Anime & Manga > Candy Candy
Segui la storia  |       
Autore: The Blue Devil    23/02/2019    5 recensioni
Eccomi qua, ci son cascato pure io, in una noiosissima Candy/Terence con Albert nell'ombra... davvero?
Chi è il misterioso individuo che si aggira nei luoghi tanto cari alla nostra eroina? Qual è la sua missione? La sua VERA missione? Cosa o chi, alla fine di essa, sarà in grado di trattenerlo a Chicago? Quante domande, le risposte stanno all'interno...
Il titolo è un omaggio a tutti i ''se'' con cui si apre la storia.
dal 3° capitolo:
... Non ne ho parlato con lei, ma io sono sempre rimasto in contatto, in maniera discreta, con Terence. E non le ho neanche mai raccontato di averlo cacciato, quando lo trovai ubriaco da queste parti, anni fa. Vi chiedo di vegliare sempre su di lei, con discrezione, poiché la vedo felice, forse troppo, e non vorrei subisse un’altra delusione".
"Perché parlate così?", chiese, dubbiosa, Miss Pony.
"Non so, ho una strana sensazione, come se stesse per accadere qualcosa di molto spiacevole. E lo consiglio anche a voi: state attente e tenete gli occhi aperti".
"Così ci spaventate, Albert", osservò Suor Maria.
"Non era mia intenzione spaventarvi", asserì Albert, "Forse sono io che mi preoccupo per niente; sì, forse è così...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buona lettura


Capitolo 35
Una vita diversa

Il grande papà di tutti i bambini della "Casa di Pony" faceva ombra a due ragazzi seduti sull’erba, l’una tra le braccia dell’altro. Pur essendo una bella giornata, il tempo stava cambiando e le ore di luce cominciavano a diminuire. Il ragazzo chiese alla ragazza:
"Hai freddo?".
"Uh pochino… ma così sto bene", rispose lei.
"Iriza, ti devo parlare", proseguì lui.
"No, stiamo ancora così…".
"No, ascoltami; ti devo delle spiegazioni".
Harrison si era accorto che c’era qualcosa che non andava, per cui le disse:
"Tu tremi. Ogni volta che ti abbraccio, tremi, e non per il freddo; hai paura che tutto questo sia solo un sogno, che possa finire da un momento all’altro, e la tua frase di poco fa me ne ha dato la certezza. Ho ragione?".
La ragazza non rispose, ma si strinse ancora di più a lui, che poté proseguire:
"Voglio che tu sappia che non è vero che ho cominciato a frequentarti per controllarti e per impedirti di fare del male; sapevo già degli intrallazzi di Neal e sarebbe bastato dire tutto ad Albert e non ci sarebbero stati problemi; invece ho deciso di non dire nulla, anche se lui già sospettava qualcosa, e di frequentarti; l’ho voluto fin dal primo momento che ti ho vista, prima di sapere chi tu fossi".
Iriza sollevò la testa dal petto di Harrison ed esclamò:
"Questo è impossibile! Come potevi non sapere chi fossi, la prima volta che ci siamo visti, nel salone di casa mia, a Lakewood?".
"Perché quella non era la prima volta che ti vedevo… qualche giorno prima eri venuta a parlare con Candy proprio qui; suppongo per informarla di Stear".
"Sì, ero venuta a dirle di Stear e anche, per conto di Neal, a vedere il posto; ma tu non c’eri".
"C’ero anch’io, vi ho viste da lontano; ti ripeto che non sapevo chi fossi, ma mi sei piaciuta subito; mi piaceva come ti muovevi, come parlavi… ovviamente non potevo udire la tua voce, ma me la sono immaginata. Poi ho chiesto a Candy notizie su di te e lei mi ha detto… scusa ma questo eri… che quella mattina aveva incontrato un serpente velenoso. Allora ho capito".
Iriza abbassò lo sguardo, continuando ad ascoltarlo.
"Mi sei piaciuta, e ho voluto scoprire il tuo cuore", disse, puntandole un dito sul petto, "Perché un cuore qui lo dovevi avere anche tu, solo che non lo sapevi".
"Harrison…".
"L’altra volta hai sentito solo ciò che Neal voleva che tu sentissi, che era soltanto una piccola parte di un discorso che ha fatto lui da solo: si è accorto che eri dietro la porta e ha voluto punirti per averlo tradito".
"E allora perché non… ?".
"Non ho mai tentato di baciarti? Perché non ero sicuro dei tuoi sentimenti: hai sempre avuto quell’aria di supponenza, di arroganza insopportabile; dicevi di disprezzare gli orfani, definendoli pezzenti; sui miei sentimenti per te, invece, non ho mai avuto dubbi".
"Neanche immagini quanto l’abbia desiderato…".
"Non credere che io non l’abbia desiderato quanto te, ma se ti avessi baciata per poi scoprire che eri rimasta sempre la stessa… non l’avrei sopportato; dovevo essere forte e, soprattutto, sicuro; per questo non la smettevo di provocarti".
"Io sapevo della collana, ma credevo che Neal l’avrebbe usata contro Candy. Però voglio essere sincera: se avessi saputo che aveva intenzione di tirare in mezzo Dorothy, la cosa, all’inizio, mi avrebbe lasciata indifferente; ma dopo la visita all’orfanotrofio, dopo Daisy, dopo che Dorothy ha accettato di aiutarmi e di lavorare a un maglioncino per lei, non ho potuto… non so cosa mi sia accaduto, ma avevo una gran voglia di smetterla con tutto quell’odio e quelle macchinazioni; sentivo crescere il bisogno di vederti, di stare con te. L’affare dei terreni credevo fosse una burla: Neal non poteva avere tutto quel denaro".
"È venuto allo scoperto il cuore di cui ti parlavo prima, questo ti è accaduto", sussurrò Harrison, poggiandole una mano sul seno sinistro, gesto che la fece fremere.
I due ragazzi si guardarono negli occhi e non resisterono all’impulso di baciarsi, toccarsi, accarezzarsi. Poi Iriza tornò a rituffare la testa nel petto di Harrison:
"Vorrei che questo momento durasse in eterno…".
Harrison, accarezzandole i capelli, obbiettò:
"Eh no, sai che noia; e poi, se durasse in eterno, faremmo solo questo e io, con te, voglio fare anche altro".
Questa frase le fece sollevare ancora la testa e andare in fiamme il viso:
"Ma… voi uomini pensate solo a quello?".
"Beh, è la natura, lo sai come siamo fatti".
"Veramente no… ma vorrei tanto scoprirlo", mormorò lei, facendo scorrere la sua mano dal petto fino alle zone calde e proibite del corpo di lui.
"E poi sarei io che penso solo a quello?", sbottò Harrison, per poi aggiungere:
"Ma non sarai mica un uomo tu? Non ho mai controllato".
Iriza gli rifilò una gomitata dandogli del cretino e poi, tutti e due, si misero a ridere.
"Non ti ho mai vista ridere così e devo dire che mi piaci di più se ridi: ti prometto che farò di tutto perché tu non abbia più motivo di piangere", le disse Harrison, prima di tornare a baciarla.
Dopo un tempo difficile da quantificare, Harrison si alzò, aiutandola a fare altrettanto.
"Dobbiamo andare, ho bisogno di parlare con Albert; e poi c’è da tranquillizzare tua madre: non vorrei che pensasse che ti ho rapita e venduta ai Messicani o ai pellerossa".
"Aspetta Harrison, scendiamo di qua: c’è una cosa che devo fare. Anzi, che voglio fare".
Il ragazzo si stupì della direzione che presero per scendere dalla collina.
 
Archie ed Annie si accomodarono nel salottino del primo a "Villa Andrew"; dopo essersi baciati, con una passione che Annie non aveva mai percepito nel fidanzato, lei disse:
"Sono felice che tutto si stia sistemando per il meglio e ti confesso che sono contenta anche per Iriza: sarebbe stata una delusione scoprirla colpevole, anche per Harrison; in fondo mi è simpatico quel ragazzo".
"Stai cercando di farmi ingelosire?", scherzò lui, facendola arrossire.
"Ma no, che vai a pensare... sarebbe bello se riusciste a prendervi voi due, dato che lui è il cugino di Terence, che ti è molto amico".
"Stupidina, mai che tu capisca quando scherzo", e riprese a baciarla.
Poi, fattosi serio:
"Comunque ci prendiamo benissimo io e McFly... anzi, è stato lui a prendermi benissimo, a pugni però".
Annie protestò:
"Lo sai che non mi piace quando fai a pugni... promettimi che...".
Ancora una volta Archie si trovò nella necessità di zittirla, mettendole un dito sulle labbra.
"Eh, ma sei unica tu! È anche per questo che mi sono innamorato di te. Era una battuta, più o meno: io non ho fatto a pugni con lui, è stato lui a suonarmele, ma me le sono meritate tutte; non dimenticare che ciò che ho fatto è gravissimo e mi sento terribilmente in colpa... non so neanche se riuscirò a guardare ancora Candy o le direttrici negli occhi".
"Ci riuscirai, ci riuscirai... non l’ho dimenticato, ma ti ho già perdonato, amore mio".
Pronunciando queste parole, la ragazza si strinse a lui.
"Archie, promettimi che non ci faremo più del male! Siamo stati due stupidi".
"Te lo prometto e rispetterò tutti gli impegni che ho preso con Albert, con i ragazzi e... con te".
"E quando tornerai, pensi che mi troverai qui ad attenderti? Non esserne così sicuro".
Archie trasalì e sbiancò in volto: quella frase aveva avuto l’effetto di una stilettata al cuore.
"A-Annie... co... cosa hai detto?", balbettò il ragazzo.
"Che al tuo ritorno non sarò qui ad attenderti... non intendo farlo".
Il ragazzo si passò una mano sul volto e cercò di parlare, ma riuscì solamente a farfugliare suoni incomprensibili.
"E sai perché?", proseguì Annie, "Perché non ce ne sarà bisogno, ho preso una decisione: vengo con te, voglio iscrivermi anch’io all’Università e completare la mia educazione e la mia istruzione. Voglio starti vicino ed aiutarti... non ti lascio solo, Archie".
Archie assunse un’espressione che fece ridere Annie:
"Avresti dovuto vedere la tua faccia, prima! Anche tu sei unico".
"Mi hai fatto prendere un colpo! Ma sono felice della tua decisione".
I due si abbracciarono e Archie accompagnò la ragazza nel cortile, poiché era tempo che lei rientrasse. La vista di Tom, giunto a consegnare dei materiali ai giardinieri, le fece cambiare idea.
"Archie, andiamo a Lakewood".
"A Lakewood?".
"Sì, ho bisogno di vedere una persona".
"Allora avverto l’autista...".
"No. So che avresti degli impegni, ma... vieni con me".
Archie parve dubbioso, ma poi accettò di farle da autista: in fondo, gli impegni a cui aveva accennato Annie potevano attendere.
Ma la risposta della ragazza lo colse impreparato.
"No, non chiamare l’autista e non è necessario che lo faccia tu: andiamo con Tom, sul suo carro".
"Dici sul serio? Ma perché? Non sarà una prova per verificare se... ?".
"No, non è questo, mi fido di te. Non credi che sia romantico viaggiare su un carro, alla maniera dei primi pionieri?".
Pur non comprendendo cosa volesse dire Annie, Archie parlò a Tom e questi fu felice di accompagnarli.
 
Candy fu molto sorpresa di trovarsi di fronte proprio lei: Iriza Legan. Iriza espresse tutto il proprio dispiacere alla vista delle macerie della cappelletta e si mostrò preoccupata per tutto quello a cui, i bambini, erano stati costretti ad assistere, nella mattinata dell’incendio; si stupì anche del fatto che la casa fosse vuota.
"Le direttrici hanno pensato di allontanare i bambini, finché i volontari giunti dai ranch vicini non abbiano ripulito un po’ la zona dell’incendio: sono andati tutti al ranch di Cartwright e i bambini hanno preso la cosa come fosse una gita. Ma non credo tu sia venuta fin qui solo per avere queste notizie, ti sarebbe bastato chiedere ad Harrison. O sbaglio?".
A quel punto intervenne l’accompagnatore di Iriza:
"Prima che lei ti risponda, desidero informarti che Iriza non c’entra nulla con l’incendio; non so se Terence te ne abbia già parlato, ma sappiamo con certezza che lei non c’entra".
"Qualcosa mi ha accennato: vorrei proprio guardare negli occhi quel farabutto che ha messo in pericolo le vite di quei poveri bambini indifesi", rispose la bionda.
"Se tu sapessi... credo proprio che Archie abbia ragione a non volere che tu sappia... non ora", pensò Harrison.
"Hai ragione Candy, il fatto è che... non so come dirtelo", cominciò Iriza, che dovette fare un bel respiro per poter proseguire.
"Ho sentito il bisogno di venire a parlarti, devo assolutamente farti sapere alcune cose; innanzitutto voglio che tu sappia che il mio dolore, per quanto accaduto qui, è sincero, come le cose che sto per dirti", fece una pausa, poi aggiunse:
"Ti chiedo scusa, mi dispiace per tutto quello che io e mio fratello ti abbiamo fatto passare da quando ti abbiamo conosciuta; ora capisco che sarebbe potuta andare diversamente; ripensando a tutto quello che è accaduto tra noi, credimi, mi vergogno immensamente. Non ti chiedo di perdonarmi e, se non lo farai, capirò. Mi rendo conto di aver passato il limite troppe volte con te. Ecco, era questo che volevo tu sapessi".
Harrison cercò e strinse la mano di Iriza; Candy, dopo qualche attimo di stupore, disse:
"Sai, mi ha fatto piacere sapere della tua estraneità all’incendio; ti sorprenderà, perché ha sorpreso anche me, sapere che, se tu fossi stata colpevole e condannata, la cosa non mi avrebbe reso felice. Qualche tempo fa avrei pensato diversamente, ma ora, no. Per tutto quello che mi hai fatto, forse, in fondo al cuore, ti ho già perdonata anche se non so se saremo mai amiche. Le tue parole sono comunque splendide, proprio perché sincere: è già molto, pensando a ciò che sei stata, che tu ti sia resa conto del male che hai fatto".
Dicendo queste cose, Candy aveva guardato Harrison: aveva capito che lui aveva avuto una parte importante nel ravvedimento della Legan.
"Candy, vorrei che tu parlassi di ciò anche con Terence...".
"Perché non lo fai tu stessa?", le chiese la bionda.
"Sono davvero sorpreso", affermò Terence, sbucando da dietro una porta.
"Iriza Legan che si scusa e per giunta con un’orfana! Sì, sono davvero sorpreso".
"Te-Terence s-sei qui...", balbettò Iriza, stringendosi a Harrison, poiché memore dell’ultimo burrascoso incontro col ragazzo.
"Non preoccuparti, l’altra volta non ho creduto al tuo ravvedimento, ma ora è diverso; e comunque non ti credevo capace di scusarti in questo modo. Una volta, alla Saint-Paul, ti ho sputato in faccia" – questa notizia fece trasalire Candy, che non lo sapeva – "e non me ne pento, perché lo rifarei, se ci trovassimo nelle medesime condizioni. Condizioni che mi auguro non abbiano più a verificarsi. Sei sulla buona strada, a quanto pare, ma il viaggio è lungo e potresti perderti ancora".
Harrison capì che l’ultima frase di Terence, più che a Iriza, era rivolta a lui, una specie di Stai in guardia cugino che non si sa mai.
Poi accadde una cosa imprevista e difficile da spiegare; Candy, rispondendo ad un impulso proveniente dal suo cuore, allargò le braccia e abbracciò Iriza, sussurrandole all’orecchio:
"Ti auguro di essere felice e di non perderti più".
Quelle parole, unitamente al calore di quell’abbraccio, fecero sgorgare le lacrime dagli occhi di Iriza.
Sulla via del ritorno, Iriza disse ad Harrison:
"Mi ha perdonata? Mi ha abbracciata? Oh, Harrison, mi sento un verme".
"Buon segno, sarebbe preoccupante se queste cose ti lasciassero indifferente; e poi guarda il lato positivo: meglio verme, che serpente, no?".
"Riesci sempre a farmi sorridere tu... mi spiace per Terence".
"Non preoccuparti, mio cugino in fondo è un tenerone; saprai fargli cambiare idea su di te".
"Ma non ho capito una cosa: a me hai detto che il colpevole dell’incendio ha confessato e anche con Candy sei stato vago. Chi è stato ad appiccare l’incendio? E come ha avuto i miei guanti?".
"Non ti preoccupare di questo, in fondo che t’importa, è tutto risolto. D’ora in poi pensiamo solo a cose belle, vuoi?".
 
Giunti a Lakewood, Tom, Annie e Archie, trovarono Dorothy che, conoscendo gli orari di Tom, lo stava aspettando. Archie e Tom capirono il motivo del viaggio sul carro: Annie voleva essere sicura di incontrare Dorothy.
"Dorothy, so che per colpa mia hai passato un brutto momento, per cui mi scuso per questo e mi scuso anche per averti trattata male, quando ci siamo incontrate da Candy. Io e te non ci siamo mai frequentate, ma è giusto che ti ringrazi per la tua amicizia verso Candy: io e Candy siamo una persona sola e, aiutando lei, è come se avessi aiutato me. Grazie, grazie di cuore e scusami ancora".
"Signorina Brighton...".
"Chiamami Annie, in fondo siamo amiche, ormai".
Le ragazze si abbracciarono e Annie le disse:
"Tom ha trovato davvero una persona speciale; sono sicura che sarete felici insieme".
Archie e Tom, osservandole, commentarono tra loro:
"Eh, siamo stati fortunati ad averle incontrate".
 
Come aveva detto ad Iriza, Harrison parlò con Albert e il giorno seguente si presentò a Lakewood, per incontrarla. Ciò che le disse la lasciò senza parole:
"Ieri ti ho proposto una fuga d’amore e non scherzavo; la fuga a cui mi riferivo non era certo calarsi da un balcone con le lenzuola annodate. Iriza, vieni con me in Inghilterra, fuggiamo via da questi luoghi e vieni a conoscere un po’ le mie terre. Ti farà bene cambiare aria per un po’, devi allontanarti dai brutti ricordi e dalle... tentazioni che ti possono influenzare. Allora, ci stai?".
Le "tentazioni" cui si riferiva Harrison erano le influenze negative della madre di Iriza.
La ragazza, esitante, rispose:
"Harrison, io...".
"Lo so, hai paura, è una sfida. Ma è proprio questo il bello! Io con te mi sento di sfidare il mondo intero e di lanciarmi in qualsiasi avventura; potrebbe essere anche molto divertente e istruttivo per tutti e due. Dai, vieni con me in Inghilterra"
"Sì, Harrison, sì! Te l’ho detto: se ci sei tu con me non ho paura di nulla! Ma...".
"Niente ma, ho già parlato con Albert, è tutto a posto, lui è d’accordo, può farti solo bene allontanarti da Chicago e dalla tua famiglia, per un po’. E poi non è per sempre e, se lì non ti dovessi trovar bene, possiamo sempre tornare in America".
Alla fine Iriza cedette e accettò la proposta.
Prima di partire, Iriza volle incontrare a tutti i costi la piccola Daisy e pretese anche la presenza di Dorothy, alla quale cedette l’onore di consegnare alla piccola il suo regalo: non voleva prendersi tutti i meriti, perché se l’idea era stata sua e i mezzi li aveva forniti lei, era altrettanto vero che il maglioncino lo aveva confezionato Dorothy. La cameriera fu tempestata di baci da Daisy, che espresse il desiderio di incontrarla ancora, per cui Iriza si fece promettere da sua madre di dare il permesso a Dorothy di far visita periodicamente a Daisy, per tutto il periodo della sua assenza. Inoltre disse a Harrison di avere in mente qualcosa che riguardava la piccola: avrebbero avuto modo di parlarne durante la traversata.
Il giorno della partenza giunse e fu salutato con gioia da Iriza: era felice, perché aveva la certezza che, per lei, stesse per iniziare una nuova vita, del tutto differente dalla precedente e soprattutto migliore.
 
 
 
 
 
 
CONSIDERAZIONI DELL’AUTORE:
 
Allora, la finiamo qui? Va bene? O volete che pubblichi anche l’epiloghino? Quello in cui si narra del naufragio del piroscafo di Harrison e Iriza, sposati, di ritorno dall’Inghilterra; della morte di Albert e Terence, carbonizzati sull’Hindenburg nel disastro del 6 Maggio del 1937; del resto della famiglia Andrew deceduto nel naufragio del Titanic; del trionfo dei Legan, e di Neal, padroni delle fortune degli Andrew e dei McFly; dell’aiuto fornito ai Legan da Anthony (che, sopravvissuto, in realtà, alla caduta da cavallo e rimasto storpio, era stato tenuto rinchiuso in una cantina da Elroy) per incastrare Candy e venderla come schiava ai Messicani...
Ma sì, pubblichiamolo... [risata alla Fantaman]

 
The Blue Devil
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
A parte gli scherzi, se volete, c’è un epilogo. Quello sopra l’ho scritto perché so che c’è qualcuno che s’arrabbia a leggere quelle cose... magari tornano utili per un’altra FF [seconda risata alla Fantaman]
 
Ringrazio tutti i lettori che si sono imbarcarti in quest’avventura, che neanch’io so dove ci sta portando (sempre che ci porti da qualche parte)...


AGGIUNTA del 09/03/2019:

Grazie a Briz65 ora possiamo ammirare Harrison e Iriza.
I miei più sentiti ringraziamenti.
 
Iriza-e-Harrison
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Candy Candy / Vai alla pagina dell'autore: The Blue Devil