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Autore: Luinloth    17/02/2019    3 recensioni
What If tra la terza e la quarta stagione.
Dopo aver salvato l’Uomo Giusto dall’Inferno, Castiel viene a conoscenza dei piani di Michael per scatenare l’Apocalisse e decide di ribellarsi. A causa della sua disobbedienza, privato per sempre delle sue ali e della sua grazia, viene scaraventato sulla terra dove, per sopravvivere, inizia a vendersi lungo la statale. I Winchester, ignari delle sorti decise per loro dal Paradiso e di come Dean sia stato riportato in vita, hanno abbandonato la vita da cacciatori e vivono in una palazzina anonima alla periferia di Lawrence. Una notte di pioggia Dean incrocia Castiel sulla sua strada e l’Inferno riemerge prepotentemente dai suoi ricordi sotto forma di due occhi blu.
Dal testo:
“Volevi parlare” – il moro lo interruppe, serafico – “Parla”
Ero all’Inferno e ho visto i tuoi occhi.
Non era decisamente un buon modo di intraprendere una conversazione.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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Disclaimer: storia scritta senza scopo di lucro, nessuno dei personaggi mi appartiene




Castiel impiegò una settimana per rimettersi in piedi.
A dire la verità, secondo i Winchester, in un paio di giorni avrebbe dovuto essere in grado di muoversi in autonomia, ma i tentativi di farlo arrivare dal letto al divano contando solo sulle proprie gambe erano stati uno più infruttuoso dell’altro e alla fine avevano deciso di lasciar perdere e di aspettare ancora un po’.

Bobby si era presentato alla loro porta neanche di ventiquattr’ore dopo quella che era stata l’unica telefonata che non avrebbe mai voluto ricevere dai suoi ragazzi, e il suo caratteraccio era stato accolto come una vera benedizione dato che Castiel si rifiutava di farsi vedere le ferite e si ostinava a volersi medicare da solo producendo disastri dall’odore di disinfettante.
Sam aveva il cuore troppo tenero per costringerlo con la forza e in quanto a Dean, ormai non riusciva neanche a toccarlo senza finire letteralmente all’Inferno.

“Se vi sento anche solo pensare una qualche stupida battutina sulle crocerossine giuro che vi prendo a calci in culo fino a Kansas City” – li aveva minacciati il cacciatore sventolando la bottiglietta di tintura di iodio a mo’ di bomba a mano.
Mezz’ora e svariate imprecazioni dopo si richiudeva la porta della camera di Dean – di Castiel ormai – alle spalle; qualsiasi resistenza il moro avesse messo in atto non era durata più di cinque minuti.
“Lasciatelo stare se ve lo chiede” – aveva sospirato alle loro domande silenziose – “Non è un bello spettacolo”

Per il resto della serata non proferì parola se non per borbottare qualcosa a proposito dei New York Giants e di quanto avrebbero fatto schifo al prossimo Super Bowl, ma le sue mani non smisero di tremare nemmeno per un attimo.






Il Paradiso, diversamente dall’Inferno, non si originava dallo spazio.
L’Inferno era scaturito dalle mani di un Arcangelo e si muoveva sui binari d’una dimensionalità limitante, legata al concetto di estensione, di tempo, e vincolato alle forme, seppur spesso incomprensibili e paradossali, del reale.
Il Paradiso poteva essere tutto, niente o qualsiasi cosa, poteva persino esistere e non esistere assieme: Dio non aveva mai giocato a dadi* soltanto perché sarebbero stati troppo prevedibili.

“Castiel, mio fedele soldato!”

In quel momento il Paradiso di Michael era un dedalo di corridoi trasparenti e stanze prive di porte.
“Zachariah mi ha riferito il vostro ultimo discorso, ammetto di esserne stato colpito” – le frequenze della sua voce facevano ondeggiare le pareti come fossero lenzuola – “Da uno come te non mi aspettavo una manifestazione tanto palese di un dubbio

Il primo figlio non era poi tanto diverso dai suoi fratelli minori: non aveva quattro facce, non riluceva di luce divina e non portava né spada né armatura. Le tre paia di ali che teneva ripiegate sulle spalle non erano costellate da una moltitudine di occhi** ma erano gigantesche e splendevano d’oro zecchino, e ad ogni movimento aprivano squarci terrificanti sui muri dai quali filtravano immagini minacciose di nebulose lontane.

Castiel aspettò che tutte le crepe sull’Universo si richiudessero prima di replicare.

“Non era mia intenzione esprimerne” – esordì – “Soltanto mi chiedevo…”
“Ti chiedevi?” – l’Arcangelo assottigliò lo sguardo e le sue ali fremettero con un tintinnio cristallino – “Da quando gli angeli hanno iniziato a porsi tutte queste domande?”

“Ne sono consapevole, la mia non è che una comprensione limitata del Grande Disegno, eppure ho sempre creduto che non esista una sola via per giungere ad un punto. Potrebbe esserci un altro modo, forse? Per fermare Lucifero senza coinvolgere gli umani, senza rischiare che venga fatto loro del male”

Una smorfia di disappunto chiazzò una macchia opaca sul volto diafano di Michael.
“Hai parlato giustamente!” – tuonò – “Voi angeli minori avete una comprensione limitata

Lentamente, poi con intensità via via maggiore, le pareti della stanza iniziarono a vibrare e a disfarsi, frantumandosi in una miriade di schegge che esplosero a mezz’aria in minuscoli fuochi d’artificio; la stanza sparì, sostituita da un buio denso nel quale l’unica presenza percepibile era una collera tormentata che li spingeva rapidamente verso il niente, verso un Paradiso che poteva farsi imperturbabile e inanimato come una luna di gesso.

“Castiel…”

D’un tratto ritornò la luce e i due si ritrovarono a galleggiare in un chiarore scintillante che si rifletteva nei tratti improvvisamente raddolciti dell’Arcangelo.
“Sei un guerriero valoroso” – mormorò – “E lo sei stato oltre ogni dire quando ti ho ordinato di recuperare l’anima dell’Uomo Giusto”

“Dean Winchester”

“Cosa?”

“È il suo nome: Dean Winchester”

Michael chiuse gli occhi e la luce che li avvolgeva tremolò appena; le labbra gli si serrarono in un sorriso forzato.

“Quando ti ho ordinato di recuperare l’anima di Dean Winchester, quindi, avevo scelto te per una ragione ben precisa. Ti ho sempre saputo integerrimo, forte, leale, e sono certo che tu lo sia ancora”

I corridoi trasparenti e le stanze bianche ritornarono silenziosamente al loro posto. Michael distese una mano fino a sfiorare il volto di Castiel con la tenerezza di un genitore indulgente.

“Non lasciare che il dolore per la perdita di nostro padre ottenebri il tuo spirito e lo renda facile preda della debolezza” – s’adombrò – “Non commettere gli stessi errori del mio fratello perduto”

Michael lo congedò con un cenno condiscendente e lui si ritrovò a percorrere a ritroso il budello asfittico che l’Arcangelo aveva creato, di questo ne era sicuro, con il preciso intento di farlo sentire a disagio.

Quando fu abbastanza lontano dal suo potere il labirinto bianco svanì, sostituito da un’alba lattiginosa in cui i residui della notte lasciavano ancora intravedere il grigiore soffuso d’una luna marziana, e la pletora di asterismi luminosi che la incoronavano.

Castiel si lasciò scivolare nel silenzio cosmico, mentre il sommesso brusio dei suoi fratelli tornava a farsi sentire all’interno della sua testa.
Se non fosse stato per quel collegamento mentale pressoché perpetuo, le esistenze degli angeli non avrebbero fatto altro che scorrere su binari paralleli e raramente intersecabili, come un fascio di rette tra loro vicinissime ma impossibili da sfiorarsi.
Quella muta comunicazione era ciò che permetteva ai rispettivi Paradisi di incrociarsi e sovrapporsi, e di fondersi l’uno nell’altro in una comunione di pensieri e desideri.
Una sola volontà ed un solo spirito.

Questo, almeno, fino all’improvvisa scomparsa del loro creatore, quando gli angeli si erano scoperti privi di intendimenti ed avevano iniziato ad errare come anime perdute, con lo sguardo vacuo e un senso di abbandono crudelmente annidatoglisi nell’animo: soltanto gli Arcangeli erano riusciti a mantenere una certa fermezza.

Castiel soffiò via una nube di polvere adamantina che gli fluttuava davanti al volto, pensieroso.
L’eloquio mellifluo di Michael non era bastato a fargli dimenticare i piani che le sfere celesti avevano in serbo per l’umanità.

Non aveva mai sentito il bisogno di porsi domande: aveva sempre obbedito agli ordini con solerzia e disciplina, aveva gioito, dopo una vittoria, insieme ai suoi sottoposti e ai suoi superiori, e ugualmente aveva sofferto con loro nei momenti più difficili d’una battaglia.
Non si era mai chiesto se fosse giusto o sbagliato, in verità non si era mai nemmeno chiesto che cosa fosse, il giusto: le schiere angeliche erano un’unica intenzione e in Paradiso non era mai esistito il rovescio della medaglia.

Il giorno terrestre 18 settembre 2008 non fece eccezione.

Le ali pesavano, ammorbate dalle urla e dalla putredine infernali, e il suo aspetto aveva acquisito una solidità corporea che aveva già sperimentato ma che non smetteva mai di stupirlo; i demoni minori gli si avventavano contro senza riuscire a ferirlo, quei pochi che sopravvivevano al suo sguardo si ritiravano schiamazzando attraverso le gallerie fetide del tartaro.

Alastair bestemmiava nella lingua dei dannati e Castiel fu sul punto di disfarsi in cenere quando i suoi occhi incrociarono le pupille candide del torturatore e i suoi artigli insanguinati gli affondarono nel petto, ma neppure tutta la rabbia dell’Inferno sarebbe servita.
L’Uomo Giusto era salvo; la sua anima si sollevava lentamente dall’abisso senza fine sorretta da un paio d’ali d’ossidiana che la depositarono in un corpo già semi marcito, prima di sparire oltre lo spazio-tempo con un fruscio inudibile.

Quando il prescelto si risvegliò con rantolo terrorizzato sotto un metro di terra morbida, Castiel, sebbene nel suo Paradiso iridescente non fosse cambiato nulla, si sentì stranamente turbato.

Non era stato che un piccolo tarlo, all’inizio, un fastidio ronzante appena percettibile che si mischiava ai brandelli di pensieri confusi ma soddisfatti che il resto dei suoi fratelli gli riversava nella mente.
C’era qualcosa che lo preoccupava, che lo teneva in un perenne stato di vigile attenzione, ma che cosa?

Si ritrovò proiettato nei pensieri dell’Uomo Giusto più spesso di quanto avrebbe dovuto; ne seguiva gli intricati disegni, le paure più nascoste, gli aneliti più frequenti.
Si trovò a provare apprensione.
Il giorno in cui questi si trasferì a Lawrence insieme al fratello, ebbe la certezza che il marchio che gli aveva lasciato sulla spalla non fosse una banale ustione provocata, su una pelle così fragile, dal semplice contatto con un essere superiore.

Il prato del cimitero era coperto da uno sottile strato di neve farinosa e quella tomba vuota non era che una lapide in mezzo a tante altre.

In ricordo di Mary Winchester – recitava la pietra grigia.

A Castiel era sempre stata preclusa l’empatia, così come il sarcasmo, l’imbarazzo ed un altra serie di emozioni prettamente umane troppo sottili per poter essere sperimentate dagli angeli.
Eppure, nel brevissimo lasso di tempo che intercorse tra il sorriso malinconico che l’uomo rivolse alla madre e la messa in moto dell’Impala, si rese conto di essere rammaricato – anzi no – sconsolato, per un lutto che non lo riguardava e che, se anche fosse stato, non avrebbe dovuto farlo sentire così.

Era avvenuto, in passato, che alcuni suoi fratelli cadessero in battaglia, ma anche in quel caso il dolore non era apparso che come un’ombra lontana, una tristezza ovattata rapidamente dissoltasi nella consapevolezza per cui gli angeli altro non erano che particelle di una creazione primigenia, tenuti a sottostare alle stesse leggi e alle stesse forze come un organismo unico ma che, di fatto, permanevano in una condizione di perpetua solitudine.
La perdita era sopportabile e a volte persino effimera, non per cinismo, ma perché nessuno di loro era stato plasmato con un’emotività tanto profonda.

Castiel si bevve quel dolore immenso e per la prima volta desiderò soltanto per se stesso: avrebbe voluto trovarsi nel cimitero, planare dolcemente sull’erba bagnata e cancellare ogni cicatrice, ogni ricordo d’orrore che velava le iridi verdi di Dean Winchester, il quale adesso si limitava a fissare la strada fingendo impassibilità.
Avrebbe voluto offrirgli un futuro benedetto.

Quello fu il suo primo errore.






“Se volevi andare a pranzo fuori bastava chiedere”

Dal fondo del corridoio, la voce di Dean lo fece sobbalzare più di quanto avrebbe dovuto.

“L’officina è chiusa per disinfestazione fino a martedì. O credevi davvero che ti avessimo lasciato da solo?”

“Ammetto di averci sperato”

Con una certa riluttanza Castiel staccò la mano dalla maniglia della porta e si girò a guardarlo. Era dalla notte in ospedale che non si ritrovavano faccia a faccia, da soli – di solito c’era sempre Bobby o Sam a ronzargli attorno – senza contare che nei giorni precedenti aveva trascorso la gran parte del tempo a dormire o a trascinarsi per casa cercando di recuperare le forze. E di evitare il suo sguardo.

“Ora sapete come stanno le cose, io vi sarei soltanto di peso”
Le ecchimosi in via di guarigione che gli costellavano la faccia parevano macchie d’acquerello verdazzurre.

“Prima mi convinci a farti fuggire dall’ospedale, arrivi qui, profetizzi l’Apocalisse e ora pretendi di andartene come se non fosse successo nulla…un bel ringraziamento non c’è che dire”
Dean aveva appoggiato la schiena al muro e lo guardava con un sorriso amaro.

“È meglio per tutti voi che io vi stia lontano”

“Tutta la storia del sigillo, del legame tra le anime…Cazzate!”

“No!” – il respiro di Castiel si accartocciò in un singhiozzo – “Non avrei potuto mentirti, non su questo”
Quel legame era stato la sua condanna e la sua espiazione, e tutto ciò che non avrebbe mai avuto il coraggio di volere. Se solo fosse servito a qualcosa, avrebbe accettato in altre mille vite lo stesso destino.

Di fronte al suo sgomento il cacciatore si ammorbidì – “Perché non mi racconti cosa ti è successo?” – gli si avvicinò – “Perché sei finito quaggiù?”

Il giorno della sua caduta, tra tutte le sensazioni nuove che gli si erano schiuse nel petto insieme alla fame ed alla sete – prima ancora di capire come funzionasse un semaforo – Castiel aveva imparato a riconoscere il senso di colpa nella percezione di una mano ghiacciata che gli si stringeva lentamente intorno alla gola.
Non era ancora capace, tuttavia, di gestire la vergogna, la rabbia e tutti gli strascichi di disperazione che la consapevolezza così vivida dei propri errori si portava dietro. Scosse la testa, in silenzio.

“Cosa hai intenzione di fare? Ritornare nella fogna dove ti ho trovato? È questo che vuoi?”

“Non saprei dove altro andare”

Dean affondò la faccia tra le mani, si premette i palmi sugli occhi e per qualche secondo rimase solo con il buio. Nel riaprirli ebbe il timore che Castiel fosse andato via, sparito, svaporato in una nuvola di fumo, ma l’angelo era rimasto lì, con la schiena contro la porta e un’espressione indecifrabile che gli corrugava le sopracciglia.

“Allora resta” – mormorò – “Hai bisogno di noi, e noi abbiamo bisogno di te per capire come affrontare la fine del mondo, o qualsiasi altra tempesta stia per arrivare”

Io ho bisogno di te.

Ma questo non lo disse ad alta voce.



* Variante della celebre espressione di Albert Einstein «Dio non gioca a dadi con l’Universo», in merito al suo scetticismo nei confronti della meccanica quantistica.
**Qui faccio riferimento alle varie rappresentazioni degli Arcangeli, in particolare dell’Arcangelo Michele, nell’iconografia classica e non.



Buonasera e buona domenica!
In questo capitolo è presente il primo di tre flasback incentrati sull’evoluzione di Castiel nel periodo che precede la sua cacciata dal Paradiso.
Qui ho voluto esplorare un po’ la “psicologia angelica” (?), ovvero come effettivamente pensassero e agissero gli angeli, mi sembrava sensato dare almeno un’idea del perché sembrassero così privi di emozioni e di libero arbitrio. Spero di esserci riuscita almeno un poco, in caso contrario perdonatemi, ho cercato di fare del mio meglio.
Termino finalmente questo sproloquio spoilerandovi che, nel prossimo capitolo, entreremo un po’ di più nel vivo della storia e verrà anche introdotto un nuovo personaggio (anzi, uno e mezzo!).
Ringrazio di cuore chiunque abbia letto fin qui e vi invito nuovamente a lasciarmi un vostro parere.

Alla prossima settimana!

   
 
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