Ross e Demelza sapevano che, dal
momento in cui avrebbero
messo piede sull’ultimo gradino della scala che conduceva
alle camere da letto,
la loro relazione non sarebbe più stata la stessa…
Così, Demelza rimase con
le gambe che le tremavano
irrefrenabilmente tra le braccia di Ross, mentre lui si dirigeva verso
la camera
da letto, continuando a baciarla con una tenerezza sconvolgente. Era
bastato un
semplice, timido contatto tra le loro labbra a spazzare via la polvere
che
giaceva sul suo cuore ferito, allontanando in un solo istante
l’invadente
ricordo dell’esperienza vissuta precedentemente con Elizabeth.
“Non mi avevi detto che
oltre ad essere un medico
eccellente, sei anche un’ottima
infermiera…” Le sfiorò rapidamente le
labbra,
prima di posarla con delicatezza sul suo letto, mentre si sbottonava la
camicia
senza toglierle gli occhi di dosso.
“Ti fa ancora molto male,
non è vero?” Demelza si alzò,
stringendolo
forte contro il suo petto per cercare di curare attraverso
quell’abbraccio anche una parte
della sua anima, ferita almeno tanto quanto lo era stato il corpo di
Ross a
causa delle botte di suo padre.
“Adesso non sento nessun
dolore…” Indirizzò la sua mano
ammaccata da lividi e cicatrici verso la chiusura del vestito di
Demelza, rendendo
sempre più palesi le sue intenzioni a mano a mano che la
cerniera nascosta dal
tessuto sottile procedeva la sua discesa verso il basso, mostrando la
pelle
diafana della sua schiena nuda. Ross si allontanò
leggermente dall'abbraccio
per accertarsi che nel suo sguardo avrebbe rivisto il suo
stesso desiderio, mentre infilava delicatamente la mano in
quell’apertura magica che già
al tatto prometteva meraviglie.
Demelza alzò alquanto
scettica un sopracciglio, “Ma quanto
sei bugiardo!”
“Se vuoi saperla
tutta, l’unica cosa di cui ho
bisogno per stare veramente meglio è proprio davanti ai miei
occhi. Reclamo l’attenzione
del mio medico ancora per un po’… ”
Avvicinò di nuovo la sua vita sottile al
suo torace muscoloso, producendo in Demelza un fremito interiore ogni
volta che
il suo fiato caldo soffiava sul suo collo prima che le labbra potessero
stamparci
su milioni di baci affamati.
“E cosa potrei fare di
più di quel che ho già fatto per il
mio paziente insoddisfatto?” Anche la sua voce ormai sembrava
uscirle a fatica
dalla gola, sebbene le rimanesse quel tanto di energia sufficiente a
formulare la
sua domanda con toni ironici.
“Permettermi di prendermi
cura di te, di farti conoscere un po’
di quella tenerezza che ti è sempre mancata da parte degli
uomini…”
“Questo è un bel
paradosso, non trovi?”
Ross scosse la testa, “Ci
sono delle lesioni più difficili
da individuare di altre, ma non per questo meno gravi di quelle che gli
occhi
possono vedere. Persino un medico esperto come te può
perdere di vista ciò a
cui soltanto l’empatia e l’onestà di
cuore hanno il privilegio di poter
accedere.”
Demelza fece per aprir bocca, ma Ross
le posò prontamente un
dito sulle labbra, “No, Demelza. Il tempo delle parole
è finito, adesso devi scegliere
se fidarti o meno di questo sentimento che è nato tra di
noi… Forse, per la
prima volta in assoluto, sono stato io il primo ad aver trovato la
soluzione:
con quale nome chiameresti tu un impulso che ti da speranza e ti
restituisce la
voglia di tornare a concedere il tuo cuore a qualcuno, dopo aver
accettato la
possibilità di essere infelice per il resto della
vita?”
Rimase in silenzio a studiarlo,
percependo la sincronia del
suo cuore che batteva alla stessa velocità di quello di Ross.
“Ho diagnosticato qualcosa,
ma potrei sbagliarmi.” Lo guardò
intensamente, poi distolse lo sguardo concentrandosi su un punto fisso
e aggiunse,
“E se non fosse vero, cosa ne sarebbe di noi? Non posso
credere che sia tutto
un’illusione… ”
Ross iniziò a sciogliere
la treccia che le raccoglieva i capelli, “Affinché
sia vero basta avere il coraggio di accettarne le
conseguenze.” Terminato il suo compito, guardò lo
splendore di quella chioma
ribelle che fungeva da contrasto ideale per mettere ancora
più in risalto la raffinatezza
dei lineamenti del suo viso.
“Allora lasciamo che sia
vero…” Demelza prese la mano di
Ross, rimasta stazionata sul suo grembo, e la introdusse nella
scollatura del
vestito completamente aperto sulla schiena, prima di rimanere nuda di
fronte a lui
a godere come una Venere della sua primavera.
Intanto, a Trenwith continuava ad
aver luogo il ricevimento
nuziale più sontuoso di tutti i tempi. Francis ed Elizabeth
furono omaggiati
con balli e riverenze da tutti gli invitati, ad eccezione di George
Warleggan,
il quale sedeva assorto a contemplare i mirabili disegni della sua
mente e a giudicare
se quei progetti diabolici che vi vorticavano senza sosta valessero
davvero tanta
considerazione. Aveva appena saputo da suo zio che Hugh Armitage non
godeva
esattamente di buona salute, anzi le voci che erano giunte al suo
orecchio
profilavano una situazione a dir poco drammatica, al punto che si
diceva fosse
solo una presa in giro la storia del suo allontanamento volontario
dalla
Marina. In realtà, Armitage soffriva di un male incurabile
che a detta dei più
lo avrebbe portato alla morte ancor prima dell’estate,
nonostante la scarsa
considerazione attribuita dal giovane alla gravità di
sintomi piuttosto
eloquenti, primo fra tutti la perdita progressiva della vista.
Come avrebbe potuto sfruttare al
meglio la grande influenza
della famiglia Boscawen per trarne benefici personali? Come colto da
un’improvvisa
illuminazione, George si alzò di scatto dal
canapè dove si trovava per
raggiungere Armitage, impegnato in una conversazione con Elizabeth e
Dwight Enys.
A poca distanza da loro stava, seduta come un’imperatrice sul
suo trono, la
vecchia zia Agatha, completamente rapita da ragionamenti interiori che
più di
una volta l’avevano portata a ridere a crepapelle, finendo
con l’attirare l’attenzione
di tutti.
George provò ad inserirsi
naturalmente nella conversazione,
ma sembrava che gli altri non si fossero accorti della sua
presenza fino a quando
una voce piuttosto squillante riecheggiò facendoli voltare,
“Perbacco! Perché non
ti fai valere, George? Vedo che non è cambiato nulla da
quando eri piccolo e
venivi in questa casa a giocare con Francis e i suoi amichetti, dico
bene?”
Elizabeth divenne improvvisamente
paonazza per la vergona, “George,
devi davvero perdonarci. Non è stato assolutamente
intenzionale da parte nostra!”
George incassò il colpo
con aria di finta nonchalance, “Non
mi è passato per la testa nemmeno per un secondo che fosse
intenzionale.”
Elizabeth sembrò
rincuorarsi, ma
Agatha non mancò di infierire ulteriormente su di lui,
rigirando il coltello
nella piaga già aperta, “Certo, non avrebbe mai
potuto ammetterlo di fronte a te! D’altronde chi lo
avrebbe fatto? Hai fatto bene George a fingerti
indifferente, così una parte della tua dignità
può dirsi ancora salva!”
George ignorò gli insulti
dell’anziana, preferendo
concentrarsi sul suo obbiettivo: irretire il giovane Armitage,
convincendolo a
sottoporsi a una visita nel nuovo poliambulatorio, in modo da
ottenere la
riconoscenza della sua famiglia oltre che un bell’acconto di
popolarità,
garantita attraverso la pubblicazione di un articolo in prima pagina
sui migliori
quotidiani locali che lui stesso si sarebbe prodigato a contattare,
richiamando personalmente l’attenzione dei giornalisti.
“Potrei risultare
indiscreto, ma credo che sia meglio
riferire ciò che si dice di un amico piuttosto che lasciare
che tutti sparlino
alle sue spalle, senza che lui possa difendersi…”
Hugh lo guardò
incuriosito, “Credo di averla vista soltanto
un paio di volte in vita mia, comunque mi fa piacere che le mi
consideri già un
suo amico. Cosa mi vuole dire che io non sappia
già?”
“Molti credono che lei sia
tornato in Cornovaglia a causa di
problemi di salute, è così?”
Hugh esplose in una fragorosa risata,
“Pensi che secondo altri,
invece, sono stato costretto da mio zio a tornare sulla terraferma per
sistemarmi una volta per tutte con una delle donzelle più
ricche della zona.
Lei a cosa crede?”
A quella dichiarazione, Dwight
reagì con un moto di tosse
nervosa che pareva sul punto di soffocarlo.
Anche George aveva intuito che
Armitage si riferisse a
Caroline, tanto che il solo pensiero di un’unione tra le due
famiglie dei
Boscawen e dei Penvennen riuscì in un colpo solo a
spaventarlo e a provocargli la nausea,
“Beh, non posso che augurami che sia per il secondo
motivo.”
“Può darsi che
siano vere entrambe le teorie, signor
Warleggan. Tuttavia io preferisco non dare troppa importanza a nessuna delle
due,
almeno fino a quando mi sarà possibile evitarlo.”
“La vedrebbe come
un’offesa la mia proposta di sottoporsi ad
una visita specialistica da parte dei medici del nostro nuovo ospedale?
Sto
parlando di eccellenze assolute, si intende. Magari potrebbero
occuparsi loro di
questo suo piccolo problema, lasciandola libero di dedicarsi alle sue
passioni
senza pensieri.”
Hugh si ricordò del
breve colloquio avuto con Demelza il giorno del party di fidanzamento, in
cui aveva saputo che quell’angelo mascherato da donna
svolgeva il suo
tirocinio proprio in uno degli ospedali della Royal Cornwall
Hospitals
NHS Trust, perciò non perse tempo ad accettare
l’offerta: George aveva pienamente centrato il
bersaglio.