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Autore: angelo_nero    15/02/2019    6 recensioni
[La storia contiene spoiler per chi non ha visto Super]
Mirai!Trunks è sempre stato un personaggio che amo e stimo, per tutto quello che ha passato (per tutta la sfiga che gli è caduta addosso) e per come si è sempre rialzato. Un ragazzo forte eppur fragile che non desiderava altro che l'amore di un padre mai conosciuto e la salvezza per il suo mondo in frantumi.
Gli anni passano e Trunks diventa grande, anche la battaglia con Black e Zamasu è giunta al termine e nel suo futuro regna finalmente la pace. Ora ha il pieno diritto di mostrarsi fragile e compiangere ciò che ha perso.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mirai!Mai, Mirai!Trunks, Mirai!Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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In quella giornata di maggio le temperature toccavano a malapena quelle primaverili costringendo le persone a stringersi nei giubbotti leggeri, tirati fuori dall’armadio nella speranza che sarebbero bastati contro il vento pungente che al tramonto tirava forte.
I passi leggeri di un giovane uomo piegavano la tenera erba del prato, appena spuntata in quella primavera un po’ ritardataria mentre il sole riscaldava l’aria circostante. La distesa davanti a lui era priva di qualunque costruzione o recisione, un terreno abbandonato al centro del quale un grande albero regalava ombra a una buona parte del prato.
Il ragazzo si fermò puntando gli occhi azzurri sul terreno dove i timidi fiorellini crescevano indisturbati adornando i freddi pezzi di marmo piantati nel terreno, unico segno del passaggio dell’uomo in quel posto nascosto ai più. Sopra di essi c’erano incisi un nome e delle date, erano sicuramente troppe agli occhi del giovane ma esigue a confronto di tutte le altre vite andate perse con loro.
Il vento leggero gli scompigliò la chioma glicine ma Trunks non ne risentì affatto, complice il sangue alieno che gli scorreva veloce nelle vene. Sospirò osservando una ad una quelle lapidi sotto le quali non giaceva alcun corpo, in quanto fossero andati persi nella battaglia cruenta che li aveva visti, per la prima volta, perdenti su tutti i fronti. Nemici troppo forti per tutti, era stato necessario un viaggio indietro nel tempo per poter dare una speranza a quel mondo in rovina. Il ricordo era ancora nitido nella sua testa, nonostante fossero passati gli anni, e tutte quelle vite spezzate ancora non avevano avuto del tutto giustizia. Nessuno riporta indietro i morti. Non più, da quando Piccolo era morto portandosi con sé il Supremo e le sfere del drago.
S’inginocchiò di fronte a una delle lapidi costatando ogni volta quando fossero troppo vicine quelle date, chiedendosi se fosse potuto andare diversamente, se la morte di Goku avesse inevitabilmente segnato i loro destini o sarebbe comunque finita così. Domande senza risposta, il viaggio nel passato gliene aveva create tante altre ma ormai aveva imparato a conviverci senza dargli troppo spazio.
Spolverò la pietra, togliendo le erbacce che si stavano arrampicando indisturbate su di essa creando crepe e rischiando di romperla. Posò un oggetto che rappresentava chi era sepolto, simbolicamente, lì. L’anima dei guerrieri che avevano sempre combattuto al fianco di Goku, era probabilmente passata oltre già da molto tempo mentre il corpo terreno era stato carbonizzato dai due androidi.
Ripetè l’azione per tutte le altre tombe, poste una di fianco all’altra senza un vero e proprio ordine. Erano tutti morti a così poco tempo di distanza che non avevano fatto in tempo a compiangere un compagno caduto che dovevano versare altre lacrime per un altro. Tutta colpa di uno scienziato con troppe manie di vendetta verso quel bambino con la coda che aveva fatto fuori l’esercito del fiocco rosso. Aveva stroncato la vita di troppe persone e tolto tutto a chi era rimasto.
Posò una cintura blu e una casacca arancione davanti la lapide di Gohan, suo maestro e amico, morto per salvargli la vita e dare una seconda possibilità a quel mondo distrutto. La sua dipartita aveva scatenato la rabbia di Trunks, portandolo a raggiungere lo stadio di Super Saiyan. Si chiese se Gohan pensasse che fosse colpa sua, non si era mai perdonato di aver fatto perdere un braccio all’amico per la sua stupidità. Si alzò e diede un’occhiata a quel piccolo cimitero privato che lui e sua madre avevano allestito dopo la sconfitta degli androidi e di Cell, per ricordare gli amici caduti in battaglia e dar loro una degna sepoltura. Anche senza il corpo fisico.
Lontano da tutte le altre, sotto il grande albero, una lapide solitaria rimaneva in disparte, esattamente come faceva il proprietario.


-Tuo padre?-
Trunks, appena di dieci anni, annuì osservando con occhi speranzosi la madre accovacciata davanti a qualche strano macchinario che amava smontare.
Bulma sospirò tornando ad armeggiare con ciò che aveva davanti. Si chiese se dovesse raccontare tutto al figlio o indorargli la pillola, l’uomo che gli aveva dato la vita non era un tipo facile da descrivere.
-Tuo padre era… diverso. Da me, da Gohan, da tutti. Non gli piaceva stare in mezzo alla gente, si isolava sempre e io mi sono sempre chiesta il perché. - aveva buttato fuori malinconica.
Il ricordo del principe faceva sempre male, e le faceva chiedere se fosse potuta andare in modo diverso tra loro. Ogni volta che osservava Trunks ci rivedeva il suo sguardo accigliato, e più il bambino cresceva più la cosa diventava palese in lui.
-Era speciale, in un certo senso. -
-Mi voleva bene? - chiese ingenuamente.
A Bulma venne da ridere, accostare qualsiasi sentimento positivo a Vegeta era probabilmente quanto di più sbagliato si potesse fare.
-A modo suo. -


La tomba del Principe dei Saiyan, Vegeta, suo padre, era la meno rovinata ma la più ricoperta di muschio in quanto fosse sempre all’ombra e prendere umidità. I rampicanti non avevano osato deturparla, forse spaventati dal nome inciso sopra. Trunks ci passò una mano per liberarla dallo sporco e far risplendere il nome.
-Ciao papà. - mormorò appena.
Non aveva idea di come potesse mancargli tanto una persona mai conosciuta. Eppure il groppo in gola che gli si creò al pensiero era dannatamente reale. Cacciò indietro le lacrime, non voleva apparire debole davanti al genitore nonostante ciò che aveva davanti fosse un semplice pezzo di pietra freddo e immobile e non il principe dei guerrieri in carne ed ossa.
Lo stomaco fece una capriola e si morse il labbro quando si chiese come sarebbe stato crescere con lui al suo fianco. Lo avrebbe allenato? Gli avrebbe insegnato ciò che sapeva? Gli avrebbe detto di essere orgoglioso di lui? L’avrebbe visto trasformarsi per la prima volta? Gli sarebbe stato accanto?
Scosse la testa mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime, si faceva troppe domande a cui non poteva dare una risposta. E no, conoscere la sua versione del passato non era la stessa cosa. Quel Vegeta apparteneva a quel mondo, a quel Trunks, un bambino viziato e felice che poteva chiamarlo “papà” senza pensarci un secondo. Lui aveva potuto pronunciare quella parola soltanto a vent’anni compiuti, in quanto la versione di Vegeta del suo mondo era morto ancor prima che imparasse a parlare. Chissà se gli sarebbero brillati gli occhi a quel suono come succedeva alla sua versione passata o se lo avrebbe schifato e cacciato indispettito. Sua madre era stata tutto ciò di cui aveva bisogno, non gli aveva mai fatto mancare niente, ma aveva sempre sentito come se gli mancasse un pezzo, qualcosa che lo riportava alle sue origini e avrebbe potuto dargli tante spiegazioni a quei punti di domanda che da anni viaggiavano nel suo cervello. Le storie che Bulma gli aveva raccontato su di lui avevano alleviato un po’ quella sensazione senza mai farla sparire del tutto.
Ormai era un uomo adulto e certe cose non dovrebbe neanche pensare ma diamine quanto avrebbe voluto ricevere un suo abbraccio. Neanche la versione passata si era sbilanciata così tanto, nonostante durante l’ultimo viaggio l’aveva visto cambiato e si era comportato decisamente meglio di quando, quasi schifato, l’aveva cacciato affermando che non gli importava nulla di lui. Mandando in frantumi tutti i castelli in aria che si era creato.
E l’aveva odiato, così tanto che credeva di non poter odiare nessun altro in quella maniera. Invece quello in torto era lui stesso, che aveva divinizzato una persona che la madre gli aveva detto non fosse come se lo aspettava.
-Ti odio, - singhiozzò ostinandosi a trattenere le lacrime. -Perché sei morto prima che io potessi avere la possibilità di amarti.-
Posò un pezzo di stoffa blu sulla lapide e spostò lo sguardo a destra: da qualche anno a quella parte il padre non era più solo sotto quell’albero, la lapide di Bulma affiancava quella di Vegeta.


-Tu e papà siete sposati? -
Bulma sbattè la testa contro un tubo di ferro, colta alla sprovvista da quella domanda. Puntò lo sguardo su un Trunks appena quindicenne che la fissava in attesa, gli occhi azzurri brillavano della curiosità tipica di quell’età. Gli sorrise mettendo per un attimo da parte il lavoro decidendo di rispondere al figlio.
-No, Trunks. Io e tuo padre non siamo sposati.-
-Perchè?- chiese inclinando la testa.
Bulma si passò una mano sul collo in imbarazzo, era raro che le mancassero le parole.
-Trunks, tuo padre è… era un tipo complicato, non amava le dimostrazioni pubbliche d’affetto. Non credo ci saremmo mai sposati.- spiegò al ragazzino.
Lo sguardo di Trunks si rabbuiò puntando le scarpe da ginnastica rovinate che portava. Bulma gli sollevò il viso per potersi specchiare nelle iridi cerulee del suo bambino. Sorrise appena.
-Però ci amava. Tanto. Su questo non dubitare mai.-


Accarezzò la pietra su cui era inciso il nome della donna più importante della sua vita e poggiò davanti una camice da laboratorio accuratamente ripiegato. Sorrise ripensando a quanto fosse stato fortunato a crescere con lei come punto di riferimento: Bulma, nonostante la morte di Vegeta, non si era fatta prendere dalla depressione, il dolore era sempre stato vivo in lei ma non aveva mai fatto pesare la cosa sul figlio, anzi, Trunks la ricordava sempre allegra e piena di energie. Piangeva quando era sola, chiusa in camera, abbracciata a una vecchia e logora tuta blu, tutto ciò che rimaneva dell’uomo che aveva amato con tutta se stessa.
Anche lei le era stata strappata via da un nemico a cui piaceva giocare a fare Dio, qualcuno che pensava di poter decidere del destino di un’intera razza soltanto perché gli non andava a genio come vivevano. Trunks storse il naso e serrò i pugni al ricordo vivido di Black che uccide sua madre senza tanti complimenti, mentre lui si trascinava via dal campo di battaglia in lacrime per raggiungere la macchina del tempo e tornare indietro per chiedere aiuto.
Gli mancava da morire. Gli mancavano entrambi.
In realtà poteva tornare indietro quando voleva per riabbracciarli ma non era la stessa cosa e sapeva che manipolare il tempo non era una cosa che andava fatta con leggerezza, anche se ciò che lo smuoveva era l’animo di bimbo triste che mai si era spento.
-Sai, papà, nell’altra linea dimensionale sei diverso. Quasi stentavo a riconoscerti.- disse il ragazzo come se il genitore potesse sentirlo. -Non so cosa sia successo, e nemmeno mi interessa, però c’è qualcosa che ti ha cambiato rendendo felici il me di quel tempo e la mamma.-
Una goccia gli bagnò la mano ed alzò la testa per vedere se piovesse ma il cielo era azzurro e privo di nuvole. Passò un dito sul viso e capì di star piangendo, ormai inutile fermare le lacrime.
Si lasciò andare a un pianto sommesso, disperato, di chi ha perso tutto senza un’effettiva ragione. Lacrime di dolore e di rabbia per aver pagato il prezzo di una guerra che non gli interessava combattere. Le spalle sussultarono con i singhiozzi mentre dagli occhi azzurri strizzati scendevano senza sosta fiumi di lacrime.
Se avesse potuto desiderare qualcosa, qualunque cosa, avrebbe chiesto soltanto riavere i suoi genitori. Di tornare a vivere tutti e tre, insieme.
-Cosa sei un moccioso? Smettila di piangere.-
Trunks alzò la testa di scatto al suono di quella voce. Si guardò attorno incredulo, non era possibile.
-Sono qui, passare il tempo con il figlio di Kakaroth ti ha rincitrullito o cosa?-
Gli occhi azzurri del ragazzo si spalancarono stupiti come non mai incontrando la figura traslucida e trasparente di Vegeta, del Vegeta del suo tempo. Un fantasma.
-Papà? - mormorò-
Vegeta voltò la testa verso di lui, seduto a terra con le braccia incrociate lo fissò con un sopracciglio alzato.
-Quel suono è esattamente come me l’ero immaginato.- borbottò.
Trunks fissò il fantasma del padre incredulo, pensava fosse scomparso e finito all’inferno o da qualche altra parte. Come era possibile che ci stesse parlando?
Si passò una mano sugli occhi asciugandosi le ultime lacrime.
-No, non sono un miraggio.- sbuffò l’uomo.
-Cosa… Come… Perchè sei qui? Tu sei...-
-Morto. Già.- disse alzandosi in piedi. -Forse sono frutto della tua immaginazione, chi lo sa.-
Trunks si alzò di rimando, fissando il padre con occhi sgranati da quei pochi centimetri in più che li separavano. Vegeta arricciò il naso constatando che il figlio l’avesse superato abbondantemente in altezza.
-Magari sono il tuo angelo custode.- scherzò. -Si può sapere perché piagnucoli?-
Il ragazzo sussultò di fronte a tanta irruenza, non aspettandosela da un fantasma. Abbassò lo sguardo sul terreno, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime di nuovo. Le asciugò velocemente cercando di fermarle, senza successo.
-Sei venuto su un frignone, che diavolo ha combinato tua madre con la tua educazione! Dannata lei e i sentimenti terrestri.- si lamentò il Saiyan. -Smettila.-
Il glicine si affrettò a tirare su con il naso e ad alzare lo sguardo ancora lucido sul genitore, o almeno sul suo fantasma. Non ci credeva ma ne aveva viste talmente tante che non si stupiva più di niente.
Vegeta lo guardò di sottecchi, constatando quanto quel frugoletto con gli occhi azzurri in braccio a Bulma fosse cresciuto. Doveva averne passate tante. Spostò lo sguardo altrove, fissando il cielo blu sereno che sembrava sorridergli.
-Cosa ci fai qui? Non dovresti essere andato… dovunque si vada dopo la morte?- chiese Trunks tirando su con il naso.
Vegeta alzò le spalle, non ne sapeva niente di quella roba e non voleva saperne. Non rispose al figlio, continuando a guardare lontano, oltre l’orizzonte, oltre il cielo limpido, oltre il sole brillante.
Il ragazzo non fece caso al mutismo paterno, abituato a quello della versione passata ormai era normale non ricevere una risposta da lui. Si guardò attorno aspettandosi di vedere spuntare i fantasmi di tutti gli altri, ma quel piccolo cimitero rimase immobile. Erano solo loro.
-Ci sei solo tu? - chiese riportando gli occhi su di lui.
-Già. - rispose.
Trunks si strofinò gli occhi arrossati cercando di mandare via quella sensazione che gli attanagliava lo stomaco. Prese un respiro profondo fissando il terreno che gli macchiava le scarpe chiare.
Scese un silenzio irreale tra di loro, qualcosa che non poteva esserci ma c’era. Un mare di parole non dette li circondò quasi volesse farceli affogare. Il mezzosangue si sedette a terra, abbracciandosi le ginocchia, sentendosi improvvisamente un bambino di pochi anni a confronto con la figura che aveva sempre idealizzato. Non sapeva che fare, o che dire.
-Allora? Perchè piagnucolavi come una ragazzina? - gli chiese Vegeta senza guardarlo.
Trunks continuò a fissarsi le scarpe, intimidito da lui.
-Non sono esattamente nel posto più felice. - borbottò strappando qualche filo d’erba.
Vegeta roteò le iridi scure fino a posarle sulla figura raggomitolata del figlio, sembrava volersi fare sempre più piccolo fino a scomparire. Chissà cosa gli passava per la testa. Gli si sedette accanto, in silenzio.
-Ho conosciuto la tua versione del passato. - buttò fuori il ragazzo tirando un sasso.
-Ah, sì?- rispose annoiato l’uomo.
Trunks annuì.


-Papà? Ascoltami forse dovremmo unire le forze e pensare...-
Vegeta piantò un pugno sulla parete più vicina, facendo sussultare il ragazzo alle sue spalle. Aveva fatto parecchio rumore e sul muro rimase l’impronta della sua mano quando la tirò via. Trunks lo vide serrare i pugni e tremare appena, di rabbia. Per la prima volta ebbe paura di lui.
-Smettila di chiamarmi in quel modo.- sussurrò il guerriero dai capelli neri.
Trunks lo fissò stranito, non capendo.
-Ma papà...- protestò ripetendo quella parola.
-Ti ho detto di smetterla!- sbottò voltandosi di scatto verso di lui.
Involontariamente sprigionò la propria aura, buttando a terra il figlio che lo fissava con occhi sgranati. La rabbia lo scuoteva da capo a piedi, il petto si sollevava e si abbassava ritmicamente, i denti digrignati e gli occhi infuocati. Mai si era sentito così infuriato senza conoscerne il motivo.
Trunks deglutì senza staccare gli occhi dai suoi, senza comprende la motivazione di tale rabbia ceca nei suoi confronti. Eppure aveva fatto di tutto per apparire forte e degno ai suoi occhi. Il cuore gli batteva all’impazzata e la bocca si era seccata, il respiro accelerato e una sensazione di impotenza gli afferrò le viscere. Avrebbe potuto tirarsi su e fronteggiarlo in piedi, eppure rimase immobile sul pavimento. Congelato.
-Ascoltami, bamboccio, io non sono tuo padre, né mai lo sarò. Perciò chiudi quella fottuta fogna e stammi lontano, altrimenti ti faccio finire all’altro mondo prima del tempo.- lo avvertì drizzando la schiena e coprendosi di quella corazza d’odio.
Trunks rimase fermo anche quando il genitore gli voltò le spalle e sparì oltre il corridoio. Alzò una mano per passarsela tra i capelli e la scoprì tremante. Si coprì il viso con le mani chiedendosi cosa avesse fatto di male per meritarsi tutto quell’odio.


Non biasimava il padre per averlo trattato in quella maniera, i sentimenti umani avevano fatto breccia in lui e non sapeva come comportarsi. Ciò lo destabilizzava a tal punto da farlo reagire a quella che vedeva come una minaccia nell’unico modo che conosceva: con la violenza. In quel momento, però, aveva preso quelle parole talmente come un attacco personale che si era ritrovato per giorni ad odiare il genitore. Lo stesso genitore su cui aveva fantasticato per anni, in barba a tutte le raccomandazioni della madre di non farsi troppe aspettative. Ed era stato proprio quello il suo sbaglio.
-Diciamo che ti avevo immaginato diverso e la realtà mi ha colpito in pieno.- ridacchiò tristemente.
-Hai lo stesso vizio di tua madre. Vi fate castelli in aria e poi date la colpa alla realtà se fa male.-
Trunks sospirò.
-Già.-
Rimasero in silenzio, soltanto qualche uccellino canticchiava la propria felicità indifferenten al fatto che avesse fatto un nido proprio sopra un cimitero.
-Da quanto sei qua?- gli chiese Trunks.
-Dall’inizio.- rispose Vegeta assente.
Trunks strabuzzò gli occhi: il padre non era semplicemente un fantasma, o un gioco del suo cervello, ma era praticamente sempre stato lì. Non era mai andato via, era rimasto sulla Terra per chissà quale motivo!
Vegeta gli lanciò uno sguardo con la coda dell’occhio, osservando la sua faccia sorpresa. Fissò per qualche secondo quegli occhi chiari che le ricordavano così tanto lei, la stessa lei che lo aveva mandato così tanto fuori da testa da spingerlo ad andare incontro a morte certa, nel tentativo di salvarli. E Bulma l’aveva pregato in ginocchi di non andare, di rimanere con loro fregandosene dell’orgoglio e del suo essere guerriero, ancora un giorno. Ma lui l’aveva ignorata e l’orgoglio non c’entrava niente.
-Praticamente mi hai fatto da angelo custode?-
Il Saiyan purosangue sussultò e Trunks rise spezzando un po’ l’atmosfera pesante.
-Tsk, sono semplicemente rimasto bloccato qui e non ho avevo nient’altro da fare che seguirvi.- rispose rendendosi conto troppo tardi che aveva detto fin troppo.
Gli occhi del ragazzo luccicarono d’emozione all’apprendere che il genitore era stato loro vicino fin dall’inizio. Invece di gironzolare a caso per il pianeta era rimasto lì, a vederlo crescere passo dopo passo, diventare più forte e più responsabile. Non doveva essere stato facile per lui osservarli senza poter fare niente.
Trunks sorrise appena mentre una lacrima di commozione gli si posava sulle labbra. Quello era molto più di ciò che si sarebbe aspettato.
-E smettila di piangere! Tua madre ti ha plagiato fino a farti diventare un rammollito.- borbottò l’uomo resistendo alla voglia di tirargli uno scappellotto, dato che era inconsistente.
-Scusa.- mormorò. -Non sai quanto mi renda felice questa cosa.-
Il moro si voltò ad osservarlo, rivedendosi in quel ragazzo cresciuto fuori ma rimasto un bambino segnato dalla sofferenza all’interno. Si chiese se fosse proprio lui, suo figlio, il motivo per il quale fosse rimasto in quel mondo.
-Sai, sono stato di nuovo nel passato e ti ho visto cambiato.- disse poi smettendo di piangere. -Ti ho visto sorridere.-
-Sì, certo. Avrai sbagliato persona.- borbottò l’altro posando la testa sulla mano fissando l’orizzonte.
Trunks scosse la testa, era assolutamente sicuro.
-No, sono sicuro fossi tu.- continuò perdendosi nei ricordi. -Non so cosa sia successo e nemmeno mi interessa, ma mi ha fatto piacere vedere la mia copia del passato e la mamma così felici. Ciò che ho fatto è servito a qualcosa.-
Non avrebbe mai potuto riportare indietro suo padre, né riavvolgere il tempo e fare un secondo tentativo per sconfiggere i cyborg senza la morte di nessuno ma aveva dato un futuro roseo a un altro se stesso. Ciò gli toglieva un po’di quel peso che sentiva sul cuore ogni volta che ripensava a ciò che aveva perso. Erano passati anni ma quella sensazione di drammatica impotenza lo richiamava ogni notte, ricordandogli che la sua vita era andata in frantumi ancor prima di cominciare. Aveva un anno quando il padre gli era stato prepotentemente strappato via e rivederlo nel passato, cambiato, vivo, aveva riportato a galla un sacco di sensazioni contrastanti.
Alzò lo sguardo sulla lapide del padre, sul quale era incisa soltanto una data completa, mentre l’altra riportava soltanto l’anno.


-Quando è nato papà?- chiese Trunks alla madre voltandosi a guardarla.
Bulma stava sistemando le ultime lapidi, piantandole nel terreno assicurandosi che fossero stabili e non sarebbero crollate da un momento all’altro. Sollevò lo sguardo sul figlio pensandoci un secondo.
-Sai che non lo so? Non me l’ha mai detto.- gli rispose mordendosi il labbro.

Ecco un’altra delle centinaia di cose che Vegeta non le aveva mai voluto confidare. Era riuscita ad estrapolargli l’anno di nascita quando litigando aveva affermato di essere più grande di lei di un paio d’anni. Ma non sapeva altro. L’unica volta che aveva provato a chiederglielo lui le aveva risposto che non era una data che amava ricordare, né tanto meno festeggiare, e non ne avevano mai più parlato.
Trunks fissò tristemente la lastra di marmo con il nome del padre, sulla quale mancava ancora la data di nascita e la dedica. Si guardò attorno cercando ispirazione su cosa scrivere, appurato che  mai avrebbero saputo il giorno del compleanno, dalle altre.
-Cosa c’è, Trunks?- gli chiese Bulma.
-Non so cosa scrivere. Niente mi sembra appropriato per papà.- si lamentò fissando la nuda pietra come se potesse dargli una spiegazione.
-Scrivi la prima cosa che ti viene in mente.- suggerì l’azzurra sistemando anche l’ultima lapide e avvicinandosi al figlio.
-E cosa? “Marito devoto e bravo padre”? “Brava persona”? “Lo amavano tutti”? Non mi sembra qualcosa che rappresenti papà.-
Bulma ci pensò qualche istante cercando di trovare qualcosa di adatto per il defunto compagno. Di certo quanto elencato da Trunks era ciò che di più lontano potesse esistere dalla personalità di Vegeta. Non era stato chissà quale brava persona in vita, anzi aveva fatto più danni che altro, però doveva pur esserci qualcosa.
La pioggia iniziò a cadere, scrosciando forte nel giro di pochi secondi costringendoli a rimandare la scelta della dedica più adatta al Principe dei Saiyan.


-Papà?-
Vegeta si voltò a guardarlo incrociando i suoi occhi azzurri con i propri neri, in quel momentom in cui il ragazzo lo fissava serio, riuscì a cogliere anche qualcosa di sè in lui. Sotto quei colori marini c’era un cuore guerriero, uno sguardo risoluto e un orgoglio immenso. Oltre a un animo ferito da un’innocenza finita troppo in fretta a causa di un pazzoide. Si rivide in lui, in una visione distorta e più umana ma pieno di tristezza e rabbia.
-Tu ci hai amato, vero?- chiese a bruciapelo.
Il Saiyan maggiore non rispose, continuando a fissare le iridi cristalline che con gli anni si erano scurite un po’ assumendo una sfumatura più blu che celeste. Il ragazzo non accennò ad abbassare gli occhi, imperterrito in attesa della risposta alla sua domanda. Tale e quale a sua madre, riflettè l’uomo.
Il silenzio predominò la conversazione ancora una volta, complice un guerriero piuttosto taciturno come interlocutore e le domande scomode del ragazzo. Il sole brillava ancora alto nel cielo ma l’aria frizzantina iniziò a farsi sentire, scompigliando le chiome di entrambi. Vegeta ricordò la sorpresa mista allo sdegno quando aveva visto per la prima volta i capelli glicine del figlio, chiedendosi come fosse possibile che un Saiyan nascesse con quel colore assurdo. Aveva quasi pensato di accusare la donna di avergli presentato come suo figlio quello di qualcun altro ma la codina marroncina che spuntava dalla tuta blu aveva tolto ogni dubbio su chi fosse il padre. Le aveva poi voltato le spalle indifferente alla creaturina indifesa stretta tra le sue braccia.
-Trunks.- sospirò l’uomo costringendosi a parlare. -Io non ho idea di cosa sia l’amore, nella mia lingua come parola neanche esiste. Quindi la mia risposta è no.- si fermò un secondo alzandosi da terra e tornando a guardare dritto davanti a sé. -Ma ciò che mi lega a voi è qualcosa che va oltre la mia comprensione.-
E quella piccola quando velata confessione si portò via un pezzo del cuore di Trunks, mandando in frantumi la sua corazza. Tutti i sentimenti trasbordarono, mischiandosi alla felicità per ciò che mai avrebbe pensato di sentir dire dal padre. Il peso sullo stomaco scomparve lasciando al suo posto un groviglio di sensazioni a cui non seppe dare un nome che gli riempirono l’animo. Finché non cedette.
Le lacrime cominciarono ad uscire fuori da quelle pozze chiare incontrollate, senza che Trunks potesse fare nulla per fermarle. Si ritrovò a singhiozzare come un poppante con il viso rigato e il respiro mozzato. Non sapeva cosa gli stesse succedendo, se fossero lacrime di gioia o di dolore, sentiva solo il bisogno di piangere sfogando quanto trattenuto negli anni.
Prima suo padre, poi sua madre, si era ritrovato orfano e solo in quel mondo troppo grande e troppo bastardo per chi si sente abbandonato da tutti e con un peso troppo grande sulle spalle.
Pianse tutte le sue lacrime senza che Vegeta gli dicesse niente in proposito. Voltato di spalle gli lasciò il tempo necessario per far si che si sfogasse per bene, ne aveva passate troppe fin da quando era piccolo.
-Trunks?- chiamò una voce femminile.
Trunks smise di singhiozzare, con le spalle che però ancora sobbalzavano scosse dal pianto. Rimase con la testa nascosta tra le ginocchia ancora un po’ cercando di tornare in sé.
-Papà!- urlò una voce infantile.
A quel punto il giovane alzò la testa e vide un bambino di quattro anni corrergli incontro, la chioma scura sparata verso l’alto e qualche ciuffo ribelle a coprire gli occhi azzurri dal taglio squadrato, una lunga coda marroncina seguiva i suoi movimenti. Trunks accolse il bimbo tra le proprie braccia quando gli si buttò addosso.
-Ehy, piccola peste! Cosa ci fai qui? Dov’è la mamma?-
Il bambino si voltò appena per indicargli una giovane donna che si avvicinava loro a passo svelto, sembrava arrabbiata e i lunghi capelli neri svolazzavano attorno alla sua figura come un mantello. La donna li raggiunse e si fermò davanti ai due con sguardo di rimprovero.
-Ma insomma, Vegus! Ti ho detto tante volte di non scappare via così! Devi rimanermi vicino altrimenti di perdi.- lo rimproverò.
Vegus si strinse a Trunks, cercando di nascondersi dalla furia materna e far si che lui lo proteggesse. Alzò gli occhini azzurri incrociando quelli dello stesso colore del giovane uomo, sfoderando uno sguardo da cane abbandonato da far invidia.
-Andiamo, Mai, non esagerare non è stupido.- cercò di rabbonirla.
Mai sospirò rassegnata, Trunks lo proteggeva sempre anche quando era palesemente in torto. Dannati Saiyan, la facevano ammattire. Alzò le mani in segno di resa, non le andava di discutere.
-Okay, okay. Ma poi non chiamarmi quando non riesci più a tornare indietro.- rispose fingendosi offesa.
Il bambino, per tutta risposta, le si lanciò praticamente addosso rischiando di farla cadere. Ma Mai sorrise all’irruenza di suo figlio, merito del sangue alieno che gli scorreva nelle vene. Gli scompigliò la chioma scura dall’atipica pettinatura a fiamma e gli scioccò un bacio sulla guancia paffuta, poi spostò lo sguardo sul giovane seduto per terra.
-Tutto ok?- gli chiese notando ancora le tracce delle lacrime sulle guance e gli occhi arrossati.
-Sì, soltanto un po’ di tristezza.- rispose passandosi la manica sugli occhi. -Tutto bene.- disse sorridendo.
Mai lo fissò sospettosa ma diede la colpa a quel posto che ogni volta lo rendeva taciturno e malinconico per giorni prima che riuscisse a sfogarsi. Fece una pernacchia sulla guancia del bambino tra le sue braccia che ridacchiò divertito.
-Papà! Voglio un gelato!- esclamò Vegus alzando le braccia al cielo.
Trunks gli sorrise rivendendosi alla stessa età. Si alzò da terra e lo prese in braccio. Il bambino lo strinse forte.
-Non voglio che piangi, papà.- mormorò Vegus con la faccia contro la sua spalla. -Doppio gelato per te, così diventi felice.-
Trunks e Mai si scambiarono uno sguardo prima di ridere di fronte a tanto ingenuo altruismo, quel bambino era un distributore d’affetto continuo.
-Va bene ma prima papà deve fare una cosa. Tu intanto vai con la mamma, io vi raggiungo.- gli disse mettendolo giù.
Vegus guardò la madre che gli sorrideva e prese la sua mano, Saiyan o meno la sicurezza con un bambino non è mai troppa, sopratutto se è in grado di distruggere un pianeta intero se si arrabbia.
Annuì con forza e si lasciò trascinare dalla madre lontano da quel posto pieno di malinconia e brutti ricordi.
Trunks gli fece ciao con la mano quando Vegus si voltò a guardarlo, per smettere quando li vide uscire da quella distesa verde.
Voleva ringraziare il padre per quanto gli aveva detto ma quando si voltò, lui non c’era più. Lo chiamò un paio di volte ma non ricevette risposta. Abbassò lo sguardo sulla lapide scarna.


-Mamma, tu sai per caso quando è nato papà?-
La Bulma del passato ci pensò su qualche secondo mentre armeggiava con l’ennesimo dispositivo cerca sfere, decisamente molto più grande del precedente. Aveva sentito parlare delle Super sfere del drago ma non aveva indagato troppo.
L’azzurra fece girare la sedia da ufficio fino a ritrovarsi davanti il figlio proveniente dal futuro.
-Beh, sì, perché?-
Trunks le aveva sorriso cordiale e sincero.
-Mi serve per la sua lapide, la te del mio tempo non lo sa… sapeva.- si corresse alla fine ricordando a malincuore la fine della madre.
-Oh.- esclamò Bulma, sapere che in un’altra linea temporale sia lei che Vegeta fossero passati a miglior vita le faceva sempre uno strano effetto. -Perchè non la chiedi direttamente a lui, allora?-
-Eh?-
La scienziata era tornata ad occuparsi del suo lavoro, prestando più attenzione all’oggetto smontato sul suo tavolo che al figlio.
Trunks pensò di aver capito male, non che temesse il padre ma non si sentiva a proprio agio a fargli domande personali.
-Chiedilo a tuo padre quando è nato, visto che ne hai la possibilità. Penso sia meglio, no?-
Il ragazzo deglutì vagliando l’opzione di lasciare quella data priva di alcuni componenti. Scosse la testa cancellando quell’idea dalla testa e prese un respiro profondo. Poi uscì dal laboratorio, mettendosi a seguire l’aura del padre all’interno della casa.
Lo trovò in mezzo al corridoio, probabilmente reduce da un allenamento a giudicare dagli abiti indossati. Gli dava le spalle ma sicuramente sapeva che fosse lì.
Prese un altro respiro e parlò:- Papà?-
Stesso corridoio di quella volta, stessa parola, stessa situazione. Stessa ansia.
Vegeta si voltò a guardarlo con la stessa espressione di sempre, impassibile e accigliata.
-Cosa c’è, Trunks?-
Reazione totalmente diversa. Come i suoi occhi in cui aveva visto passare una scintilla di non sapeva cosa. Pensò di essersi sbagliato.
-Papà, volevo chiederti una cosa.- indugiò.
Vide passare la stessa scintilla. Non si era affatto sbagliato, al principe dei Saiyan piaceva sentirsi chiamare “papà”.
Vegeta inclinò la testa, in attesa.
-Dimmi.- lo incalzò senza pressioni.
-Ecco, volevo sapere la tua data di nascita.- buttò fuori alla fine passandosi una mano dietro il collo in imbarazzo.
Il Saiyan lo fissò immobile per qualche secondo e Trunks temette di aver toccato qualche tasto dolente. Vide il suo sguardo incupirsi un poco.
-A che ti serve?-
Trunks sussultò, preso alla sprovvista da tale domanda. Arrossì e mise le mani avanti negando qualcosa che neanche lui sapeva.
-Niente di particolare, solo… curiosità.- buttò lì.
Vegeta lo guardò con un sopracciglio alzato, affatto convinto dalla sua risposta imbarazzata e molto poco da lui. Ma lasciò stare, voltandogli le spalle.
-18 giugno 732*- rispose.


Trunks osservò con un sorriso la data rispendere sotto i raggi del sole. Si alzò in piedi e si spolverò i pantaloni, lanciò un ultimo sguardo ai dintorni per assicurarsi che il fantasma del padre non fosse lì.
-Salutami la mamma. Ci vediamo.- mormorò appena, poi voltò le spalle all’albero.
In quella giornata di maggio la primavera sembrava arrivata in ritardo, nonostante il sole che picchiava forte il vento raffreddava l’aria costringendo Mai a stringersi nel giubbotto di pelle e a pregare affinché non le venisse l’influenza. Accanto a lei, il piccolo Vegus rimase impassibile di fronte alla fredda brezza fuori stagione. Si divincolò dalla mano materna quando vide il padre avvicinarsi. Gli saltò addosso facendosi prendere al volo e lanciare in aria.
Mai osservò i suoi due uomini sorridendo, felice che in quella giornata così triste Trunks riuscisse a sorridere di cuore almeno al figlio. Si portò i capelli dietro le orecchie e un petalo rosa le si fermò sul naso. Alzò lo sguardo, imitata subito dopo da Trunks e Vegus, osservando il ciliegio al centro della distesa verde mosso dal vento che ne staccava i petali e li faceva volteggiare in aria.
Trunks, sorrise conscio che ciò fosse dovuto al fatto che finalmente anche lo spirito di suo padre fosse in pace.
-Papà! Il gelato!- lo riscosse Vegus.
Il giovane uomo osservò il figlio e se lo mise sulle spalle raggiungendo Mai poco più avanti che li aspettava, fissando incantata il ciliegio in fiore.
-Pensavo non fiorisse più.- mormorò sottovoce quando il marito le si affiancò.
Trunks sorrise prendendola per mano, incrociando i suoi occhi neri quando si voltò a guardarla. Tutti e tre s’incamminarono per tornare in città lasciandosi alle spalle il piccolo cimitero privato e l’albero in fiore.


“A mio padre, l’uomo migliore che potessi desiderare come genitore in questa vita o in un’altra. Non lo cambierei per niente al mondo.”



 

*l’anno di nascita è quello ufficiale, mentre il mese e il giorno me li sono inventati di sana pianta.




AngoloAutrice:

Buonsalve!
Sta volta mi sono buttata su un angst di quelli da groppo alla gola lol E come mai la regina del fluff si butta su qualcosa di tanto depresso e maliconico? Facile: ascoltavo canzoni depresse e maliconiche. Per la precisione stavo ascoltando "Grazie" di GionnyScandal e mi è venuto immediatamente in mente Mirai!Trunks, per il tema trattato sopratutto. Ho sentito il bisogno di metterla nero su bianco il prima possibile, dato che mi vorticava nel cervello così intensamente da non lasciarmi concentrare su altro. 
E niente, io stimo veramente tanto Mirai!Trunks perchè nonostante tutti i lutti affrontati, nonostante l'infanzia passata in un mondo semi distrutto, nonostante tutto il dolore che si porta dietro ha avuto la forza di tirare su la testa e fare qualcosa. Dopo la morte di Bulma penso che sia crollato interiormente e se non ci fosse stata Mai a sorreggerlo, a sostenerlo, ad amarlo (perchè si amano, ci è arrivato pure Vegeta che non è tutto sto asso nei sentimenti-) (Tralasciamo la stronzata di Goku che non ha mai baciato Chichi perchè è assurdo-) lui sarebbe morto. Psicologicamente parlando. 
Perchè passi la morte del padre, che alla fine aveva perso quando era ancora troppo piccolo per ricordarselo, passi Gohan, che ha fatto in modo di scatenare la sua rabbia, passi tutto il resto del gruppo, che non l'ha conosciuto di persona, ma Bulma no. Bulma è stato il suo punto fermo, l'ultimo che gli fosse rimasto e loro glielo hanno portato via. Ripeto se non ci fosse stata Mai, Trunks sarebbe morto dentro. 

Bene, dopo questa mega spiegazione sul perchè io abbia deciso di far deprimere l'intero fandom, vi comunico che sto lavorando a un nuovo capitolo di Life e che quello di Planet Vegeta è sulla via per essere terminato presto. Pazientate ancora un po' voi che seguite la mia long.
Alla prossima!

angelo_nero
  
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