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Autore: orchidee    21/02/2019    3 recensioni
Dopo una serata a chiacchierare con le mie amiche dei nostri primi amori, sono tornata a casa ed ero così felice, da buttare sulla carta qualche pensiero. Il giorno dopo ho ripreso quei pensieri e ho provato a dar loro una forma... Ho rubato i figli dei protagonisti delle mie precedenti storie e li ho resi i miei nuovi personaggi. Non ho idea di come si evolverà questa Fanfiction. Per ora ho scritto con entusiasmo il primo capitolo e spero di riuscire ad esprimere i sentimenti provati quella sera. Spero di riuscire a dare alla ma protagonista il carattere che ho immaginato per lei. Vorrei fosse una donna solo all'apparenza fragile e insicura. Che con il passare dei capitoli, acquisti sempre di più l'aspetto della donna forte e consapevole.
È una storia che si discosterà completamente dalla serie. Ho solo usato i nomi, i luoghi per dare una scenografia alla mia protagonista.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo tanto tempo, troppo, pubblico questo capitolo, difficile, perché i sentimenti espressi, sono molto forti. E sono sentimenti che in questo momento, mi sembrano lontani.
Vorrei chiarire che io non so come ci si sentono certi momenti, quando nasce un figlio, quando la vita ti cambia all'improvviso, nonostante ci si sia preparati per tanti mesi, quindi spero di essere riuscita, anche solo un po' a rendere l'idea di quello che credo saranno le mie emozioni, senza sminuire in alcun modo, la realtà vissuta da chi ha una vera famiglia.
E ora... Beh vi chiedo scusa! Scusa per aver tardato tanto, scusa perché è davvero un periodo difficile e non ho idea di quando riuscirò a pubblicare il prossimo.
Scusa ad una persona in particolare, che spero non si sia stancata di aspettare e che abbia ancora la voglia di leggermi. A te, perché ti assicuro che avrò abbandonato questa storia se non avessi pensato a te!


Capitolo 19

 Dopo aver fatto l'amore a lungo, dopo essersi dedicati a loro, al loro bisogno e alle loro emozioni, esausti, si erano addormentati, l'uno tra le braccia dell'altra.
 Riccardo aveva aperto gli occhi proprio nel momento in cui la sua bambina aveva cominciato a muoversi. Sorrise e si convinse che la bimba volesse dargli il buongiorno.
 Si godeva quel momento, inebriato dall'odore della sua Farfallina e la morbidezza della sua pelle. La luce filtrava dalle finestre e probabilmente il sole era già sorto da un pezzo.
 Ma sarebbe rimasto in quel letto per tutto il giorno.
 Era come se non avesse alcuna preoccupazione, come se i problemi, gli impegni, fossero stati cancellati. Non c'era niente che gli importasse. Solo lei e la sua bambina.
 Non si accorse che lei si era svegliata e quando sentì la sua voce calda e dolce, fu come se quel suono, percorresse ogni fibra del suo corpo.
 "Buongiorno, amore mio"
 Chiuse gli occhi e lei sentì che sorrideva. Il suo respiro le fece il solletico e quando lo sentì spostarsi verso di lei, lo accolse tra le braccia, come fosse un bambino bisognoso si coccole.
 "Buongiorno, Farfallina!"
 "Sono... Sono felice!"
 Gli disse, mentre lui le baciava il seno e avvolgeva la sua pancia con un braccio.
 "Anche io, piccola!"
 Portò una mano ai suoi cappelli e cominciò ad accarezzarlo con le dita, quel tocco tanto tenero, lo fece completamente rilassare.
 Rimasero a coccolarsi per un tempo indefinito, tra carezze e piccoli baci.
 Ogni tanto, la bambina si faceva sentire, facedoli sorridere.
 "Lo sai, è incredibilmente attiva stamattina!"
 "Forse è felice anche lei."
 "Sono sicura di sì! Ora ha vicino il suo papà!"
 Riccardo si sentì lusingato.
 "Lo pensi davvero?"
 Francesca annuì, sicura.
 "Certo! Lei ti sente, sente il tuo amore e... E sente anche me! E io non sono mai stata più felice!"
 Riccardo sentì il sangue scorrere veloce nelle vene, gli sembrava quasi di sentirne il rumore. Le dita di Francesca, scesero sulla sua guancia e poi sul collo, facendolo rabbrividire.
 Quelle carezze non erano dolci, ma piene di desiderio e si sollevò, su di lei, che portò la mano sul suo petto.
 "Sei così bello, Chicco..."
 Era ammaliata da lui, dal suo corpo, dalla sua pelle e avvicinò il viso, fino a sfiorargli le labbra.
 "Farfallina..."
 Sorrise maliziosa e riuscì a vedere negli occhi del suo uomo il desiderio. E si sentì bella, nonostante tutto.
 Lui la guardava e prima di baciarla, si prese qualche istante per ammirarla.
 "Dimmi che mi vuoi..."
 "Tu lo sai!"
 "Sono un egocentrico e adoro sentirti dire che mi desideri..."
 Le sue labbra si piegarono in un sorriso irresistibile e lei sentì il bisogno di averlo dentro di lei crescere e, facendo leva sul gomito, si impossessò delle sue labbra.
 Oh, il suo sapore la faceva impazzire, la sua bocca così morbida e accogliente, l'aveva sempre portata all'oblio e i suoi baci, sempre più audaci, la fecero gemere.
 Quel suono così sensuale, gli fece dimenticare quanto fosse fragile e, mentre la notte precedente l'aveva amata con tenerezza, quella mattina la fece sua con passione, assecondando i loro istinti. Ascoltò ogni sfumatura della sua voce, seguì i suoi movimenti che la rendevano così diversa da ogni altra donna, che lo portavano a godere di ogni tocco e sprofondava sempre più nel piacere più istintivo e fu difficile trattenersi.
 E quando, l'espressione di lei mutò, quando la sentì cedere, raggiunsero l'apice insieme, soffocando in un bacio il loro piacere e rubandolo l'una all'altro.
 Riccardo, si lasciò cadere sul letto, sfinito e appagato e la costrinse ad accoccolarsi accanto a lui, stringendola a sé.
 Aveva la pelle sudata ed era abbandonata a lui.
 "Sei meravigliosa, Farfallina!"
 Lei non gli rispose, ancora sconvolta dalle sensazioni provate e che l'avevano scossa nel profondo.
 Era stato tutto perfetto. Come se il tempo non fosse passato. Perché la notte precedente si erano riscoperti, con timore e timidezza, si erano ritrovati. Ma quella mattina erano tornati ad amarsi con quella passione che li travolgeva, seguendo i loro istinti e il loro bisogno ed era stato semplicemente incredibile.
 "Ti amo più della mia vita, Chicco!"
 Sorrise e la coccolò ancora a lungo.
 Fu Riccardo ad interrompere quel silenzio pieno di significato.
 “Ci alziamo?”
 Disse sollevandosi e cercando l'orologio sul comodino.
 “No...”
 Francesca nascose la testa sotto il cuscino, facendolo ridere.
 “Piccola... Non fare i capricci! Ho promesso che non avresti saltato nemmeno un pasto e l'ora della colazione è passata da un pezzo! Quindi, esci dalla tana: dobbiamo mangiare!”
 Si alzò dal letto, infilandosi un paio di pantaloni della tuta e vedendo che lei continuava a fingere di non sentirlo, le rubò il cuscino e la obbligò a mettersi seduta
 “Non ne ho voglia! Per favore, non obbligarmi!”
 Alzò gli occhi e li inchiodò a quelli del suo uomo.
 “Davvero? Davvero credi che possa cedere ai tuoi occhioni supplichevoli? Farfallina, come sei buffa! Vestiti! Preparo una pasta e... non lo so, inventerò qualcosa!"
 Dopo aver indossato anche una maglietta, uscì dalla camera, lasciandola sola.
 Francesca sbuffò e, sconfitta, si diede una rinfrescata in bagno e poi con poca convinzione si vestì velocemente, prima di raggiungerlo.
 Riccardo era di spalle, armeggiava con pentole e fornelli e lo trovò irresistibile. Si avvicinò a lui e lo abbracciò, sentendolo sussultare.
 "Siediti!"
 Obbedì e appoggiò il mento sui palmi delle mani, con un'espressione innamorata e un po' buffa, la stessa che aveva quando si intrufolava nella sua camera e passava il tempo a guardarlo studiare.
 Riccardo rise e, mentre sistemava la tavola, appoggiò l'indice sul suo nasino.
 "Guardarmi così, non ti esimerà dal mangiare, lo sai, vero?"
 "E come ti starei guardando?"
 "Come i bambini capricciosi!"
 "Volevo essere seducente!"
 Gli disse un po' arrabbiata.
 "Farfallina, primo: non ha bisogno di sedurmi, mi eccita solo l'idea che dopo pranzo torneremo a letto! Secondo: non mi distrarrai! Ho preso un impegno!"
 Le porse un piatto pieno di cibo e lei lo guardò con orrore.
 "Pensi possa starci tutto nel mio stomaco?"
 Si sedette davanti a lei e cominciò a mangiare.
 "Siete in due, no?"
 "Chicco, questa è una stupidaggine, lo sai, vero?"
 Senza cambiare espressione, la invitò ad assaggiare. Prese la forchetta e con poca convinzione, si portò alla bocca un po' di cibo.
 "Allora? Che te ne pare?"
 "È buono..."
 Fiero di se stesso, sorrise.
 "Quando la mia bambina sarà abbastanza grande, andremo in barca. Faremo un viaggio ai Caraibi e mi occuperò di pescare del pesce e lo cucinerò per voi!"
 Lo guardò con aria sognante, ricordando le loro fughe.
 "Sarà bellissimo!"
 "È bellissimo! Anche ora è bellissimo!"
 Francesca annuì e si dimenticò della quantità di cibo che le aveva messo nel piatto e, tra un bacio e una carezza, nemmeno si rese conto di aver finito tutto.
 La guardò soddisfatto ma non gli fece notare che era felice che si fosse nutrita.
 Passarono la giornata facendo l'amore e lui si fece coccolare, egoista e bisognoso delle sue attenzioni, cercando di recuperare i mesi di solitudine e frustrazione. E lei, che quelle attenzioni, le aveva sempre e solo riservate a lui, rifioriva ad ogni carezza e abbraccio.
 Avevano trascorso quelle ore, come se il mondo fuori da quelle mura avesse smesso di esistere, fino a quando Francesca ricevette un messaggio da Bolanos.
 "Ehi, Farfallina, chi si è permesso di diaturbarci?"
 Le chiese con ancora la testa appoggiata sulle sue gambe, mentre si faceva accarezzare i capelli.
 "Bolanos... Lavoro, mio adorato amore!"
 "Tu non stai lavorando..."
 "Fino alla scorsa settimana sì, però!"
 "Devi prenderti cura di te stessa! Non tornerai al lavoro!"
 Appoggiò il telefono sul letto e incrociò le braccia.
 "E chi lo dice?"
 Riccardo aprì gli occhi e la guardò perplesso.
 "Non mi dirai quello che devo fare! Decido io! È il mio lavoro!"
 Eccola lì la sua farfallina combattiva e decisa, pronta a lottare con le unghie per le sue idee e la sua libertà. Era sempre stata così, anche quando faceva la modella e lui sminuiva il suo lavoro. Quanto adorava vederla arrabbiata, furiosa, mentre sosteneva le sue ragioni.
 Si voltò su un fianco, sorridendo malizioso.
 "Ti ho mai detto quanto sia sexy il modo in cui ti innervosisci?"
 "Non sto scherzando, Chicco! Nemmeno tu puoi dirmi come gestire il mio lavoro!"
 Le baciò le cosce e le strinse i fianchi.
 "Non lo farei mai, ma non ti permetterò di correre rischi!"
 E l'espressione divertita era cambiata, diventando seria.
 Francesca sospirò.
 "Non ho intenzione di correre rischi! Suarez mi ha concesso un periodo di aspettativa. Sono stata ricoverata dopo essere svenuta mentre stavo realizzando un servizio e anche loro si sono spaventati! Mi... Mi vogliono bene, sai?"
 "Se così non fosse, sarebbero degli idioti! Sei adorabile!"
 Fece una piccola smorfia che voleva essere un sorriso.
 "Mi tratti sempre come una bambina! Mi vogliono bene, ma non perché sono "adorabile"! Mi rispettano perché sono... Sono brava!"
 "Lo so! Sembra tu creda che pensi il contrario..."
 "Beh... Tu non hai mai creduto in me! Non hai mai pensato che il mio lavoro fosse qualcosa di importante."
 Chicco sospirò e le sorrise.
 "Vero! Ma tu sai che ho sempre considerato il mondo della moda stupido! Invece trovo le tue foto semplicemente meravigliose! Non capisco nulla, in realtà, ma i tuoi scatti sanno suscitare delle emozioni... Come un quadro, una canzone... Sei un'artista, Farfallina! Quindi posso metterlo su carta! Io, Chicco, dichiaro di considerare il tuo lavoro qualcosa di importante..."
 Lei fece per zittirlo, ma lui continuò con teatralità.
 "Ma, senza diritto di replica, dichiaro che né il tuo, né il mio lavoro, sono importanti quanto la tua salute e quella della mia meravigliosa piccola te!"
 Cercò le parole per replicare, ma non gli venne in mente nulla da dire.
 Cosa avrebbe potuto dire? Riccardo aveva lasciato il suo lavoro per correre da lei.
 "Ok... Tornerò al lavoro solo quando sarà nata! Ma tu?"
 Inarcò un sopracciglio e solo in quel momento ricordò che molto probabilmente lui un lavoro non lo aveva più. Forbes era stato vago al telefono e gli aveva inviato alcuni documenti via mail, ma lui nemmeno li aveva letti.
 "E io... Beh, se perdessi il lavoro alla MacTac, non sarebbe poi così grave..."
 La presunzione con cui parlava, era uno dei lati che adorava del suo Chicco. In realtà era consapevolezza. Qualsiasi società avrebbe voluto collaborare con lui.
 "Vuoi dire che non ti importa che i tuoi progetti non vedano mai la luce?"
 "La maggior parte è già stata sviluppata! E persino un bambino riuscirebbe a concludere quello che ho iniziato..."
 "Chicco... Prendi il telefono e chiama il tuo signor Forbes!"
 "Dottore..."
 Puntualizzò facendola irritare.
 "Quello che è! Chiamalo e sistema le cose!"
 "Piccola, perché invece di pensare a queste sciocchezze, non ricominci a coccolarmi? Ne ho tanto bisogno!"
 La supplicò lui.
 "Io non ti capisco..."
 Sospirò e si mise seduto, proprio di fronte a lei.
 "Ho passato la vita a pensare al lavoro. Ho dimostrato a tutti quello che valgo. Adoro la meccanica, lo sai, ma ho smesso di rincorrere il successo nel momento in cui mi sono reso conto che quella continua ricerca mi portava lontano da te. Se vuoi, chiamerò Forbes, ma non lo pregherò per un lavoro!"
 Francesca scosse la testa.
 "Come sei arrogante!"
 Rise e la prese in braccio, appoggiandosi alla testiera del letto.
 "Sono arrogante, mi conosci! Ma farò quello che mi chiedi. Lo chiamerò e poi prenderemo insieme una decisione. D'accordo?"
 "Vuoi che ti dica ciò che penso?"
 "Sempre, Farfallina! La tua opinione è l'unica che mi interessi! Adesso, ti prego, coccolami!"
 Gli disse con gli occhi da cucciolo che la fecero ridere.

 Si svegliò di soprassalto e aprì gli occhi, agitata. Riccardo non era accanto a lei e istintivamente allungò una mano, percependo quella parte di letto ancora calda.
 Si rasserenò, pensando che non poteva essersene andato, anche se per qualche secondo, il terrore che l'avesse lasciata di nuovo, l'aveva sconvolta.
 Si mise a sedere e diede un'occhiata alla sveglia: erano le nove e si chiese dove fosse il suo Chicco.
 Indossò una vestaglia e uscì dalla camera.
 Le sue narici furono inebriare dal profumo del caffè e di quello indescrivibile e meraviglioso del suo uomo e con un sorriso innamorato, lo raggiunse in cucina. Riccardo le dava le spalle, aveva le mani appoggiate sul piano del tavolo, come se gli servissero per reggersi e la testa era girata verso la finestra. Aveva un'espressione tesa, indecifrabile.
 Lo raggiunse in silenzio e avvolse le braccia al suo petto, sprofondò il suo viso sulla sua schiena muscolosa.
 "Ciao..."
 Sentì i suoi nervi distendersi e portò le mani sulle sue per accarezzarle, poi si voltò e la strinse.
 "Ciao, mia Farfallina! Ho preparato la colazione!"
 Francesca si guardò in giro e solo in quel momento, notò la tavola imbandita. Sorrise e lo guardò stupita.
 "Sei incredibile..."
 Scostò una sedia e la invitò a sedersi.
 "Prendo molto seriamente i miei impegni!"
 Si portò alla bocca un biscotto e lo osservò mentre le serviva il tè.
 "Potrei abituarmi..."
 Lui sorrise e scosse la testa ma quando il suo cellulare si illuminò, avvertendolo dell'arrivo di un messaggio, sulla sua bocca si disegnò una smorfia.
 "È successo qualcosa?"
 Gli chiese dopo aver notato la sua espressione.
 "No... Stamattina ho chiamato Forbes, come mi hai chiesto..."
 Gli strinse la mano, dolcemente e cercò di rimanere serena anche se si sentiva in colpa.
 "È andata così male?"
 "Beh, non abituarti troppo alle mie leccornie! La prossima settimana, tornerò al lavoro!"
 Quel senso di disagio che aveva provato, svanì e sulle sue labbra si dipinse un sorriso felice che lo fece sentire in pace con se stesso.
 "Lo sapevo..."
 "Già... Forbes non ha mai messo in discussione il mio posto!"
 "E come avrebbe potuto? Sei un genio! Un bellissimo, dolce e meraviglioso genio!"
 Gli disse alzandosi e andando a sedersi sulle sue gambe.
 La baciò, perdendosi sulle sue labbra.
 "Sono felice! Davvero, sai?
 “Chicco... Sei arrabbiato?”
 “Non sono mai stato tanto bene... Perché me lo chiedi?”
 “Sei un pochino strano... Ti ha chiamato lei?”
 “Lei?”
 “La donna che ti aspetta a Houston!”
 “Non c'è nessuna donna che mi aspetta, davvero, te l'ho detto. Non era niente!"
 Lo guardò e gli accarezzò i capelli con dolcezza e lui rispose a quel gesto appoggiando una guancia sul suo seno.
 "Chicco... Perché non sei mai completamente sincero con me?"
 Lo sentì irrigidirsi e sospirare e dopo qualche istante, chiese:
 "Perché lo credi?"
 "Non capirò mai quello che nascondi, ma so quando qualcosa ti turba! È sempre stato così! Lo capisco dal modo in cui parli, dal tono della tua voce, dal modo in cui mi stai abbracciando... Non... Non voglio obbligarti a parlarmi, ma... Ma io... Io ci sono!"
 La strinse per sentirla completamente addosso e cercò di rilassarsi.
 "Santo cielo, piccola! Senza di te morirei! Non hai idea di quello che sai darmi!"
 Francesca sorrise. Sapeva bene cosa intendesse. Perché lei, senza il suo Chicco, non aveva mai vissuto davvero, sopravviveva. Senza le sue braccia che la stringevano, lei non era che solitudine e speranza. Con lui era una donna, era piena, felice.
 "Non devi dirmi nulla se non vuoi!"
 Lo sentì scuotere la testa.
 "I miei genitori, sono loro che mi hanno cercato!”
 Istintivamente, portò le mani sul suo viso e lo obbligò a guardarla.
 “Ce l'hai con loro?”
 “No! Ho chiuso con loro molto tempo fa!”
 Gli baciò le labbra, accarezzando le sue guance.
 “Per quello che è successo?”
 Si liberò dalle sue mani e affondò nuovamente il volto sul suo seno.
 “Ho semplicemente deciso di non cercare più di compiacerli!”
 Lo accarezzava, cercando di lenire la sofferenza che non riusciva a nascondere e che lei percepiva e che il corpo del suo uomo le trasmetteva.
 “Non l'hai mai fatto...”
 Gli disse dolcemente.
 “Ma ho sempre voluto che mi capissero e mi accettassero per quello che sono! Ho sempre desiderato il loro rispetto...”
 Il suo Chicco, tra le sue braccia, era fragile come un bambino. Il dolore che da sempre lo accompagnava non era mai finito. La delusione che provava per l'atteggiamento che i suoi genitori gli avevano sempre riservato, era quasi tangibile.
 Non poteva fingere che in quel particolare frangente, anche lei aveva giocato un ruolo importante.
 “È colpa mia!”
 Come scosso da quelle parole, si scostò da lei e la guardò.
 “Colpa tua? No, no, amore! Tu sei l'unica che mi ama nonostante quello che sono!”
 "Nonostante quello che sei? Oh, Chicco! Sei tutto per me! Sei il mio sogno da sempre!"
 Le sorrise e la baciò dolcemente.
 "Sono un egoista presuntuoso ed arrogante! Sono egocentrico e ho un carattere terribile! Mi ami e rendi ogni istante indimenticabile! Non riuscirò mai a darti ciò che sai darmi! Tu mi ami! Non mi hai mai giudicato, non mi hai mai chiesto nulla... Sei tutto! Se tu non ci fossi, la mia vita non avrebbe senso! Lo sai?"
 Non riusciva nemmeno a descrivere a se stessa, quello che stava provando. Le sue parole erano emozioni che colpivano il suo cuore e la riempivano di tenerezza. Riccardo, il suo meraviglioso, bellissimo e brillante Riccardo, dentro continuava ad essere lo stesso ragazzo che lottava con se stesso per emanciparsi da una famiglia ingombrante e che sapeva solo mortificarlo.
 “Chicco, anche loro ti amano...”
 Cercò di rassicurarlo ma lo conosceva così bene che sapeva quanto la delusione lo tormentasse.
 “Mi hanno lasciato solo! Non mi hanno creduto! Mi hanno giudicato! Ho sentito mia madre solo quando quella maledetta storia era finita! Non una sola chiamata! Da nessuno di loro! Non pretendevo che accettassero le mie scelte! Ma sono i miei genitori e mi hanno chiuso la porta in faccia.”
 Disse duro. Francesca sospirò e chiuse gli occhi per trovare le parole giuste.
 “L'ho fatto anche io! Anche io ti ho voltato le spalle, anche io non ti ho capito! Ti ho allontanato nel momento in cui avrei dovuto essere solo la tua donna! Ho lasciato  che vivessi quell'incubo da solo... Solo per il mio orgoglio ferito!”
 “Ma tu hai sofferto come me! Di più! Tu eri la vittima di quello che ho fatto... Dei miei errori. Avevi tutto il diritto di odiarmi! E poi... Mi avevi solo chiesto tempo! Invece io ho solo frainteso tutto, perché sono un egoista! Perché non sopportavo la distanza di cui avevi bisogno!"
 "Abbiamo sbagliato! Tutti e due... Siamo due idioti..."
 Gli disse sorridendo e cercando di trattenere le lacrime che non sfuggirono al suo uomo.
 "Siamo un disastro..."
 Le disse, baciandole l'angolo della bocca.
 "Siamo due idioti, forse... Ma siamo una cosa sola... Ma loro... Ti giuro, piccola, mai farò alla nostra bambina quello che loro hanno fatto a me! Non la abbandonerò mai, anche se non capissi le sue scelte, non le accettassi, non le tollerassi. La amerò sempre. Ci sarò sempre, anche solo per farmi mandare al diavolo! Le insegnerò a parlarmi anche quando le sue decisioni saranno opposte a quelle che farei io! Non cercherò mai di imporle nulla! Lascerò che faccia le sue esperienze, i suoi errori e ci sarò quando avrà bisogno di me! Sarà libera di essere ciò che desidera!"
 In quelle parole non c'erano solo promesse, ma i suoi sogni infranti e non capiti.
 “Anche se sbagliasse?”
 “La sosterrei...”
 “È dolce quello che dici!”
 “È la verità! La crescerò libera dalle convenzioni, dal modo di essere dei miei. Le insegnerò a pensare fuori dalle righe e ad essere sempre se stessa! Ma se vorrà essere come mia sorella, andrà bene lo stesso! Ma vorrei fosse impavida, coraggiosa..."
 “Vuoi crescere una piccola selvaggia?”
 Gli chiese ridendo.
 “No, voglio che sia come te! Che sappia andare al di là delle apperenze. Nemmeno io ne sono capace... Che sappia amare come sai amare tu!”
 Lo strinse a sé e sentì il suo sorriso sul seno. Gli baciò i capelli e in quel momento tanto intimo, sentì il bisogno di confessargli quello che aveva provato.
 “L'ho odiata... Ho sperato di perderla! Quel giorno, dopo la visita, quando mi  hai detto che saresti tornato a Houston, ho odiato te e lei”
 "Odiavi me, non lei!"
 "Ho odiato anche lei! La sentivo come un'aliena, qualcosa di tuo che non mi appateneva"
 "Per colpa mia!”
 “Perché era tua, perché era dolore...”
 “E ora non lo è più?”
 “Ho smesso di pensarlo la prima volta che mi ha fatto il solletico...”
 “Avrei voluto essere lì con te!”
 “Avrei voluto fossi con me...”
 La strinse forte, provando a dimenticare tutto quello che era successo. La prese tra le braccia e la portò in camera da letto e la fece sua, amandola con tutto se stesso, come se solo in quel modo riuscisse ad esprimere i suoi sentimenti.

 Armando faceva colazione, diversamente dal solito, in veranda. Da quando Camilla viveva con suo marito ed Edoardo si era trasferito in un appartamento in centro, lui e Betty non erano più così ligi agli usi di quella casa.
 Era pensieroso e da qualche giorno non dormiva bene. Non faceva altro che pensare al figlio. Lo aveva chiamato tante volte da quando era tornato in quella casa, ma lui gli aveva risposto una sola volta, chiedendogli di non cercarlo. Anche Betty ci aveva provato ma a lei non aveva risposto. La sera prima Marcella, aveva detto loro che Francesca sembrava rifiorita e che lui si prendeva cura di lei. Ne era felice, per la piccola Francesca e per la loro bambina. E anche per lui, che aveva dimostrato di non essere solo un ragazzino capace solo di scappare.
 “Tesoro, non stai bene?”
 La voce di Betty lo distrasse dai suoi pensieri e le sorrise, rispondendo con trasporto al bacio che gli diede.
 La donna si sedette accanto a lui e gli strinse un mano.
 "Sei pensieroso da qualche giorno! Sei preoccupato per Riccardo? Temi posso fare altri colpi di testa?"
 “No... Sono sicuro che non commetterà più alcun errore... Se mai ne ha comessi! Vorrei solo potergli parlare... Forse accetterebbe le mie scuse!”
 “È arrabbiato con noi, col tempo gli passerà!”
 Disse sicura la moglie.
 “No, non credo. Penso che non sia arrabbiato... Credo sia qualcosa di più profondo! Io penso si sia sentito tradito. E forse ha ragione!”
 “Diamogli tempo! Presto sarà padre e capirà che si possono fare degli errori...”
 “Noi però non solo non lo abbiamo capito, lo abbiamo solo condannato per i suoi errori. Ci siamo dimenticati dei nostri!”
 “Riccardo ne ha fatti molti!”
 “E noi? Marcella ha ragione... Avremmo dovuto stare dalla sua parte, senza se e senza ma! Questo è un fatto. Non sono mai stato fiero di lui... Mai! Era uno studente eccellente, il migliore. È diventato un ingegnere importante e tutti, tutti lo hanno riconosciuto, ma non io! È sempre stato capace di fare qualunque cosa volesse. Ma io sono riuscito solo a vederlo come un fallimento personale perché non ha mai voluto diventare il presidente della mia azienda. Ho visto solo questo. Michelle sarebbe stato un padre migliore. Lo avrebbe capito e sostenuto!”
 “Non dire così! Per favore non dirlo... Lui non era suo padre!”
 “No... Ma avevi fatto la scelta giusta!”
 “Mio Dio, Armando no! No! È stata la decisione peggiore che una donna avrebbe potuto prendere! E tu lo sai! Ti prego non dirlo mai più! Non è così!”
 “Mio padre lo aveva capito... Riccardo era speciale! È speciale!”
 “Sì lo è, per questo motivo, prima o poi le cose miglioreranno. Ci darà una nipotina... Molto presto stringeremo tra le braccia la sua bambina!”
 “So che non ce lo impedirà, ne sono sicuro!”
 “Lui è il nostro bambino!”
 “Io penso sia un uomo che ha sofferto molto e anche per colpa mia!”
 "Io... Io credo che il suo spirito ribelle... Ci perdonerà!"
 Disse, cercando di convincere prima di tutto se stessa.
 Armando si limitò ad annuire, non troppo convinto. Dopo qualche istante Betty, proseguì.
 “Pensavo di chiamare Francesca, forse lei... Potrebbe parlargli!”
 “Non farlo! Non metterla in una posizione scomoda! Diamo loro un po' di tempo! Ne hanno bisogno..."
 "Ma voglio sapere come stanno..."
 "Se vuoi, mandale un messaggio chiedendole come sta... Ma non chiamarla e non instere se non ti rispondesse! Promettilo, tesoro!”
 Il tono che aveva usato era quasi una supplica che scosse il cuore della donna. Ci pensò per qualche secondo e poi concordò con il marito.
 “Te lo prometto...”
 E rimasero in silenzio, a coccolarsi e cercando di darsi la forza per accettare che il loro comportamento era stato orribile, per accettare che a sbagliare, erano stati solo loro.

 "Perdonare te e come perdonare me stesso! Siamo una cosa sola! I tuoi errori sono i miei! Sei parte di me! Sei il mio cuore!"
 Si era accoccolata accanto a lui e lo aveva stretto forte.
 Era vero. Quando erano stretti, l'uno all'altra, i loro corpi ne formavano uno solo. E quel contatto continuava anche quando si separavano. Erano uniti indissolubilmente, era amore, era un connubio di carne, anima, ragione.
 Si sentivano, sentivano i loro sentimenti, i battiti dei loro cuori come fosse un unico suono.
 E Francesca lo sapeva. Sapeva che fuori dal loro mondo, una parte del suo cuore era ferita. La parte che batteva nel petto del suo uomo.
 Dopo quelle parole, non gli aveva più fatto alcuna pressione. Riccardo riversava il suo amore su di lei e sulla loro bambina non ancora nata. Fantasticava su quanto sarebbe stata bella, intelligente e sperava con tutto se stesso assomigliasse alla sua Farfallina, dolce e capace di volare alto come nessuna. Aveva ricominciato a lavorare ma passava gran parte del suo tempo con lei, prendendosene cura. Ma non era solo per lei che aveva deciso di lavorare in casa, era lui, soprattutto ad averne bisogno. Lei leniva il dolore e placava la frustrazione. Lei era il suo rifugio. La sua casa. Era sufficiente il suo sorriso per fargli dimenticare l'abbandono, la solitudine che da sempre lo accompagnava. Era sempre stato così ma, se prima, era stato in grado di gestire quel senso di vuoto che il rapporto con la sua famiglia gli provocava, dopo quello strappo così profondo, non riusciva più a fingere.
 Lo aveva fatto per tutta la vita ed era ormai stanco. Ci aveva davvero rinunciato. Aveva ormai rinunciato al sogno di rendere orgoglioso suo padre, aveva rinunciato a vedere gli occhi della madre che lo guardavano con rispetto. Ma faceva male. Perché nulla era più difficile che smettere di sperare in qualcosa in cui si era creduto per tutta la vita.
 Era un uomo sbagliato, forse. Forse era cattivo. Ma come poteva essere sbagliato, cattivo, se la creatura più dolce e meravigliosa del mondo lo amava? Si aggrappava a lei, maledicendo i suoi errori e se stesso.
 Più passava il tempo, più sentivano il loro legame rinsaldarsi, diventare più profondo. A lui bastava.
 A Francesca no. Perché il suo amore non era egoista, era assoluto e sapere che il suo Chicco non era davvero completo, la spingeva a fare quei passi che lui non avrebbe mai fatto.
 Guardò il telefono che aveva tra le mani e con cui giocherellava come fosse una pallina tra le dita di un giocoliere e lo sbloccò.
 Rilesse tutti i messaggi che Betty le aveva mandato e ai quali aveva sempre risposto con gentilezza ma quasi freddamente.
 Le sarebbe sembrato di fare un torto a Riccardo se le avesse risposto con affetto e poi... E poi anche lei era arrabbiata. In fondo i suoi genitori erano sempre stati la causa del malessere e delle fughe del suo uomo.
 Proprio come lei.
 Sussultò a seguito di un calcio della piccola e si soffermò a pensare che forse si trattava di un rimprovero. Per avere allontanato e non capito il suo papà, per non essergli stata vicino nel momento più difficile della sua vita, per non essere capace di renderlo completamente felice. E forse anche per i pensieri negativi che nutriva verso i suoi nonni.
 Chi era lei per giudicare? E se un giorno fosse stata lei ad attendere una telefonata? Non era perfetta, aveva commesso tanti errori e ne avrebbe commessi molti altri...
 Aprì l'ultimo messaggio di Betty e il suo cuore cominciò a battere un po' più forte. Quelle parole nascondevano una profonda tristezza, rassegnazione. Poche parole, semplici, all'apparenza, uguali a tutte quelle che le aveva sempre scritto. Eppure erano dolorose.
 Si immaginò a pregare per il perdono della sua bambina, per errori che nemmeno si era accorta di commettere e una lacrima le rigò la guancia.
 Sospirò e pigiò sul contatto e avviò la telefonata.
 Pochi secondi dopo, la voce di Betty le entrò nell'orecchio e le parve quasi di udirne le lacrime.
 “Zia...”
 Le disse con una voce calda e dolce.
 “Tesoro, è così bello sentire la tua voce! Come stai?”
 “Ho letto il tuo messaggio e ho pensato di chiamarti... Scusami se non l'ho fatto prima!”
 “No... No, principessa, va bene così! E poi... Io... Io non volevo disturbare...”
 Francesca sorrise comprendendo perfettamente l'imbarazzo della donna.
 “Stiamo bene! Zia, anche lui!”
 Dopo qualche secondo silenzio, Betty deglutì e riprese a parlare, cercando di non piangere.
 “Sì, tua madre me l'ha detto!”
 “Ha ripreso il suo lavoro, qui, a Bogotà!”
 “Ne sono felice...”
 “Mi dispiace che tra voi le cose non vadano bene! È anche colpa mia!”
 “No... Ti sbagli! Tra noi e nostro figlio i rapporti sono sempre stati difficili. E noi abbiamo le nostre colpe!”
 “Io non voglio che soffra... E lui non sta bene per questa situazione! Non lo sa che stiamo parlando... Io non voglio mentirgli! Ma credo... Io voglio solo che lui sia felice, completamente! Non smettete di crederci, Betty! Di' ad Armando di continuare a sperare! Lui vi ama! È... È solo deluso!"
 “Oh,  tesoro, lo so! Sappiamo bene che nostro figlio è caparbio, che si sente ferito e... E ne ha tutte le ragioni! Oh, piccola! Non immagini quanto sia consolatorio sapere che ci sei tu! Tu che lo ami come nessuno! Sei tu la sua forza, lo sai, vero? E... E non voglio tu faccia nulla che lui non condivida. Sono certa che non sarebbe felice di sapere che parliamo di queste cose... Pensa solo a te e alla bambina! E al mio Riccardo!"
 Francesca si sentiva più serena, come se il peso che portava sulle spalle si fosse alleggerito.
 “Lo faccio! Mangio regolarmente. Lui non mi permette di saltare un pasto. Non si fida di me e trova sempre il tempo di mangiare insieme...”
 “Ne sono felice... Ecco... Io... io vorrei solo che un giorno possa capire che... non abbiamo giustificazioni, ma siamo addolorati, davvero...”
 “Non devi preoccuparti. Lui è forte e sa molto bene quello che fa! Riuscirà a perdonarvi! Ha solo dimenticato quanto siate importanti per lui! Ma il tempo sistemerà ogni cosa”
 “Lo spero tanto, bambina! Ora... Vorrei tanto poterti abbracciare! Stringerti... Toccare il tuo pancione!"
 "Ti prometto che non appena me la sentirò, verrò a trovarvi! Davvero!"
 Sentì i singhiozzi celati dietro ad una mano e capì che quella telefonata era stata giusta, che dalla comprensione e da un piccolo gesto, forse, poteva nascere qualcosa di nuovo, bello, che dal perdono poteva nascere l'amore!
 “Grazie, tesoro! Ora ti lascio... A presto!”

 Poche settimane. Mancavano solo sette settimane alla nascita della sua bambina. Francesca stava bene, aveva preso qualche chilo e il suo corpo sembrava più in salute. Non si rifiutava più di mangiare, forse perché sapeva che sarebbe stato inutile. Il suo pancione era bellissimo e passava delle ore ad accarezzarlo e a sussurrare parole dolci alle sue bellissime donne. Anche l'ultima visita dal medico era andata bene. La piccola era cresciuta e i parametri erano nella norma. Il medico si era congratulato con lei per aver messo da parte i problemi per pensare alla piccola.
 Lui la proteggeva da tutti ma non si nascondeva. I paparazzi avevano scattato loro delle foto e avevano pubblicato articoli stupidi su di loro. Ogni scribacchino aveva la propria teoria su come stessero le cose tra di loro. Tutte sciocchezze, ipotesi e congetture, a volte cattive nei confronti della sua donna. Inutili chiacchiere che però sembravano interessare i lettori morbosi e assetati di pettegolezzi. E quelle copertine vendevano bene.
 Perché quei lettori si interessassero alla vita di due persone che non conoscevano, era per lui un mistero. I giornalisti non si risparmiavano, nemmeno davanti ad una donna incinta. Certo, le loro vite erano sempre state sotto i riflettori. Fin da bambini ed era capitato anche a sua sorella e a Giulio, quando avevano cominciato la loro storia e quando l'avevano interrotta per qualche tempo. I loro volti erano stati immortalati in momenti particolari, intimi, accanto a compagni temporanei. Edo e Claudio erano presenti su quei giornaletti praticamente ad ogni uscita, anche se avevano fatto di quella situazione qualcosa di divertente. I due, fin da ragazzini, sembravano compiaciuti che le loro avventura venissero pubblicizzate. Francesca poi era stata una modella ed era quella che aveva subito più di tutti la loro pressione. Tutte bugie, storielle inventate per guadagnare soldi alle spalle della creatura più innocente che esistesse.
 Si morse il labbro e finse di non badare ai paparazzi che stazionavano poco lontano dalla sede della MacTac. Era certo solo di una cosa certa: non li avrebbero lasciati in pace senza prima essere riusciti a fotografare qualcosa di interessante. Un litigio, un bacio, un atteggiamento sbagliato. Quello che temeva era che non si sarebbero fermati nemmeno davanti alla privacy della loro bambina. Alessandro, il nipotino, era stato oggetto di una caccia spietata. Camilla e Giulio erano stati bravi a non esporlo, ma loro erano perfetti in tutto.
 Si chiese se sarebbe stato capace di fare altrettanto. Cercò di distrarsi da quei pensieri e di concentrarsi sul lavoro.
 Forbes aveva dovuto accettare la sua decisione e per non rischiare di perdere la sua collaborazione, aveva accettato tornasse alla filiale di Bogotà. Lì le cose non erano eccitanti come in Texas, ma l'unica cosa che voleva, era starle accanto. Forse poi avrebbero potuto lasciarla, quella città. Houston non era una brutta città, c'erano delle ottime scuole e mille giornali di ogni tipo dove lei avrebbe potuto trovare un impiego. O lavorare come freelance e vendere i suoi lavori. Si era creata un piccolo nome nell'ambiente e sapeva che ovunque avessero vissuto, avrebbe trovato la sua strada. Bogotà era una città che non odiava, ma che non sentiva sua. E poi a parte lei, non c'era nulla che lo trattenesse. Aveva pochi amici e tutti legati al suo ambiente lavorativo o all'università. Persone che per un motivo o per l'altro vivevano lontano dal loro paese o che viaggiavano talmente tanto da non avere un posto “fisso”.
 Soprattutto voleva stare lontano da loro. Camilla l'aveva cercato. Si era presentata a casa, fingendo che tutto fosse a posto. Lei e Giulio si erano invitati con il bambino e non li aveva cacciati solo perché Francesca era felice di vederli. Aveva giocato tutta la sera con il nipote e lui l'aveva immaginata con la loro bambina. Ma poi era stato chiaro con la sorella. Non avevano nulla da dirsi. Per lui, loro erano solo i cognati. Camilla ci era rimasta male. Sapeva che la sorella gli voleva bene ma aveva vissuto la sua vita per compiacere il padre e anche in quell'occasione si era schierata contro di lui. Edo invece lo conosceva e si limitava a mandargli qualche messaggio chiedendo di Francesca. I suoi genitori avevano smesso di cercarlo. Non ci avevano poi messo molto a lasciarlo “tranquillo”. Claudio viveva la sua vita tra una donna e l'altra, proprio come Edo. Due playboy incalliti, che  passavano da un letto all'altro. Eppure... Eppure, nonostante tutto, non erano mai giudicati, solo apprezzati dai genitori.
 E Nicola? Suo zio Nicola, l'uomo che in fondo aveva sempre ammirato, che era stato quello che meno lo aveva giudicato per tanto tempo, lo aveva addirittura picchiato. Non lo biasimava. Per la sua di bambina, era certo, avrebbe potuto uccidere. Ma anche a lui non perdonava il silenzio, soprattutto a lui a cui aveva parlato con il cuore in mano. Nessuno lo aveva sostenuto. Solo con Marcella aveva un rapporto cordiale. Era stata l'unica a dimostrargli affetto in quel periodo. Ma poi anche lei si era defilata lasciandolo nell'inferno in cui aveva vissuto. Erano la sua famiglia e lo avevano tradito. Col tempo forse l'odio che provava nei loro confronti sarebbe diminuito. Forse. Ma il solo pensarci, gli faceva venire la nausea.
 Quella sera aveva fatto tardi. Odiava non essere puntuale, ma era solo questione di  pochi mesi: presto la pressione sarebbe diminuita. L'agenzia  spaziale per il quale stavano lavorando infatti, si era  espressa sui suoi progetti e... E aveva bisogno di pensare.
 Scese dall'auto e mentre si dirigeva verso il portone del loro palazzo, alcuni paparazzi si avvicinarono per fargli delle domande. Le solite stupide e inutili domande. Contrariamente al solito, invece di trincerarsi nel solito silenzio, li mandò al diavolo e si chiuse la porta alle spalle, facedo quasi tremare le pareti. Sperò che con lei fossero più comprensivi, almeno durante quelle settimane. Del resto il dottor Mora, grazie alle sue conoscenze, aveva fatto pressione su alcuni amici perché la lasciassero in pace. Le loro famiglie potevano tutto. O quasi, visto che ogni volta che passeggiavano, andavano in un negozio per acquistare un vestitino o cenavano in un qualunque ristorante, avevano i flash puntati contro di loro.
 Prima di aprire la porta sospirò e lasciò che tutta la tensione scorresse via dal suo corpo e dalla sua mente.
 Non appena varcò la soglia, il profumo di quella casa, gli invase le narici, facendolo sorridere. Era il suo profumo, mischiato a quello di mele e fiori e cera.
 Percepì anche un altro odore, più fastidioso che ormai aveva imparato a conoscere, suo malgrado.
 Quello del suo amico, di Bolanos, o come diavolo si chiamava. Era evidentemente passato a salutarla. Non che fosse geloso, ma quell'uomo apparteneva ad una piccola parte di lei che non gli apparteneva.
 Un mondo fatto di amicizia, complicità, lavoro. Francesca era speciale, meravigliosa, era impossibile non amarla, ma non immaginava che i suoi colleghi le volessero tanto bene. Capitava spesso di trovarli a casa mentre le facevano compagnia o le raccontavano qualcosa che era successa. Aveva conosciuto anche il direttore del suo giornale, Suarez, che la rispettava e la ammirava e che si era raccomandato con lei perché si prendesse cura di se stessa e Carmen e Alvaro con cui avevano anche cenato e che trovava interessanti e piacevoli. Erano tutti gentili, affabili e sinceramente affezionati. Ma Bolanos... Il suo Pigmalione, da quanto detto da lei, quello che le aveva imposto il nomignolo di Francis e che con lei era particolarmente in confidenza, non lo tollerava. Ed era un sentimento reciproco. Quell'uomo non gli aveva nascosto la sua antipatia. Era stato schietto e sincero e lo aveva apprezzato. L'aveva quasi trovato divertente. Con lui, Francesca sembrava particolarmente a suo agio ed era capitato anche di trovarla sul divano della loro casa, con la testa sulla sua spalla mentre lui le accarezzava i capelli. Era sposato, aveva una certa età, ma quel loro rapporto tanto amichevole, lo infastidiva. A lei non lo aveva detto. La sua era... Sì, forse per quell'uomo provava un po' di gelosia, stupida, forse ridicola gelosia. Perché in fondo, quell'uomo, della sua donna, era un po' invaghito. Non poteva dargli torto, chiunque avrebbe perso la testa per lei. La sua meravigliosa e unica Francesca. A volte, ancora non ci credeva che lei fosse sua. Che lo avesse perdonato per tutto il male che le aveva fatto. Solo una donna speciale come lei avrebbe potuto farlo. E si sentiva fortunato. L'uomo più fortunato del mondo.
 Aveva voglia di stare con lei, più che in qualsiasi  altro momento perché.... Stava davvero considerando l'idea di lasciare Bogotà? I suoi progetti erano stati selezionati e lui avrebbe partecipato alla realizzazione di parte del motore di un vettore. Il suo lavoro... Quando lo aveva chiamato Forbes, era entusiasta. Il suo lavoro avrebbe superato l'atmosfera terrestre. Forbes lo avrebbe voluto subito in Texas, per coordinare la realizzazione di quei due componenti che sarebbero stai fondamentali per la messa in orbita di un satellite. Gli aveva anche detto che il direttore di quella agenzia si era complimentato e che avrebbe voluto conoscerlo personalmente. Aveva preso tempo. Mancava troppo poco alla nascita della sua bambina e non poteva allontanarsi nemmeno per un giorno. Non voleva. Più si avvicinava il giorno, più aveva paura. Paura per lei e per la piccola.
 Richiuse la porta alle sue spalle e continuò ad osservarla, ammaliato.
 Non si era accorta del suo arrivo. Parlava al telefono, forse con un collega o il direttore del giornale per cui lavorava. Quanto era bella? La sentiva parlare senza capire bene quello di cui discuteva ma sembrava stupita, quasi incredula. A cosa doveva pensare?
 Quando finalmente poggiò il telefono sul tavolo, la sentì sospirare e si avvicinò in silenzio, abbassandosi e dopo averle scostato i capelli, le baciò il collo.
 “Ehi...”
 Francesca si voltò felice e gli buttò le braccia intorno al collo.
 “Oh, amore, sei qui... Non ti ho sentito! Io... Io ero al telefono...”
 “Me ne sono accorto... Sembravi molto presa dalla tua telefonata... Devo essere geloso?”
 Le disse fingendosi preoccupato.
 “Oh no, no! Tu non devi essere geloso proprio di nulla e di nessuno! Io sono completamente e assolutamente innamorata di te...”
 “Sei dolce... Tanto, tanto dolce!”
 Le diede un bacio sulle labbra e lei lo strinse a sé, allegra come una bambina.
 E lui si fece cullare da quel contatto tanto desiderato e di cui aveva bisogno. Pose le braccia sulla sua pancia e la accarezzò con amore.
 E quel piccolo calcio che ricevette come saluto lo riempì di tenerezza e pace.
 Strinse la sua donna, quasi volesse cancellare quella giornata. Ed era strano, chiunque altro avrebbe festeggiato per tutta la notte visto il riconoscimento ottenuto. Lui invece riusciva solo a pensare a lei.
 “Sei tornato tardi... C'è qualcosa che non va?”
 “No, amore! Niente... E tu con chi parlavi? Hai visto qualcuno oggi?”
 Francesca rise, sapendo bene che quella domanda riguardava in particolare il suo amico.
 "Mr. Bolanos è passato dopo pranzo... Eri uscito da poco!"
 "Ma davvero? Comincio a pensare che aspetti che io esca per poter rimanere solo con la mia donna..."
 Oh quanto era bella quando rideva.
 "È così bello quando fingi di essere geloso!"
 Le spostò una ciocca di capelli e le baciò la punta del naso.
 "Io non fingo di essere geloso..."
 "Oh, smettila! Non sai nemmeno cosa sia la gelosia! Sei troppo sicuro di te stesso..."
 "Troppo sicuro, dici?"
 Francesca annuì e il suo sorriso così allegro e solare, lo riempì di serenità.
 "Sì! Dico!"
 La baciò con passione e sentì che gli stessi brividi che percorrevano la sua schiena, si diffondevano sulla pelle della sua donna.
 "Chicco..."
 Sussurrò sulle sue labbra, mentre si liberava da quell'abbraccio lasciandolo insoddisfatto.
 "Ehi... C'è qualcosa che non va?"
 "No... Forse... Io... Io forse avrei dovuto dirtelo..."
 "Ehi... Di cosa parli?"
 "Bolanos non è l'unico ad essere venuto trovarmi oggi..."
 "Tua madre?"
 “Ecco... Sì! Chicco, non è venuta sola! C'era anche la tua!”
 La tensione di cui si era liberato non appena entrato in casa ed averla vista, lo investì con violenza. Sciolse definitamente l'abbraccio e si allontanò. Raggiunse  la cucina e si versò un bicchiere di vino.
 “Sei arrabbiato?”
 Gli chiese, appoggiando la mano sulla sua spalla. Quel tocco così lieve e dolce gli fece bene e socchiuse gli occhi, ma non riuscì a calmarlo.
 “No, non con te comunque!”
 “Lei voleva solo sapere se stiamo bene!”
 “Ma certo, piccola! Davvero non è importante! Puoi vedere chiunque!”
 “Lei non è chiunque... È tua madre!”
 “Sì, beh, purtroppo lo è!”
 “Sarà la nonna della piccola!”
 “Ascolta, non voglio parlarne! So bene chi è! Oggi è stata una giornata strana. Mi faccio una doccia e poi ceniamo!”
 “Chicco...”
 Dopo averle dato un bacio sulla tempia, corse in bagno e ci rimase per un tempo interminabile. Lei lo aspettò cercando di rannicchiarsi come era solita fare, con scarso successo vista la pancia che le impediva di muoversi come avrebbe voluto.
 “Chicco, mi dispiace davvero! Io non pensavo ci fosse qualcosa di male!”
 Disse, alzandosi e raggiungendo il suo uomo che, quasi senza considerarla, si stava dirigendo verso la cucina.
 “Francesca, ti prego... Io non sono arrabbiato, ma non voglio parlarne!”
 Nemmeno si rese conto che il suo tono era duro e pieno di rabbia.
 “Non sei arrabbiato? Non mi chiami mai col mio nome..."
 Gli disse con un filo di voce, mentre distoglieva lo sguardo dai suoi occhi, rimettendosi a sedere sul divano.
 E quel gesto, che tante volte le aveva visto fare, come se l'avesse sconfitta per l'ennesima volta, lo fece vacillare. Gli sembrò di essere tornato l'uomo che la cacciava e la lasciava per rincorrere qualcosa che non aveva alcun valore.
 Le si avvicinò, con dolcezza e si inginocchiò accanto a lei, appoggiando la testa sulla sua coscia.
 "Scusami, amore mio! Davvero! Ma oggi... Beh, ci sono stati alcuni problemi al lavoro!"
 Si strinse a lei, assaporando il suo profumo e il suo calore.
 "Oh... mi dispiace! Sono stata egoista! Non ti ho nemmeno chiesto come stai... Vuoi raccontarmi cos'è successo?”
 Le sue dita avevano cominciato ad accarezzargli i capelli e fu sufficiente quel contatto a rasserenarlo.
 “Al lavoro? Niente... Niente di importante, davvero! Il fatto è che mi manchi sempre  di più! Avevo voglia di tornare da te e coccolarti! A volte mi capita di pensare a te per tutto il giorno e di non riuscire a concludere nulla!”
 “È vero?”
 Quel sorriso che lo faceva impazzire, dolce e sensuale nello stesso tempo, riuscì ad intenerirlo. Le bastava così poco per sorridere in quel modo!
 Le mentì, dicendole che gli era solo mancata, ma in fondo era vero, aveva pensato a lei e alla bambina per tutto il giorno.
 Si alzò e si accoccolò accanto a lei, prendendola tra le braccia.
 “Sei la mia vita, Farfallina! Penso a te continuamente! Ho bisogno di te!"
 "Io ci sono! Lo sai..."
 Annuì e le accarezzò una guancia.
 "E ora mi dici di cosa parlavi al telefono?”
 “Cosa?"
 "Quando sono tornato eri al telefono..."
 "Oh, niente di importante!”
 “Non sembrava. Eri felice! A cosa devi pensare?”
 Francesca sospirò e dopo qualche istante, gli sorrise.
 “Ecco, sai le foto del Venezuela?”
 “No... Di cosa parli?”
 Le chiese perplesso.
 “Ecco, quando... Quando quella donna... Quando hai saputo che era incinta, insomma... Ecco io sono andata via per qualche settimana. Lo ricordi? Ero in Venezuela. Io e Bolanos abbiamo realizzato un servizio. Un servizio che è piaciuto tanto. È stato pubblicato sia sul nostro giornale che su alcune riviste... Anche all'estero!”
 “Eri in Venezuela? Eri incinta, piccola! Quel paese sta vivendo dei momenti difficili!”
 “Beh non lo sapevo di aspettare un bambino. Me ne sono accorta li...”
 “Hai rischiato che succedesse qualcosa... Anche a te, piccola!”
 “Ma non è successo nulla... Chicco! E ora non chiedermi scusa perché ho rischiato qualche incidente per colpa tua, mia o di tutto il resto! Sono stata felice di andarci. Le foto che ho scattato erano le più belle che avessi mai fatto e ho imparato tantissime cose! Tutto quello che ho fatto dopo è solo la conseguenza di quel servizio... Intendo dire in campo lavorativo. Grazie a quelle foto ho ottenuto tante offerte da testate importanti...”
 “Sei così meravigliosa in tutto quello che fai!”
 “Bugiardo! Comunque Suarez mi ha chiamato per dirmi che l'articolo è stato nominato per un premio, un premio importante, nazionale...”
 “E...”
 “E anche le foto... Le mie foto sono nominate per vincere il premio più importante del paese... Certo non si tratta di niente di eclatante. Nessuno sa che esiste questo premio...”
 “Lo sai tu e ora lo so io! È fantastico, piccola!”
 “Beh... In realtà essere nominati non significa vincere... E ci sono fotografi più famosi di me, con tanta più esperienza...”
 “Ma lo vincerai tu!”
 “Sì? Lo credi davvero?”
 Disse ridendo
 “Ne sono sicuro!”
 “Sarebbe bello...”
 “Ma non capisco, a cosa devi pensare?”
 “Sabato ci sarà la premiazione, presso il palazzo municipale. Faranno una cerimonia come quella degli Oscar... Più o meno!”
 Lo diceva ridendo, divertita e lui era incantato dal suo entusiasmo.
 “Ecco Suarez mi ha chiesto di partecipare... Ci sarebbero lui, Bolanos, Maria e... E io... Ma non andrò! Ho detto a Suarez che ci avrei pensato solo perché non insistesse!”
 “Perché non vuoi andare?”
 “Perché non avrei nulla da mettere... La vedi la mia pancia?”
 “La vedo e la trovo bellissima...”
 “Dai, non scherzare! Sarà una serata formale, dovrei indossare qualcosa di adeguato e a parte qualche maglione e salopette non ho nulla!”
 “Scherzi? Sei piena di vestiti...”
 “Chicco, non me ne andrebbe bene nessuno!”
 “Tua madre è la proprietaria della più importante casa di moda del paese, piccola! Puoi chiamarla e farti confezionare un abito in due giorni!”
 “Ma non lo farò! Ugo e tua cugina non mi hanno mai potuto vedere. Credo siano stati felici quando ho smesso di sfilare per loro e dubito mi aiuterebbero!”
 “Sono due idioti...”
 “Ma sono loro che disegnano e realizzano gli abiti della compagnia di mia madre!”
 “Domani andremo là e avrai il tuo vestito... Io posso mettere un abito elegante... Lo smoking? Ti piacerebbe se ti accompagnassi con lo smoking?”
 “Verresti anche tu?”
 Gli chiese con entusiasmo.
 “Non perderei la tua premiazione per nulla al mondo... Siamo d'accordo?”
 “No... Cioè la sera sono sempre stanca, ho i piedi gonfi e... E ho paura!”
 “Paura di uscire? Ti proteggerò io dai tuoi colleghi...”
 “I paparazzi non sono i miei colleghi! Comunque se stessi male? Se cominciasse il travaglio?”
 “Mancano cinque settimane e io sarei lì con te! Se non stessi bene ti porterei a casa... O all'ospedale... Io ci sarei! Ci sarò sempre!”
 “Non sarò io a vincere!”
 “Io credo di sì e ti applaudirò e tutti mi invidieranno per avere una moglie come te...”
 “Non sono tua moglie...”
 Quella piccola sfumatura di tristezza non gli sfuggì e le prese il viso tra le mani, sorridendo.
 “È come se tu lo fossi... Io sono tuo e se vuoi sarò tuo marito...”
 “Mi piacerebbe... Avrei voluto sposarti quel giorno!”
 “È la cosa che desidero di più... Domani? Domani possiamo farlo!”
 “Domani?”
 “Un mio compagno di liceo è un giudice, potrebbe sposarci domani! Sposami!”
 “Domani?”
 “Vuoi?”
 “Ma il vestito?”
 “Prima ci sposiamo e poi andremo all'Ecomoda per il tuo vestito...”
 “Io vorrei indossare qualcosa di carino!”
 “Ugo e mia cugina ti faranno un abito bellissimo!”
 “Per il matrimonio, dico...”
 “Vorrei indossassi la salopette azzurra...”
 “Stupido!”
 Disse ridendo.
 “No, davvero... Sei bellissima con quella salopette...”
 Lo guardò e mai come in quel momento sentiva di amarlo.
 “Domani?”
 “Sì!”

 La teneva per mano e a lei sembrava di camminare su una nuvola. Al suo dito c'era un anello strano, con le loro iniziali apposte in maniera grossolana. Non lo aveva buttato e lui si era stupito. Era convinto che dopo quella terribile giornata lei avesse gettato tutto quello che gli apparteneva. Ma lei lo teneva in una scatola, insieme a tutte le loro foto, alle cose che avevano acquistato insieme e a dei fiori secchi. Glielo aveva mostrato la sera prima e si era commosso. L'aveva tenuto. Era orribile quell'anello, ma lei lo aveva conservato, come aveva conservato il loro amore, nonostante fosse stato orribile e triste.
 Lei era sua moglie. E lo era davvero. Erano marito e moglie. E avrebe potuto dirlo senza sembrare uno sciocco.
 Sua moglie... Lei gli aveva detto di sì, davanti ad un giudice. E finalmente si sentiva completo.
 Non avevano più parlato dopo essere usciti dall'ufficio dell'officiante. Non c'erano parole per descrivere le emozioni che entrambi provavano, erano le stesse, le sentivano e la felicità che avevano dentro, non aveva bisogno di espressioni. La provavano e basta.
 Quando l'auto si fermò, lei si voltò verso il suo uomo e con un filo di voce, disse:
 “Sei mio marito...”
 “Sei mia moglie...”
 Le baciò la mano sulla quale portava l'anello e poi la portò sulla sua guancia.
 “Dovremmo dirlo a qualcuno?”
 “Domani! Oggi no! Oggi è tutto per noi!”
 “Sei mio marito?”
 “È una domanda?”
 “Non riesco a credere tu mi abbia sposata...”
 “Ora sei solo mia! Non puoi più sfuggirmi!”
 “Non puoi farlo nemmeno tu!”
 “No...”
 La baciò sorridendole e poi sospirò.
 “Siamo arrivati alle porte dell'inferno!”
 “Andiamo via...”
 Disse quasi impaurita.
 “No! Avrai il tuo vestito!”
 Erano insieme e a lui bastava. Anche entrare in quegli uffici che odiava e vedere il padre, non sarebbe stato tanto orribile se lei gli era accanto.
 Gli impiegati li guardarono con curiosità. Non li vedevano da mesi ed erano stupiti di vederli insieme. Loro percepivano quegli sguardi, ma quegli impiegati non si sarebbero mai permessi di fare domande o pettegolezzi. I tempi della banda delle racchie, le amiche di Betty, erano finiti quando Sandra e Mariana erano andate in pensione.
 Si recarono subito in atelier senza dare spiegazioni alle segretarie.
 Con fare teatrale, guardandolo con un sorriso estasiato, Ugo gli si avvicinò e diede un'occhiata scocciata a lei.
 “Riccardo Mendoza nel mio tempio! Sei sempre più bello, piccolo principe!" Poi, voltandosi appena, guardò Francesca quasi con fastidio.
 "E lei cosa fa ancora con te? Avresti potuto avere tutte le donne del mondo..."
 La mortificava da sempre. Non aveva mai avuto una parola gentile per lei. Prima almeno la considerava una discreta professionista, ma da quando aveva smesso di fare la modella lo immaginava dire cattiverie e a ridere persino dei suoi problemi. Le strinse la mano più forte di prima e si rivolse a lui.
 “Salve Ugo. Siamo qui per un vestito!”
 “Per te, piccolo principe?”
 “No, non per me! Per lei...”
 “Per lei? Ma lei è gravida... A cosa le serve un abito? Per essere elegante il giorno del parto?”
 Disse, ridendo fastidiosamente. Ma Riccardo finse indifferenza e continuò cercando di mantenere la calma.
 “È per una serata...”
 “Una serata?”
 Si rivolse a lei, perplesso, quasi incredulo.
 “Sì...”
 Annuì con un filo di voce, Francesca.
 “Mmmm, ma io non ti posso proprio aiutarvi."
 Si voltò mostrando gli operai affaccendati e completamente concentrati sul proprio lavoro.
 "Siamo impegnatissimi con la realizzazione dei nuovi modelli e lo ricordi, vero, come si lavora qui?”
 E dopo aver parlato si allontanò, scuotendo le braccia e tornando ad esaminare le stoffe appoggiate su un manichino.
 “Non importa... Grazie lo stesso!”
 Francesca, sconsolata, fece per girarsi ma Riccardo l fermò.
 “No, no! Piccola, no! Ugo, non vogliamo niente di esclusivo. Immagino abbiate qualcosa di già confezionato!”
 “Per le balene, no!”
 “Non è divertente...”
 Ma non riuscì a continuare perché la voce della cugina, lo interruppe.
 “Riccardo, Francesca... Cosa fate qui?”
 Laura, con la sua aria di superiorità, era entrata in atelier e li guardava. Ugo si avvicinò e con cattiveria disse:
 “Pensa... Vuole un vestito... La signorina Mora, vuole un vestito... Per una serata...”
 Ancora una volta, Riccardo finse di non cogliere la provocazione e si rivolse alla donna.
 “Ciao, Laura... Puoi aiutarci tu?”
 “Non credo, caro! Siamo davvero occupatissimi!”
 Jenny si fece avanti accarezzando Francesca e sorridendole.
 “Posso occuparmi io del vestito...”
 “E chi si occuperà del tuo lavoro?”
 A quel punto, Riccardo si fece cupo e dimenticò il proposito di rimanere calmo.
 “Laura, perché ti comporti in questo modo?”
 “Perché? La tua amichetta mi ha fatto impazzire per anni quando sfilava per noi. Capricciosa, ritardataria, irritante! Perché dovrei aiutarla?”
 “Perché lei è la figlia della padrona dell'azienda e tu sei solo una dipendente!”
 “Ah sì? Se è per quello lei non ha alcun incarico qui! E se io sono solo una dipendente, tu cosa sei? Niente!”
 “Ma io sono il presidente e il proprietario! E dico che tu e Ugo passerete il pomeriggio a realizzare un vestito stupendo per Francesca!”
 Armando fece la sua entrata in atelier e si avvicinò con severità.
 “Zio... Non credo davvero sia possibile!”
 Cercò di giustificarsi, Laura.
 “No? Io penso che lei non uscirà di qui senza quel vestito! Jenny, sai cosa fare?”
 “Ma certo dottore!”
 “Allora prendile le misure, fai quello che serve. Laura pensa a qualcosa di carino per lei e usa la stoffa più bella che abbiamo!”
 “Eh va bene!”
 Mugugnò la stilista con fastidio, poi rivolse un'occhiata a Ugo che fece per replicare, subito fermato da Armando.
 Quando i due si rimisero al lavoro, Francesca si avvicinò ad Armando.
 “Grazie, zio...”
 “Sei bellissima, tesoro! Come stai?”
 Le disse sorridendo e dandole un piccolo bacio sulla tempia.
 “Bene... Io... Io vado con Jenny!”
 Riccardo rimase con il padre, mentre lei svolazzava come fosse davvero una farfallina, in compagnia di Jenny.
 “Non era necessario! Avremmo trovato un'altra soluzione!”
 “Ne sono sicuro... Vuoi bere un caffè con me?”
 “No... Rimango qui!”
 “Sì, certo... Ciao figliolo!”
 “Ciao.”
 Rispose freddo, Riccardo. Aveva sperato non ci fossero problemi. Quel giorno doveva essere perfetto. Era stato uno stupido a portarla li, in mezzo a quelle persone insensibili e capaci di essere crudeli e insopportabili. Si sarebbe fatto perdonare. L'avrebbe ricoperta di attenzioni e coccole quella notte. La prima notte che avrebbero passato come marito e moglie.
 Lasciò che il padre, demoralizzato, se ne andasse e si sedette sul pavimento, in un angolo e cominciò a scrivere qualcosa con il portatile.
 Non sapeva nemmeno quanto  tempo fosse passato, immerso nel lavoro, quando sentì una mano sulla sua spalla. Marcella inginocchiata accanto a lui, gli sorrideva e lo salutava.
 “Ciao... Cosa ci fate qui?”
 “Mio padre non te l'ha detto?”
 Chiese sapendo bene la risposta.
 “Sì, ma Francesca non mi ha parlato di nessuna serata importante...”
 “Lo farà!”
 “È molto carino quello che hai fatto.”
 “In realtà non ho fatto proprio nulla... Ero pronto a mandare al diavolo il tuo amico e mia cugina e portarla in un altro posto...”
 “Sono fatti così! Vuoi venire nel mio ufficio a lavorare?”
 “No, l'aspetto qui!” Mentre lo diceva Francesca, accompagnata da una Jenny felice ed entusiasta, li raggiunse.
 “Hai già fatto, piccola?”
 “Sì... Ora tocca a Jenny... Ciao mamma!”
 Le corse incontro e la abbracciò.
 “Ciao, tesoro! Posso chiederti dove dovete andare?”
 “Sì, ma te lo dirò tra qualche giorno...”
 “Sei misteriosa, bambina mia... Jenny, tu lo sai?”
 “Eh... Sì, ma... Cioè no...”
 “Tranquilla, non ti chiederò nulla...”
 Poi rivolta alla figlia e a Riccardo che si guardavano con degli occhi innamorati più del solito, disse:
 “Jenny ti porterà il vestito personalmente. Hai bisogno di altro?”
 “Oh no mamma... Mamma...”
 “Non lo voglio sapere... Non adesso! A presto, amore mio! Ciao Riccardo!”
 “Ciao mammina!”
 “Ciao Marcella... Ringrazialo, per favore!”
 “Lo farò!”
 Si sarebbero sposati, lo sapeva. O forse lo avevano già fatto... Non sapeva se essere e felice o delusa. Aveva sperato che nonostante tutto, avrebbero deciso di fare le cose un po' meno informali. Ma erano fatti così. Nicola si sarebbe sicuramente messo a piangere e a gridare contro Riccardo. Lo immaginava furioso e commosso. E Betty... Betty avrebbe sofferto. E anche Armando. Ma forse si sbagliava. Forse.

 “Chicco...”
Lo chiamò uscendo dalla camera da letto. Lui, la aspettava in salotto, perfettamente vestito connubio abito nero e la camicia bianca.
Lei, un po' quasi intimidita, indossava l'abito che avevano confezionato per lei i due stilisti e che gli calzava a pennello. Era in seta e la morbida stoffa, le accarezzava il corpo e la pancia. Era di un verde scuro con sfumature più chiare, senza spalline, sorretto da un corpetto cucito a perfezione, le copriva le gambe fin sotto al ginocchio, era elegante e sensuale, nonostante lei fosse incinta, ma discreto. Indossava delle decolleté in seta nere, con un tacco non troppo alto e quando lui la vide, si prese qualche istante per ammirarla.
 “Mio Dio... Sei così bella...”
 “È un vestito davvero splendido!”
 “Sono degli idioti, ma devo ammettere che hai ragione. È bello... Sì! Ma tu sei meravigliosa... Piccola, se non fossi già mia moglie, mi innamorerei di te un'altra volta!”
 “Sei sempre dolce con me!”
 “E tu sei perfetta...”
 “Perché non rimaniamo a casa nostra?”
 “Perché devi ritirare il tuo premio...”
 “Sei così convinto che lo vinca io... Ti deluderò!”
 “Non è possibile... Lo vincerai tu e io ti accompagnerò a ritirarlo... Hai già pensato a cosa dire?”
 “Cosa dire? Quando?”
 “Si usa così, piccola! Quando si vince un premio si usa dire due parole... Ringraziare qualcuno...”
 “Chicco, sarà una serata deludente per te, se non ti metterai in testa che è impossibile... Sarà una serata bella ugualmente... Saremo insieme e io sono già felice così!”
 “Non accontentarti mai! Mai, amore mio! Tu sei speciale e le tue foto sono meravigliose! In poco tempo hai realizzato degli scatti che stasera ti verranno riconosciuti da tutti ed è solo l'inizio! Tu sei destinata a fare grandi cose nel tuo campo! Io lo so!”
 Lo guardava dolcemente. Il suo uomo, suo marito la sopravvalutava. Le scappò una risata pensando a quando la sminuiva e la mortificava con le sue parole. Quando le diceva quanto fosse sciocca e banale, quando le diceva che era solo un bell'involucro vuoto. Ne soffriva così tanto. Ma quella sera... Quella sera le aveva detto delle parole meravigliose. Le parole più importanti che una donna avrebbe mai potuto ascoltare. Il suo uomo la appoggiava, era il suo sostenitore e credeva in lei. Gli baciò le labbra e lo prese per mano, e mai nella vita si era sentita così forte, così sicura di se stessa. E insieme avevano raggiunto il luogo in cui si sarebbe svolta la premiazione, senza badare a quei fastidiosi e insistenti paparazzi. Era tutto diverso, lei lo era diversa. Le sembrava di essere finalmente diventata una donna, che quella sera, quelle parole, le avessero permesso di capire di non esser solo la sua Farfallina, che oltre ad essere sua moglie, la sua donna che portava dentro di sé la loro bambina, lei fosse... Fosse una persona. Indipendente e non le importava davvero vincere, per lei essere lì, era già un traguardo. E avrebbe lottato per quel lavoro. Avrebbe dato tutta se stessa per migliorarsi e magari di vincerlo davvero quel premio. Era felice. Erano felici.

 Aveva vinto tanti premi nella sua vita. Fin da ragazzino, quando competeva con i cavalli, a scuola, all'università e poi le gare di offshore. E solo pochi giorni prima aveva saputo che il suo lavoro avrebbe permesso la messa in orbita di un satellite da miliardi di dollari, eppure quando avevano detto il suo nome, era stato preso alla sprovvista. Non perché non ci credesse o perché avesse dubbi sulle sue capacità. Era commosso ed emozionato, quantomeno pomeriggio mai stato. La guardò per un momento e la baciò. I suoi colleghi si alzarono dalla sedia applaudendola mentre lei, quasi incapace di rendersi conto che era proprio lei ad averlo vinto quel premio, rimaneva immobile. Non gli lasciava la mano e fu Bolanos a farla alzare e a convincerla ad andare a ritirare quello che si era guadagnata. La abbracciò e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Quell'uomo doveva davvero volerle bene. Lui la guardava incantato, mentre Suarez la prendeva per mano accompagnandola sul palco. La sua Francesca ce l'aveva fatta. Era orgoglioso di lei. Come non lo era mai stato nemmeno di se stesso. E lui non aveva mai nascosto di conoscere molto bene le sue capacità! Ma lei era... Era lei! Avrebbe voluto abbracciarla e baciarla davanti a tutti. Gridare al mondo che lei era sua moglie ma rimase fermo ad ammirarla. Lei lo cercava con gli occhi e non smise di guardarlo quando ringraziò per il premio. Non sentì nemmeno le parole che disse, ma era stato un discorso breve. Aveva le lacrime agli occhi e quando tutti in sala, si alzarono in piedi e corsero a congratularsi, lui lasciò che raccogliesse il frutto del suo impegno.
 “La mia Francis ce l'ha fatta...”
 La mia Francis? Un moto di fastidio lo pervase ma fu un attimo. Quando lei tornò al tavolo fu lui che abbracciò, a cui buttò le braccia al collo e a cui sussurrò parole dolci. Era la sua Francesca. La sua donna. Sua moglie.
 “Te l'avevo detto, piccola!”
 “Sì... Andiamo a casa?”
 “Andiamo a casa!”

 “Ingegnere, mi scusi, c'è una signora che chiede di lei!”
 “Sono impegnato, Davide, di' a questa signora di prendere un appuntamento o chiedi se puoi essere utile tu...”
 “Mi puoi aiutare solo tu, sono tua suocera... Perché sei il marito di mia figlia, vero?”
 “Marcella... Cosa ci fai qui?”
 “Ti ruberò solo pochi minuti... Allora? Quando vi siete sposati?”
 “Dovresti chiederlo a tua figlia!”
 Marcella sospirò. Era vero, si erano sposati e non lo avevano detto a nessuno.
 “Allora non mi sbaglio! Non posso dirti, in tutta onestà, di essere completamente felice... Avrei voluto saperlo! Ma se lei ha voluto così, va bene!”
 Riccardo le voltò le spalle e fissò lo schermo del suo computer.
 “Noi abbiamo preso questa decisione in fretta e poi le cose non sono cambiate!”
 “No, hai ragione, non fraintendermi... È solo che mi sarebbe piaciuto vedere la mia bambina dirti di sì!”
 “Io... Perdonami, Marcella, sono davvero occupato!”
 “Sì, vengo subito al dunque... Perché non le permetti di vederci?”
 Marcella era forse impazzita? Di cosa stava parlando?
 “Ti sbagli, non le ho mai impedito nulla! Francesca può fare ciò che vuole. È libera di vedere chi vuole!”
 “Non dubito sia così, ma lei ti ama e ha paura di perderti di nuovo...”
 “Non mi perderà mai, Marcella! E lo sa molto bene.”
 “Allora perché non venite a cena domani sera?”
 “Non sapevo nemmeno che l'avessi invitata.”
 “Sei invitato anche tu, naturalmente...”
 “Lei cosa ti ha detto?”
 “Che ci avrebbe pensato, ma che si sente molto stanca... Ha inventato qualche scusa.”
 “La sera è davvero stanca!”
 “Riccardo, credi che non sappia della serata di sabato? Abbiamo sputo del premio che ha ritirato! Noi... non pretendiamo nulla! Ma sia per me che per Nicola sapere che ce lo abbia teneto nascosto..."
 Riccardo sorrise pensando che non lo aveva certo fatto per escluderli, ma solo perché riteneva quella serata qualcosa di poco importante.
 "Se può consolarti, non lo avrebbe detto nemmeno a me! Se non l'avessi convinta, forse sarebbe stato il suo capo a ritirare il premio!"
 Marcella annuì e dopo qualche istante ricominciò a parlare.
 "Immagino sia stato emozionante... Riccardo, non è un rimprovero... davvero! Ma vedi, vorremmo... Avevamo pensato di festeggiare il premio, la bambina, voi con un cena... Una cena, solo tra noi... Niente di formale o impegnativo. È nostra figlia e siamo orgogliosi di quello che ha raggiunto e vorremmo farglielo sapere... Pensi sia sbagliato?”
 “No! Ma io non le ho mai chiesto di rinunciare... Non sapevo nemmeno del vostro invito!”
 “Secondo te perché non te l'ha detto?”
 “Forse non l'ha ritenuto importante! Ascolta, le parlerò e domani sera siederà a tavola con voi!”
 “E tu?”
 “Ne approfitterò per lavorare, per andare a bere qualcosa! Non lo so!”
 “Ci odi così tanto?”
 “Non odio nessuno!”
 “Allora parliamo di risentimento, rabbia, mettila come vuoi!”
 “Marcella, non vi odio, non provo risentimento, non sono arrabbiato. È da una vita che combatto per accettare quello che per voi è importante, per compiacere la mia famiglia. Ci ho provato per tanto tempo e ora sono stanco di essere giudicato. Lo sai? Ho capito che chi è perfetto, chi non ha mai fatto errori, difficilmente può capire chi invece degli errori ha fatto tesoro... Io ne ho fatti tanti, innumerevoli, alcuni peggiori di altri, ma ho capito, li ho capiti e forse sono un uomo migliore... Voi migliori lo siete sempre stati. Non vi biasimo se non mi avete mai capito... Ma ora basta! I miei genitori, i miei fratelli, Nicola, tu, mi avete stancato. Ora, se permetti devo davvero rimettermi al lavoro! E non preoccuparti. Domani alle otto, cenerà con voi!”
 “Riccardo... Noi non siamo migliori! Non siamo perfetti e anche noi abbiamo fatto tanti errori... Alcuni di questi ci hanno portato quasi a perdere tutto quello che avevamo.”
 “Ok! Va bene! Ma le cose non cambiano!”
 “Per favore, Riccardo, non portarcela via!”
 “Oh mio Dio, no! No! No, Marcella! Sei esasperante... Non voglio litigare con te! Non discutiamone più! Per favore, basta!”
 “Scusa, Riccardo. Domani sera vorrei vedere anche te...”
 “Ci penserò, va bene? Ora ti prego...”
 “Ciao... Io... Io ti voglio bene!”
Non le rispose. Era irritato da quella visita. Come poteva pensare fosse colpa sua se sua moglie non voleva cenare con loro? In un modo o nell'altro, il responsabile di tutto, era lui! Avrebbe dato qualsiasi cosa per mandarli al diavolo... Il Texas era abbastanza lontano per non doverli sopportare.
 Aveva pensato tutto il giorno a quella conversazione così odiosa ed era nervoso. Nemmeno vederla impegnata in cucina, concentrata a realizzare qualche piatto che non sarebbe stato commestibile. Era sempre così buffa, ma quella sera, il fastidio per quelle che lui riteneva delle ridicole accuse, non si dissipava.
 "Credo sia arrivato il momento di assumere una persona che si occupi dei pasti..."
 Si voltò verso di lui ridendo e con tutta la felicità che provava vedendolo, lo salutò.
 “Ciao amore mio...”
 “Ciao farfallina!”
 Rispose con un distacco che non sfuggì alla donna.
 “C'è qualcosa che non va?”
 Chiese preoccupata e lui, dopo aver preso un respiro, le disse:
 “Perché non me l'hai detto?”
 “Detto cosa? Non capisco!”
 “Dell'invito a cena di tua madre!”
 “Ecco, non ho voglia di andare... Tutto qui!”
 Si voltò e tornò ad armeggiare con i piatti e gli ingredienti che aveva poggiato sul tavolo.
 “Non ne hai voglia?”
 "No! Ecco... Lo sai! Sono stanca e poi... Mi manchi tutto il giorno e voglio stare con te!"
 "Vuoi stare con me?"
 Le chiese non troppo convinto.
 “Sì! Io voglio solo stare con te!”
 Fece per allontanarsi, come se in quel momento fosse difficile Anne solo sostenere il suo sguardo che rimaneva duro e cupo.
 E lui, capì che quel suo atteggiamento era ingiusto. La sua insofferenza non doveva in alcun modo creare problemi alla sua donna. La fermò con dolcezza e le prese il volto tra le mani, obbligandola a guardarlo.
 “Ehi... Piccola, non sono un paio d'ore lontani a fare la differenza!”
 “Non è solo usato, Chicco! Io... Ho pensato potesse infastidirti!”
 “L'invito? Tu lo sai che sei libera di vederli. Sono i tuoi genitori! Li ami e io non potrei mai impedirti di passare del tempo con loro!”
 “Ma quando parliamo di loro, o dei tuoi genitori sembra che il tuo umore cambi... Io non voglio tu ti innervosisca per qualcosa di cui posso fare a meno!”
 Era vero? Quello di cui lo aveva accusato Marcella, era vero?
 “No, amore mio! No! Non è vero!”
 “Sei arrabbiato anche ora!”
 “Ti sbagli, piccola! Ascoltami! Io credo che tu non debba fare a meno di loro! Non lo vuoi! Sono la tua famiglia e sono io, solo io, che voglio rimanere lontano da loro! Ma tu non devi pensare che possa arrabbiarmi con te! Tu devi pensare a quello che ti fa star bene e farlo! Se vuoi cenare con loro, devi farlo! Se vuoi passare la giornata con loro, devi farlo! Non puoi pensare di essere felice in questo modo!”
 “Sei tu la mia famiglia! Tu e la bambina!”
 “Amore, per favore, guardami! Tu vorresti andare a quella cena?”
 “Vogliono festeggiare la vittoria del premio...”
 “Sì, lo so! Vuoi festeggiare con loro?”
 “Ecco, io voglio solo stare con te!”
 “Rispondimi, per favore!”
 “Sì, sarebbe stato carino, è da un po' che non vedo mio padre, i miei fratelli... Il piccolo Alessandro!”
 “E allora perché non vuoi cenare con loro?"
 “Non voglio escluderti da nulla di quello che faccio! Io ho bisogno di te!”
 “Piccola, io ci sono!”
 “Ma so che non verresti mai a cena dai miei!”
 Francesca aveva le lacrime agli occhi. Inconsapevolmente l'aveva allontanata dalla sua famiglia senza nemmeno rendersene conto, la strinse tra le braccia e appoggiò la guancia sui suoi capelli.
 “Cambierebbe qualcosa se venissi con te?”
 Scosse la testa e lui percepì le sue mani tremare.
 “Non devi farlo! So che sarebbe una tortura per te!”
 “Per te lo è restare lontana da loro...”
 “No... Non è vero!”
 “Domani sera, verrò con te!”
 “Non sei obbligato.”
 “No, non lo sono, ti starò accanto e festeggerò con loro il tuo successo..."
 "Perché? Perché vuoi passare  una serata che per te sarebbe orribile?"
 "Per te! Solo per te, Farfallina! Per te farei qualsiasi cosa. E perché anche io voglio stare con te! Sempre! Mi manchi da impazzire e non voglio mai più discutere di queste cose! Qualunque cosa è tua! Io sono tuo! Noi siamo una cosa sola... Sei mia moglie! Se una cena può renderti felice, allora io sarò con te!"
 "Oh, Chicco... Io..."
 "Mi hai sposato, Farfallina! Nel bene e nel male!"
 Rise e la sentì rilassarsi.
 "Io ti amo, Chicco!"
 "E questo è il bene! Il male è la cena..."
 Le disse scherzando.
 "È questo che significa essere sposati, no? E... Tua madre come diavolo sa del nostro matrimonio?”
 Sì scostò e lo guardò perplessa.
 “Lo sa?"
 “Così pare... Oggi è piombata nel mio ufficio presentandosi come mia suocera..."
 "Oh... Ti giuro, Chicco, non l'ho detto a nessuno! Forse... Forse l'ha capito da sola, l'ha indovinato, non lo so!"
 "Piccola, non importa! Non voglio tenerlo nascosto! Lo vorrei gridare al mondo! Io sono felice... Sono fiero che tu sia mia moglie! E... Sì! Voglio che lo sappiano! Quando decidiamo tu! Ma io non l'ho negato! Oggi, non l'ho negato... È così bello che gli altri lo sappiano... Potremmo dirlo... Vuoi dirlo a tutti, domani sera?”
 Gli buttò le braccia intorno al collo e felice come i bambini, quasi gridò:
 “Non vedo l'ora di farlo!”

 Quella giornata era passata velocemente, troppo velocemente. Le aveva promesso che sarebbe stato accanto a lei. E sapeva che era giusto. Era suo marito e quelle persone erano la famiglia della donna che amava più di se stesso! Lei era disposta ad allontanarsi, anzi, lo aveva fatto, da loro e lo aveva fatto per lui. Era solo una piccola cosa rispetto a quello che lei gli dava. E il suo sorriso e il suo entusiasmo, dimostravano che aveva ragione. Ma viveva quel momento come una tortura. Per anni aveva sopportato in silenzio, fingendo di essere felice di quelle maledette cene.
 Almeno non avrebbe dovuto sopportare i suoi genitori. Almeno loro non ci sarebbero stati.
 “Chicco, non sei obbligato! Se vuoi possiamo tornare a casa... O puoi farlo tu!”
 Era sincera sua moglie. Non c'era nulla di artefatto nelle sue parole, non voleva metterlo in una situazione che sapeva bene lo infastidiva.
 “Stai tranquilla, Farfallina! Va tutto bene!”
 Le strinse la mano, rassicurandola.
 Marcella aprì la porta e si sorprese di vederlo, parve confusa ed imbarazzata.
 “Riccardo... Io non pensavo saresti venuto...”
 “Mi fa piacere... Davvero!”
 Marcella abbracciò la figlia, felice di vederla, poi si rivolse nuovamente a lui.
 “Io non lo immaginavo... Mi dispiace, non so cosa dire!”
 Non dovette aspettare molto per capire cosa intendesse dire Marcella con quelle parole. I suoi genitori e suo fratello, erano tutti riuniti insieme alla famiglia Mora. Avrebbe dato qualsiasi cosa per uscire da quel posto. Era stato ingenuo, stupido. Erano rimasti gli stessi abitudinari che condividevano ogni cosa, dalla più importante, alle sciocchezze. Marcella era sincera, non immaginava certo che lui sarebbe stato presente e la cosa più naturale era quella di riunire le famiglie. Rimase un passo indietro rispetto a Francesca, sperando di passare inosservato. Il primo a salutarlo fu Edo. Si chiese se fosse un idiota o fingesse di non capire che quella situazione non solo era imbarazzante, ma addirittura grottesca. Lo salutò come se nulla fosse accaduto. Come se fosse la cosa più normale del mondo. Poi a turno, tutti gli altri. Claudio, Giulio, sua sorella... Nicola si limitò a stringergli la mano, doveva aver fatto uno sforzo sovrumano per riuscire a farlo. Sorrise dentro di sé, evidentemente anche a qualcun altro quella situazione pesava, forse più che a lui. Del resto ricordava bene le parole che quell'uomo gli aveva detto la notte in cui lo aveva cercato a Houston. Poi anche suo padre e sua madre si avvicinarono, quasi restii.
 La tensione si poteva toccare. Si sentì cattivo, perché godeva nel vederli imbarazzati e nervosi.
 Nonostante provasse un senso di vittoria, assolutamente fuori luogo, non vedeva l'ora che quel circo esasperante, finisse in fretta. Aveva promesso a lei di essere presente e di starle accanto e a se stesso che sarebbe stato impeccabile per lei.
 Dopo i primi momenti le cose migliorarono. Lui fu gentile e affabile anche se distante e freddo. Era come se li conoscesse appena, mentre gli altri pensarono solo a lei e ad Alessandro che era diventato un bimbo bello e solare. Anche lui presto avrebbe tenuto in braccio la sua bambina. Ecco, avrebbe pensato a lei, sarebbe stato più facile sorridere.
 E poi sua moglie, ancora gli sembrava strano dirlo, era felice. Era felice delle loro attenzioni e del loro affetto. Come aveva fatto a dimenticare il modo in cui si erano comportati con lei? L'avevano presa in giro per il suo desiderio di libertà, l'avevano presa in giro quando aveva deciso di chiudere la carriera di modella e di tentare quella della fotografia. Avevano cercato di obbligarla a lavorare per il fratello. Non credevano nelle sue possibilità. Ma lei era lì, sorridente e felice di stare con loro. Del resto aveva perdonato anche lui, che oltre ad averla sempre mortificata, l'aveva quasi persa per essere andato a letto con una pazza. Che l'aveva lasciata sola e che aveva lasciato che si facesse del male. Quanto era speciale? Sapeva perdonare, la sua bellissima moglie. Dimenticare il dolore e le umiliazioni. La guardava ammaliato e avrebbe voluto essere solo con lei. Era dolce, gentile e sarebbe stata una madre meravigliosa. Sperava che la piccola fosse come lei. Incantevole e speciale. Le accarezzava la schiena mentre chiacchierava e raccontava qualcosa sul suo lavoro e sui colleghi e che non vedeva l'ora di ricominciare a lavorare. Aveva tante idee su come lavorare e occuparsi della bambina, su come organizzare il tempo e su futuri servizi che avrebbe realizzato. E tutto quello che voleva fare, che avrebbe fatto, riguardava anche lui. Era come se lei non riuscisse a pensare a nulla che non comprendesse la sua presenza. L'amava, con tutto il cuore. Avrebbe passato ogni istante a guardarla e a compiacerla. Lei era tutto! Loro si erano limitati a congratularsi per il loro matrimonio.
 Quando lei, felice e sorridente, aveva confessato che si erano sposati qualche giorno prima, Nicola era impallidito. Marcella l'aveva abbracciata e aveva sorriso a lui. Anche i fratelli erano parsi sinceramente felici, anche se completamente spiazzati. Suo padre e sua madre erano rimasti silenziosi. Li aveva guardati e sembravano quasi smarriti. Armando aveva stretto la mano di Betty come per darsi la forza di affrontare quella situazione. Poi, in punta di piedi, anche loro avevano abbracciato Francesca e stretto la mano a lui. Quanto erano sciocche quelle formalità. Vivevano insieme, stavano per avere una bambina, ma sembrava quasi che la notizia di qualcosa di inevitabile e naturale, li avesse destabilizzati e mortificati. Convenzioni, solo ridicole convenzioni. Ma a lui, l'unica cosa che importava, era lei. Ed era felice. Solo questo gli bastava per non fuggire lontano.

 “Chicco...”
 Lo guardò in modo strano
 “Amore, non riesci a dormire?”
 “Chicco... Non sto bene!”
 Si alzò di scatto e accese la luce. Lei lo guardava con gli occhi pieni di paura.
 “Cosa c'è, piccola?”
 “Mi fa male... Io credo siano le contrazioni!"
 “Andiamo all'ospedale!”
 “Forse ho mangiato troppo...”
 “Non mi interessa, ti aiuto a vestirti...”
 “È presto...”
 “Non così presto... Vieni, ti aiuto!”
 Arrivarono all'ospedale senza quasi accorgersene. Non parlavano e lei si sentiva male. Non sapeva quasi spiegare cosa avesse. Aveva forti dolori ma si sentiva frastornata e confusa. Riccardo invece era in preda al panico e non riusciva a tranquillizzarla. Il medico la visitò con cura e sorrise ai due. Presto la loro piccola sarebbe venuta al mondo e non c'era nulla di cui preoccuparsi. Ma il tempo passava e sembrava solo che lei stesse peggio.
 “Francesca, ha la pressione molto alta e in questa situazione rischiamo possano esserci problemi per lei e per la bambina. So che lo avevamo escluso, ma non voglio lasciare nulla al caso. Vorrei restasse calma... La sottoporremo ad un parto cesareo... Resterà sveglia e vedrà la piccola non appena verrà alla luce. Suo marito, o quello che è, assisterà al parto accanto a lei.”
 I due si guardarono spaventati, poi chiesero se davvero fosse necessario.
 “Vi fidate di me? Vi garantisco che viste le condizioni di Francesca, è la soluzione migliore! Tra poco abbraccerete la vostra bimba... Ha già un nome?”
 “Non ne abbiamo mai parlato...”
 “ingegner Mendoza, mi stupisce... A questo punto ci penserete più tardi... O potreste parlarne durante il parto!”
 Scherzò il medico che poi sede indicazioni precise al suo staff e prima di uscire dalla camera diede una pacca sulle spalle a Riccardo che per la prima volta in vita sua, era semplicemente terrorizzato.
 Era andato tutto bene. Le guardava senza riuscire a parlare. Era stata un'esperienza incredibile assistere al parto. Era seduto accanto a lei che lo guardava, era stata lei a sostenerlo. Era stata forte, nonostante fosse spaventata. E ora teneva in braccio la loro bimba senza nome. Era stanca e ancora un po' intontita dall'anestesia, ma sembrava felice e serena.
 “Chicco... Vieni qui...”
 Le si avvicinò ma non disse nulla.
 “Amore, vuoi prenderla in braccio?”
 Scosse la testa, la piccola era così piccola, sembrava così fragile e temeva di poterle fare del male.
 “Siediti qui...”
 Si sedette con lei sul letto, facendo attenzione a non toccare la flebo che aveva nel braccio
 “Chicco, non sei felice?”
 Sentì il cuore impazzire. Era felice, non lo era mai stato tanto in vita sua. Ma era sopraffatto dalle emozioni. Appoggiò la testa sul suo seno, accanto ai piedini della piccola e cominciò a piangere silenziosamente.
 “Sì, sei felice. Il mio Chicco è felice. Piccolina, il tuo papà è un po' emozionato... Ma gli passerà e presto ti stringerà tra le sue braccia. E non ti lascerà mai! Vero amore?”
 Non rispose, si era addormentato. Le teneva una mano e si era addormentato. Gli baciò la fronte. Era intenerita di fronte a quell'uomo che le dormiva accanto ed era divertita da lui, che era sempre stato forte, ora si era completamente abbandonato alla piccola che stringeva tra le braccia. E lei... Lei, con in braccio la sua bambina e con accanto l'uomo che aveva sempre amato, sentì che la sua attesa, la sua pazienza, il suo amore disperato, avevano sempre avuto senso.
 “Chicco... Ehi... Amore mio!”
 “Piccola... Scusa, mi sono addormentato!”
 “Già! Ma non hai dormito molto... Non vuoi prendere in braccio la tua bambina?”
 “Ecco... E se piangesse? Se le facessi male?”
 “Hai paura di prenderla in braccio? Di stringere tua figlia?”
 “No... Cioè, sì! Lei è così piccola...”
 “Amore, prendila in braccio!”
 “Non so come si faccia...”
 “Non hai mai preso in braccio un bambino? Nemmeno Alessandro?”
 “Sì, forse... Ma lei...”
 “Lei è tua figlia e ha bisogno di te!”
 Francesca gli prese la mano, che era quasi rigida e la portò sulla guancia della piccola.
 E quello che Riccardo provò, non seppe spiegarlo nemmeno a se stesso.
 Un calore sconosciuto percorse il suo corpo, un senso di completezza che non credeva si potesse provare, lo sconvolse. Provò amore, un amore diverso da quello che provava per sua moglie, un amore incondizionato, illimitato. Quella meravigliosa bambolina era sua! La sua bambina. La cosa più bella che avesse mai visto ed era della sua Farfallina. Si era chiesto tante volte cosa avrebbe provato. Cosa significasse essere davero padre.
 E la sua Farfallina glielo aveva appena spiegato: "è tua figlia e ha bisogno di te!"
 La sua bambina, sua figlia, bella come la sua donna, perfetta come lei. Per qualche istante tornò al giorno in cui suo padre l'aveva accompagnato all'ospedale per conoscere la sorellina di Giulio. Era piccola come sua figlia, con lo stesso nasino, gli stessi capelli arruffati e un'espressione beata e serena. Ricordava che avrebbe voluto toccarla, prenderla in braccio. Ma in quel momento... Aveva paura! Aveva paura di sbagliare, di farle del male, come... Scosse la testa e distolse i pensieri, concentrandosi sul sorriso della sua Farfallina, che, come fosse stata madre da tutta la vita, appariva sicura e tranquilla, bellissima e dolce.
 “Cosa devo fare?”
 Gli accarezzò una guancia e con delicatezza, mise la piccola tra le sue braccia. Rimase immobile, ma fu solo un attimo. Si sciolse in fretta e si abbandonò all'amore che provava per quella piccola meraviglia che sua moglie gli aveva dato.
 “Chicco... Cosa ne pensi di chiamarla Anna?”
 “Anna... Ciao Anna! Lo sai che sei la bambina più bella che esista?”
 “Ti piace?”
 “È bella da togliere il fiato!”
 “Il nome! Intendevo il nome!”
 “Sì, sì... Guardala, piccola, mi sta sorridendo!”
 Francesca si accomodò meglio sul cuscino, mentre guardava il marito  e la figlia che in quel momento, lei lo sapeva, stavano creando un rapporto che non si sarebbe mai spezzato.
 “Sta dormendo... E comunque non credo sia ancora possibile vederla sorridere...”
 Disse sospirando allegramente.
 “Ma lei sorride... Piccola, io non so cosa dirti! Io sono così felice. Ma non sono capace di trovare le parole per esprimerlo...”
 “Ti amo, amore mio!”
 “Anche io....”
 Riccardo non riusciva a togliere gli occhi dalla bambina. La teneva tra le sue braccia e anche le inevitabili visite delle famiglie non lo turbavano, non lo infastidivano. Era completamente estraniato dalla realtà. Cantava delle canzoncine sentite chissà dove o ne inventava qualcuna apposta per lei. La cullava camminando per la camera, facendo sorridere la moglie che li guardava, divertita ed incantata.
 “È così da quando l'ha presa in braccio... Ho dovuto convincerlo a darmela per la poppata... Credo di averlo perso!”
 Scherzò con la madre che osservava l'uomo incuriosita.
 “Non avevo alcun dubbio. Siete molto belli insieme!”
 “Grazie mamma! Sono felice!”
 “È giusto così, bambina! Hai sofferto tanto e ora meriti tutta la felicità del mondo... Credi possa prenderla un pochino in braccio per salutarla?”
 “Puoi provare a chiederlo... Chicco!”
 “Guarda, piccola! Mi stringe il dito!”
 “Chicco, non hai voglia di bere un caffè?”
 Gli chiese dolcemente.
 “Oh no, no!”
 “Amore... Ecco non sarebbe carino se Anna conoscesse la nonna? Mia madre potrebbe prenderla un momento in braccio?”
 “Cosa? Beh...”
 Quasi strappato dalla sua realtà, Riccardo la guardò sorpreso.
 “Non importa, Riccardo...”
 Intervenne Marcella che aveva il cuore pieno di gioia.
 “Ma no, ecco... Sai come tenerla?”
 Marcella guardò la figlia e sorrise.
 “Penso di sì, ma puoi sempre dirmi come farlo!”
 Senza capire il sarcasmo, le pose tra le braccia la bambina e le spiegò come tenerla e cosa fare per farla sorridere.
 Dopo Marcella, anche Nicola la prese in braccio. Riccardo sembrava sulle spine quando non poteva tenerla in braccio o non era con Francesca. Per lui la piccola Anna, era al sicuro solo con loro.
 “Tesoro... Possiamo entrare?”
 “Zia Betty! Ciao zio! Entrate! Sono felice di vedervi!”
 “Come stai? Ci hai fatto una bella sorpresa...”
 “Anna aveva fretta di conoscerci!”
 “Anna? Oh, è un nome bellissimo... Riccardo... Congratulazioni!”
 Betty guardava il figlio che, seduto su una poltrona, accarezzava la bambina senza quasi accorgersi della presenza dei genitori.
 “È solo un po' frastornato...”
 “Lo immagino! Riccardo... Possiamo vedere la nostra nipotina?”
 L'uomo la guardò come se l'avesse vista solo in quel momento.
 “Mamma... Papà! Lei è la mia Anna!”
 “È bellissima, amore mio!” Betty si emozionò e non riuscì a trattenere le lacrime. Armando rimase qualche passo indietro alla moglie e si commosse quando fu proprio il figlio a chiamarlo.
 “Papà... Non vuoi conoscerla anche tu?”
 “Certo, figliolo! Certo... Sono solo un po' emozionato...”
 “Lei sarà felice! La amerò sempre!” Non lo disse per far del male ai genitori, era sincero e pensava solo alla bambina, ma per loro furono parole dolorose. Armando diede una pacca sulla spalla al figlio.
 “Sono sicuro sarà così. Tua figlia è fortunata ad avere un padre come te... Sei speciale... Sei un uomo speciale!” Ma lui era troppo preso dal sussurrare parole dolci alla piccola per rendersi conto delle parole del padre.
 “Chicco... Perché non lasci che tua madre prenda in braccio Anna? Sono certa sappia come tenerla per non farle del male...”
 Senza replicare si alzò dalla poltrona e fece accomodare la madre. Gliela pose tra le braccia e Betty le diede un piccolo bacio sulla testolina.
 “La mia nipotina... La mia bellissima nipotina...”
 Lui le rimase accanto mentre suo padre si avvicinò a Francesca.
 “Non l'ha detto per ferirti, zio... È solo felice! Davvero!”
 “Lo so, tesoro... Lo sai? Sono fiero di lui... Di voi! La vostra Anna sembra una bambolina...”
 “Lo ha detto anche mio padre! Zio... Le cose cambieranno! Lui ti vuole bene!”
 “Stai tranquilla! Non devi preoccuparti per queste cose!”
 “Tu sei il nonno di Anna... Vuoi prenderla in braccio anche tu?”
 “Mi piacerebbe, ma credo che tua zia non la lascerà molto facilmente”
 Glielo disse accarezzandole una guancia e lei gli strinse la mano sorridendo.
Quella notte, la prima che passarono insieme come famiglia, Riccardo non chiuse occhio. Erano troppe le emozioni che lo avevano pervaso. Ripensò a tutta la sua vita e ringraziò La sua donna per averlo aspettato, per averlo amato, per quello che era. La vita. Francesca era la vita, gliela aveva regalata la vita, gli aveva regalato Anna. E lui, ne era certo, avrebbe dato tutto ciò che aveva per lei. Perché senza di lei, lui non era nessuno, non era un uomo, non era un padre. Con lei era tutto. Senza Francesca era solo rimpianti, rimorsi e frustrazione.
 Con Francesca era se stesso. Lei era vita e lui, la viveva.
   
 
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