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Autore: elfin emrys    24/02/2019    3 recensioni
{post5x13, sorta di postApocalisse, Merthur, 121/121 + epilogo}
Dal capitolo 85:
Gli sarebbe piaciuto come l’aveva pensato secoli prima, quando era morto fra le braccia del suo amico, non ancora consapevole che sarebbe tornato, con Merlin, sempre, sempre con lui.
In fondo, non aveva mai desiderato null’altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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I Grant – Capitolo 9
 
Non era ancora l’alba quando delle figure sgusciarono via dal villaggio dei Grant. Le guardie, magicamente addormentate, non si accorsero di nulla; alcune avevano le guance attaccate al tavolino dove stavano giocando fra di loro con dei bastoncini, altre, che stavano facendo il loro turno in piedi, erano cadute a terra.
Le figure si immersero nella foresta, sparirono nel buio, fra gli alberi. Gli unici rumori del bosco erano quelli degli animali. Si sentì un ululato da lontano.
-Accendiamo.
Una delle figure maschili si fece passare una torcia, poi tirò fuori qualcosa dalla tasca e, con essa, bruciò la parte superiore del bastone. Le fiamme mostrarono i lineamenti degli uomini e una fanciulla si avvicinò per accendere anche la propria.
-La cava è poco distante da qui.
I sette si allontanarono ancora di più dal villaggio, andando verso sud, finché non raggiunsero uno spiazzo battuto, circondato da dei sassi levigati e da pali con sopra delle pezze a forma di vari pesci. L’aria tiepida vibrava. C’era una sorta di collinetta nella terra e un buco chiuso da delle travi vi stava davanti. Il legno lasciava sotto e sopra dei grandi spazi, dove era facile passare, poiché non avrebbe avuto senso per nessuna delle tribù andare a rubare in quella cava e, quindi, non era stata predisposta alcuna vera e propria difesa, solo un monito, qualcosa che rendesse chiaro che era già proprietà di qualcuno.
-Frederick, aiutami.
Le travi furono tolte con poca difficoltà.
Dentro era totalmente buio e la mancanza della luce della luna morente si faceva sentire.
-Arthur?
Una delle ragazze tirò fuori un oggetto dal vestito e lui le sorrise. Il biondo lo afferrò e cercò, alla luce del fuoco, il tasto, come Merlin gli aveva detto. Un fascio di luce trafisse l’oscurità e il viso dell’uomo tradì la sua meraviglia.
È una fortuna che un oggetto del genere si chiami sempre torcia”, pensò, e andò avanti a grandi passi nella cava.
Si girò a guardare il resto del gruppo e fece loro cenno di avvicinarsi, poi iniziò a sussurrare loro gli ultimi avvertimenti.
-Silenziosi, mi raccomando, come quando vi dovete muovere nelle acque del lago…
Tutti annuirono.
-Vi ricordate il piano?
Uno dopo l’altro, con sguardo determinato, acconsentirono. Strinsero nelle mani ognuno l’oggetto di cui era custode, chi un’esca, chi un’arma, chi l’illuminazione, chi la mappa del magazzino, e seguirono il biondo dentro la cava.
Non si sentiva alcun rumore; l’aria era immobile, umida e stagnante.
I sette camminavano lentamente, Arthur di fronte e Frederick a chiudere il gruppo, finché il biondo non spense la torcia. Harry sobbalzò in aria e una ragazza, forse Elisa, afferrò al volo l’oggetto che il ragazzo stava facendo cadere. Nel buio, vedevano a malapena la mano di Arthur, alzata in segno di attenzione.
Di sottofondo, piano, si potevano sentire dei rumori umidi come di…
Charles, il primo dei Grant a rendersi conto cosa fosse, impallidì.
…Era il rumore di qualcosa che stava mangiando.
Trattenendo il fiato, Arthur si sporse leggermente oltre gli scaffali: dopo diversi istanti, in cui i suoi occhi si erano abituati al buio, poté scorgere i movimenti di un animale relativamente grosso e i resti di qualcosa. L’uomo si prese il tempo di capire a che punto del corridoio era posizionata la bestia e si ritirò nuovamente al coperto.
Lentamente iniziò a indietreggiare, sempre guardando dritto, e fece cenno a Frederick di controllare che alle loro spalle non stesse arrivando nulla. Quando furono abbastanza lontani, allungò la mano verso una delle fanciulle, che gli diede la mappa. Riaccese la torcia, puntandola direttamente verso terra, e illuminò la cartina del magazzino, per controllare la loro posizione e quella della iena. Il fatto che l’animale stesse mangiando giocava a loro sfavore, perché non sarebbero stati in grado di attirarla con l’esca che avevano portato, in quanto sarebbe stata sazia.
Non era il momento di chiedersi dove avesse trovato il suo pasto: probabilmente l’aveva cacciato in mezzo alla foresta e poi era ritornata nel magazzino che, con la sua oscurità e i suoi diversi nascondigli, doveva fornire una buona tana all’animale. Il piano, tuttavia, andava cambiato e Arthur guardò uno per uno i suoi compagni, pensando a cosa avrebbero potuto fare. Non avevano molte possibilità… a quel punto, conveniva loro attaccarla mentre era distratta dalla cena.
Il biondo fece cenno a tutti di venire giù con lui e sussurrò a ognuno cosa avrebbe dovuto fare.
Si divisero e Arthur tornò al punto dove si erano fermati in precedenza ad ascoltare. Il rumore continuava imperterrito. Si affacciò e attese quanto avevano stabilito, contando nella propria testa. Corse poco distante a prendere la torcia accesa, il fuoco che emanava un bagliore piacevole nel buio. Saltò in avanti e nel momento in cui lo fece anche gli altri lo seguirono, circondando l’animale con le fiamme. Arthur stringeva l’arpione, il massimo dell’arma che era riuscito a reperire nel villaggio dei Grant, e vide le tre coppie fare altrettanto.
La lotta era appena iniziata.
 
Merlin attendeva impazientemente nella tenda in cui abitavano lui e Arthur.
Era da diverso tempo ormai che il gruppo si era allontanato per la caccia e, anche se ancora mancava all’alba, il mago poteva quasi sentire fisicamente scorrere ogni secondo. Nella sua lunga vita, aveva iniziato a percepire ogni cosa come veloce; quando ormai aveva superato il secolo di età, ogni evento aveva cominciato a sembrargli istantaneo, perché ormai la percentuale che occupava nella sua vita si faceva sempre più sottile. Invece, in quel momento, tutto stava andando troppo lentamente…
Sapeva che Arthur non gli avrebbe permesso di intervenire in alcun modo sulla caccia. Nel poco tempo in cui erano tornati insieme, aveva reso chiaro qual era il suo spazio d’azione, quello che voleva fare da solo. Merlin sapeva che aveva ragione, che se lui si fosse messo in mezzo la gloria di Arthur nel cacciare l’animale sarebbe stata in qualche modo divisa, che avrebbe colpito meno gli uomini di Grant. Loro, invece, avevano bisogno proprio dell’opposto, di offrire un modello di capo totalmente diverso da quello che avevano in quel momento, cosa che non poteva essere fatta se il merito di ogni azione fosse stata dimezzata fra loro due.
Il moro aveva pensato che gli sarebbe andato bene, che non avrebbe avuto problemi a lasciar fare al suo re qualcosa che sapeva gli riusciva bene. Mai pensiero era stato tanto sbagliato.
Merlin, dopo poco che i sette si erano allontanati, aveva iniziato a sudare. Si era ripromesso di non provare a controllare, che il massimo della sua azione nella missione sarebbe stata quella di preparazione, di aver trovato l’animale e di esser riuscito a riparare una torcia elettrica e che quello sarebbe stato il suo contributo. Si era pentito di essersi illuso di poterlo fare tranquillamente, ma voleva mantenere la sua parola ed era per quello che continuava a rimanere immobile nella tenda, senza avere il coraggio di muoversi, con quello che a prima vista poteva sembrare un medaglione fra le dita.
Merlin abbassò lo sguardo: il sigillo di Igraine stava lì, fra le sue mani, antico e delicato. Da quando Arthur gliel’aveva affidato, tanto tempo prima, non se n’era mai separato e neanche dopo Camlann aveva trovato il coraggio e il modo di liberarsene. In realtà, era forse una delle poche cose che non aveva proprio il desiderio di abbandonare.
Nei momenti più bui, in cui il lutto era ancora cocente, toccarlo gli aveva quasi portato conforto, come se quella potesse essere la garanzia di una promessa che Arthur non aveva mai fatto. Nei momenti più luminosi, quando sentiva di poter sopportare ancora il peso degli anni, sentire la sua consistenza gli aveva portato una dolce malinconia.
Era mentre teneva quell’oggetto fra le mani che Merlin si era reso conto di una verità che aveva seppellito dentro di sé per tanto tempo: lui aveva amato Arthur. Non come aveva amato sua madre, o Gaius, o i cavalieri, o Gwen, o suo padre nel breve tempo in cui erano stati insieme, bensì, credeva, come avrebbe potuto amare se stesso, con una continua negazione e una totalità così piena da essere spaventosa. Persino i sentimenti che aveva avuto per Freya impallidivano al confronto, per quanto le fosse stata cara.
Aveva pensato che era lì che aveva sbagliato: la sua missione non era stata più per la magia o per il regno, ma per Arthur, solo per lui.
Nei secoli, gli era sembrato di sentire quell’amore sbiadire e si era detto che, quando il biondo sarebbe tornato, non avrebbe fatto lo stesso, avrebbe imparato dai propri errori, avrebbe considerato il suo re come le leggende dicevano, come… sì… come un figlio, al massimo.
Ma Arthur era venuto dal lago, come le profezie volevano, e nel momento stesso in cui Merlin aveva posato gli occhi su di lui ogni buon proposito era scivolato nell’oblio.
Il mago regolarizzò il respiro, il battito del cuore, totalmente impazzito, e si rigirò ancora il sigillo di Igraine fra le dita.
Una parte di sé trovava troppo ingiusta quell’attesa che lo stava consumando.
Un’altra la pensava positiva, che doveva imparare a vivere senza di Arthur anche se in vita.
Si aggrappò a quell’ultimo pensiero e fece finta di non sentire l’alba ormai farsi vicina.
 
-È diverso dall’animale sul libro dello sciamano…
Arthur guardò meglio la carcassa della iena, mentre Betty si avvicinava e storceva le labbra.
-È malata o è deforme?
Il muso della bestia era strano, incurvato in una maniera innaturale sulla bocca. Non se n’erano accorti all’inizio perché quando ringhiava la piega insolita si addolciva, rendendola poco visibile.
Alla luce della torcia, Arthur la spostò per osservarla meglio, in alcuni punti il pelo sembrava caduto e la pelle era segnata, in quelle parti, da piccole protuberanze. Il biondo sospirò.
-Non possiamo portarla senza nulla.
Ethan gli diede il sacco che avevano portato. Il biondo sollevò la carcassa facendosi aiutare da Frederick e la pose nel sacco, tentando il più possibile di non toccarla a mani nude.
-Usciamo. Dobbiamo seppellirla. Poi ci faremo tutti vedere da Merlin.
Elisa annuì, poi si girò vero Harry, che guardava fisso la carcassa da cui l’animale stava mangiando.
-Cosa stai facendo?
Videro l’uomo mettersi una mano di fronte alla bocca.
-Non avvicinatevi!
Si girò, coprendo con la propria ombra i resti della cena della iena.
-Non è un…
Si bloccò e uno spasmo gli scosse il torace. Charles gli venne accanto, cercando di trattenerlo dal vomitare. Arthur lo guardò non capendo, poi si avvicinò alla carcassa. Poco ne era rimasto e la sua forma era, a prima vista, irriconoscibile. Gli occhi del biondo provarono a ricostruire la figura della preda della bestia, ma solo dopo diversi secondi notò dei pezzi di stoffa. Impallidì e lo sguardo gli scivolò in alto, notando, con orrore, quella che sembrava appena la sagoma di una piccola mano. Smise di respirare e si girò, coprendo anch’egli l’orribile spettacolo alla vista dei compagni. Ci mise diversi attimi per ricomporsi, deglutì e quasi sussurrò: “È un bambino”.
Lo stupore, l’orrore, la paura, il dolore, il disgusto, tutti questi sentimenti passarono sulle facce dei presenti. Harry impiegò molto tempo a smettere di sentire l’impulso di rigettare e Charles gli batteva amichevolmente una mano sulla spalla, come a cullarlo.
Betty fu la prima a parlare.
-Non dovremmo… portarlo via, voglio dire…?
Nessuno osò volgere lo sguardo. Arthur deglutì e scosse piano il capo in direzione della ragazza.
-Non possiamo seppellirlo… se lo facessimo, dovremmo farlo in segreto e i suoi resti non potrebbero più tornare ai suoi genitori. Qualcuno, sicuramente, lo sta cercando.
Il biondo respirò profondamente e alzò il capo, cercando di convincersi di quella scelta difficile.
-Andiamo. Parlerò con Edward della cosa in modo che non rimanga qui a lungo e possa avere presto una degna sepoltura.
Tutti si guardarono, ma sembrarono convincersi delle parole dell’altro. Lo seguirono lentamente fuori dal magazzino, anche se non senza girarsi indietro.
 
Quando Arthur aprì silenziosamente l’entrata della tenda, Merlin sobbalzò, non avendolo sentito arrivare. Gli occhi del biondo furono catturati da ciò che il mago teneva fra le mani e il suo volto si addolcì.
Il moro si alzò in piedi, andandogli incontro con un paio di passi.
-Come è andata?
Arthur sospirò, notando i segni dello struggimento sul volto di quello che, un tempo, era il suo valletto.
-La iena è morta. Credo avesse una qualche malattia, quindi mi farebbe piacere che stasera tu controllassi tutti noi.
Merlin fece un cenno di assenso col capo.
-Certo…
Il biondo volse lo sguardo verso ciò che l’altro stava ancora tenendo in mano e il mago, accorgendosene, si mise il sigillo in tasca.
-Io…
Le parole gli morirono in gola vedendo Arthur fare un passo avanti e sentendo le braccia forti del biondo avvolgersi intorno al suo corpo. Merlin trattenne il respiro, lasciando scivolare le mani sulle spalle del re, e gli occhi gli si inumidirono. Il respiro del sovrano era caldo contro il suo collo e i loro petti a contatto facevano percepire all’uno il battito accelerato dell’altro.
-Non sei intervenuto.
Merlin non seppe dove riuscì a trovare la forza per rispondere.
-Avevate detto che non volevate che io…
-Grazie.
Il moro sobbalzò, ma non disse nulla, il tepore della pelle dell’altro a cullare le sue insicurezze.
 
-La purezza e la forza non sono le uniche caratteristiche dell’unicorno…
Grant inclinò il capo e storse le labbra.
-E cos’altro?
Merlin aprì le mani.
-Sai perché si diceva che l’unicorno si fa ammansire solo dalle vergini?
-Perché sono pure.
-Sì, ma perché gli interessa siano pure? Una leggenda vuole che gli unicorni siano creature, diciamo… estremamente focose e che solo una vergine possa fermare la sua ricerca di un compagno con cui accoppiarsi.
Gli occhi di Grant si allargarono e l’uomo aprì le labbra. Guardò lo sciamano continuare a spiegare.
-Visti anche i poteri curativi della creatura, potrebbe funzionare particolarmente bene sugli uomini. Ho già sentito di qualcuno che ha usato materiali biologici provenienti dagli unicorni in questa maniera e, anche se è un processo lungo, è sicuro e…
-Come stai messo con l’artefatto offensivo?
Merlin scosse lievemente il capo.
-Come ho già detto, ci sto ancora lavorando; purtroppo è molto difficile riuscire a tirare fuori da dei semplici crini una magia d’attacco.
-Ma i crini sono ancora intatti?
Lo sciamano sorrise.
-Naturalmente, ma non capisco dove vuoi arrivare.
Grant gli afferrò un braccio, una strana luce negli occhi.
-Voglio tu cambi il tuo operato per me.
Merlin si finse sorpreso.
-Sento quello che dice la gente, sciamano: mi serve un erede e in fretta anche, prima che io sia troppo vecchio, e non posso designare i figli che ho già avuto.
Il moro allargò gli occhi, poi annuì lentamente.
-Capisco. Sarà fatto.
Si diresse verso l’uscita della tenda, non riuscendo a trattenere un sorriso soddisfatto.
 
Quando ormai il sole stava per tramontare, arrivò un esploratore Niall al villaggio. Venne fatto entrare nella tenda del capo e, quando uscì, pallido in viso, Grant era con lui. Merlin li vide dirigersi in direzione della cava. Abbassò la testa.
Avrebbe atteso fino al ritorno dei due uomini e all’annuncio ufficiale, ma già sapeva quale notizia sarebbe stata riportata e cosa avrebbe dovuto fare.
I Niall non avrebbero mai perdonato a Grant di aver lasciato un animale come quello in libertà nella cava, di aver permesso a un bambino della loro tribù di avere una fine tanto orrenda, né l’avrebbe mai fatto il suo stesso popolo, se avesse saputo.
E avrebbe saputo.
E lo sapeva.
-Ho sentito che c’erano i resti di un bambino, alla cava…
Una ragazza ne stava parlando con la sua amica, i cesti pieni di panni da lavare nelle mani. L’altra fece una smorfia.
-Se solo il capo avesse agito prima…
-Mi hanno detto che uno dei nuovi arrivati ne ha parlato con lui, ma che la sua proposta di cacciare l’animale è stata rifiutata.
Le due si girarono a guardare Merlin, rendendosi conto di essere ascoltate. Arrossirono e si allontanarono.
 
Note di Elfin
Merlin nuova Penelope.
Immagino abbiate capito cosa intendevo quando dicevo che sarebbe avvenuto qualcosa di male in questo capitolo.
Ciò detto, non so se tutti avete presente a cosa mi riferissi quando ho nominato il sigillo di Igraine. Ho preso la cosa da una scena che è stata eliminata (cliccate qui per vederla), ciò detto, me ne frego sia stata eliminata, c’è e quindi per me è canon.
Come ho detto nello scorso capitolo, da ora in poi gli aggiornamenti saranno più radi (manterrò una volta a settimana, possibilmente). Questo significa che avete tutto il tempo per recuperare, chi è rimasto indietro non ha più scuse, ahahah è_é
Mi sono dovuta fare un account instagram con lo stesso nome che ho qua per separare tutti i profili di fan di Merlin dal mio personale, che mi dava fastidio vedere quell’enorme quantità di profili seguiti, ahahah.
Ringrazio, as always, dreamlikeview che ha tanto carinamente recensito lo scorso capitolo e che ormai tutti conoscete e, in generale, tutti i lettori :3
Kiss
   
 
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