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Autore: Stella cadente    22/02/2019    2 recensioni
Hogwarts, 2048: dopo la Seconda Guerra Magica e una lunga ricostruzione, la Scuola di Magia e Stregoneria è di nuovo un luogo sicuro, dove gli studenti sono alle prese con incantesimi, duelli con compagni particolarmente odiosi, le loro amicizie e i loro amori – come qualunque giovane mago o strega.
Ma Hogwarts cova ancora dei segreti tra le sue mura; qualcosa di nascosto incombe di nuovo sul mondo magico e sulla scuola, per far tornare un conto in sospeso rimasto sepolto da anni...
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«Che cosa gli è successo?»
Il Preside sospirò.
«Anni fa, Black era Preside, ma... ben presto fu chiaro a tutti quale fosse la sua reale intenzione. Non voleva fortificare Hogwarts, bensì renderla più intollerante. Tutti noi insegnanti abbiamo temuto, finora, che tornasse. Io l’ho sconfitto ed esiliato, ed io l’ho privato di quello che era il suo posto. Un posto ambito, e soprattutto influente.»
[...]
«Ascoltami, Elsa» riprese, con tono cupo. «Fa’ attenzione, soprattutto al tuo potere. C’è bellezza in esso, ma anche un grande pericolo.»
Pausa.
«Ricorda», aggiunse, «la paura sarà tua nemica.»
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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30.
 
 
2046
 
«Ciao.» Riconobbe subito quella voce e si voltò di scatto. Dietro di lei, un curioso ragazzo con il viso affilato e degli strani capelli blu, la stava guardando. Lo aveva riconosciuto: era Adam Hades, un ragazzo della sua stessa Casa di un anno più grande.
Lo incrociava sempre per i corridoi, e ogni volta si fermava a guardarlo: sospettava che lui se ne fosse accorto, ma inizialmente non ci aveva dato troppo peso.
Fino ad ora, pensò.
Lo guardò intimidita, sentendosi una completa idiota, senza avere la più pallida idea di che cosa dire. «Ehm... ciao» rispose, accennando un lieve sorriso, sperando che risultasse convincente. Anche lui sorrise, mostrando dei denti piccoli e appuntiti che gli conferirono un particolare aspetto, delicato e letale allo stesso tempo.
«Sono Adam, Adam Hades» si presentò, sorridendo smagliante. Lo so chi sei, avrebbe voluto rispondere, ma sarebbe stato patetico farlo. «Tu non sei del mio stesso anno, o sì? Ti ho vista, qualche volta, in Sala Comune, ma non ti ho mai trovata a lezione.»
«Io... no, io sono del sesto anno» rispose, terrorizzata all’idea di balbettare, o comunque di sembrare vulnerabile. Era il suo chiodo fisso da quando era nata, più o meno. Si trattenne dal sollevare gli occhi al cielo: sapeva già che Eris l’avrebbe presa in giro a vita, quando le avrebbe raccontato di quell’incontro. «Dimmi: tu che cosa vuoi fare dopo i M.A.G.O?» gli chiese poi, cercando di rompere il ghiaccio.
«Ancora non lo so» rispose lui, passandosi una mano in quegli stranissimi capelli, lisci, fluenti e azzurrini. «Figo, eh?» rise, sarcastico.
«Già. Dev’essere entusiasmante trovarsi a pochi mesi dagli esami e non sapere cosa fare dopo» gli resse il gioco lei, ora un po’ più tranquilla. «Sono Megara, comunque. Anche se gli amici mi chiamano Meg» aggiunse poi, sorridendo cordiale.
«Hai un nome fantastico» si complimentò Adam. «E, dimmi: tu che cosa vuoi fare, dopo la scuola?» le chiese, sollevando leggermente le sopracciglia.
Sul volto a cuore della Serpeverde si dipinse un sorrisetto. Aveva capito. «Ancora non lo so» rispose quindi, sincera.
«Wow, fantastico» la punzecchiò lui.
«Già, ma si dà il caso che io possa permettermelo più di te, tesoro» lo apostrofò, ora perfettamente a suo agio.
Adam rise, divertito e spontaneo. «Mi piaci, Meg» disse poi. «Sei forte. Ti andrebbe di vederci più spesso, al di là degli incontri casuali in Sala Comune?» le domandò, a bruciapelo.
 
 
 
*
 
Erano passati mesi. Mesi da quando avevano avuto il loro primo appuntamento, da quando aveva detto a tutti i suoi amici che usciva con lui, sorbendosi ogni volta le battute provocatorie di Eris. Mesi da quando aveva cominciato a capire che tipo di persona fosse Adam. Era complesso, irascibile, sarcastico ma permaloso, emotivo ma scaltro, chiacchierone ma non frivolo; conosceva a memoria le sfaccettature della sua personalità, ma lui riusciva comunque a non essere mai prevedibile. Forse era proprio questo insieme di caratteristiche che le piaceva, anche se non sapeva dire perché.
Cercava di ripeterselo, cercava di ripetersi che lo amava, anche mentre lui chiudeva con un colpo di bacchetta la Stanza delle Necessità. Erano solo loro due, ora. E lei cominciava ad avere paura per com’era mortalmente serio.
«Sai, Meg... ti ho convocata a quest’ora della notte perché so che sei una ragazza molto intelligente, e so che capirai per quale motivo ti ho portata qui.»
Silenzio.
«Continua, Adam» rispose, freddamente.
«Vorrei fare un esperimento con un incantesimo che ho letto l’altro giorno, su un libro di Arte Oscura. Vorrei provarlo su di te.»
«Cosa?» sbottò lei. «Non se ne parla. Sei serio?»
Adam la fulminò con lo sguardo. «Sì.»
«Mi dispiace, ma non posso. Ho paura» rivelò, sincera.
«Meg, piccola Meg» si avvicinò e le accarezzò la guancia piano, con una lentezza estenuante, che non fece altro che farla irrigidire ancora di più. «Mi hai preso per stupido? Ho letto tutti gli effetti e ti assicuro che non ti farà del male – non del male serio, perlomeno. Mi ritieni talmente idiota da mettere a rischio la tua vita per una cosa del genere?» alzò la voce, e la ragazza notò con un brivido che i suoi occhi erano diventati improvvisamente gialli.
Restò immobile, impressionata: che cosa aveva fatto il suo ragazzo?
«Adam, cosa...» iniziò. «Gli occhi...»
«Non chiedermelo, okay?» urlò lui. «Non. Chiedermelo.»
Silenzio.
«Allora: sei disposta a fare questa cosa per me?»
La Serpeverde prese un bel sospiro: non poteva fare la figura della debole. Aveva già dimostrato ampiamente di essere la ragazza ideale per Adam, aveva già visto come stavano bene insieme, come riuscivano ad avere una sintonia che era tutta particolare, che era solo loro, in cui nessuno avrebbe mai potuto entrare – che nessuno avrebbe mai potuto provare.
Lo decise nella frazione di un secondo: sarebbe stato il loro segreto.
«D’accordo» disse poi. «Ma solo per stavolta. E sarai tu stesso a farmi un incantesimo per guarire le ferite.»
«Come desideri» le rispose lui. «Solo per stavolta.»
Meg non sapeva che lui mentiva, e che l’avrebbe sempre nutrita di bugie e di amore simulato ed evanescente.
 
 
Lacrime, urla, sangue...
La sua pelle che si apriva, che si sgretolava sotto la potenza di quegli incantesimi. E lui che la curava, ogni volta.
 
«Sectumsempra!»
E il suo corpo esile ricoperto di tagli grondanti sangue, mentre gli occhi gialli sfavillavano su di lei.
Un attimo prima che morisse – solo un attimo prima, facendola agonizzare all’estremo – Adam aveva fatto rimarginare tutto.
Lui la curava sempre. La feriva e poi la ricomponeva, come una bambola nelle mani di un bambino bipolare.
Strappata con rabbia e poi ricomposta con amore.
 
 
*
 
 
Le bruciature facevano un male insopportabile.
«Tranquilla, Meg: andrà tutto bene.» E l’abbraccio di Ercole che la riscaldava, che la cullava, che la faceva sentire protetta – quello che con Adam non aveva mai avvertito.
Adesso lui era lontano; era stato espulso dalla scuola. Lei aveva supplicato il Preside Merman di non dire a nessuno chi fosse la persona che adesso si portava addosso cicatrici accavallate le une sulle altre, chi fosse la vittima di un mostro nascosto dietro alla facciata da studente modello.
«Perché, Ercole? Perché ho rovinato tutto? Perché sono stata così... così...»
Stupida.
Perché glielo hai lasciato fare, Meg? Perché hai lasciato che lo scoprissero?
Lui era lontano, e anche questo faceva un male insopportabile.
 
 
 
 
 
2048
«Quello che ti dirò adesso non ti piacerà. Siediti» le disse il Preside, accogliendola nel suo ufficio quella mattina di gennaio. Megara obbedì, sprofondando nella poltrona di velluto turchese posta di fronte allo scrittoio di Merman.
«È stato trovato un libro nel corridoio stamattina presto, da Olaf, il custode. Su di lui la sua magia non ha effetto visto che è un Magonò, ma...» il Preside tirò fuori la sua bacchetta e la puntò verso un libro aperto appoggiato dietro di lui, a cui Meg in un primo momento non aveva fatto caso. «Ma su di noi sì. Quindi non toccarlo, e fa’ attenzione.»
La ragazza si avvicinò al libro, e sentì le sue cicatrici bruciare tutte insieme. Sembrava che il suo stesso corpo avvertisse l’oscurità che emanava, come se tutta la magia nera del mondo fosse racchiusa al suo interno.
 
Sectumsempra!
 
Percepì appena la sua faccia accartocciata in un’espressione sofferente, quando puntò i suoi occhi viola in quelli del professore. «Tu hai visto l’oscurità in faccia, Megara» le mormorò il Preside. «E riesci a capire che cosa possa fare questo ad un mago o una strega della tua età.»
Era come se un animale le scavasse nello stomaco, arrivando alle interiora e lasciandola senza più niente dentro. Quel libro sibilava; ascoltando meglio, capì che era serpentese.
Quando ascoltò le parole che diceva, si raggelò.
 
“Tornerò. E lei morirà per permettermelo.”
 
«Signore» si alzò dalla sedia indietreggiando, e il libro smise di sussurrare le sue minacce. «Il libro... stava parlando.»
Il vecchio mago aggrottò le folte sopracciglia grigie.
«Io...» indugiò. «Capivo quello che stava dicendo. Diceva che tornerà, e che una ragazza morirà per permetterglielo.»
 
*
 
 
«Sono stata nei dormitori, e ... mi sono avvicinata a degli oggetti. Oggetti oscuri... che misteriosamente non hanno effetto su chi li possiede, ma su di me sì.» Si sollevò una manica del maglione scoprendo di nuovo i suoi segni gelidi, ed Ercole socchiuse la bocca dalla sorpresa, sollevando le sopracciglia.
Si trovavano nel sotterraneo, vicino alla porta della sua Sala Comune; lui l’aveva tenuta abbracciata per tutto il tragitto, come avrebbe fatto con una fidanzata, circondandola con le sue braccia calde e muscolose. Lei si era beata di quel contatto, trovandoci il solito porto sicuro che la riportava alla luce ogni volta che i pensieri bui si impossessavano della sua mente.
Ma adesso doveva pensare a cosa sarebbe successo, e a come dirglielo. Gli avrebbe spezzato il cuore, ne era sicura.
Decise di farlo come aveva sempre fatto: decisa, fredda, senza emozioni. Lo era sempre stata, soprattutto dopo di...
«È probabile che io sia stata colpita da una maledizione potente» disse di fretta con voce atona, come per mettere a tacere i pensieri che si stavano affacciando. «Non so quanto mi resti ancora, ma so che il libro che ho trovato appartiene a Pitch e che ha bisogno di un sacrificio, affinché torni ufficialmente. Ha parlato di una ragazza, e io...»
Il Grifondoro scosse la testa ed esplose subito in un «Non può essere» detto forse a voce troppo alta. «Insomma, deve esserci un altro modo» disse, con quella che sembrava disperazione.
«Non c’è mai un altro modo quando si tratta di maledizioni, Ercole!» ingiunse Megara, alzando nuovamente la voce. «Guarda» si tolse il maglione in un gesto rabbioso, restando solo con la canottiera che aveva sotto e rendendo ben visibili le cicatrici sulle spalle pallide. «Le vedi queste? Sono le tracce della Magia Oscura che conosco molto bene, perché l’anno scorso come sai Adam Hades è stato espulso. Ed è stato espulso perché mi faceva questo!» ringhiò, indicandosi il corpo martoriato. «O l’hai dimenticato, mh?»
Adesso il suo amico sembrava solo avvilito e frustrato. Le sue parole evidentemente erano state così brusche che sospirò debolmente, come se non avesse più forze. Ma a Meg non importava; non era lì per raccontare favole. «Per questo motivo sono qui a parlare con te. Adesso che sai che la situazione è più grave di quello che tutti avevamo immaginato, devi sapere chi possiede gli oggetti di cui ti parlavo. Sei il mio migliore amico...» la voce le si incrinò, ma proseguì. «Vorrei che tu sapessi, così potrai combattere per la scuola con gli altri.»
«Perché parli così?» chiese lui, preoccupato.
«Si tratta di un libro e un pezzo di ghiaccio incantato. Non so che connessione abbia con il suo proprietario, ma in ogni caso è quello che mi ha trasmesso la maledizione» continuò Meg, senza rispondergli. «Chi possiede il libro è Melicent Somber.»
«E il pezzo di ghiaccio?»
La ragazza sospirò, poi disse: «Hans Westergård, il fidanzato di Anna. Che a quanto pare, adesso ha anche i poteri di Elsa.»
 
*
 
«Ercole? Che diavolo fai?» sbottò, quando quella mattina presto si era recata verso la biblioteca. L’oscurità la stava chiamando... lo sentiva. Era la maledizione che la stava richiamando a sé; mai aveva sentito incantesimo più forte e più vincolante, prima di allora.
E lei sapeva molto bene cosa fosse la magia nera, ma non aveva mai visto niente che fosse anche solo lontanamente simile a quella cosa – qualunque cosa fosse.
«Potrei farti la stessa domanda» ribatté il ragazzo, con la cocciutaggine che da sempre lo aveva caratterizzato. I capelli biondicci erano tutti sparsi sulla testa: si vedeva chiaramente che si era appena svegliato. E che era uscito dal dormitorio di nascosto.
«Non sono affari tuoi» lo zittì Meg, sperando che non vedesse le lacrime che le si affacciavano ai lati degli occhi.
«Perché mi eviti ancora? Mi hai detto tutto: adesso dobbiamo combattere questa guerra insieme» la inchiodò lui.
«Avevo capito che non volevi più vedermi» sbottò la Serpeverde, ignorando la fitta di gelo che le risaliva lungo il braccio.
«Smettila!» urlò il ragazzo, facendola sobbalzare. «Questo te l’ho detto tempo fa! Adesso che mi hai detto quello che è successo non puoi fare comunque finta che non siamo più amici.»
«Lo faccio per il tuo bene, okay? Non voglio coinvolgerti in questa storia più del dovuto. Ercole, tu sei praticamente l’unica persona a cui tengo davvero» la voce le si smorzò in gola, ma era troppo tardi. E poi non aveva niente da perdere, ormai. «L’unico che mi abbia mai sopportata e supportata in tutto questo tempo. Sei... sei il ragazzo che vorrei, davvero.»
Quelle parole vennero fuori come una sferzata per poi restare nell’aria, dipingendo sul volto del suo migliore amico un’espressione sbigottita. «E vorrei tanto aver avuto la forza di staccarmi emozionalmente da Adam, o anche solo di dirtelo prima. Adesso sto per morire – sì, hai capito bene – per colpa di una maledizione che degli oggetti magici mi hanno procurato» quella frase, detta ad alta voce, ferì anche lei, ma si sforzò di continuare. «Ma adesso tu e gli altri dovrete combattere contro Pitch Black. È qui. E non avete la minima idea di che cosa vi stia venendo incontro. Temo di aver capito ancora poco della complessità di questo incantesimo, ma quel poco che ho visto non somiglia a nulla di risolvibile o anche solo arginabile.»
Pausa.
«Conosci bene la mia storia con Adam, quello che mi faceva e i segni che mi sono rimasti. Quindi, puoi credermi se ti dico che questo è veramente pericoloso, e che dovrete unirvi tutti, pensare ad un piano velocemente per sconfiggerlo, contattare le Forze dell’Ordine o altro. Io, forse, ho semplicemente capito troppo; per questo lui ha scelto di eliminarmi, adesso. Hans sapeva che mi sarei introdotta nel dormitorio maschile, ed ha sfruttato un oggetto magico datogli da Black per incastrarmi... esattamente come ha fatto Melicent con Eris. I colpevoli sono nella scuola e...» la voce le si incrinò. E sapeva perfettamente perché: la faccia di Ercole le aveva procurato un dolore lancinante. Gli occhi azzurri erano spalancati, la bocca sottile socchiusa; tutto in lui faceva pensare che non si sentisse neanche più parte della realtà. «No...» mormorò il Grifondoro, con un filo di voce. «Non è possibile.»
«Adesso lui mi aspetta, in biblioteca. Sta uccidendo diverse persone per via indiretta, e sento che questa sarà una pista da seguire. Tienilo a mente, per favore» disse, con tono tremante. «È importante che tu lo sappia per aiutare gli altri.»
Senza dire nulla, Ercole la afferrò per un braccio e la strinse fino a farle male.
«Tu non vai da nessuna parte» le disse, deciso e disperato. «Non puoi...» lasciò la frase in sospeso, mentre lacrime calde rigavano il suo volto bellissimo.
«Non posso farci niente. Mi dispiace tanto» disse semplicemente lei, piangendo a dirotto forse per la prima volta in vita sua. Si voltò verso l’ingresso della biblioteca e accolse la cappa di ghiaccio e tenebra chiudendo gli occhi. Tremò al pensiero di cosa avrebbe visto, ma si sforzò di pensare ad Anna, a Merida e a Quentin. E ad Ercole, che l’amava e che lei forse aveva sempre amato.
Il freddo la attanagliò come il morso di un enorme animale che le dilaniava la carne. Si strinse nelle braccia, ma persino a contatto con l’uniforme bruciarono, facendo sì che le ritirasse di scatto.
 
Meg...
 
«Forse dovresti tener conto del tuo, di tempo.»
 
Si vide scappare, si vide avere paura, come se stesse osservando la scena dall’alto. Un colpo al petto, il crollo di tutti i sogni e di tutte le speranze, il buio che insopportabile inglobava tutto e il gelo che continuava a morderla, a spaccarla, a divorarla.
Fluttuava come in una dimensione sconosciuta, in cui lei non esisteva; esisteva solo il suo corpo, che cercava di andarsene invano. Le gambe che, ormai scheletriche e intirizzite, fuggivano da due occhi blu che la inchiodavano, sussurrandole parole maledette.
Arrivò fino all’ingresso di Hogwarts, battendo sul portone per liberarsi di quella voce che le faceva venire voglia di urlare disperatamente.
 
Meg...
«Allora: sei disposta a fare questa cosa per me?»
 
 
Quando si voltò, crollò come una bambola di pezza, vittima del ghiaccio come il mostro che l’aveva uccisa.
Ercole le aveva fatto scudo con il suo corpo, e come previsto era crollato anche lui.
 
Quelle furono le immagini che il Preside di Hogwarts vide nel Pensatoio, quando estrasse l’ultimo istante di Megara Greek. Il corpo della ragazza giaceva sull’ingresso di Hogwarts, quando lui era stato avvertito; la brina nera che aveva già visto nel suo ufficio ormai le aveva mangiato le braccia e il volto, impossessandosi di ogni centimetro di pelle scoperta. La ragazza era rimasta intrappolata in un bozzolo di freddo e di oscurità; il ragazzo, invece, era stato trovato steso a terra vicino a lei, con del ghiaccio incrostato al livello del cuore.
Non era stato difficile arrivare alla conclusione che fossero stati colpiti da Elsa, esattamente come era successo anche ad Eris Goddess. Aveva cercato di scappare, impaurita, ma quell’incantesimo l’aveva arrestata in un colpo, congelandola per sempre... ed Ercole aveva provato a proteggerla, invano.
Un capannello di studenti si era riunito intorno ai corpi, mentre lui, insieme alla Fairy, li portava via, nascondendoli a più volti possibile.
Era stato inutile, comunque; aveva sentito le urla disperate di Merida Dunbroch ed Anna Arendelle unirsi a quelle della maggior parte degli studenti di Grifondoro. Le lacrime e le voci degli studenti che si era lasciato dietro adesso lo tormentavano, infestando tutta la scuola di paura e dolore.
Elsa Arendelle era rimasta immobile, come sempre.
Tutti cominciavano già a starle lontani.


 
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Ciao, carissimi lettori! Come state?
Mi dispiace di essermi assentata per qualche giorno in più, ma sono in mezzo ad un trasloco in corso e in più ho avuto un po’ di cose da sistemare con l’università. Non ho però lasciato perdere la storia, e nel frattempo ho anche riscritto il capitolo 😊
Gettiamo uno sguardo su Meg, molto più approfondito di quanto non sia mai successo: spero di avervi fatto sentire la drammaticità di questo personaggio, le sue ferite e la sua freddezza causata proprio da queste ultime, il suo legame con Ercole e la sua connessione con l’oscurità, nel corpo e nella mente. Perdonatemi se alcuni spezzoni vi sembreranno sconnessi, ho semplicemente pensato che – dato che queste sono immagini che Merman vede nel pensatoio – rendesse meglio l’idea.
E niente, come sempre spero vi sia piaciuto!
Alla prossima,
Stella cadente






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Lui la curava sempre. La feriva e poi la ricomponeva, come una bambola nelle mani di un bambino bipolare. 
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