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Autore: Persefone26998    01/03/2019    1 recensioni
Dal testo:
“So già che odierai a morte questa cosa alla “Love Actually”, ma sai che non sono proprio bravo con le parole”
Breve One Shot scritta in onore del mio amato Yurio che oggi compie diciotto anni (Yeeeeeee!!!)
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yakov Feltsman, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, ma sono degli aventi diritto (anche perché se dipendesse da me, sta dannata seconda stagione sarebbe già uscita)
Ho voluto scrivere questa storia come tributo al mio personaggio preferito: quel piccolo stronzetto di Yurio che oggi diventa maggiorenne. Ci tengo a dire che la storia potrebbe risultare un po' strana, ma perchè fa parte di un mio progetto più grande che, causa università succhiavita e mia pigrizia mentale, ancora non sono riuscita a scrivere. Prendetelo come uno spin off.

Come sempre, un ringraziamento va alla mia Sam che mi supporta in tutte le mie pazzie da autrice incapace: se non ci fossi tu non scriverei niente. 
Spero che la storia sia di vostro gradimento e se volete commentete, accetto qualsiasi critica ;-)


Era la decima ramanzina di quella mattinata e Yuri stava seriamente cominciando a perdere la sua già scarsa pazienza. Non bastava il fatto che alla soglia dei diciott’anni la pubertà avesse fatto di tutto tranne che renderlo alto (ancora gli giravano al pensiero che perfino Katstuki fosse più alto di lui); non bastava il fatto che fosse stato costretto a subirsi i “Viktuuri” (come erano stati soprannominati Katsudon e stupido Viktor da qualche giornalista sciroccata, dando un’ulteriore scusa all’albino per sbattere in faccia al mondo la loro relazione) che pattinavano assieme trasudando zucchero e amore da tutti i pori, suscitandogli il vomito per quanto fossero stucchevoli; non solo Yakov gli stava urlando contro dalle sette di quella mattina, ma erano ben cinquantasei ore, quindici minuti e trentotto secondi che quell’idiota di un Kazako non si faceva sentire...non che Yuri li avesse contati.
Yuri sapeva di essere ingiusto, che mancava meno di un mese all’inizio della stagione delle gare (e se anche non l’avesse saputo, le urla di Yakov erano un modo più che sufficiente per ricordarlo), sapeva che il suo ragazzo ce la stava mettendo tutta dopo quell’incidente che tra terapia e riabilitazione lo aveva bloccato per un anno, sapeva anche che il suo nuovo allenatore era una reincarnazione di un generale delle SS e che lui non gli andava per niente a genio (nonostante il biondo lo avesse beccato più volte a fissargli il culo come se volesse mangiarselo)...ma dannazione, sperava di passare con lui i suoi diciott’anni.
Si sentiva davvero un moccioso egoista a pensarla così; andare ad Almaty era impensabile, Yakov l’avrebbe trucidato
- YURI PLISETSKY!-
L’urlo di Yakov lo fece sobbalzare e tornare alla realtà, una realtà dove il vecchio allenatore guardava il biondo come se volesse scorticarlo vivo.
- Non hai ascoltato una sola parola di quanto ho detto, vero?-
Yuri sbuffò, mentre sulla fronte di Yakov una vena cominciò a pulsare in modo minaccioso
- STAMMI A SENTIRE RAGAZZINO, VUOI VINCERE O NO L’ORO? PERCHE’ SONO GIORNI IN CUI IL TUO IMPEGNO RASENTA LO ZERO...-
- MI STO IMPEGNANDO COME SEMPRE, POTRESTI ANCHE SMETTERLA DI URLARMI CONTRO-
Sia Yuri che il suo allenatore si fissarono in cagnesco, finché il più grande sospirò
- Forse è meglio che tu vada a casa, per oggi può bastare-
- Decido io quando basta, ora lasciami in pace-
Il biondo tornò a pattinare, ancora più incazzato di quanto non fosse, mentre sentiva su di se gli sguardi preoccupati di Yakov e della coppietta. Non poteva farci niente se la sua incazzatura (non preoccupazione, perché Yuri Plisetsky non si preoccupava per nessuno) nei confronti di quell’imbecille di Otabek che lo distraeva: avevano litigato a meno di una settimana dal suo compleanno, non si vedevano da troppo tempo e Otabek era fin troppo irritato per quella dannata gamba che non voleva collaborare; Yuri sapeva che Otabek stava facendo di tutto per trattenersi e non sfogare la sua frustrazione con lui, anche se certe volte il biondo riusciva ad essere uno stronzetto irritante, ma vederlo così abbattuto era difficile per il biondo.
Un'altra caduta lo fece imprecare sonoramente, i quadrupli quel giorno non volevano proprio riuscirgli; gli sembrava di essere diventato incapace come Yuuri quando l’aveva conosciuto (non avrebbe mai ammesso che il Giapponese era molto migliorato, gli bastavano le continue smancerie dell’albino)
- YURIOOOO-
La voce di Viktor sopraggiunse irritante, anticipando l’albino che si buttò addosso al biondo, facendolo cascare per l’ennesima volta
- Che diavolo vuoi?-
- Ma come? È questo il modo di rispondere? Comunque, volevo sapere se ti serviva un qualche aiuto. Ho visto che oggi sei particolarmente distratto-
- Brutto...torna dal tuo porcello e non disturbarmi-
Yuri spinse via il maggiore tirandogli una ginocchiata
- Yuuriii...il nostro piccoletto mi tratta male-
- NON SONO IL VOSTRO PICCOLETTO...STUPIDO VIKTOR-
Yuuri stava “consolando” il marito, mentre Mila tratteneva il biondo dall’assalire Viktor
- Viktor, smetti di trattare Yurio come un bambino, domani diventerà maggiorenne-
- Aww...dimenticavo che il nostro piccoletto è cresciuto-
Yuri era seriamente sul punto di strozzarlo, per questo decise di seguire il consiglio di Yakov e andarsene.
- Aspetta, Yurio! Domani che ne diresti di venire a cena da me e Yuuri...prepareremo dei dolci apposta per te-
- Sai dove puoi ficcarteli quei dannati disgustosi dolci? Che schifo!-
- Ma come...non ti piacciono i dolci?-
Yuri si girò tirandogli una bottiglietta d’acqua sulla testa
- NO!-
Si tolse i pattini, si infilò le scarpe e velocemente uscì, mentre Yuuri consolava il povero Viktor
- Ma Yuuri...che persona orribile...e adesso che me ne faccio dei trenta cupcakes che ho ordinato?-
Non seppe perché, ma il tono lamentoso con cui Viktor disse quelle parole un po’ gli riscaldò il cuore.
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Potyska saltò sul letto e cominciò a leccare le guance di Yuri. Il biondo mugugnò infastidito per un po’, poi decise di svegliarsi e cominciare ad accarezzare la sua gatta. Lilia non c’era, una qualche riunione a Mosca, quindi aveva casa solo per se; Yuuri, Viktor e gli altri erano venuti da lui la sera prima per aspettare la mezzanotte dei suoi diciott’anni, con lo champagne e i maledetti trenta cupcakes (e Viktor si era premurato affinché avessero tutti gusti e decorazioni di diverse scritte/prese in giro, guadagnandosi una sfilza di insulti da parte sua). Gli avevano fatto dei bei regali, anche se le autoreggenti con i fiocchi rossi a pois che gli aveva propinato Mila non rientravano tra i suoi gusti.
Eppure adesso, immerso nel silenzio della sua stanza, l’unica cosa a cui riusciva a pensare a quanto gli mancasse la presenza di Otabek, che per inciso non gli aveva neanche mandato un messaggio di auguri. Il biondo sbuffò e si alzò per andare a farsi una doccia. L’acqua calda era l’ideale per lavare via tutti i pensieri.
Uscendo dalla doccia si diresse nella sua stanza strofinandosi i capelli e l’occhio gli cadde sull’orologio. Sobbalzò notando che era ora di pranzo e si affrettò a vestirsi per andare al pala ghiaccio; si diresse verso l’uscita e notò che il tavolo in cucina era stato apparecchiato con la sua colazione preferita: bliny, caviale nero, smetana, marmellata, burro, vatrushki e tè nero aromatizzato al limone.
Il biondo sia avvicinò interdetto, vedendo spuntare tra il cibo un biglietto bianco:

“Scommetto che non hai fatto colazione...spero che il cibo sia di tuo gradimento, mi ci sono impegnato a cucinartelo con tutte le mie (scarse) capacità culinarie; non preoccuparti dell’allenamento oggi. Quando hai finito cerca nella posta. Tuo O.”

Yuri sentiva il cuore battergli all’impazzata, era tentato di correre a vedere nella cassetta della posta ignorando tutto il cibo, ma si sedette e mangiò tutto.
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Nella posta aveva trovato un altro biglietto:

“Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Non il campo estivo, intendo Barcellona. Tu scappavi dalle tue Yuri’s Angels e io ti ho dato un passaggio in moto; non te l’ho mai detto, ma eri particolarmente bello quel giorno. La volta dopo ci siamo visti a San Pietrourgo...a quel tempo eravamo ancora solo amici.
Ti pongo una domanda: qual è per noi la cosa più vicina a Park Guell qui a San Pietroburgo?  O. ”

Yuri ci pensò un attimo, poi un sorriso si dipinse sul suo volto e si diresse alla metro. Il primo posto in cui aveva portato Otabek quando questi era venuto a trovarlo, dopo poco che si conoscevano, era stato il Museo dell’Ermitage.
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La piazza che si apriva davanti al museo era particolarmente brulicante di turisti quel giorno, complice l’inaspettato buon tempo. Yuri si guardò attorno ansioso, non sapendo bene cosa dovesse fare. Si fermò a riflettere su come il suo rapporto con Otabek fosse cambiato ed evoluto nel tempo, lì di fronte al Museo si ricordò di quel ragazzino di quindici anni che trascinava il più grande a vedere le opere del museo: aveva scoperto che Otabek aveva una strana ossessione per i pittori italiani, gli aveva parlato per ore sulle differenze tra i vari stili artistici che si susseguivano nella loro gita al Museo e si era innamorato dei quadri presenti nell’Ermitage.
Un gatto nero e grassottello si strusciò sulla sua gamba, risvegliandolo. Yuri si abbassò ad accarezzarlo e notò che portava legato a una zampa un altro biglietto bianco:

“<> diceva Gogol; ti ricordi tutte le volte che abbiamo girato la Prospettiva Nevskij? La prima volta hai addirittura voluto farla a piedi: più di quattro chilometri a piedi, piccolo pazzo...ti ricordi poi la nostra panchina, quella dove abbiamo mangiato i piroshki fatti seguendo la ricetta di nonno Nikolaj? Perché non vai a fartici un giro? O.”
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Arrivò senza fiato alla panchina, dopo la corsa fatta dalla metro per giungere lì. La “loro” panchina dava proprio sulla zona più bella del Neva: lì lui e Otabek avevano passato un sacco di momenti, quando usciti dall’allenamento o dopo una passeggiata avevano voglia di stare in solitudine, parlando di tutto e di niente. Sulla seduta c’era un pacchetto; Yuri si accomodò e lo aprì: dentro c’erano dei piroshki e un altro biglietto

“Ho chiesto la ricetta a tuo nonno, ma mi assumo tutta la responsabilità per la cattiva riuscita del tutto; ti ricordi che come cuoco non sono mai stato una cima, sei sempre stato migliore tu (e sì, so già che questa mia affermazione non farà altro che gonfiare il tuo spropositato ego). Goditi il pranzo o meglio la cena, visto che ti sarai sicuramente svegliato a mezzogiorno. Che ne dici se dopo andiamo a farci una passeggiata sul ghiaccio?   O.”

Yuri sorrise e mangiò quelli che, tralasciando la cottura un po’ sballata, non erano piroshki al Katsudon così pessimi.
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Il palaghiaccio era confortante nel silenzio in cui era avvolto; le luci illuminavano la pista che era appena stata smerigliata e sembrava una perfetta lastra bianca. Yuri si avvicinò agli spalti, dove aveva intravisto un altro pacco. Dentro vi erano i suoi pattini e un ultimo biglietto:
“Metti i pattini e danza come solo tu sai fare  O.”
Il biondo aggrottò la fronte, ma si cambiò e raggiunse il centro della pista.
All’improvviso sentì partire le note di una canzone; sbarrò gli occhi quando riconobbe “Agape”...da quanto era che non pattinava quelle note? Chiuse gli occhi e cominciò la sua esibizione: gli ci era voluto molto tempo prima di capire le parole di Viktor, il concetto di Agape, l’amore puro e incondizionato, privo di corporeità: pensò a suo nonno, a come avesse sempre creduto in lui; pensò a Yakov e Lilia, a come lo avessero sempre supportato; pensò a Mila, a Yuuko, a Viktor con la sua esuberanza infantile e a Yuuri con sempre una parola gentile, nonostante il suo caratteraccio; e infine pensò a Otabek, a tutto il tempo che avevano trascorso, a come lui e quel Kazako si sopportassero e supportassero a vicenda, a come la sua sola presenza fosse capace di renderlo felice.
Quando la musica finì si accorse di aver chiuso gli occhi; li aprì e di fronte a sé stava Otabek, con dei cartelli in mano. Il Kazako sorrideva e Yuri era rimasto bloccato a guardarlo. Lesse il primo cartello

“So già che odierai a morte questa cosa alla “Love Actually”, ma sai che non sono proprio bravo con le parole”

Fece cadere il primo cartello

“Ne abbiamo passate tante assieme che posso affermare con assoluta certezza che tu, Yuri Plisetsky, sei la persona più difficile della Terra”

Pian piano tutti i cartelli cominciarono a susseguirsi

“Sei la persona più testarda e irascibile che conosco, vuoi sempre avere l’ultima parola su tutto e se qualcosa non va come vuoi tu, meglio scappare a gambe levate”

“Ti credi invincibile e ti ammazzi il doppio degli altri, solo perché il tuo spirito di competizione è così alto che vuoi primeggiare ad ogni costo”

“Cerchi sempre di superare la fama di Viktor, odi essere paragonato a lui perché ti ritieni migliore (“almeno io non mollerei mai tutto per correre dietro a un porcello Giapponese” cit.)”

“Fai battutine sarcastiche e acide con tutti, usi la tua lingua lunga come se fosse un coltello...ma sei più fragile di quello che sembri”

“Sono principalmente cinque le cose che amo di te: amo il modo in cui nascondi il tuo vero essere sotto una scorza da duro e lo fai vedere solo a chi tieni davvero, preoccupandoti senza volerlo ammettere”

“Amo il modo  in cui mi rendi una persona migliore, perché con te sembra tutto più luminoso...anche un incidente che ha rischiato di rendermi paralitico”

“Amo il fatto che mi accetti così come sono: taciturno, scontroso e fin troppo introverso”

“Amo il modo in cui pattini, sul ghiaccio sei talmente splendido che non riesco a distogliere gli occhi da te; nessuno dei soprannomi che ti hanno dato nel tempo riesce a esprimere a pieno ciò che mi trasmetti”

“E, infine, amo il modo in cui, nonostante passino gli anni, nonostante le difficoltà e nonostante ciò che il mondo possa dire tu sia rimasto lo stesso ragazzo dagli occhi di soldato di cui mi sono innamorato”

“E di cui continuo a innamorarmi ogni giorno”

- Buon compleanno Yura-
La voce roca di Otabek lo fece sobbalzare, non si era neanche accorto di star piangendo; si asciugò gli occhi e si sporse a baciare il suo ragazzo.
- Stupido di un Kazako-
Il moro rise e Yuri pensò di non aver mai sentito niente di più bello
- Se ti dicessi che questo stupido Kazako ha mollato il suo allenatore...e per inciso so che quel vecchiaccio ti fissava continuamente il culo-
Lo guardò irritato e rimarcò le sua parole dandogli una sonora pacca sul sedere; Yuri gli lanciò un occhiataccia
- Dicevo...se ti dicessi che ho mollato il mio allenatore, che ho comprato un appartamento con l’intenzione di viverci con il mio biondo e scontroso ragazzo...-
- Dove sono le mie chiavi Beka?-
Il ragazzo rise e gli consegnò un mazzo di chiavi, con un portachiavi rigorosamente a forma di tigre. Yuri se le strinse al petto
- Direi che è il momento di andare a inaugurare il nostro appartamento-
Otabek rise e si sporse a dargli un altro bacio; il biondo seppe che da lì in poi sarebbe andato tutto bene.
 

Grazie di essere giunti fin qui; a presto...spero <3
  
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