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Autore: Daleko    18/02/2019    0 recensioni
"Lui camminava guardando lei, lei gli trotterellava al fianco fissando la strada. «Ma Nico che ha detto, viene per Olandese?» gli chiese all'improvviso. Alessandro notò lo smartphone crepato che stringeva nella mano destra. «Gli stai scrivendo?» domandò in rimando, occhieggiando lo schermo. «Sì, ma su Whatsapp non risponde» gli mostrò lei: gli ultimi sei messaggi erano stati inviati da Chiara. Alessandro apprezzò mentalmente il non aver trovato emoticon affettuose sullo schermo."
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"«Giuro che questa volta t'ammazzo, questa volta ti... Devi smetterla di tirarmi in mezzo a questa roba, hai capito?» ringhiò il ragazzo al telefono. Ci fu qualche secondo di silenzio riempito solo dalla pioggia. Nicola si era riparato sotto uno dei balconi del primo piano, l'acqua gli schizzava sulle scarpe ma la rabbia gli impediva di sentire freddo. «Senti Nico... Tu non devi rompere i coglioni a me perché tu c'hai i cazzi tuoi per la testa e all'improvviso te ne vuoi tirare fuori, t'è chiaro?». La voce al cellulare era stranamente glaciale, sgarbata, poco familiare. Il ragazzo non fu reattivo come avrebbe voluto."

Storia romantica ambientata all'Università "L'Orientale".

Feb2019: Storia modificata e revisionata.
Genere: Malinconico, Slice of life, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Amori sanguigni'
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16.

 

Nico l'aveva completamente dimenticato. Quel martedì mattina, ancora a casa di Alessandro, si era semplicemente svegliato con un tripudio di brevi vibrazioni sul cellulare. Era solo nell'appartamento, così non si preoccupò di tenere bassa la voce nel lanciare una serie di imprecazioni poco carine; recuperò lo smartphone muovendo una mano a tentoni, ancora assonnato. Con lo schermo a pochi centimetri dagli occhi arrossati finalmente alzò le palpebre, e una rapida lettura lo indusse a un lungo brontolio di fastidio; era stato inserito in una chat di gruppo intitolata “The Do a Napoli!!!”. La scritta era seguita da qualche emoticon a tema musicale, e i messaggi si susseguivano troppo rapidamente perché potesse aver voglia di leggerli tutti. Controllò i membri del gruppo senza smettere l'espressione angosciata che aveva in volto: Chiara, la mente dietro la creazione della chat; Alessandro, che a quanto pare aveva cambiato la foto profilo con una di coppia (Nicola pensò di starsi perdendo davvero troppe cose); e infine due numeri che il ragazzo non aveva in rubrica. Uno immaginò essere Gio, l'altra tale Cinzia. Con un lungo sospiro finalmente si decise a rispondere alla quantità abnorme di messaggi accumulatisi nel giro di poche ore. Esordì con una emoticon, poi digitò: “Scusami Chiara ma credo che non verrò. L'avevo completamente dimenticato, non ho comprato nemmeno il biglietto e a essere sincero non vedo il senso di venire a mantenere la candela...”. Forse era stato un po' troppo cattivo con quell'ultima frase, ma la sua unica intenzione al momento era quella di evitare l'evento sociale, non di preservare i sentimenti dei suoi amici. Uno dei due numeri sconosciuti mandò una risata per iscritto, Ale sottolineò a Chiara come le avesse predetto quella reazione da parte di Nicola, mentre Chiara digitò per un po', cancellò il suo messaggio, ci riprovò e poi chiuse l'applicazione senza rispondere. Nicola ritenne concluso il discorso, poggiò nuovamente il cellulare sul comodino e si alzò con un gemito di dolore. Non era più abituato a quelle sadiche attenzioni di Alessandro, né avrebbe voluto averne di nuove; ripetendo mentalmente il debito che aveva da saldare si diresse in bagno, svolgendo con calma la sua routine quotidiana. Si costringeva a non telefonare a sua madre per non darle fastidio, ma aveva sempre la suoneria al massimo per essere sicuro di risponderle ogni volta che lei lo cercava –in media una o due volte al giorno. Raf era completamente sparito e lui non riusciva a capirne il motivo, ma per quanto gli piacesse la sua compagnia non era quella la sua priorità, così evitava quanto possibile di pensarci. Tra il non pensare a questo e il non pensare a quello, finiva sempre vittima dei suoi pensieri peggiori: e così trascorse anche quegli interminabili minuti, tra il bagno e la cucina dove raccattò un paio di biscotti con cui tamponare la fame. Tornato in camera si sedette sul letto, rimandando ancora di qualche momento il lavoro, e sbirciò lo smartphone illuminato. Un pezzo di biscotto gli andò di traverso, costringendolo a dei vigorosi colpi di tosse e qualche graffio in gola.

“Aleee! Mi sono dimenticata di invitarti perché credevo l'avrebbe fatto Nico, vengono i The Do in concerto a Napoli lunedì prossimo, lo so che è con poco preavviso ma vieni con noi?” recitava il messaggio di Chiara al centro dello schermo. Subito sopra capeggiava un avviso: “Alessandro B. è stato aggiunto alla chat”, e subito sotto: “Ciao Chia'! Certo, fammi solo trovare i biglietti per me e anche per lui mi sa, che conoscendolo non l'ha ancora fatto”. Il messaggio di Alessandro era seguito dall'emoticon di un occhiolino, e a Nico nel vederlo venne voglia di vomitare. Provò a scrivere un qualcosa, qualsiasi cosa potesse cavarlo d'impiccio, ma si rese conto di non poterlo fare. Così mandò una faccina sorridente e si limitò a posare nuovamente il cellulare, tornando a rannicchiarsi sotto le coperte per un po'; i pensieri negativi non lo lasciavano libero di riflettere, inducendolo a sedersi con uno sbuffo.
 

*

 

Non è che avesse poi così tanto da fare, durante le ore buca tra una lezione e l'altra; tutto quel che aveva da gestire era controllabile dal suo cellulare, e raramente aveva impegni così imprevisti da costringerlo a un perentino cambio di programma. Complice la vicinanza dell'appartamento del suo amante, Ale ricercava spesso la sua compagnia quando non aveva altri impegni. Il lavoro di Raf richiedeva la sua presenza solo in orario serale, così i due potevano vedersi quasi ogni giorno. Nico conosceva molto bene il suo ex ragazzo, e su di una cosa in particolare aveva decisamente visto giusto: Ale era dipendente dal sesso. Perennemente alla ricerca di emozioni forti che non riusciva a trovare altrimenti, rifuggendo la droga per mere questioni di etica personale e non apprezzando, al contrario di molti suoi coetanei, le tipiche sbronze universitarie, alla perdita di controllo preferiva averne anche più di quanto non ne avesse di solito: controllo fisico, possesso animalesco, delle carni altrui. Mirko si prestava bene a questo suo gioco di potere, desideroso di semplice contatto fisico, di soldi facili e poco altro. Non era un tipo intellettuale e ad Ale era piaciuto proprio per questo. L'aveva conosciuto durante uno dei suoi primi giorni all'università: Mirko si era subito dimostrato molto disponibile e Ale l'aveva assecondato, ben disposto verso qualcuno bramoso solo di adorarlo –e di ricevere qualche favore economico di ritorno, di tanto in tanto. Quando Mirko aveva lasciato gli studi, appena un semestre dopo, i loro incontri non si erano fermati e lui era diventato sempre più violento, sempre più possessivo, soprattutto dopo che Nico aveva scoperto quel suo rapporto “secondario”, come lui stesso aveva amato definirlo con il suo ormai ex ragazzo. Il tradimento aveva portato a una rottura irreparabile e Nico si era volatilizzato dopo il termine delle superiori, evitando le sue chiamate, i posti che frequentava prima, tutti i suoi amici che erano, ovviamente, amici di entrambi. Ale ne era stato annoiato più per una questione economica che per altro: aveva dovuto spiegare a chi di dovere perché quel ruolo si era ritrovato improvvisamente scoperto, ed era dovuto ricorrere ai ripari in attesa di trovare una soluzione definitiva. Era stato un po' drastico, nel segnalarlo su siti poco amichevoli come detentore e venditore di materiale pedopornografico, ma era bastato a spaventarlo quel tanto che bastava a farlo ricontattare telefonicamente. Ale otteneva sempre quello che voleva, e Nico non era mai stato esentato dai suoi giochetti.

«Oh, sono giù, sto citofonando da mezz'ora» notò parlando al cellulare. La serratura del portone scattò con un ronzio e Alessandro lo aprì con una spinta della mano libera, riponendo nel frattanto il cellulare in una tasca della giacca. Fece scivolare dal polso destro il casco del motorino, risalendo le scale con fare svogliato. Arrivato al secondo piano il rosso gli aprì la porta, con un'espressione di scuse e solo un asciugamano in vita. «Davvero, mi dispiace, ero in doccia! Non sapevo a che ora saresti arrivato» tornò a giustificarsi facendogli spazio per passare. Ale richiuse la porta dietro di sé, poggiando al contempo il casco sulla consolle all'ingresso. Sospirò. «Non importa, almeno hai risposto al cellulare» lasciò cadere l'argomento. «Sarei passato dopo le sedici, ma dopo vado in palestra. Non hai da fare, mh?» domandò sfilando la giacca. Vedendolo di buonumore, Mirko sorrise. «No, sai che ho sempre tempo per te» rispose lascivo. Ale sapeva che Mirko sapeva cos'è che volesse da lui. Lo sapeva sempre, e glielo riconosceva: sapeva vendersi bene. Uno lasciò cadere in terra l'asciugamano e l'altro cercò con le mani il suo fondoschiena, portandolo a sé. Mirko strinse gli avambracci dietro la nuca del suo amante, alzando le gambe dal suolo e avvolgendo il bacino che si stagliava contro il suo. Sorridente, il fulvo lo baciò con passione. Era molto magro, molto leggero e Ale lo trasportò con facilità verso la camera da letto; ormai abituato da tempo all'ambiente in cui si muoveva, non aveva nemmeno bisogno di guardarsi intorno. Gettò il corpo dell'altro sul materasso, guardandolo ridere e spogliandosi anche lui, imitando le nudità di Mirko.


Non era il desiderio sessuale in senso stretto che ricercava. Non trovava Mirko particolarmente avvenente (anche se gli riconosceva un certo fascino), né avrebbe avuto difficoltà a trovarne altrove. Non era nemmeno abituato a donarsene da solo, di piacere, tanto poco era il suo interesse nel piacere carnale. La vera sensazione di vita gliela dava quella possessione che sapeva di non potersi procurare in altro modo: il bollore delle carni, i morsi, i lividi, il cagionare dolore all'altro e non vedersene fare una colpa, anzi. La sottomissione volontaria del suo partner era quello che lo inebriava davvero. Non era mai stato così stupido dall'essere violento con chi non apprezzava quel tipo di attenzioni, e anche se la tentazione era sempre stata tanta, aveva preferito smorzare i bulli alle superiori piuttosto che unirsi a loro. La sua scelta l'aveva ripagato, in passato, dell'adorazione di Nico: si era guadagnato in questo modo il suo giocattolo personale, qualcuno disposto a farsi ferire da lui piuttosto che da tutti gli altri. Con Mirko non era molto diverso, e al ragazzo bastava qualche regalino costoso per dimenticare qualunque pratica sadomasochistica potesse imporgli Ale.
 

Il capo riccioluto del ragazzo era gettato all'indietro, intento a godersi le urla scomposte di Mirko, quando l'iPhone sulla scrivania cominciò a vibrare. Ale non se ne curò, restando immerso nel corpo dell'altro, finché il cellulare non cadde dalla scrivania. «Cazzo!» esclamò irritato. Mollò la presa sul polso dell'amante, già violaceo, e si allontanò dal letto. Era madido di sudore e il suo odore acre lo irritava, così come quell'improvvisa irritazione. Alzò il cellulare dal pavimento e inforcò gli occhiali con la mano libera, anche quelli pericolosamente in bilico sull'orlo del mobile. «Chi è?» si lagnò Mirko. Ale interruppe la chiamata, abbandonando nuovamente il dispositivo sulla scrivania, e ignorò la domanda dell'altro. Si limitò a tornare a letto, dove trovò il ragazzo intento a massaggiarsi un ematoma sul braccio vecchio di qualche giorno. Si chinò a baciarlo con delicatezza, poi gli tirò i capelli all'indietro e prese a succhiargli un punto casuale sul collo. Mirko gemette di piacere.

 

*

 

La chiamata venne rifiutata; non che si aspettasse diversamente, in effetti. Nico pensò di aver fatto una cosa stupida e pensò di cambiare destinatario della chiamata, ma ci ripensò. Controllò l'orario, spaziò sovrappensiero con lo sguardo sulla camera, poi scese rapidamente dal letto e cominciò a vestirsi in tutta fretta. Si limitò a digitare un rapido messaggino rivolto a Chiara, poi abbandonò lo smartphone sul letto per un po'.
 

Non fu facile trovare una coincidenza con i mezzi pubblici, ma arrivò all'università solo pochi minuti dopo l'inizio della lezione. Il professore non era ancora in aula; Nico entrò con lo sguardo incollato allo schermo, intento a leggere le indicazioni via chat, e trovò entrambi i suoi amici in una fila a metà dell'aula, seduti esternamente. Nel vederlo Chiara saltò in piedi. «Nico! Oddio, come stai? Come sta tuo fratello? Non ci vediamo da una vita...» notò con apprensione. Nico le sorrise in modo sbrigativo. «Si va avanti. Grazie per avermi tenuto il posto, anzi, grazie per gli appunti e tutto il resto. Sei una vera amica» le disse a bassa voce. Chiara allargò le braccia per farsi stringere e lui esaudì il suo desiderio, seppure vagamente a disagio. Quando si sciolsero da quell'abbraccio improvvisato Alessandro si tese nella sua direzione, tendendogli una mano alzata a mezz'aria. Nico la batté, poi poggiò il pugno chiuso contro quello dell'altro in segno di saluto. «Ciao fra'. Coraggio, vedi che si sistema tutto» provò a consolarlo l'amico. Nico annuì con un sospiro, poi si sedette accanto a Chiara e si chinò di fianco per estrarre il quaderno dello zaino –o almeno questo era quel che diede a vedere. Lo sguardo vene spostato freneticamente su tutti i presenti nell'aula, abbastanza da richiedergli qualche minuto di tempo. Tirò fuori il quaderno, lo poggiò sul banco e approfittò della nuova posizione per controllare l'altro lato dell'aula, alla ricerca di un viso familiare. Quando lo notò si chiese come avesse fatto a non vederlo prima: le medicazioni non erano ancora scomparse dal suo viso, e Nico ebbe il terribile presentimento di non essere totalmente estraneo a quell'incidente. Raf era seduto qualche fila dietro di lui, e chiacchierava con dei ragazzi che lui non conosceva. Nico ritenne una buona idea aspettare la fine della lezione per avvicinarlo.
 

Due interminabili ore dopo, mentre gli altri recuperavano le proprie cose, Nico scattò come una molla e raccolse da terra lo zaino già ben chiuso. «Mi avvio all'uscita» anticipò la domanda di Chiara, spostandosi verso la porta e piantonandola all'esterno. I presenti uscivano come una fiumana umana, rendendogli quasi difficoltoso riconoscere i volti familiari; ebbe però fortuna e Raf varcò l'uscio passandogli accanto, permettendogli di fermarlo per un braccio. «Raf, per favore, aspetta» si affrettò con voce spezzata; non sapeva cosa dirgli, aveva trascorso la lezione pensando e ripensando al discorso da fargli e invece aveva dimenticato tutto. Gli occhi del ragazzo si spostarono con sorpresa sulla sua figura, e le labbra si schiusero con stupore. «Ti avevo detto di...» «Per favore, solo un momento, ho davvero bisogno di parlarti. Ti prego» chiese con più insistenza. Aveva gli occhi lucidi e probabilmente Raf non provava ancora indifferenza per lui, perché si congedò con qualche parola dagli amici e lo seguì lungo un altro corridoio. Si fermarono nei pressi di un armadietto, e immersi nel silenzio si specchiarono l'uno negli occhi dell'altro. Nessuno dei due sembrava particolarmente felice di essere lì, ma nessuno dei due sembrava nemmeno desideroso di andarsene. Gli occhi verdi di Raf scrutavano in quelli scuri dell'altro, alla ricerca di un qualcosa che spiegasse gli avvenimenti di quegli ultimi giorni; ma non vi trovò altro se non un sincero e diffuso dolore. «Allora?» si spazientì. Nico sospirò a disagio, continuando a vagare con lo sguardo sull'ambiente per ancora una manciata di secondi; tornò quindi sul quel viso troppo lontano per i suoi gusti, e prese aria alla ricerca di una giustificazione plausibile. Non ne trovò una, così optò per un discorso fatto di piccoli passi. «Raf, senti... Non sei caduto dallo scooter, okay? E mi stai evitando come la morte. È colpa mia?» chiese. Poi, di getto, prima che l'altro potesse rispondere: «Ti giuro che ti spiego tutto, però non odiarmi, ti prego, spiegami. Sono sempre io» mormorò sul finale, ancora a voce bassa. Raf deglutì, squadrandolo per un momento. Sembrava essere ancora più magro del solito, e si ritrovò a chiedersi se avesse più mangiato dall'ultima volta che si erano visti. «Mi hanno pestato, va bene? E mi hanno detto di starti lontano o la prossima volta mi fanno un buco nello stomaco. Che te ne pare?» chiese sardonico; provò a sembrare forte e sicuro di sé, ma non riuscì a trattenersi dal gettare uno sguardo lungo il corridoio. Nico sentì il cuore cascargli nei calzini.

«Senti, Raf, io... Non so come spiegartelo. Volevo solo tenerti fuori da tutta questa storia di merda perché... Sì, insomma, perché mi piaci davvero» mormorò guardandosi le sneakers scure. Sentiva lo sguardo dell'altro su di sé, e sospirò senza sapere come continuare. «È il mio ex, non mi lascia in pace dalle superiori. Non posso denunciarlo perché...» si agitò a disagio, non sicuro di quanto potesse condividere. «Diciamo che gli devo un favore. Ma ci sto lavorando» si affrettò a spiegare scoccandogli un'occhiata, come a verificare la sua reazione. Un altro sospiro gli sfuggì dalle labbra morsicate. «Per questo ti avevo chiesto di non scrivermi. Immagino tu mi abbia chiamato, o mi abbia mandato un messaggio, lui l'ha visto e...» terminò lasciando cadere la frase. Si strinse nelle spalle. Non sapeva cos'altro dire, quindi abbozzò un sorrisetto intristito. «Se non vuoi più sentirmi lo capisco, ma avevo bisogno di spiegarti che non è colpa mia e che tu mi...» continuò a mezza voce, ma venne interrotto bruscamente. Raf lo attiro a sé tirandolo per un braccio, poi portò la mancina alla guancia dell'altro e gli baciò con cautela le labbra, senza sforzare le sue ancora ferite. Nico rimase immobile, stupito e un po' insicuro di come reagire. Si staccarono dopo un momento da quel bacio abbozzato, e Raf provò a sorridergli con cautela. Voleva solo dirgli che capiva, che non era sicuro di fare la cosa più giusta ma che non voleva lasciarlo solo in quella montagna di problemi, che avrebbe fatto del suo meglio per stargli accanto; ma Nico probabilmente lo capì da solo, perché finalmente gli occhi gli si bagnarono, e poi le guance, e poi fu la giacca dell'altro a bagnarsi, in un abbraccio confortante per entrambi.   



 



Note dell'Autore

Giuro che non sono morto, sono solo stati mesi piuttosto impegnativi. Rieccoci qui, però, proprio dov'eravamo rimasti (o meglio: dov'erano rimasti loro). Recensioni, messaggi, piccioni viaggiatori sempre ben graditi. Enjoy!
Tutti i personaggi sono solo frutto della mia immaginazione.

   
 
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