improvvisata. Cioè, in realtà non proprio, perché era da un po' che volevo scrivere una soulmate (visto che praticamente le amo) su John e Sherlock, ma solo oggi mi è venuta l'ispirazione vera e propria. Ho trovato il prompt su questo fantastico sito:http://r-evolve-art.tumblr.com/post/144380748003/master-list-of-soulmate-aus
In parole spiccie, le Soulmate!AU sono storie ambientate in mondi in cui esiste l'anima gemella. Ed è legata a noi in qualche modo. Ne esistono di tanti tipi, ma quando ho visto questo ho detto... okay, MIO! xD
Non so cosa ne sia venuto fuori, io sono molto contenta perché, ripeto, adoro le soulmate. E... sono contenta anche di essere tornata su questo fandom ,mi mancava parecchio. Spero abbiate apprezzato, oggi è pure San Valentino, quindi amore a tutti :)



 
   
 
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