Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Freelion7    01/03/2019    0 recensioni
Come al solito, quella mattina il cielo londinese era totalmente plumbeo. L’aria era umida e qualunque cosa era avvolta in un sottile strato di brina. Era inverno e, logicamente, faceva freddo. Quel tipo di freddo che faceva solo desiderare una coperta calda, ma soprattutto asciutta, del the e poco altro. Tutto ciò che serviva a rendere la giornata straordinariamente ordinaria, monotona ed irritantemente noiosa. Era terribile. Non c’era un’altra parola per descriverlo. Non un caso, non una distrazione. Odiava il natale, si… col fatto che a Natale siamo tutti più buoni nessuno uccideva nessun altro. Noia. Noia. Noia.
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Brunella seguiva Sherlock, che camminava deciso per le strade di Londra. Per quel caso gli avrebbe fatto lei da assistente, anche se non se ne spiegava il motivo. Mediamente era John -il suo John- a occuparsene o, negli ultimi mesi, Mati. Gli archivi dei casi toccavano a lei comunque, così come le relazioni finali, ma difficilmente scendeva in campo in quello strano ed affascinante meccanismo.

 

Sherlock continua a girare a caso per Londra. Aveva avuto il compito di tenerla occupata per quattro ore e la persona che gli aveva affidato quell’incarico non poteva essere disattesa. Le lancette dell'orologio non avevano mai girato così lentamente e tutto gli sembrava rallentato. Prese una strada apparentemente cieca sperando di non rendere evidente a Brunella di non avere una reale meta.

 

La giovane continuò a seguirlo fiduciosa. Conosceva la mappa mentale che il detective aveva in mente, quindi se si stava dirigendo in modo tanto deciso da una parte all’altra, non vedeva perché non seguirlo. A lei stava prendere appunti, non seguire il filo di Arianna. Si annotò l’ennesimo indirizzo ed annessa svolta. Chissà cosa avrebbero trovato in quel vicolo dall’aria poco rassicurante…

 

Diede un ulteriore sguardo all'orologio. Grazie a Dio le quattro ore erano scadute, che i suoi amici fossero stati pronti o meno non gli interessava minimamente, il proprio pezzo lo aveva fatto. Con un nuovo sorriso sul volto si diresse tranquillo e felice verso casa propria.

 

Girarsi e tornare indietro verso casa fu più traumatico del previsto. Tornare a casa. In realtà il solo voltarsi mise i due in una brutta situazione: all'uscita del vicolo un gruppetto di uomini dall'aria poco raccomandabile sembravano molto -troppo- decisi a puntare proprio loro.

 

Il sorriso del ragazzo abbandonò immediatamente le sue labbra. Quegli uomini erano troppi e troppo minacciosi per essere degli amici di Matilde o di John. “Stai dietro di me” si mise davanti alla ragazza pronto a difenderla con unghie e denti.

 

La ragazza strinse il voluminoso tomo che teneva in mano. Difendersi coi libri? Okay, le mancava. “Cosa facciamo?” nessuno di quei volti le era familiare e nessuno amichevole.

 

Il gruppo si strinse loro intorno, minaccioso “Vi lasciate prendere da bravi o giochiamo e voi perdete?” chiese uno di loro.

 

“Il gioco è appena iniziato” sorrise scaltro il detective. Era pronto a scattare. Avrebbe vinto la partita, ne era certo.

 

“Il bambino vuole giocare” la voce dell'uomo, carica di sarcasmo lasciò intuire un sorriso -un ghigno- feroce. “Allora giochiamo” era il segnale, a quanto pareva. Cinque uomini si lanciarono sul detective e sulla ragazza.

 

Sherlock scattò come una pantera contro uno degli uomini. Erano imponenti e decisamente minacciosi. Se fosse stato solo sarebbe stata tutta un'altra cosa, ma era con Brunella, non poteva mettersi nei guai. Colpiva con destri e mancini schivando  abilmente i colpi e cercando allo stesso tempo di proteggere la ragazza.

 

La ragazza sgranò gli occhi. No, decisamente le risse ed i combattimenti non facevano per lei. Si difese come poté, anche se non era molto. La mente pareva averla abbandonata e la sua unica arma era un volume di storia di proporzioni ragguardevoli e l'agilità della piccola taglia, ma cosa avrebbe potuto fare? Abbandonare Sherlock dandosi alla fuga? Non lo avrebbe mai fatto e non glielo avrebbero lasciato fare.

 

I colpi degli uomini erano sempre più veloci e comunque cinque contro due non erano numeri favorevoli a loro. Sherlock si difese a come poteva. Ad un certo punto un uomo tirò fuori una pistola e la puntò contro la tempia della giovane. Decisamente non era uno scherzo architettato da Matilde e John “Ora basta con questi giochetti.” disse l'uomo con un'espressione crudele in volto.

 

Sentire la canna fredda dell’arma contro la pelle ebbe il potere di far tornare alla ragazza la lucidità. Lentamente, a sottolineare l'inoffensività del gesto, strinse a sé il volume. Chi era che li stava cercando? Chi era il mandante? Non potevano essere dei semplici ladri da strada, erano addestrati ed attrezzati e, soprattutto, non avevano mirato per ucciderli.

 

Gli uomini portarono entrambi in una macchina e li bendarono. Sherlock cercava di stringersi all'amica. “Trovo un modo” le sussurrò. In realtà non era così sicuro delle sue parole. Quella volta non sapeva se avrebbe trovato una soluzione. Stava provando a seguire la la strada percorsa nella sua mappa mentale di Londra, ma non riusciva. C'era stata una svolta che non era possibile, ne era certo, lì c'era un muro. Aveva perso l'orientamento.

 

Brunella non era così certa che ne sarebbero usciti da soli. Nemmeno in generale, realizzó, sentendo ancora su di sé la canna gelida. Non li avevano legati, se non con qualcosa di freddo, probabilmente manette, ma non così costrittive. Si costrinse a respirare piano e si appoggiò contro la spalla di Sherlock. Era l'unico punto fermo che avesse ancora in quella confusione concitata ed, al contempo, in quel gelo silenzioso e pesante. “Sono ancora sotto tiro” mormorò pianissimo.

 

Il ragazzo lo sapeva perfettamente. Percepiva la presenza della pistola. Sentiva l'odore della polvere da sparo, del ferro: con gli occhi chiusi gli altri sensi si svegliavano. Strinse a sé la ragazza, l'avrebbe protetta, e si concentrò suo rumori esterni alla macchina. Sembrava fossero in una sorta di parcheggio, sicuramente erano sotto terra. Erano sul cemento, senza buche, senza tombini, perfettamente liscio, poteva essere nuovo. Ad un certo punto la macchina si inclinò e salì su una rampa in metallo dentro a quello che poteva essere un garage. Sherlock si preparò a scattare nel caso di una possibile via di fuga.

 

I due prigionieri vennero spinti fuori con malagrazia dal veicolo. L'aria era fredda ed umida. Il veicolo dal quale scesero era altissimo e la giovane quasi scivolò nella discesa. A terra, i due prigionieri vennero bloccati uno all'altro, le manette unite fra di loro. Vennero sospinti, sempre con una pistola, lungo delle scale dello stesso materiale liscio del parcheggio.

 

Il detective non faceva alcun rumore mentre camminava per le scale. La sua testa aveva formulato già una decina di idee in materia al rapimento: chi fosse il mandante, quale potesse essere il perché di tutto ciò, lo scopo della loro cattura… Tutto.

 

Muoversi in quel modo era totalmente scomodo, la editor doveva proprio dirlo. Quegli uomini li spingevano a camminare rapidi -che fretta avessero poi, era un mistero- e gli scalini erano alti e scivolosi. Non era solo la loro vita ad essere in bilico, considerò con un sorriso non particolarmente divertito, era anche il suo corpo ad esserlo.

 

Il ragazzo sentì un rumore strano, come se qualcuno stesse scivolando. Repentino si mise dietro a Brunella per sostenerla. “Ti tengo, tranquilla” quanto sarebbe ancora durata quella salita? Decise di rimanere lì nel caso la ragazza avesse avuto di nuovo bisogno di lui. Continuava a camminare, saranno stati ormai dieci minuti buoni da quando erano stati buttati fuori dalla macchina. Non aveva la più pallida idea di dove fossero.

 

“Grazie” Non solo Sherlock le si era avvicinato, anche la canna gelida contro la sua testa lo aveva fatto ed i loro rapitori li avevano fermati così, da un momento all'altro, limitandosi a strattonarli. Il pavimento si era fatto nuovamente piano e, dopo qualche passo ancora, erano stati spinti a sedersi forzatamente su degli sgabelli sorprendentemente comodi, schiena contro schiena, con le braccia bloccate non fra di loro, come fino a poco prima, ma all'altro. Che strano modo, pensò la ragazza.

 

“Bene, bene, bene… “ disse qualcuno. Quella voce. Quella maledetta voce. Sherlock l'avrebbe distinta fra un milione di persone. Quella voce acuta e fastidiosa che come un tarlo ti rodeva lentamente il cervello, fino a farti perdere il senno. A quel punto gli era tutto più chiaro: Moriarty.

 

A partire dal fremito non suo che aveva sentito contro la schiena, la ragazza realizzò che, tanto quanto lei non aveva riconosciuto la voce del misterioso interlocutore, per quanto fosse vagamente familiare, il detective doveva averla riconosciuta molto bene. Abbastanza da irritarlo ferocemente. Questo portava a due sole risposte: Mycroft -ma non avrebbe usato modi tanto bruschi- o Moriarty. Moriarty… scattò in piedi -ci provò, quantomeno- in direzione della voce “Tu sei… so chi sei!” le sfuggì

 

“Brunella stai buona” sussurrò Sherlock. Aveva imparato suo malgrado che era meglio non farlo irritare. Sarebbero usciti da lì. Non sapeva come ma ci sarebbero riusciti.

 

Moriarty, Jim Moriarty era a dir poco stupito: lo conosceva? Sul serio? E se sì, come? Era molto curioso. Tolse ad entrambi le bende dagli occhi. Squadrò la ragazza, non la conosceva per niente. Era carina ma decisamente non il suo tipo.

 

Brunella si rintanò appena intimidita. Se Sherlock in persona si era premurato di fermarla, doveva esserci un motivo. In realtà la giovane aveva riconosciuto la voce perché l’aveva sentito in degli audio. Guardò i due uomini chiedendosi se potesse parlare.

 

Il Napoleone del crimine la guardò negli occhi “come fai a conoscermi? Sherlock e io siamo come amanti, ma tu…”

 

“Tu sei l’ex di una mia amica.” si decise a rispondere la ragazza. Solo dopo realizzò che Sherlock non avrebbe apprezzato con tutta probabilità, non avrebbe apprezzato per nulla.

 

Sherlock si gelò all'istante. Magari non stava parlando di Matilde, della sua Matilde. Guardò Brunella sperando che tutto fosse un grosso malinteso. Non poteva sopportare l'idea che Moriarty il suo acerrimo nemico fosse un ex della sua ragazza.

 

Jim inclinò la testa “Come si chiama la tua amica?”

 

“Matilde”  la stanza era calata in un silenzio teso ed il nome della giovane era stato uno scoppio.

 

Sherlock si girò di scatto, per quanto possibile, nel tentativo di scorgere una piega scherzosa sul volto dell’amica, ma non vi riuscì e non ve l’avrebbe scorta comunque: Brunella era seria.

 

Moriarty si illuminò “Matilde, la mia Matitina?” chiese con voce zuccherosa. “allora tu sei…” si sforzò di ricordare il nome… “Brunella? Giusto?”

 

“Sì, sono io” ammise la ragazza. Aveva lanciato il sasso, non poteva tirare indietro la mano.

 

Sherlock non poteva -non voleva- credere alle sue orecchie. Li avevano portati in delle nebbie allucinogene, come per i mastini, ne era sicuro. Jim Moriarty gli aveva causato due cadute, un pubblico fallimento, lo aveva fatto dubitare di se stesso, gli aveva complicato la vita, aveva spinto suo fratello a venderlo, lui stesso a suicidarsi per Jawn e per mrs Hudson, non doveva permettersi di vantare una storia con Matilde, la sua pipetta. Si limitò a guardarlo con odio.

 

“Piacere Brunella, Titina mi ha parlato molto di te. Era entusiasta quando vi siete trasferite insieme. Ti piace ancora quel blogger per cui fai l’editrice? Ho sempre fatto il tifo per voi”. Moriarty prese una sedia e si sedette: era da un po’ che non sapeva nulla di Matilde ed era curioso.


Sherlock non riusciva a far pace con l’idea che Moriarty e Matilde fossero stati insieme. Era al di sopra delle sue capacità. Semplicemente era troppo. “Non. Dirgli. Nulla”

 

Simultaneamente, la ragazza rispose al rapitore “Sta bene.” pulita, non aggiunse altro. Effettivamente i due si erano lasciati per le manie di controllo e di ricatto di Moriarty stesso, oltre ad una certa quale divergenza di legalità, a quanto ne sapeva. Non avrebbe servito la coinquilina ed amica su un piatto d’argento.

 

Moriarty fece un'espressione da liceale cotto. “Mi manca tantissimo, sai? Non solo a livello fisico, ma soprattutto a livello di testa, è molto intelligente. Ti ha detto perché ci siamo lasciati?”. Non sembrava nemmeno più lui. Il rapimento era passato in secondo piano.

 

“Me lo ha accennato, ma -dettagli piccanti a parte, ai quali, giuro, non sono interessata- puoi raccontarmi la tua versione dei fatti” farlo parlare le sembrava una idea decisamente migliore che parlare loro, decisamente. Le dispiaceva per Sherlock, ma era prioritario uscire vivi di là.

 

“il fatto è che non ho molto capito. Di sicuro il mio lavoro c'entra. Lei adora infrangere le regole, ma a quanto pare il mio lavoro era troppo per lei. Sono molto geloso di lei ma non avevo mai amato una persona così tanto. Quando ho saputo che un ragazzo le aveva scritto ho dato di matto. È stato il più grande errore della mia vita. Se n’è andata, arrabbiata e non l'ho più rincontrata. Non sono mai stato in grado di scoprire chi fosse il ragazzo. Matitina sapeva come nascondermi le cose… “ concluse con un sorriso nostalgico l'uomo prima di tornare a guardare la ragazza di fronte a lui.

 

“Altrimenti lo avresti ucciso, lo so. E prima che tu me lo chieda, no, non ti dirò il nome” specificò la ragazza “Ma quello che posso dirti è che sarebbe successo comunque. Apprezza che siate stati bene insieme, ma non forzarla, sai quanto me che non serve” Brunella si stava muovendo su una lastra di ghiaccio sull’abisso e lo sapeva perfettamente. Rimaneva da capire se il suo interlocutore, il mostro dell’abisso, l’avrebbe mangiata o meno. Siccome lei e Sherlock erano vincolati schiena contro schiena, gli si mise davanti, tanto per toglierlo dagli occhi di Moriarty, quanto per avere la visuale completa sul loro rapitore.

 

Sherlock non aveva ancora mosso un muscolo. Voleva sbattergli in faccia che Matilde stava con lui, che era per lui che l’aveva abbandonato, ma non ne era totalmente sicuro e poi non voleva se la prendesse con lei per avere vendetta e vantaggio su di lui.

 

“Non avrei ucciso nessuno, odiava quando lo facevo. Sto migliorando, davvero. Vorrei solo sentirla di nuovo. Sarei disposto a rinunciare al mio lavoro per lei.” affermò. Non stava mentendo, per nulla. Gli mancavano le sue mani, la sua risata, gli mancava lei. C'era poco da fare. Per la prima volta Moriarty si stava mostrando senza difese, così com'era.

 

Sherlock non si fidava di quel nuovo Jim Moriarty. Sembrava più amichevole, ma anche un boa constrictor era bello quando danzava. Di nuovo tenne per sé che la ragazza stesse con lui.

 

Brunella era basita. Il loro rapitore era bipolare o l’amica gli era entrata davvero a fondo. Non sapeva cosa fare.

 

Il telefono di Moriarty squillò. “Scusate un secondo”. Non appena vide chi era che lo stava chiamando un sorriso gigantesco gli spuntò in viso. “è lei!” disse a Brunella, poi accettò la chiamata.

 

La ragazza non aveva particolari dubbi che Matilde non li avrebbe abbandonati e John nemmeno. Il guaio rimaneva come uscire dalla situazione spinosa con uno Sherlock traumatizzato? Temeva che chiedere direttamente di parlare con la ragazza sarebbe stato veramente troppo.

 

Sherlock non aveva ancora mosso un solo muscolo, aveva recepito appena che dall’altra parte del telefono ci fosse la sua amata Matilde, ma nulla di più.

 

Solo dopo una ventina di minuti buoni Moriarty tornò dai due prigionieri “Non ci crederai mai”. Era estatico, al settimo cielo. “Viene qui”.

 

Brunella sperò solo che non ci fossero ulteriori complicazioni. Era in piedi solo grazie a tutta l’adrenalina che aveva in corpo, che effettivamente non era poca, ma non sarebbe durata per sempre.  “Oh, quando?” domandò.

 

Al sapere che la sua ragazza sarebbe venuta lì, Sherlock ebbe due reazioni contrastanti simultanee: si rianimò, ma al contempo si scoprì preoccupato per lei. Moriarty era pericoloso, quale che fosse il contesto e preferiva sapersi morto che saperla in pericolo.

 

“Vi lascio un po’ di tempo con loro” indicando le guardie armate “devo prepararmi.” se ne andò saltellando felice.

 

La ragazza si spense quando i due rimasero soli.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Freelion7