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Autore: Koa__    03/03/2019    5 recensioni
Questa raccolta conterrà storie più o meno brevi, incentrate sulla coppia John Watson e Sherlock Holmes e (anche, ma non soltanto) sul loro ruolo di genitori.
La storia: "La geniale imperfezione di Sherlock Holmes" partecipa al contest "Tante navi per una palma" indetto da GiuniaPalma sul forum di EFP.
Alcune di queste storie partecipano alle Challenge dei gruppi: "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart" e "Aspettando Sherlock 5".
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Hurt



 

Thank you for all you've done
 
 



Scioccamente, sei sempre stato convinto che fossero le parole, più di tutto, ad avere la capacità di ferire. Loro e basta. Dopo i pugni, le pallottole e le bugie, le parole sono in grado di distruggere e nessuno lo sa meglio di te. Tu che hai ucciso, insultato, picchiato… Ora, però, è il silenzio a far male. Lo è il ticchettio assordante dell’orologio da polso, un suo regalo, che ti porti addosso persino la notte. Fa male il dolce suono del respiro di Rosie, la luce giallastra proiettata sul muro da una di quelle lampade colorate. Fanno male i suoi pupazzi, sparpagliati ovunque sul letto. E fa male anche il cuore. Quello che ancora possiedi, anche se ti pare incredibile, e che batte irragionevolmente al centro del petto e che, imperterrito, non sembra voler smettere di ricordarti che hai ancora troppo dolore caricato addosso. Ormai hai capito che il tormento che senti è direttamente proporzionale all’amore che provi per lui. Lo stesso sentimento che tieni fastidiosamente incastrato in gola, assieme a quel nodo di lacrime amare che non sei neanche più capace di versare. Dovresti dirglielo ma tu, oh patetico stronzo, questo, non lo farai mai.

Fa male. Ed è lui a dilaniarti l’anima. Lui con la sua muta presenza a fianco. Lui con il tamburellare delle dita delle mani, mai davvero ferme, che picchiettano sul pavimento. Lui che si preoccupa e che è perfetto nel suo essere stupendamente strano. Lui che accompagna Rosie all’asilo e le prepara lo zainetto. Lui che pedina le sue insegnanti e che ha già un piano pronto per quando avrà le sue prime mestruazioni, o per il discorso sul sesso. Lui che è lì, sempre e che la ama in quella maniera speciale che, ai tuoi occhi, lo rende bellissimo. Fa male. Fa male il fatto che sia perfetto e che tu lo sia così poco. Tu che ti crogioli nel tuo malessere e che ti senti sbagliato, rotto e mai abbastanza. Tu che non riesci neppure a dormire tranquillo per una semplice influenza di tua figlia. E sì, dovresti dirglielo. Ma non lo fai e nel silenzio della stanza tua e di Rosie, semplicemente lo guardi. Lui siede a terra e osserva, rapito, il giocare delle ombre sul soffitto. Di tanto in tanto ti spia e una volta o due hai creduto stesse per dirti qualcosa, tuttavia tace e immediatamente riprende a guardare altrove. Fa male anche il suo silenzio, fa male la tua incapacità di fare la cosa più giusta.

Poi, d’improvviso, un sospiro. Rosie si gira nel sonno, emette un versetto e il piumone le scivola via. Ed è allora che Sherlock si solleva da terra, agile e silenzioso come un gatto le si avvicina rimboccandole le coperte. Poi, un bacio sulla fronte e quindi un sorriso, colorato dalla luce giallognola proiettata sul muro. Ride ed è bellissimo. E no, non dovrebbe essere qui. Non è il padre di Rosie, eppure si comporta come se lo fosse. Non state insieme, ma delle volte sembra che ti consideri suo marito. Perché? Perché proprio tu? Che cos’hai di così attraente? Lui che è un genio e che potrebbe avere chiunque con uno schiocco di dita. Lui che potrebbe passare questa stessa notte in una lussuosa suite del più grande albergo di Londra in compagnia di un bastardo qualsiasi, sceglie invece di sederti accanto e di rimboccare le coperte a una figlia non sua. Perché? Non ne hai idea, ma non te ne sorprendi neppure. Da che da che lo conosci hai sempre sbagliato tutto con lui. L’hai offeso, insultato, umiliato, mai davvero capito. Picchiato. Hai sbagliato così tanto, John Watson e adesso, adesso lui è lì e tu… Cristo! Sei così troppo innamorato di Sherlock, tanto che non sei capace più di far nulla tranne che continuare a ripensarci, come se rimuginare facesse la differenza. No, non la fa mai. Il silenzio non cambia niente.

«Perché?» Sherlock sorride, si volta verso di te ma in quell’istante la sua espressione cambia e si fa cupa. Forse ha capito o magari non l’ha fatto e brancola nel buio. Non sei certo di nessuna delle due ipotesi.
«Perché io, Sherlock? Perché sei qui con me? Lo sai benissimo che Rosie ha solo una banale influenza stagionale e che fra qualche giorno già starà meglio, quindi come mai sei qui?» domandi e lui non risponde. Al contrario si volta appena verso la finestra, oscurata dalle pesanti tende che riparano dalla luce. Il sorriso si è smorzato, le dita hanno smesso di tamburellare. Qualsiasi musica stesse sviolinando nel suo palazzo mentale, ora è cessata. Il silenzio è svanito. S’è dissolto nel rumore della pioggia, in quello del suo respiro accelerato. Nel tuo protenderti in avanti. Nei vostri cuori che, stupidamente, adesso battono un po’ più all’unisono.

«Oh, John!» Ed è un sussurro che squarcia quel silenzio fatto di anni di non detto e di parole ricacciate indietro. Un sussurro che ti riporta in vita e ti dà il coraggio per farlo, perché devi. Perché quella bambina che vi dorme accanto si merita anche questo. Perché lo meriti tu e anche lui.
«Sono qui perché importante per te e se è importante per te, allora lo è anche per me. Lo so che è soltanto una banale influenza, ma tu non riesci mai a dormire quando lei è malata o ha un problema. E quindi finisci con l’auto commiserarti e col fare pensieri idioti, tipo che io non vi voglio qui e altre sciocchezze del genere.»
«Io…» Ma lui non ti fa continuare, si solleva sulle ginocchia e ti tira verso di sé. L’abbraccio che ti dà è caldo, affascinante. Profuma di dopobarba e sudore. E lo ami. Ami posare la testa sul suo petto, ami le sue braccia che t’accarezzano la schiena. Ami lui.

«Non vorrò mai nessun altro se non voi due, John.»

«Sherlock.» Ma le parole che tanto volevi dire muoiono in un singhiozzo. Si perdono tra le lacrime che ora non riesci a smettere di versare. Hai provato a piangere così tante volte senza riuscirci e lo fai invece adesso che sei tra le sue braccia. Il solo posto al mondo in cui vorresti stare. L’unico in cui sai che, piangere, non è poi così male. E quindi lo stringi, intanto che versi una a una le lacrime che gli bagnano la vestaglia. Piangi e le dita artigliano la sua schiena. I ricci solleticano la tua fronte. Il suo fiato t’accarezza la guancia. L’ombra di un bacio avanza lenta.
«Perdonati» mormora al tuo orecchio «perdona entrambi, John.»

Non sei mai riuscito a farlo, neppure dopo così tanti anni. Ma adesso è tutto diverso, è lui che te lo chiede e tu lo vuoi fare, anzi lo devi fare. Lo farai subito. Lo fai adesso intanto che lo baci. Una, due, tre volte. Lo baci in quel cercarsi frenetico, salato, disperato, a tratti passionale. Lo baci di chi non ha mai baciato. Lo baci di chi sa che è l’ultima persona che bacerai in vita tua. Lo baci di chi ama, di chi non ha mai fatto altro se non adorarlo che vi conoscete. Lo baci di chi l’ha ammesso soltanto dopo anni. Lo baci di chi avrebbe dovuto dire grazie già molti anni fa, ma non l’ha fatto. Lo baci della pioggia, del sole, di Rosie, di questa notte fredda di tardo inverno. Lo baci e basta ed è talmente bello che a te pare di morire e di tornare a vivere. Sherlock.

«Grazie per tutto quello che hai fatto.»

E lui non risponde, sorride e ti abbraccia di nuovo. Dopo, un altro bacio. Ancora e ancora. E quindi l’ennesimo. Intanto che le tue mani lo cercano ovunque. E ancora piangi, ma non importa. Il peso ti sta abbandonando, il dolore svanisce. Vivere inizia a non far più male.
 


 
 
Forgive all your mistakes
 
 
 
 


Fine
 
 
 
 
 
Note: Era un secolo che volevo scrivere qualcosa sulla canzone di Christina Aguilera Hurt, ma non avevo mai il prompt giusto e poi, all’improvviso, me n’è arrivato uno che recitava: “Rosie si ammala e i suoi papà si prendono cura di lei per tutta la notte. Ancora non stanno insieme, ma vegliare fianco a fianco, da soli, nel silenzio, li porterà a confrontarsi su ciò che non si sono detti”. Ringrazio Sonia, alias MissAdler per il prompt e il supporto.
Koa
   
 
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