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Autore: lady lina 77    14/02/2019    4 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Ho trovato molto interessante, la scorsa volta, l'accesa discussione che hai avuto con Ross Poldark e come lo hai rimesso in riga. Ti voglio al nostro prossimo incontro di venerdì pomeriggio, Demelza! Dovrà venire a discutere del prezzo del grano e spero di trovare un buon accordo con lui da portare poi alle votazioni in Parlamento. Puoi aiutarmi a fargli comprendere come ci si deve comportare, cosa sia giusto fare o no e come può portare il suo carisma e la sua intelligenza brillante al servizio di Westminster. E mio. Altrimenti... Credo che domani pomeriggio assumerò in pianta stabile Ser Gotfried Lehmann, brillante e rinomato educatore svizzero, come istitutore dei gemelli".

Demelza stavolta aveva dovuto accettare e chinare il capo davanti al non troppo celato ricatto posto in essere da Falmouth. Non poteva obiettare, non poteva argomentare senza esporsi e dover raccontare il suo passato e soprattutto, dopo quanto combinato da Daisy mentre lei era al ballo d'autunno, sarebbe stato difficile convincerlo che i gemellini erano semplicemente un pò vivaci. Ci voleva disciplina, ci volevano regole, lo sapeva anche lei che Demian doveva imparare a diventare più indipendente e Daisy più educata, così come sapeva che i bambini dovevano iniziare a portare il giusto rispetto agli adulti e che la situazione con loro stava sfuggendo di mano. Ma non voleva un educatore, non riteneva fosse quella la soluzione al problema sorto coi figli più piccoli e benché ormai fosse convinta che bisognasse intervenire, avrebbe lottato strenuamente all'assunzione di un estraneo che si occupasse dei gemellini.

"Va bene, sarò presente al vostro incontro" – disse quindi sconfitta, non potendo fare altro, anche se rivedere Ross le infliggeva continue fitte al cuore e si stava facendo coinvolgere, più di quanto avesse mai voluto, nella sua nuova vita di parlamentare di Londra. E poi... E poi era difficile guardarlo negli occhi dopo quanto si era lasciata scappare dalle labbra durante il ballo. Uno sfogo, un liberare nell'aria sentimenti e dolori a lungo repressi... Forse ne aveva bisogno, ma non avrebbe dovuto farlo davanti a lui! Con lui! Si era resa vulnerabile e ora Ross sarebbe partito al contrattacco!

Falmouth sospirò. "Dirò a Ser Gotfried che può, per ora, ritenersi libero da impegni con noi. Ma per quanto riguarda Daisy...".

Demelza sospirò. "Sì, va punita! Ma ha solo tre anni...".

"Quattro, fra pochi mesi! Troppi per essere così selvaggia!".

Lei abbassò il capo. "Intendevo che la punizione andrebbe rapportata alla sua età".

Falmouth la studiò con gli occhi. "Esattamente! E ne ho già in mente una per quella bambina che mi ha ustionato il cranio, con quella minestra calda".

Demelza deglutì. "Quale?".

"Si eserciterà ogni pomeriggio a scrivere il suo nome e non potrà uscire a giocare all'aperto finché non avrà imparato a farlo correttamente, in bella grafia".

Tirò un sospiro di sollievo, pensava a qualcosa di molto peggio... "D'accordo, mi pare una buona soluzione. E quanto meno imparerà a scrivere il suo nome, Daisy Armitage".

Falmouth fece un sorrisetto un pò maligno. "Oh, non Daisy Armitage! Voglio il nome completo!".

"Cosa?".

L'uomo si avvicinò alla finestra, osservando il parco. "Daisy Alexandra Charlotte Armitage, Lady Boscawen. Appartiene a una famiglia importante, deve imparare a scrivere il suo nome e il suo titolo nobiliare per intero. E' ciò che la rende ciò che è e sarà in futuro".

Demelza lo guardò esasperata. "E' troppo piccola per riuscirci! Non riusciremo a farla stare in casa finché non avrà imparato a farlo. Farà impazzire Prudie e tutte le domestiche che le si affiancheranno. E me!".

Falmouth le si avvicinò, poggiando una mano sulla sua spalla. "Non farà impazzire nessuno! Si eserciterà con me, nel mio studio! Assistendo ai miei incontri politici".

Demelza sbiancò in volto. Santo cielo, era impazzito? Come poteva pensare che Daisy potesse reggere senza fare disastri? E soprattutto... Giuda, la sua bambina sarebbe stata presente anche all'incontro con Ross!? Lei, Falmouth, Ross e Daisy... Era un incubo, doveva esserlo...

Falmouth si concentrò ad osservarla in viso. "Sei pallida, mia cara! Non ti senti bene?".

"N... No, sto benissimo!".

"Bene, allora comunica di persona a Daisy quale sarà la sua punizione". E così dicendo uscì dalla stanza, lasciando Demelza in preda all'ansia e alla frustrazione. In quel momento non sapeva chi volesse strozzare per primo fra Daisy che l'aveva messa in quella situazione, Falmouth che ne aveva approfittato subito e Ross che, suo malgrado stavolta, gli sarebbe comparso nuovamente davanti agli occhi...


...


Era arrivato un pò in anticipo nella grande residenza dei Boscawen e il maggiordomo lo aveva accompagnato allo studio di Lord Falmouth dicendogli che il signore e Lady Armitage sarebbero arrivati nel giro di pochi minuti.

Ross era stato sorpreso di apprendere, il giorno prima da Falmouth stesso, che Demelza sarebbe stata presente al loro incontro. Non che la cosa non gli facesse piacere ma da quando l'aveva saputo, non aveva fatto altro che chiedersi perché. Lei di certo non ne aveva piacere, doveva esserci stata costretta e nella sua mente si erano formate mille ipotesi e suggestioni sulle dinamiche famigliari della nuova famiglia di Demelza. Dinamiche che, poteva scommetterci, la costringevano a stare nell'unico posto al mondo dove non voleva essere: con lui. Doveva essere così e non poteva essere stata una libera scelta di Demelza quella di partecipare, ricordava bene come avesse già declinato un analogo invito di Falmouth, con fermezza, solo poche settimane prima.

Dalla sera del ballo non l'aveva più vista ma mai aveva smesso di pensare a lei e alle parole che gli aveva rivolto. Non rabbiose ma piene di dolore e rassegnazione, sentimenti che doveva aver covato in lei in quegli anni di lontananza ma anche prima, a Nampara, quando era sua moglie. Senza che lui si accorgesse di niente perché troppo preso a essere il principe azzurro di un'altra per rendersi conto che la sua famiglia aveva bisogno di lui e del suo amore.

Santo cielo che pessimo marito era stato... Orrendo, per averla portata alla conclusione di non aver mai contato nulla per lui. Ora, dopo tutto quel tempo, capiva quanto il suo darla per scontata, il suo essere sempre a disposizione per tutti eccetto che per lei perché la considerava troppo forte per aver bisogno d'aiuto, l'avesse pian piano ferita e annientata. Si erano allontanati e Ross sapeva che era per colpa sua, del suo egoismo e della sua arroganza, del suo animo inquieto, della sua lotta alle ingiustizie del mondo che mettevano a rischio anche il benessere della sua famiglia, della sua abnegazione verso Elizabeth che lo aveva portato al baratro...

Aveva perso tutto, per egoismo e incapacità di dimostrare il proprio amore alla donna della sua vita...

L'aveva come dimenticata in quel periodo seguito alle morti di Julia e Francis, si era allontanato da lei inseguendo un giovanile sogno utopistico, aveva dato per scontato l'avere diritto a quel sogno anche se era ormai marito e padre, che lei dovesse capire ed accettare, che dovesse rimanere al suo posto ad aspettare il suo momento, che... che... Come aveva potuto ferirla tanto? Come aveva potuto non dirle che l'amava, non farglielo sentire? Come aveva potuto spingere le persone che erano il suo mondo e che avrebbe dovuto proteggere, a scappare lontano da lui? Come aveva potuto abbandonare Jeremy e Clowance? I suoi bambini, come Julia... Che come Julia meritavano solo un padre che lottasse per rendere il mondo un posto migliore per loro...

Quando entrò nello studio di Falmouth, i suoi pensieri si interruppero bruscamente perché seduta alla scrivania, al posto del Lord, c'era la biondissima gemellina di Demelza, quella piccola peste che aveva fatto dannare Prudie al parco durante il loro incontro. L'esempio vivente del fatto che aveva perso Demelza e che la vita aveva fatto il suo corso, dandole un nuovo amore e altri due figli.

La bambina stava seduta con aria annoiata, con davanti un calamaio e un foglio pieno di scarabocchi. E quando alzò gli occhi su di lui, Ross sbiancò. Se lo riconosceva e lo diceva a Demelza, lui era nei guai! E anche Prudie che aveva voluto aiutarlo... E non osava immaginare la reazione di Falmouth!

Daisy spalancò gli occhi, borbottando qualcosa che spezzò le speranze di Ross di essere stato dimenticato. "Il fidanzato di Prudie..." - disse, guardandolo storto.

A Ross si rizzarono i capelli in piedi davanti a quelle parole. Santo cielo, lui e Prudie fidanzati... Non che non volesse bene alla sua ex domestica ma se c'era un limite al senso dell'orrido, la mocciosetta lo aveva decisamente superato. "No, ti sbagli. Sono un signore di passaggio che lavora con tuo zio".

Daisy non credette ovviamente a una parola. "Sei venuto per chiedere allo zio il permesso di sposare Prudie? La vuoi portare via?".

Ok, era nei guai e lei sembrava arrabbiata! E ora come ne usciva? E soprattutto, che diavolo ci faceva lì Daisy? "No, tranquilla, non sono venuto per Prudie. Sono quì per parlare con tuo zio di lavoro. Non sono il fidanzato di Prudie" – ripeté.

Le si avvicinò, osservando cosa stesse facendo, nella speranza di distrarla. "Cosa fai? Disegni?".

Daisy si imbronciò. "Giuda, no! Sono in castigo e lo zio e la mamma vogliono che scrivo tutto il mio nome intero! Mi hanno dato un sacco di nomi apposta, quei cattivi, per mettermi in castigo meglio! Davvero non sei venuto a trovare Prudie? Non la porti via?".

"No". Si inginocchiò di fianco a lei, doveva cercare di distrarla dal pensiero di Prudie e se tanto gli dava tanto, quella piccola carognetta bionda aveva un modo di ragionare molto simile al suo, da bambino. Doveva usare l'astuzia o lei lo avrebbe fregato. Con le piccole canaglie funzionava così: doveva dimostrarsi più canaglia di lei e ottenerne così ammirazione e attenzione, nonché rispetto. "Senti, ma Prudie ti da molte sculacciate?".

"Giuda, ho il culetto viola!".

A Ross venne da ridere ma si trattenne anche se la trovava davvero strepitosa. Aveva davanti una autentica monella di Cornovaglia, altro che mini-Lady londinese, anche se la bellezza di quella bambina era abbagliante e sprigionava signorilità da ogni poro. Suo padre doveva essere stato un uomo davvero affascinante per generare due bambini come i gemelli... Beh, era meglio non pensarci ora! "Sai, capitava anche a me da piccolo e se vuoi, posso insegnarti un modo per sfuggirle".

Daisy lo guardò sospettosa ma allo stesso tempo interessata. "Quale?".

"Te lo dico, se facciamo un patto!".

"Cos'è?".

"Un accordo. Io do qualcosa a te e tu ne dai una a me. E' una cosa importante, che si fa solo fra vere persone d'onore! Gente che mantiene la parola e di cui fidarsi. Ne sei capace?".

"CERTO!" - rispose lei in tono di ovvietà, alzando le spalle con noncuranza. "Tu mi insegni come non avere il culetto viola e io cosa devo fare?".

"Solo non dire alla mamma e allo zio che ho chiacchierato con Prudie al parco. Deve rimanere un segreto, sei capace a mantenerne uno?".

Daisy ci pensò su. "Ti ho detto di sì! Va bene, sto zitta! Io sono brava lo sai, sono anche la più brava a dire le bugie, giuro! Ma come faccio con le botte?".

Ross fece un sorrisetto furbo, l'aveva in pugno. E che fosse una conta-frottole professionista era indubbio, non c'era bisogno che lei glielo assicurasse anche se si auspicava, non ne stesse raccontando anche a lui in quel momento. Sperò che Prudie lo perdonasse, dopo tutto lo stava facendo anche per lei oltre che per se stesso. "Prudie è anzianotta e grassa, fa fatica a muoversi, giusto? Tu invece sei piccola e veloce e quindi, quando lei vuole darti una sculacciata e sta per prenderti, tu gettati in terra. Lei non riuscirà a prenderti, non è così agile a chinarsi, le farebbe male alla schiena. Se stai stesa in terra o seduta quando lei ti insegue, non riuscirà mai ad averti. E avresti il sederino salvo". Non era corretto, lo sapeva! Ma in fondo era compito di un ex-bambino terribile insegnare ai suoi successori i trucchi del mestiere... "Mi raccomando però, anche questa nostra conversazione deve rimanere un segreto fra noi due".

"Mh... sì!". Daisy, che fino a quel momento lo aveva guardato con sospetto, cambiò espressione e a Ross parve di scorgere nei suoi occhi azzurri, una sorta di ammirazione e rispetto. "Ohhh... Sicuro che funziona? Con le botte!".

"Sicuro! Da piccolo sculacciavano anche me e quando succedeva, io facevo così e riuscivo sempre a cavarmela". Le prese la manina, conferendo al loro patto segreto un tono di solennità. "Accordo fatto?".

Lei sorrise, rispondendo alla stretta. Era un patto fra due persone rispettabili, no? "Sì. Shhh, è un segreto che sei il fidanzato di Prudie!".

"Non sono il fidanzato di Prudie! Ma non importa, non dirai niente, vero?".

Lei scosse la testa. "Niente. Però mi giuri che non la porti via, Prudie?".

Le sorrise, in fondo sotto quella scorza da bambina terribile, doveva aver sviluppato un forte affetto per chi si prendeva cura di lei, anche se lo manifestava in maniera curiosa. "Te lo giuro. Parola d'onore". Certo, era la verità dopo tutto anche se, per il suo bene, decise di tacere che in realtà il suo desiderio era portarsi via la sua mamma...

Daisy annuì. "Grazie signore".

Ross fece per rispondere quando la porta si aprì. E Falmouth e Demelza entrarono nello studio.

Falmouth era impeccabile e distino come sempre mentre Demelza, vestita con un elegante abito giallo e coi capelli raccolti in una treccia, sembrava imbronciata e nervosa.

Ecco, quindi non si era sbagliato, se era lì con loro, doveva essere contro la sua volontà! Ma fece finta di nulla, salutò entrambi con un elegante cenno del capo e poi si mise composto sulla poltrona, ad aspettare che loro facessero altrettanto.

Falmouth si sedette alla scrivania, di fianco a Daisy e Demelza nel piccolo divanetto accanto, silenziosa ed evidentemente a disagio. Si accomodò, accavallò le gambe e poi sospirò, forse per evidenziare il suo scontento.

Daisy guardò lo zio e lui guardò il foglio con gli scarabocchi. “E allora? Vedo che non hai combinato nulla!”.

Ross osservò Demelza che sembrava tesa come una corda di violino per quella situazione che forse, oltre a lui, comprendeva anche un qualcosa che riguardava la bambina, poi osservò la piccola che, imbronciata, riprese il foglio stropicciandolo fra le manine.

NON-SONO-CAPACE!”.

Falmouth non si scompose. “Imparerai! Ma non ora! Adesso assisterai a una conversazione interessante fra me e il signor Poldark sul prezzo del grano! Ti interessa il prezzo del grano? E’ una questione importante”.

Demelza alzò gli occhi al cielo e Daisy guardò suo zio con una faccia talmente buffa che, se non fosse stato per la situazione di gelo con la sua ex moglie, sarebbe scoppiato a ridere molto volentieri.

No, non mi interessa” – rispose la piccola con sincerità, dondolando le gambine che penzolavano dalla sedia.

Non importa, ascolterai lo stesso”.

Daisy sbuffò e Ross si trovò un po’ in difficoltà. “Ecco… Forse questi non sono argomenti adatti a una bambina” – tentò di argomentare, suscitando lo sguardo sorpreso di Demelza che fino a quel momento era rimasta stranamente in silenzio.

Falmouth osservò la sua nipotina. “Daisy è in castigo, ma il castigo può e deve trasformarsi in qualcosa di istruttivo per la giovane mente di una futura Lady. Imparerà a scrivere il suo nome, come funziona la politica e soprattutto si ricorderà come ci si deve comportare e cosa è bene fare e cosa no”.

Ross osservò la piccola che, dall’espressione, era già più che annoiata. “Che… che ha fatto per meritarselo?” – chiese infine, vinto dalla curiosità, guadagnandosi un’occhiataccia da Demelza per quell’intromissione nelle sue faccende personali.

Falmouth scosse la testa, impilando dei fogli che si trovavano davanti a lui. “Non accetta i no, è disubbidiente, bugiarda e aggressiva. L’altra sera mi ha lanciato in testa un piatto di minestra bollente che, oltre ad avermi scottato viso e fronte, è stato un atto di insubordinazione che non posso tollerare”.

Ross guardò Demelza sempre più silenziosa e imbronciata e poi Falmouth e poi la piccola peste. Santo cielo, aveva voglia di ridere di nuovo, mentre immaginava la scena.

Daisy sbottò, picchiando le manine sul tavolo. “Giuda, mica mi sono divertita! Mi sono scottata le manine per prendere il piatto e lanciarlo! E poi lo zio era cattivo e ha fatto piangere Demian! Demian è mio fratello, nessuno deve farlo piangere!”.

Ross la guardò e sentendola parlare, gli tornò in mente il giorno in cui conobbe Demelza e lei si era dimostrata pronta a rinunciare all’occasione di lavorare per lui che gli stava offrendo, per amore di Garrick. Erano simili, anche se agivano in modi diversi. “Beh, forse la causa era nobile ma la reazione sbagliata”.

Ancora Demelza lo guardò, stavolta impressionata ed attenta a quel suo tentativo di salvataggio di Daisy. Decise quindi di proseguire, un po’ per aiutare lei in quella situazione in cui si era trovata a causa della bimba e che ora cominciava ad essergli chiara, un po’ perché in fondo, anche se figlia di Armitage, Daisy gli stava dannatamente simpatica.

Che volete dire?” – chiese Falmouth. “Non c’è nulla di nobile in ciò che Daisy ha fatto”.

Certo, sono d’accordo. Ma ecco, credo che a volte, con certi bambini, non serva a nulla dire no e basta, sperando che ubbidiscano senza capire. Io da piccolo ero molto simile a vostra nipote e se mi davano dei divieti senza darmi la spiegazione del perché, io li infrangevo per il semplice gusto di farlo. Se invece mi si spiegava che, ad esempio, era giusto proteggere mio fratello ma che farlo lanciando del cibo era sbagliato per tutta una serie di motivi, ci pensavo due volte a rifare la stessa cosa. Questo non vuol dire che un bambino diventa ubbidiente totalmente ma che forse lo sarà più spesso e che quanto meno avremo un dialogo con lui”.

Falmouth scosse la testa, non troppo convinto. “Avete idee strane Poldark, nella politica come nella vita. I bambini devono ubbidire e basta, non servono spiegazioni. E devono fidarsi delle scelte degli adulti che li amano, senza recriminare”.

Non sono d’accordo!” – ribatté Ross. “I bambini devono dire la loro e devono fare le loro rimostranze quando non la pensano come noi! Sta agli adulti insegnar loro il modo di farlo. Devono imparare a dire cosa pensano, sempre”.

Sì, ha ragione lui!” – sbottò Daisy, picchiando le manine sulle scrivania e guadagnandosi un’occhiataccia da suo zio.

Daisy, silenzio! E voi Poldark, è la politica che usate con vostro figlio?”.

Ross sospirò, non era un buon padre e non si reputava tale ma sì, sarebbe stato il modo in cui si sarebbe sempre approcciato a Valentine ed era con questo spirito che lo aveva portato a Londra con se, dopo le sue rimostranze al fatto che volesse lasciarlo a Nampara coi Gimlet. “Mio figlio è timido, taciturno e molto delicato di salute, quindi difficilmente ho avuto discussioni con lui ma quando è successo ho cercato di ascoltarlo e capirlo, per quanto possibile” – concluse, trovandosi a disagio a parlare di Valentine davanti a Demelza. Sapeva che questo aspetto della sua vita era una ferita ancora sanguinante e aperta in lei e odiava farle di nuovo del male.

Demelza però non parve particolarmente turbata o, se lo fu, lo dissimulò bene. E anzi, lo guardò con curiosità, tanto che a Ross sembrò sul punto di dire qualcosa.

Falmouth invece sembrava propenso a chiudere la questione sull’educazione dei bambini. “Beh, parliamo di cose serie! Demelza, ora ho bisogno del tuo aiuto”.

Lei sospirò. “Se non conosco la natura del vostro contendere, dubito di potervi aiutare…”.

Ross rimase colpito dal suo modo di parlare tanto forbito mentre Falmouth, forse molto più abituato a trattare con lei, proseguì nella sua invettiva. “Il signor Poldark ha promosso una mozione che verrà votata domani in Parlamento per la riduzione di 12 scellini al sacco, del prezzo del grano. Vorrei mi aiutassi a convincerlo a ritirarla!”.

Non ci penso proprio!” - Ribatté Ross con aria di sfida. “Il grano ha raggiunto prezzi proibitivi per la maggior parte della popolazione e ci stiamo avvicinando all’inverno. E tutti noi sappiamo quanto può essere duro superarlo, se non si ha la pancia piena. Soprattutto per i bambini come la vostra adorabile nipotina”.

Demelza fece correre lo sguardo fra lui e Falmouth, pensierosa. Poi… “Non credo che una riduzione di 12 scellini ci manderà sul lastrico, negli ultimi anni in effetti il prezzo del grano è aumentato molto mentre gli stipendi della popolazione più povera, no!”.

Ross le lanciò uno sguardo di ringraziamento per quell’inaspettato aiuto. In fondo chi meglio di lei poteva conoscere cosa fosse la fame?

Falmouth invece sembrava fermo nelle sue convinzioni. “Se si trattasse di un solo sacco di grano, si potrebbe anche fare! Ma Demelza, hai idea di quanti soldi in meno guadagneremmo noi produttori?”.

Lei rispose a tono. “Ne guadagneremmo comunque meno, se nessuno potrà comprare il grano perché troppo costoso! Resterebbe invenduto nei magazzini, col rischio di venire rubato da chi è disperato e non ha altra scelta”.

Ross, imitato da Daisy, fece scorrere lo sguardo fra lei e Falmouth, rapito da quel botta e risposta fra i due. Si chiese cosa la spingesse ad aiutarlo così. Certo, Demelza aveva sempre avuto a cuore i problemi sociali, ma era solo quello? O stava cercando di irritare Falmouth in modo che non la invitasse più ai loro incontri?

L’uomo digrignò i denti. “Demelza, non è questo il punto! Il signor Poldark non può pretendere che ogni sua mozione venga approvata senza discussione, così, a scatola chiusa! Non scende a compromessi, perché dovrei scendere io a patti con lui, se non viene incontro alle mie esigenze e alle esigenze degli appartenenti alla nostra classe?

Demelza si voltò verso di lui, stavolta parlandogli in modo diretto. “E’ così?”.

Ross sostenne il suo sguardo. “Non scendo a compromessi quando so di essere nel giusto”.

Certo, capisco! Ma anche chi vi ribatte, è convinto di essere nel giusto. Non potete andare in Parlamento e chiedere e pretendere, senza ascoltare nessuno e senza scendere a qualche compromesso che possa aiutarvi a raggiungere i vostri obiettivi. Bisogna saper ascoltare, come avete suggerito poco fa quando parlavate della mia bambina…”.

Ross deglutì. Colpito ed affondato! “Cosa proponete?”.

Un giusto accordo fra voi, che veicoli i voti verso la vostra proposta senza troppi malumori”.

Del tipo?”.

Del tipo che dovreste trovarvi a metà strada. Una riduzione di 12 scellini a sacco sarebbe vista con malumore dai più, non ricevereste voti da nessuno, eccetto forse dai vostri più strenui sostenitori. E chi muore di fame, continuerebbe a morire di fame! Ecco, una via di mezzo che tenga conto di guadagni e benefici anche sociali e di immagine ai più, potrebbe essere meglio accolta”.

Falmouth non sembrava entusiasta. “Una riduzione della metà, sarebbe di sei scellini! Comunque troppi”.

Demelza annuì mentre Ross la ammirava per quella sua innata capacità di conversare, coinvolgere e convincere, come se per tutta la vita non si fosse occupata d’altro che di politica. “Sei scellini nei mesi invernali, i più duri. E una riduzione di quattro nei restanti mesi dell’anno. Non inciderebbe che di poco sui nostri guadagni ma per chi non ha denaro per sfamare i propri figli, sarebbe una grande benedizione che attirerebbe su entrambi il favore popolare”.

Ross, non molto abituato a trattare, si trovò improvvisamente d'accordo con quella soluzione che poteva accontentare entrambi, scorgendo nelle parole di Demelza un rimando a quello che doveva essere stato il suo triste passato di bambina sempre affamata. Falmouth invece fece per obiettare. “Ma…”.

Demelza si alzò, a quel punto, prendendo Daisy per mano. “Volevate la mia opinione e ve l’ho data. Ad entrambi! E ora scusate, ma la bambina deve fare merenda”.

Falmouth guardò storto la piccola Daisy che gli restituì l’occhiataccia. “E’ in castigo!”.

Giuda, ho fame!” – protestò la bambina. “Pensate ai poveri e non a me!”.

Ho detto di no!” – ribatté Falmouth mentre Demelza sembrava innervosirsi.

E a quel punto, Ross captò un movimento veloce della mano della bambina che non avrebbe portato a nulla di buono. La vide puntare la boccetta d’inchiostro e se tanto di gli dava tanto, l’avrebbe presa e tirata in testa allo zio come aveva fatto con la minestra. Per un attimo si chiese se intervenire e distrarla in qualche modo prima che peggiorasse la sua situazione e quella di Demelza, ma non ce ne fu bisogno. Perché anche Demelza, che conosceva la figlia meglio di chiunque altro, captò con l’occhio il gesto della piccola, prendendole la manina appena in tempo prima che Falmouth si accorgesse delle sue intenzioni.

Osservò l’uomo, risoluta e pronta a combattere se necessario. “E’ stanca e affamata e non otterremo nulla da lei, se la teniamo qui a forza. La mandiamo a fare merenda e a riposarsi mezz’ora e poi tornerà qui più tranquilla e pronta per scrivere il suo nome. Giusto, Daisy?” – disse, fulminando la piccola con uno sguardo di rimprovero per ciò che voleva fare con l’inchiostro.

Giusto”.

Ross sorrise. Sapeva trattare, tanto in politica, tanto nelle questioni famigliari. Era cresciuta molto in quegli anni, era maturata e aveva affinato le sue già eccellenti doti di consigliera nelle questioni dove sorgevano discussioni. “Credo… Credo che quanto suggerito da Lady Boscawen sia ragionevole. Per il prezzo del grano, intendo. Se accettate, Lord Falmouth, io riformulerò la mia proposta secondo i nuovi termini suggeriti dalla signora”.

Demelza guardò Falmouth, incuriosita. “E allora?”.

E Falmouth cedette. “E sia, avremo questi sconti per un anno. Poi vedremo… Avrete il mio voto e quello dei miei alleati, signor Poldark. Sei scellini in inverno, quattro nei mesi caldi. Non uno in meno, non uno in più! E mi dovete un voto per la mia nuova strada privata che sorgerà a Norcross!”. E, più di buon umore e in fondo contento per aver ottenuto anche un tornaconto personale che era sicuro di sfruttare a breve, prese per mano la nipotina. “Vado a prendere delle carte nella mia stanza per siglare l’accordo e nel mentre porto la bambina a fare merenda” - esclamò, rimangiandosi quanto detto poco prima sul castigo di Daisy.

Demelza sorrise, Daisy saltellò contenta e Ross e Demelza si guardarono negli occhi con terrore, davanti all’evidenza del fatto che sarebbero rimasti da soli per qualche minuto.

Falmouth li ignorò e uscì dalla stanza con la piccola Daisy che però, prima di uscire, si voltò verso Ross strizzandogli l’occhio in segno d’intesa per il loro patto segreto di poco prima.

Ross sospirò. Non aveva altra scelta se non fidarsi di quel piccolo e poco affidabile soldo di cacio!

Appena rimasti soli, credeva che il gelo sarebbe piombato fra loro ma Demelza lo stupì, di nuovo. Seduta, col viso basso e le mani in grembo, si rivolse a lui in modo del tutto inaspettato. “Grazie”.

Ross spalancò gli occhi. “Per cosa?”.

Lei alzò lo sguardo su di lui, timidamente. “Per prima, per quello che hai detto su Daisy… Lei è… un po’…”.

Oh…”. Ross abbassò lo sguardo, non c’era davvero bisogno che lo ringraziasse per aver detto ciò che pensava. “E’ un po’ vivace, come lo ero io. E’ solo una bambina ma per un lord come Falmouth è difficile da capire e trovare il modo di essere meno rigido nel rapportarsi con lei”.

Lei lo stupì di nuovo, aprendosi a una piccola confessione. “E’ più che vivace! Daisy ci sfida, da quando è nata… Io la adoro ma credo di dover imparare a essere più dura e ferma con lei!”.

Ross sospirò. “Sei sua madre, suppongo che tu sappia cosa fare”. La guardò e in quel momento gli sembrò incredibilmente stanca e lontana dalla donna scaltra e risoluta che si era dimostrata pochi minuti prima. “Dovrei ringraziarti anch’io per prima, per come hai trattato la disputa fra me e Falmouth. Suppongo che trovare accordi e delle vie di mezzo, sia un buon modo per sopravvivere in questo ambiente e fare qualcosa di buono”.

Suppongo di sì” – disse lei. “E credo che questo… Questo…”.

Cosa?”.

Lei alzò gli occhi su di lui. “Ci ho pensato e credo che anche noi due dovremmo trovare delle buone vie di mezzo per vivere qui, a stretto contatto e con infinite possibilità di vederci. Il passato non conta, non più. Cerchiamo di essere civili e di non intralciarci, cerchiamo di vivere il meglio possibile questa cosa o finiremo per farci del male. E io non ho né tempo né voglia di rischiare che succeda. Voglio solo stare in pace. Tu sei quì, io anche, dobbiamo solo accettarlo da persone adulte, senza recriminare sul passato”.

Lui annuì. “Sono d'accordo”.

Lei abbozzò un timido sorriso. “Avrei votato per quei 12 scellini in meno però purtroppo non dipende da me e non funziona così a Westminster. Ma ritieniti fortunato a essere entrato nelle grazie di Lord Falmouth, scende a compromessi solo con chi ritiene meritevole di avere a che fare con lui. E poche persone appartengono a questo gruppo. Fattelo amico, da lui potrai imparare molto, così come ho imparato io negli anni”.

Ross annuì, lei stava dandogli un suggerimento disinteressato e lo stava facendo senza secondi fini. Lo apprezzava perché doveva costarle molto e in questo dimostrava una grande maturità che a lui forse ancora mancava. E sì, si trovò d'accordo con lei, doveva davvero solo imparare ad ascoltare di più e a essere meno cocciuto. “Lo farò, anche se lui ed io siamo molto diversi”.

La porta improvvisamente si aprì e Ross e Demelza si voltarono, pensando fosse Falmouth che era tornato coi documenti.

Ma si sbagliavano perché davanti a loro si materializzarono Jeremy e Gustav.

Ross sorrise, era felice di vedere suo figlio e di tutte quelle occasioni che, la stima di Falmouth, gli regalava per incontrarlo.

I bimbi lo riconobbero e salutarono ma dopo un po’ si concentrarono su Demelza.

Mamma! E l’albero di Natale?” – chiese Jeremy.

Ross si grattò il mento, pensieroso. Cos’era un albero di Natale?

Demelza invece sospirò. “Ancora con questa storia? Manca un sacco di tempo, mesi! E non lo voglio in mezzo ai piedi già da adesso!”.

Jeremy si imbronciò, picchiando un piede a terra come avrebbe fatto Daisy nella medesima situazione. “Ma hai detto in autunno! E adesso è autunno, è settembre! Dai mamma, daiiiii!!! Ci serve!”.

No che non ti serve, aspettiamo ancora un po’!” – disse lei, osservando pensierosa Gustav che, stranamente, continuava a grattarsi le braccia e la pancia. “Gustav, che c’è?”.

Jeremy rise. “Sembra una coccinella, c’ha puntini rossi dappertutto!”.

E mi prudono pure!” – aggiunse Gustav.

Ross si accigliò e Demelza impallidì, alzandosi di scatto e prendendo un braccio di Gustav per osservarlo. “Giuda!” – esclamò.

Gustav la guardò preoccupato. “Che c’è?”.

Lei parve scoraggiata. “Varicella…”.

E’ una malattia, mamma?” – chiese Jeremy.

Sì”.

Gustav divenne pallido come un cencio e prese a tremare. “Grave? Tanto tanto grave?”.

Lei sospirò mentre Ross, decisamente divertito e con l’animo più leggero per quanto si erano detti poco prima, provò di nuovo la voglia di ridere.

Demelza, decisamente meno divertita di lui, prese Gustav per mano, portandolo verso la porta. “No, non è grave ma è infettiva! Corri da Bastian e fatti portare a casa”.

Gustav sospirò. “Infettiva? Che vuol dire?”.

Che potresti infettare anche gli altri!”.

Il bimbo abbassò lo sguardo, mortificato. “Anche la mia amata Clowance?”.

Ross si voltò dall’altra parte per non ridergli in faccia. Non che avesse chissà quali speranze con sua figlia, ma quelle poche che forse, in un altro universo, poteva avere, sarebbero svanite come neve al sole se lei avesse preso la varicella a causa sua. Non sarebbero bastate tutte le spade nella roccia del mondo per ottenere un perdono!

Demelza sospirò, scoraggiata. Aveva quattro figli, quattro potenziali bambini con la varicella e doveva muoversi subito! Lo salutò frettolosamente, ordinò a Jeremy di correre via e portò Gustav, trascinandoselo dietro, dal loro cocchiere, con l’ordine di rispedirlo subito a casa sua.

Rimasto solo Ross sorrise, osservando il bellissimo soffitto affrescato di Falmouth. Era una bella giornata, nonostante tutto… Demelza sembrava meno aggressiva e più propensa ad avere a che fare con lui, il muro che li aveva tenuti divisi a lungo iniziava a scricchiolare, Falmouth pareva apprezzarlo e si era fatto una potente alleata in quella casa, Daisy.

Era decisamente un nuovo inizio, pensò…


...


Era ormai passata l'ora di cena e in casa c'era stato scompiglio anche se, stranamente, dopo la chiacchierata con Ross del pomeriggio, Demelza si sentiva stranamente meno angosciata e più serena.

Aver capito di dover accettare la presenza di Ross a Londra le conferiva una nuova pace d'animo, le aveva fatto capire che non poteva lottare contro l'inevitabile e le aveva dato la forza di voltare pagina, cercando di impedire al passato di influenzare il presente.

L'unico neo della giornata era stato che Prudie era rimasta bloccata con la schiena mentre inseguiva Daisy dopo una marachella e avevano dovuto chiamare Dwight che aveva sentenziato che la sua domestica aveva 'Il colpo della strega' e che doveva stare a riposo dieci giorni.

Non ci voleva, c'era già il rischio varicella che incombeva su tutti loro e Prudie bloccata a letto era una catastrofe.

Salì al piano di sopra diretta alla camera da letto, desiderosa di rilassarsi leggendo un libro, quando notò che Daisy era seduta per terra in mezzo al corridoio, meditabonda. "Orsetta, che ci fai in terra?".

Lei alzò le spalle. "Così, niente! Prudie è a letto?".

Demelza si inginocchiò davanti a lei. "Sì, ha mal di schiena e non può alzarsi. Tu sai perché la sua schiena fa male?".

"Noooo". Daisy picchiettò le dita sul pavimento, pensierosa. "Ci deve stare tanto?".

"Dieci giorni, dice Dwight".

Daisy alzò un sopracciglio. "Dieci giorni e non può andar via?".

"Ovviamente no!".

E a quelle parole, inaspettatamente, Daisy si alzò in piedi e senza spiegazioni, sorridendo soddisfatta per qualcosa, le diede un bacio sulla guancia. "Buona notte mammina, ti voglio bene! Se mi davi meno nomi te ne volevo di più, ma fa niente".

E così dicendo, sollevando il sederino in alto mentre camminava, se ne tornò verso la sua cameretta lasciando Demelza ancora più perplessa. Le stava nascondendo qualcosa, ne era certa... Ed era altrettanto certa che qualunque cosa fosse, Daisy non avrebbe aperto bocca.


  
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