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Autore: moira78    05/03/2019    4 recensioni
Questa storia è il sequel di "Dove volano i miei desideri".
Le coppie sono formate ormai, gli anni passano e le cose cambiano per tutti, nel bene e nel male. La nuova generazione di artisti marziali di Nerima si è appena affacciata al mondo e già dovrà affrontare nuove sfide.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le ombre del destino.'
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Cap. 11: TIMORI
 
"Ayaaaaa Lanma!", gridò Shampoo saltando al collo di Ranma e avvinghiandosi come l'edera.

Akane strinse i pugni, una vena cominciò a pulsarle sulla fronte mentre suo marito biascicava scuse incomprensibili e tentava, in maniera neanche troppo veemente, di far staccare Shampoo da quell'abbraccio inopportuno.

Scoccò un'occhiata a Mousse, che rimase in disparte guardando a terra, evidentemente frustrato. Richiamò sua moglie una volta sola, debolmente, ma si arrese all'ennesimo "Ai len" di Shampoo rivolto a Ranma.

Ad Akane parve di essere tornata ai tempi del liceo, quando scene come quella erano all'ordine del giorno e lei moriva dalla gelosia. Allora, non poteva fare altro che sfogare la rabbia tirando pugni e colpi di cartella al suo fidanzato. Ora, invece, poteva farsi sentire davvero.

Si schiarì rumorosamente la voce e Ranma balbettò: "Akane, non è come pensi!".

"Ah, no? E come sarebbe allora?! Vuoi per caso che vada a prendere dell'acqua fredda per calmare i vostri bollori?", chiese sarcastica, sperando che avere una gatta sulla faccia bastasse a farlo staccare da Shampoo.

La cinese le lanciò uno sguardo pieno d'odio e aumentò la stretta su di lui, che gemette contrariato: probabilmente lo stava strozzando, ora. "Lanma è mio", disse, "io e lui avremo presto un bambino".

L'urlo le morì in gola. "Bugiarda!", gridò quando finalmente riuscì a parlare.

"Esatto, sei una bugiarda", intervenne un'altra voce, "sono io che avrò un bambino da Ranma, non tu!". Akane si voltò e riconobbe sua sorella Nabiki, con la pancia prominente. Si avvicinò ai due e cominciò a urlare contro Shampoo.

Ma lei non udiva più nulla. Le ronzavano le orecchie, si sentiva sul punto di svenire. Che razza di storia era mai quella? Shampoo e Nabiki che rivendicavano la paternità di Ranma? E dov'era la piccola Misaki?

"R-Ra...", riuscì a soffocare prima di perdere i sensi.

Si risvegliò nel suo letto, in piena notte. Il braccio di Ranma era sopra al suo corpo nudo e il cuore le martellava nel petto. Si costrinse a prendere dei respiri profondi per calmarsi e la sua mente confusa ripercorse gli eventi della giornata.

Shampoo era stata effettivamente a casa loro e aveva urlato il nome di Ranma come ai vecchi tempi. Ma solo per salutarlo: era in partenza per la Cina, con Mousse e la piccola Misaki.

Evidentemente lo stress accumulato e la lite con Nabiki avevano contribuito a farle fare quello strano sogno. No, incubo. Si alzò, recuperando la camicia da notte che era finita ai piedi del letto e rabbrividì mentre la indossava. Andò in bagno per prendere un bicchiere d'acqua, poi tornò a letto. Ranma mugugnò nel sonno e l'afferrò nuovamente. Akane si lasciò cullare dal suo calore e dal suo respiro regolare, e si addormentò qualche minuto dopo.

                                                                                              ***

Akari aveva gli occhi spalancati nel buio. Da quando Ryoga le aveva fatto quel discorso, era dovuta venire a patti con i sentimenti contrastanti che la stavano sommergendo. Voleva la sua amicizia. Voleva il suo amore. Voleva essere leale. Eppure, voleva riconquistarlo. In barba a Ukyo o a qualsiasi altra donna fosse anche a un solo chilometro di distanza.

Perché? Perché semplicemente lo amava. E per riprendersi la sua vita. Quella vita che una maledetta trave aveva spezzato un giorno di qualche anno prima, distruggendo tutti i suoi sogni. Essere un'artista marziale di prim'ordine senza l'uso delle gambe non l'avrebbe portata a niente e sarebbe comunque rimasta sola. Lei e i suoi amati maiali. Ma Akari voleva di più, aveva diritto di essere felice e il sacrificio che aveva fatto, quando aveva praticamente consegnato Ryoga a Ukyo su un piatto d'argento, le si stava rivoltando contro. I bei gesti non l'avrebbero resa felice. Niente e nessuno avrebbe potuto. Mai più. Ryoga le aveva detto chiaro e tondo che erano amici. Che gli era molto, molto cara ma le cose non erano cambiate e il suo cuore apparteneva sempre alla cuoca di okonomiyaki. Voleva che rimanesse, per allenarsi, per avere compagnia; ma non doveva illudersi o provare a prendere un posto che non le spettava.

Se avesse potuto, sarebbe corsa via. Invece era rimasta. Era per forza dovuta rimanere, visto che Katsunishiki non era lì vicino. Il suo sorriso aveva vacillato solo un po' ed era riuscita ad annuire, proponendo poi a Ryoga di assaggiarle, almeno, le sue okonomiyaki.

Lui lo aveva fatto di buon grado e si erano messi a chiacchierare di cucina e ingredienti, stemperando il discorso serio di poco prima.

Si domandò, per l'ennesima volta, se rimanere o meno. Se fosse andata via sarebbe stato come ammettere la sconfitta, dandosi per vinta definitivamente.  Non che così cambiasse molto, ma non era ancora pronta all'addio finale. Sì, perché il giorno che se ne fosse andata non sarebbe mai potuta tornare. Aveva tentato disperatamente di abituarsi all'idea che lei e Ryoga sarebbero stati sempre e solo amici, data la presenza di Ukyo. Ma non ci era riuscita. Aveva bisogno, se non di sperare, di salutarlo ancora per un po'. Poi si sarebbe imposta di non tornare mai più. Non sapeva cosa avrebbe fatto della sua vita, ma di certo era inutile flagellarsi accanto a un uomo che non l'amava e lei non avrebbe sopportato uno strazio ulteriore per il suo cuore ferito.

Ancora qualche giorno, si disse. Ancora un po', per fare il pieno di lui. Poi sarebbe tornata al suo gelo perenne.

                                                                                              ***
Quella mattina, Nabiki era rimasta in camera ad ascoltare i rumori che provenivano dalla palestra. Aveva udito distintamente Ranma prima e Akane subito dopo tenere la loro lezione.

Lei invece doveva occuparsi delle pratiche per l'adozione, innanzitutto cercando di capire come funzionasse quel mondo a lei oscuro, ma le nausee mattutine, la stanchezza perenne e i lamenti di suo padre la dissuadevano ogni volta dal lasciare la sua stanza per più di qualche ora al giorno. Tuttavia, qualche minuto prima, aveva sentito lui e Genma parlottare della possibilità di andare in città per controllare che il vecchiaccio non combinasse guai: da quello che aveva capito, Happosai aveva trovato un quartiere dove veniva stesa una grande quantità di biancheria e voleva "andare a pesca". I suoi allievi, evidentemente, si sentivano responsabili delle sue malefatte o erano già stati avvisati dalle forze dell'ordine di ruberie le cui tracce portavano, guarda caso, proprio al dojo Tendo. Non sapeva bene se rischiassero la galera, in quanto presunti complici, ma di certo il loro maestro pervertito non avrebbe pagato alcuna multa gli avessero spiccato.

Per una volta, a Nabiki quelle questioni non importavano più di tanto: voleva solo recarsi al piano di sotto senza incorrere nei piagnistei di suo padre che la supplicava - o la minacciava a seconda dell'umore - di sposarsi con Kuno. Inoltre, non gli perdonava il colpo basso di aver tirato in ballo sua madre. Nei suoi sogni, desiderava ardentemente averla vicina, ora che anche Kasumi viveva per conto suo. Forse, se ci fosse stata lei, la sua storia con Kuno sarebbe andata diversamente. Forse, ora non si sarebbe trovata incinta.

Troppi forse, doveva smettere di fare la sentimentale e pensare alla realtà e al presente. Al diavolo i suoi ormoni impazziti.

Attese che il suo vecchio bussasse alla porta per comunicarle che sarebbe uscito e lo rassicurò sul fatto che non le sarebbe successo nulla a rimanere sola per qualche ora. Era incinta, non invalida, al massimo avrebbe avuto un attacco di vomito assolutamente controllabile; si sarebbe rimessa a letto o avrebbe spiluccato dei biscotti. Fine della storia.

Quando, finalmente, udì richiudersi la porta principale, si sentì leggera come una piuma.

                                                                                              ***

Aveva cambiato idea repentinamente, ma non sarebbe tornato indietro. Era bastata una breve conversazione con sua sorella per farlo tornare sui suoi passi, e riconoscere l'errore che stava commettendo.

Non sposare Nabiki Tendo sarebbe stato un atto di egoismo bello e buono. Si sentiva ferito dal comportamento di Nabiki, che pareva volerlo sposare solo per i suoi soldi, nessun uomo vorrebbe accanto a sé una donna solo per un mero motivo economico. Sì, c'era chi si accontentava per i più svariati motivi: la vecchiaia, la solitudine, il timore di morire senza nessuno vicino... ma lui era giovane e aveva una vita intera davanti! Ma c'era una creatura innocente, che era anche sua, che non aveva alcuna colpa di quello che accadeva tra loro. E lui non si sarebbe tirato indietro come aveva fatto suo padre, rifugiandosi lontano e abbandonando lui e Kodachi come se non fossero mai esistiti. Per poi tornare col suo corredo di pazzie e idee strambe. No. Lui ci sarebbe stato per suo figlio, a costo di essere infelice accanto alla donna che si era scelto.

Infelice... eppure innamorato. Suo malgrado, non riusciva a non amarla, quella Nabiki fredda e calcolatrice che voleva dare in adozione il bambino. Ma quello non glielo avrebbe permesso. Mai.

Mentre tornava al dojo, si augurò mentalmente di non trovare altri in casa se non Nabiki. Non poteva affrontare ancora suo padre, aveva bisogno di parlare in pace con lei. Da lontano, vide due figure allontanarsi da casa Tendo e sorrise tra sé: la fortuna era decisamente dalla sua parte!

                                                                                              ***
"Stanotte ho avuto un incubo", gli disse Akane con finta noncuranza. Gli era parsa stranamente tesa, quella mattina, ma non capiva il perché. Certo, erano stati mesi difficili, ma ora erano finalmente soli.

"Che genere di incubo?", le chiese mentre affettava le patate e controllava che non mettesse lo zucchero al posto del sale.

"Ho sognato che Shampoo aspettava un figlio da te. E anche Nabiki". Lo disse con una tale serietà che Ranma non riuscì a impedirsi di scoppiare a ridere.

Akane si accigliò, evidentemente contrariata: "Beh, non c'è niente da ridere! Sembrava vero".

"Qualsiasi sogno o incubo sembra vero, mentre lo fai", le spiegò mentre si asciugava gli occhi che sprizzavano lacrime. Le allungò una cipolla, spiegandole come tagliarla.

Lei l'afferrò con rabbia: "Lo so che sembra vero e non lo è, ma... mi ha fatto anche pensare".

Ranma la guardò di sottecchi mentre studiava la cipolla come se potesse darle delle risposte. Finalmente afferrò il coltello e iniziò a inciderla cautamente.

"Ovvero...?", si azzardò a chiederle, di nuovo attento.

Akane tacque per qualche istante, poi i suoi occhi cominciarono a riempirsi di lacrime man mano che la cipolla veniva fatta a pezzi: "Ho pensato che se io non riuscissi mai a darti un figlio potresti stancarti di me, e magari interessarti ad altre donne. Non dico subito, ma con gli anni".

Il ragazzo col codino sgranò gli occhi, incredulo. "Questa è la considerazione che hai di me?", le disse, risentito.
Sua moglie parve colpita da quelle parole, perché lo fissò asciugandosi gli occhi con il braccio. "Era solo un'ipotesi", tentò.

Ranma si accigliò. Evidentemente, tanti anni passati a prenderla in giro, a litigare, e tutto quello che era successo dal terremoto in poi, non avevano fatto altro che aumentare l'incertezza e il senso d'inadeguatezza in Akane. Doveva spiegarle come stavano le cose, senza mezzi termini e con decisione. Fece un passo verso di lei e la abbracciò da dietro, lasciando scivolare le braccia appena sotto al seno. La sentì rilassarsi al suo tocco.

"Ascoltami bene, perché non lo ripeterò. Se io avessi voluto mettermi con Shampoo o con Nabiki, o con qualunque altra delle mie fidanzate e non fidanzate, lo avrei fatto tanti anni fa! Se sono rimasto con te e alla fine ci siamo sposati è perché era te che volevo. E la sai una cosa? Anche a me piacerebbe avere dei figli, un giorno, ma voglio anche invecchiare accanto a te e se non ne avremo non me ne importerà un fico secco! Ti è chiaro?"

Akane si passò di nuovo la manica sugli occhi, anche se ormai era lontana dalla cipolla e si girò per abbracciarlo. Ranma la strinse a sé, mentre lei gli mormorava, piano, quanto lo amasse.
 
   
 
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