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Autore: ShunLi    11/03/2019    0 recensioni
"Don't ask for another fragment of my body or of my soul/i don't know if i can reply to your desperate call/I'm trying to forget/i'm trying to move on/this is the only time/just let me go.." Drabbles di Duccio e Ilario - due side characters di Assassin's Creed di cui mi sono innamorata, grazie all'rp di due utenti di tumblr e che mi mancano ogni giorno. Buona lettura!
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro personaggio
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Incompiuta
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Il mare.

Il mare chiaro e cristallino era davanti a lui. Duccio assaporava l'aria salata e il paesaggio non gli sembrava nemmeno tanto nostalgico. Quel luogo era una reminiscenza di quello che aveva lasciato a Firenze, più convinto che mai che aveva bisogno di staccarsi da tutto, ma proprio tutto. Da Ilario, dalle cortigiane con la gonna alzata, da tutto ciò che erano diventate non più un piacere, ma una malsana e cattiva abitudine. Così visitare tutte le città vicino al mare gli era sembrata un ottima idea, ed era salpato.

All'ennesima tappa, Duccio era sgusciato tranquillamente e senza fretta, in tutti quei vicoli ciechi dove si poteva godere di un diverso pezzo di mare. Ogni ambientazione gli dava la sensazione che il mare fosse diverso. In ognuna vedeva riflessa l'immagine dei suoi pezzi di cuore più importanti al mondo: Tazim e Ilario. Erano presenti ovunque, anche un vecchi palazzi e finestre rotte. Possibile che non riuscisse a toglierli dalla mente, solo per un attimo? Si sedette su una panchina, la cui posizione dava un ampia vista dell'acqua che sciabordava impazientemente poco lontano. Prese dalla sua saccoccia un pezzo di pane e l'addentò, deciso che aveva bisogno di rifocillarsi prima di riprendere a camminare. Forse dopo avrebbe anche fumato. Ma qualcosa attirò la sua attenzione. In una piazzola, dove delle grandi staccionate in legno delimitavano il confine tra l'acqua e il lungomare, una ragazza vestita da una veste corta veniva aggredita da un ragazzo. Duccio si alzò lentamente e rimase a fissare la scena. La ragazza sembrava resistere all'aggressore. E sarebbe stata cosa più che normale a Firenze, perchè era un giochino scontato quello delle cortigiane resistere un pò. Ma la ragazza non sembrava essere ingioiellata di nulla che la facesse apparire come tale. Mentre elaborava questi pensieri, Duccio si era talmente avvicinato che riusciva a carpire pezzi di conversazione.

“Sta lontano da me, non voglio più vederti!”
“Rosamaria tu mi appartieni e non c'è no che tenga!”
“Solo perchè hai i soldi e tutta questa parte del Meridione fa di te un uomo che può avere tutto di diritto? Mettitelo bene in testa: io non sono un oggetto! E la tua famiglia lo saprà, eccome se lo saprà!”

L'uomo sembrò avere uno scatto d'ira e colpì la ragazza in viso, e lei si piegò rovinosamente sul cemento. Duccio agì. Corse verso i due, mirando all'uomo che sembrava essere il doppio di lui, ma non se ne accorse e i suoi pugni colpirono l'uomo. Solo dopo si rese conto che aveva conciato per le feste il meridionale e quest'ultimo, con la coda fra le gambe, si defilò, ma non senza aver ricordato a Rosamaria che l'avrebbe anche uccisa, se non fosse ritornata con lui. Duccio si guardò le mani, ancora chiuse e rosse, forse sanguinanti, e poi, come ridestandosi, guardò Rosamaria. Pelle scura, occhi come il mare, gambe affusolate, ribelli capelli corvini che si poggiavano sulle spalle, sembrava una sirena.

“Stai bene?” Domandò Duccio, porgendo la mano alla ragazza. La povera tremava, e le sue mani erano chiuse a pugno. Forse stava trattenendo le lacrime o qualche insulto. Duccio non si sarebbe sorpreso se la donna avesse cominciato a lanciare bestemmie contro l'uomo che l'aveva aggredita. Però, con grande sorpresa di Duccio, raccolse quel che rimaneva della sua dignità, sputò in terra e si lasciò aiutare. Non guardò negli occhi il suo “salvatore” e si limitò a ringraziarlo con voce insicura.

“Dovresti lasciare stare tipi come lui.” Disse Duccio, cercando di avviare uno straccio di conversazione. Lei sospirò. “Veramente questi tipi non vogliono lasciarmi in pace. Sembro essere l'unica preda per il loro ego e sfortunatamente, per la loro futura prole.”

Duccio si mise le mani in tasca, cercando un fazzoletto, per pulirsi e magari aiutare a togliere il sangue dalla mascella di lei. E la storia di Rosamaria si annunciava dolceamara, ma era curioso di sentire. “E cosa desideri, allora, se non essere presa di mira da questi bell'imbusti?” Quando riuscì a trovarlo, prima lo porse alla ragazza. I suoi occhi mare si sbarrarono a quel gesto, ma le spalle si ammorbidirono. Era evidente che aveva bisogno di un gesto non comandato. Mentre lei si tamponava leggermente, le onde del mare continuavano ad infrangersi rumorosamente sugli scogli. Il vento si era alzato leggermente e la veste di Rosamaria danzò secondo il volere del vento. “Vorrei navigare. Vorrei vedere le meraviglie del mare.” Duccio sorrise, ma allo stesso tempo rimase ammalliato, forse Rosamaria era davvero una sirena.

“E tu, straniero? I tuoi vestiti sembrano arrivino da Firenze, perchè mai hai viaggiato fin nei profondi meandri dell'Italia?” “Per vederne le sue meraviglie.” Rispose il ragazzo immediatamente. Ed era vero. Rosamaria non arrossì, ma accennò ad un sorriso malizioso e si voltò verso la burroscosa sfuriata che il mare aveva deciso di esibire. “Sei fortunato allora! Sei libero e chissà quante ne avrai viste finora, di bellezze e meraviglie tanto preziose.” Duccio scrollò le spalle “In realtà non sono libero come vorrei… Ho un compagno e un figlio che mi aspettano, su a Firenze.” Rosamaria non fece una piega sulla parola compagno. “E perchè li hai lasciati?” “Dovevo disintossicarmi.” “Da loro?” Duccio si ritrovò imbarazzato, ma tentò ugualmente di rispondere. Quella straniera sapeva fare le domande giuste e toccare i punti più sensibili senza far male… “Io… Forse un pò. Forse per niente. Ma erano parte di una brutta abitudine che mi stava consumando, come la schiuma del mare sulla spiaggia. Mi entravano nella pelle senza lasciarmi respirare, in ogni punto scoperto che ho. E più mi si imbattevano nel corpo, più la loro schiuma mi invadeva l'anima. Ma non per questo ho smesso di amarli.” “Sei davvero un uomo che si sacrifica volentieri ai loro amori. Vorrei aver conosciuto almeno una volta nella vita qualcuno che mi descrivesse con lo stesso tuo ardore, straniero.” Rosamaria si avviò verso la staccionata e si sedette, ammirando ancora il mare. Invitò Duccio a fare lo stesso. Il mare ora era calmo e il sole illuminava la spiaggia. La sabbia sembrava pitturata di un delicato color ocra. “Lo conoscerai, te lo posso assicurare.” “Non in questa terra dominata da subdole tradizioni. Se fossi uomo, prenderei il mare e mi lascerei tutto alle spalle.” A quelle parole, Duccio prese il suo basco e lo mise in testa alla ragazza. Lei subito si portò le mani alla testa, toccando il tessuto ruvido e consunto del basco. Aveva un buon odore. Di sale e qualcos'altro che non sapeva riconoscere. Duccio sorrise.

“Cosa fai?”
“Travestita da uomo non staresti male. Il basco potrebbe essere un modo per nascondere i capelli. Poi credo che il resto riuscirai a trovarlo facilmente, no? E adesso va, e rincorri il tuo tuo desiderio. Non lasciare che la marea lo faccia affondare.”

Lei sbarrò gli occhi dalla sorpresa. Guardò il mare e poi di nuovo Duccio, che si stava per avviare verso la sua fidata barca.

“Grazie..”
“E’ stato un onore, Rosamaria.”

Duccio era arrivato quasi al punto in cui aveva deciso di riposarsi, quando Rosamaria gridò “Hey! Non mi hai detto il tuo nome!”

E decise che non avrebbe fatto male a non pronunciarlo. Forse un giorno avrebbe di nuovo incontrato quella sirena, in cerca dell'uomo senza nome che le aveva donato un basco e una nuova vita.
  
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