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Autore: Doux_Ange    13/03/2019    0 recensioni
Partendo dal titolo con una citazione del nostro Capitano in 'Scegli me!', una serie di one-shot per raccontare come, in molte puntate, la storia tra Anna e Marco sarebbe potuta andare diversamente.
I capitoli saranno in parte presi dall'altra fanfiction che ho scritto, 'Life-changing frenzy' relativamente alle parti immutate.
*Grazie alle mie brainstormers, Federica, Clarissa e Martina!*
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PENE D'AMORE

 

La parte compresa fra i tre asterischi (***) segue lo svolgimento regolare della puntata, oltre gli asterischi la parte alternativa. Come sempre, grazie a Clarissa per il brainstorming. Buona lettura!

 

***Anna oggi mi sembra particolarmente agitata, e non capisco perché. Okay, il caso su cui stiamo iniziando ad indagare non è dei più semplici, ma lei non è una che si fa prendere dall'ansia per mancanza di indizi.

Incontro lei e il Maresciallo all'ingresso della Caserma dopo il loro sopralluogo all'ospedale dov'è ricoverato il bambino nato prematuro. Stiamo ancora discutendo quando Anna apre la porta del suo ufficio, ed esclama, “Mamma! Ancora qui?”

Io mi blocco sui miei passi.

 

“Certo! Dove vuoi che vada, tutta sola...!” Commenta una donna bionda e ben vestita, che deduco essere quindi sua madre, in tono che sottolinea l'ovvietà della cosa.

Ah. Ecco spiegato il motivo dell'agitazione, quindi. È bastata una frase per farmi capire che la signora è l'esatto opposto di Anna, in quanto a carattere. E pure per lo stile, decisamente.

“Non mi presenti i tuoi colleghi?”

Io entro lentamente in ufficio, trattenendo a stento un sorriso ironico. Ma sì, meglio cercare di fare una buona impressione e svignarmela.

“Certo...” risponde il Capitano, in imbarazzo. “Conosci già il Maresciallo Cecchini, e lui è... ehm...”

“Marco Nardi, il PM.” Mi presento da me, facendo il baciamano alla signora, che scopro chiamarsi Elisa.

Anna mi lancia un'occhiataccia, che mi diverte ulteriormente.

“Son venuta a fare un salutino ad Anna e Giovanni. ...Lo conosce, no, Giovanni?”

Annuisco, eccome se lo conosco.

“...Il suo fidanzato?”

Io spalanco gli occhi, interdetto. Fidanzato? Perché, si sono rimessi insieme e io non ne so niente?

Uno sguardo eloquente di Anna e Cecchini mi fa capire che devo reggere il gioco. Okay, ora ti sistemo io. Ti ho beccata a dire una bugia, ora vedi!

“Certo! Sì, sì, sì, sì, è... un grande!” A farsi sfuggire Anna, sì. Ehm. “È un ragazzo... d'oro! Anna è davvero una donna fortunata!” Rincaro la dose, girandomi ad osservarla e trattenendomi dallo scoppiare a ridere: sta facendo di tutto per non picchiarmi ma nella sua testa sono convinto me ne avrà dette di tutti i colori. Ma dai, come potevo non approfittarne? Quando mi ricapita, di poterla prendere in giro senza che lei possa reagire?

“Beh, io vi lascio perché immagino abbiate molto di cui parlare. Madame,” faccio un leggero inchino alla signora Elisa prima di svignarmela senza però smettere di tenere d'occhio Anna, che ha tutta l'aria di voler sparire.

Uscendo, colgo le parole della signora che mi elogia in un modo incredibile, e anche se il suo giudizio risponde relativamente alla realtà (perché se è vero che sul lavoro sono serio e realizzato, lei si riferiva a livello più personale e, beh, lì sono serio a seconda dei momenti, ma non questo), non capisco cosa c'entri il dovermi presentare a Chiara, che se non ricordo male dovrebbe essere la sorella di Anna. No, grazie. Sto bene così.

Anche perché, in quel caso, non potrei flirtare più con Anna.

Flirtare, hai detto, Marco? Quindi non sono solo battutine per prenderla in giro?

Mi blocco un secondo sulle scale, cercando di capire da dove sia venuta fuori questa vocina, adesso.

Scuoto la testa.

Meglio lasciar stare.

 

[…]

 

Più tardi, mi richiamano perché hanno trovato un possibile sospettato: una delle guardie ha avuto una relazione con la detenuta morta, mettendola incinta mentre era in carcere. Senza un alibi adeguato, ha tutte le carte in regola per essere l'assassino della ragazza.

Mentre Ghisoni lo porta via io rispondo a una chiamata, ma mi affretto a staccare sentendo la interessante conversazione tra Anna e Cecchini: a quanto pare sua madre, incontrando Giovanni per caso, ha capito erroneamente che lui le abbia chiesto di sposarlo. Lei sembra in preda al panico, e il Maresciallo tenta di tranquillizzarla dicendole di lasciar credere la storia alla madre, tanto si tratta solo di due giorni, e di fidarsi di lui. Mi rendo conto che, nonostante i dissidi iniziali, anche Cecchini si sta affezionando molto ad Anna, ed è una cosa che mi fa molto piacere.

“Va bene!” acconsente lei infine, chiaramente terrorizzata e portandosi una mano al petto come se le mancasse l'aria. “Non si abitui, perché non vedo altre possibilità...”

Io ne approfitto per avvicinarmi, e per dire la mia.

“E fu così che vissero tutti felici e in convento!” Dico in tono drammatico.

“L'interrogatorio è finito, non te ne dovevi andare?” Mi chiede Anna, inviperita.

“Sto andando, sto andando, mi scusi.” faccio, rivolto a Cecchini in modo che mi faccia passare.

“Ma che scherza, è una cosa seria!” Mi rimprovera lui.

Io non resisto. “Scusate, ma ho sentito, era un invito a nozze...” infierisco, passando in mezzo a loro due.

“Vai!” mormora rabbiosa lei, ormai al limite della sopportazione, con un chiaro gesto che mi indica la strada, e non quella d'uscita.

“Sto andando, non ti arrabbiare!”

“Ci gode!” Sento dire a Cecchini mentre esco, e non mi trattengo più dal ridere. Certo, non è stato carino da parte mia, però la tentazione era troppo forte.

E poi io adoro farla indispettire, è una cosa che mi piace da matti.

 

[…]

 

Dopo aver convocato il signor De Vitis, rimasto senza una gamba e vedovo nell'incidente provocato qualche anno prima dalla detenuta morta, la madre di Anna torna a presentarsi in ufficio convinta di doversi fare carico dell'organizzazione del matrimonio della figlia. Stiamo scendendo la scalinata d'ingresso quando la signora quasi inciampa, e io mio affretto a darle una mano, da perfetto gentiluomo.

“Confetti... allora, confetti...” elenca subito dopo aver riacquistato l'equilibrio, e con mio estremo divertimento vedo Anna tornare ad evitare il suo sguardo. “Poi bisogna prenotare la Chiesa e... Oh, Maresciallo, venga!” Lo chiama a voce alta non appena lo nota poco più avanti, intento a parlare con Don Matteo. Per una volta il Capitano non dice nulla, ha problemi peggiori a cui pensare. “Maresciallo, non ci siamo, ancora non ci siamo!”

“Non ci siamo, cioè... dove dovevamo essere?” Domanda lui, spaesato.

“Manca l'abito da sposa! Ci accompagni!”

Anna gli lancia uno sguardo supplichevole.

“Eh no, forse... a Spoleto non ci sono negozi che vendono abiti da sposa!”

Stavolta l'ha detta così grossa che scoppio a ridere senza pensarci, e perfino Anna scuote la testa, rassegnata.

“Ma non dica sciocchezze, lo so io dove si va, su!” Lo rimprovera la signora Elisa in tono pratico.

“Giusto, signora! Bisogna andarlo a comprare, quest'abito da sposa per il matrimonio con Giovanni, giusto?” Infierisco io girandomi a guardare Anna, che mi lancia uno sguardo che promette vendetta.

“Ehm... non ti preoccupare, mamma, non c'è bisogno che mi accompagni.” Tenta di sviarla lei, ovviamente senza successo.

“Non posso lasciarti andare da sola, saresti capace di sposarti in pantaloni! Muoviamoci,” continua, rivolta al Maresciallo.

“Ma che cosa c'entro io?” Chiede lui a ragione.

“Ma non vorrà lasciare due donne sole a fare un acquisto così importante!”

“È giusto!” Commento io. Se Anna non mi ammazza ora, non lo farà più in nessun caso.

“E poi ci vuole un uomo per... contrattare con le commesse...” Ho la netta sensazione che la signora non avrebbe bisogno di nessun aiuto, anche se lei sostiene il contrario. Queste sue affermazioni mi sembrano un tantino esagerate, come se una donna, da sola, non fosse capace di sbrigarsela. Anna di sicuro lo è, non ha bisogno della balia, al contrario di quello che a quanto pare crede sua madre.

“Pure lui è un uomo!” Tenta di svincolarsi Cecchini, indicando me. Io? No no, non scherziamo.

“No! No no no, Maresciallo, Lei è sposato!”

“Ma io sono sposato antico e i vestiti che andavano di moda una volta non vanno più di moda... ora...”

“No, ma... Lei ha proprio più dimestichezza in questo campo... Ha gusto!” Lo sto proprio buttando a capofitto in questa situazione di proposito, per vendicarmi delle volte che mi ha messo nei casini lui.***

 

“Sì, ma Lei è più giovane, il suo parere è più... fresco.” Ribatte Cecchini, con un tono a metà tra la supplica e la minaccia.

“Il maresciallo ha ragione, un suo parere sarà molto apprezzato. Forza, andiamo. Muoviamoci!” Ordina imperiosa la signora Elisa.

Anna e il Maresciallo la seguono, non prima di avermi rivolto uno sguardo disperato e, nel caso di Anna, rancoroso. Io mi trovo costretto ad accodarmi senza riuscire a pensare a una via d'uscita valida e, soprattutto, efficace.

Ma perché non tengo mai la bocca chiusa, io?

 

Durante il breve tragitto a piedi che dobbiamo fare, la signora Elisa si tira accanto Cecchini, iniziando a parlare ininterrottamente, con lui che cerca di assecondarla come può. Io ne approfitto per avvicinarmi ad Anna, che li segue a qualche passo di distanza.

“Sono pratico anche di inviti, se vuoi una mano...” La prendo in giro a bassa voce.

Lei mi rivolge uno sguardo furibondo. “Ma non avevi niente di meglio da fare, tu? Mi sa che sei tu quello che parla a sproposito, altro che Cecchini.” Mormora, cupa.

“No, avevo proprio voglia di venire con voi, guarda. Anzi, visto che siete ancora in alto mare con i preparativi, se vuoi mi propongo come testimone. O chierichetto...”

Mi salvo dalla sfuriata di Anna solo perché sua madre sceglie quel momento per girarsi verso di noi.

“Anna, tesoro, tutto bene?”

“Benissimo,” le risponde lei a denti stretti, prima di rivolgermi un'occhiata di fuoco che non promette nulla di buono. Nascondo una risata a testa bassa. Almeno per questa volta l'ho scampata.

 

Quando arriviamo all'atelier, si vede che le commesse sono un po' sorprese. Anna è l'immagine del disagio.

Una delle ragazze si fa avanti, e ci indica di seguirla.

“Questi sono i modelli più gettonati della nostra collezione. Avevate già qualcosa in mente?” Chiede.

“No... Cioè, a dire la verità non ci avevo ancora pensato, ecco...” Mormora Anna, esitante. Interviene sua madre.

“Corpetto con le stecche, pizzo francese Leavers, e la gonna a ruota, taglio unico, con lo strascico.” Snocciola tutto d'un fiato. Io non ci ho capito una parola, e a quanto pare neanche gli altri, a parte la commessa che sorride ed esclama: “Okay, torno subito!”

Lancio uno sguardo ad Anna, che ha un'espressione terrorizzata.

Forse non è stata una buona idea. Sembrava divertente prima, ma adesso...

“Senta signora,” interviene Cecchini, “questi vestiti gettonati costano un occhio della testa...” tenta di dissuaderla, ovviamente senza successo come al solito.

“Ho avuto modo di pensarci,” lo contraddice lei, estasiata, “Mi sembra un sogno!”

“Mamma, io ti devo dire una cosa importante...” prova di nuovo Anna, con la voce leggermente tremante. Forse inizio a capire i suoi timori.

La signora annuisce appena, prima di voltarsi e strillare “È lui!”, facendo saltare in aria tutti e tre. Cosa, è lui?

“Perché deve gridare sempre?” Mormora Anna, indispettita per essere stata interrotta.

Ci giriamo anche noi, e notiamo la commessa con un abito alla mano.

“È meraviglioso! Tesoro, provatelo!” Elisa incita la figlia, incoraggiandola a seguire la ragazza dell'atelier.

 

Io mi blocco per qualche istante.

'Provatelo'? Anna dovrà... indossare quell'abito?

Certo che deve, mi dico. Siamo qui apposta.

Sì, ma io non è che avevo detto sul serio. Era uno scherzo.

Non lo è più, così.

Diventa troppo vero, se lo indossa.

E io non dovrei essere qui.

 

Anna ci rivolge uno sguardo sconfitto. “Sì sì, mamma, adesso me lo provo,” si arrende, seguendo la ragazza in un'altra stanza.

“Che ne pensate?” Ci chiede allora Elisa.

“Di gusto, di gusto...” fa il Maresciallo.

“E lei?”

Lei, io?

“Ehm... molto bello.” Deglutisco. “Anna starà benissimo.”

“Sì, lo penso anch'io!” Concorda lei. “Oh, che bello!”

 

Non appena Anna sparisce dietro la porta socchiusa, la signora fa cenno a Cecchini di avvicinarsi.

Gli dà una sistemata alla giacca e alla cravatta, poi gli spiega. “Ho da dirle una cosa.”

Noto che il tono che sta usando adesso è diverso, sembra più serio. “Come Lei sa, Anna non ha più il padre, e... ecco, insomma... pensavo che potrebbe accompagnarla Lei all'altare.”

Io sento la gola farsi secca improvvisamente.

“Io?” Mormora allora il Maresciallo. “Per me sarebbe un vero onore.” Dice poi, commosso, e noto i suoi occhi diventare appena lucidi, come quelli di Elisa.

Mi sento improvvisamente di troppo.

All'inizio era un gioco, questo, fatto per prendere in giro Anna. Adesso mi rendo conto che forse ho esagerato.

L'idea di un matrimonio, anche se finto, è stata troppo azzardata. Forse porta con sé un bagaglio più pesante di quanto avessi sospettato.

Non conosco le circostanze della scomparsa del signor Olivieri, ma ho capito che Anna ci soffre molto. Avevo sottovalutato questo aspetto. Insieme a molti altri.

Non ho pensato che avrei potuto farle male.

Abbasso lo sguardo a terra.

Non ho pensato a come mi sono sentito io quando il mio matrimonio è saltato. E anche il suo è saltato, in un certo senso. Obbligarla a tutto questo è stato crudele, da parte mia. Solo ora me ne rendo conto.

 

Sono grato per il fatto che Elisa non mi chieda niente al riguardo, trepidante com'è nell'attesa di vedere sua figlia.

Dopo qualche altro istante, la commessa apre le porte della sala adibita a camerino e si scosta per far uscire Anna.

 

Il fiato mi si blocca in gola.

 

È... è una visione.

Con i capelli sciolti sulle spalle e quell'abito bianco, è di una bellezza mozzafiato.

Anzi, bellissima è dir poco. Un angelo.

 

La signora Elisa è chiaramente commossa, ma Anna è a disagio, e fa un respiro profondo.

“Mamma, volevo dirti che... cosa c'è? Perché piangi adesso?” Sussurra però, le guance arrossate e gli occhi vagamente lucidi. Noto una strana espressione sul suo viso, ma non ho tempo di indagare oltre. O meglio, non riesco a concentrarmi abbastanza. Non con lei.... così.

“Non... non hai mai voluto ascoltarmi... Guardati, ora... Sono così felice!” Esclama sua madre tra le lacrime, prendendole una mano. “Allora, non è una meraviglia?” Chiede, rivolta a me e Cecchini.

“Sì, è vero, le sta molto bene...” Sento dire al Maresciallo, ma per qualche strano motivo la sua voce mi arriva come attutita, distante. Io sono ancora troppo colpito per fare qualcosa.

“Lei che ne dice, Nardi?”

Sento fare il mio nome, ma temo di non aver ancora capito come fare a ricollegare bocca e cervello.

È davvero troppo, troppo bella.

“... Marco?” Mi chiama allora Anna, esitante. Incontro il suo sguardo incerto, e per qualche ragione a me sconosciuta sento le gambe tremare. Però mi basta sentire la sua voce chiamare il mio nome per riprendermi abbastanza da poter articolare qualche parola.

“...un incanto.” Mormoro, rapito, senza riuscire a staccare gli occhi da quelli di lei, che arrossisce vistosamente.

Sento Cecchini schiarirsi appena la gola, e mi riprendo di colpo da quella trance in cui sembravo essere caduto. Anna sbatte più volte le ciglia, come se anche lei si fosse “risvegliata” solo ora da quegli attimi in cui sembravamo esserci solo noi due, e nessun altro.

“Sono d'accordo,” commenta Elisa, che a quanto pare non si è accorta di nulla. “Cos'è che volevi dirmi, amore?” Chiede poi alla figlia con tono affettuoso, ricordandosi della frase appena accennata da Anna.

Lei rivolge per un istante uno sguardo a Cecchini e poi a me, prima di abbassarlo e ingoiare a vuoto.

“Grazie per avermi accompagnata...” Sussurra, ma capisco che non è quello che avrebbe voluto dirle.

Elisa sorride, mormorando ancora “Una dea!” Ecco, forse è questa la descrizione più adatta.

La commessa si avvicina. “Allora? È quello giusto?” Le chiede.

“Devo pensarci un attimo,” sorride Anna con fare gentile, ma intuisco dal suo sguardo che vorrebbe essere da tutt'altra parte.

La ragazza le consegna allora un catalogo, così che possa aver modo di vedere anche altre proposte.

Per i dieci minuti in cui la attendiamo mentre torna a indossare la divisa, restiamo tutti in silenzio. La madre di Anna è ancora presa dall'emozione del momento, Cecchini ha un'espressione incerta, ma sono convinto che sul mio ve ne sia stampata una colpevole.

Sulla strada del ritorno, Elisa è l'unica a parlare: Anna si limita ai monosillabi, così come Cecchini. La salutiamo mentre lei torna all'appartamento insieme al Maresciallo, che ha finito il suo turno, mentre io seguo Anna in caserma.

Ci dirigiamo dritti verso il suo ufficio. Io aspetto che lei chiuda la porta prima di dire qualsiasi cosa.

Quando sono certo che nessuno ci verrà a disturbare, mi avvicino di qualche passo e, con tutta la delicatezza che riesco a mettere insieme, le chiedo, “Tutto bene?”

Lei tiene gli occhi piantati a terra. “No.”

Respira a fondo prima di riprendere a parlare, con mia enorme sorpresa.

“Sono solo una vigliacca.”

Io provo a contraddirla, ma non me lo permette.

“Sì, lo sono!” continua, e il suo tono adesso si fa pieno di rabbia. “C'è sempre stata mia madre che mi assillava con le sue convinzioni! 'Se diventi un carabiniere, non sposerai mai un uomo', mi diceva, 'perché gli uomini non vogliono donne che comandano, vogliono donne che ascoltano... che gli stanno vicino, se no poi quelli prendono altre direzioni...'” Arrivata dietro alla sua scrivania, abbassa lo sguardo sul catalogo che ancora tiene in mano. “E c'aveva ragione... C'aveva ragione su tutto.” All'improvviso scaglia con forza il libro sul tavolo, facendomi sussultare. Poi torna a guardarmi, e nei suoi occhi vedo solo dolore e rammarico. “È che mi dà fastidio dover ammettere di aver fallito, di sentirmi dire di nuovo 'te l'avevo detto'...” Io non riesco a sostenere il suo sguardo luccicante di lacrime, ma mi sforzo di ingoiare il groppo in gola che sento e fare qualcosa per lei.

Per aiutarla, stavolta.

“Tua madre non aveva ragione, non su questo.” Mormoro, tentando di mantenere ferma la voce.

Questa situazione ha un qualcosa di fastidiosamente familiare, che fa male anche solo a pensarci, ma al contempo mi fa rendere conto di cosa io abbia fatto passare senza volerlo ad Anna.

Lei mi rivolge uno sguardo incerto, per cui prendo un bel respiro e decido di rivelarle qualcosa di mio.

“So che può sembrare cattivo da dire, ma è la verità. Sul serio, so di avertelo già detto, ma... io credo che avresti potuto essere chiunque, anche cercare di essere diversa da quello che sei, e non sarebbe cambiato nulla. Non prenderla come una cosa negativa, anzi...” preciso, quando noto che ha abbassato lo sguardo.

Mi rendo conto che siamo ancora in piedi. “Vieni,” le dico allora, invitandola a sedersi su uno dei due divanetti in un angolo della stanza. Lei annuisce, prendendo posto sul sedile opposto al mio prima di tornare a guardarmi, in attesa che io continui.

“Dicevo... non prenderla come una cosa negativa, perché... io credo che non ci dovrebbe essere bisogno di cambiare, di essere diversi, solo per compiacere gli altri. Si rischia solo di stare peggio. E di essere... buttati da parte quando si cerca di farsi sentire. Te lo dico perché ci sono passato. Con la mia ex. E ti assicuro che cercare di accontentarla nel mio caso non è servito affatto, anzi...” Rido senza allegria, pensando a come mi ha ripagato Federica. “Giovanni ha preso quella decisione a prescindere dal fatto che tu sia un carabiniere, e so che lo sai anche tu, che è così. Non sarà andata come immaginavi, non come voleva tua madre, magari, ma non significa che hai fallito. Anzi... forse doveva solo... andare così. Non devi fartene una colpa.”

Anna mi regala un piccolo sorriso, che vale più di mille parole, perché mi fa capire che ha accettato il mio tentativo di consolarla, la mia confessione e che, nonostante mi sia esposto abbastanza dicendole quelle cose, non mi sta giudicando.

“A proposito, ti chiedo scusa. Mi rendo conto di aver esagerato a dare manforte a tua madre così. Pensavo si sarebbe limitata a entusiasmarsi all'idea dei preparativi, ma... ho sottovalutato l'impatto che avrebbero avuto le mie parole, non pensavo mi avrebbe preso alla lettera. Volevo solo prenderti un po' in giro, nient'altro, giuro. Non intendevo metterti in questo casino.”

“Non importa, lo so, l'ho capito. Mi sarei preoccupata se non avessi approfittato della situazione per sfottermi, sai...” Ridacchia. Io incasso il colpo alzando le mani in segno di resa. “Ora che hai conosciuto mia madre per bene, però, mi auguro ci penserai meglio prima di provocarla, la prossima volta.”

“Prometto che conterò fino a mille prima di parlare.”

“Ora non esagerare.” Alza gli occhi al cielo Anna. “Ho deciso di non dirle niente alla fine per non dispiacerla. Hai visto anche tu, è al settimo cielo, e anche se per poco, vorrei che si godesse il momento. Le dirò tutto tra qualche giorno, in qualche modo.” Sospira profondamente. “Non la vedevo così felice da... non so quanto. Anche se so che dev'essere stato brutto per lei chiedere al maresciallo di accompagnarmi all'altare. Per me lo è stato.”

“L'hai... sentita?” Chiedo con un filo di voce. Non so mai fin dove spingermi con questo argomento, mi sembra sempre di chiedere troppo.

“Sì, la porta era socchiusa. Io... solo in quel momento mi sono resa conto che l'idea del matrimonio comprendeva anche quell'aspetto. Non ho mai voluto pensarci. Ero piccola quando mio padre si è... quando l'ho perso,” mormora, e io mi sento mancare il fiato. È la prima volta che me ne parla. “ma l'idea di... sposarmi, anche se per finta, o comunque non ora, e sapere che in ogni caso lui non ci sarà... Non lo so, pensavo di averci fatto l'abitudine, ormai, ma...”

Mi accorgo che i suoi occhi traboccano di lacrime che minacciano di cadere da un momento all'altro. Guidato da non so quale strano istinto che sembra aver improvvisamente preso possesso di me, la bacio.

Il contatto è incerto, all'inizio, e non so chi tra noi due sia più sorpreso, ma nonostante ciò non riesco a trovare un buon motivo per allontanarmi, e nemmeno Anna, evidentemente.

Quando ci separiamo, l'imbarazzo tra noi è comunque palpabile.

Di' qualcosa! Forza! Non vorrai far finta di niente, mi auguro!

Faccio per aprir bocca quando il suo cellulare squilla.

“Ehm... devo rispondere, è mia sorella...” mi spiega Anna con un filo di voce. Io mi limito ad annuire.

Faccio del mio meglio per non sembrare invadente e origliare la sua conversazione, anche se non esco dal suo ufficio, e lei non sembra infastidita dalla mia presenza.

Quando stacca dopo qualche minuto, sospira pesantemente.

“Tutto bene?” Le chiedo, per la seconda volta in poco tempo.

“Sì... mia sorella voleva sapere come procede con nostra madre. Stamattina prima di uscire l'aveva sentita parlare di abiti e atelier, e ha immaginato i suoi piani per oggi, solo che non è riuscita ad avvertirmi prima.” Torna a sospirare, prima di alzare lo sguardo su di me. Vi leggo dentro molta incertezza.

“Sai, credo che questa cosa del matrimonio stia sfuggendo di mano. Ho capito che devo dirle la verità, anzi avrei dovuto farlo prima. Darle speranza per una cosa che non esiste non è stata una buona idea, non so perché ho dato corda al maresciallo.”

“Sa essere convincente, anche se in genere finisce per combinare casini e farci finire dentro altri. Te lo dico per esperienza...” Ridacchio, e lei fa lo stesso.

“Sì, avrei dovuto prevederlo, in effetti. Comunque... non voglio che ci rimanga ancora più male. Ho visto la sua reazione, prima, quando mi ha vista con quell'abito addosso, e un po' mi ha sorpresa... Era di sicuro più felice lei di me, e non credo sia così che dovrebbe essere...”

Poi vedo un sorrisetto furbo farsi strada sulle sue labbra, e lo sguardo di chi la sa lunga posarsi su di me. Le rivolgo un'occhiata interrogativa.

“Ripensandoci, non è stata la sua reazione quella che mi ha sorpresa di più...”

Io mi sento arrossire.

“...Ecco, io... ti... ti stava bene, e... ehm...” Balbetto. Eddai, Marco! Dille quello che hai pensato! Non è mica la prima volta che le faresti un complimento, questa.

Deglutisco, prendendo il coraggio a due mani.

“Eri bellissima.”

Stavolta è il suo turno, di arrossire, mentre un leggero sorriso imbarazzato le appare sul viso.

“Grazie...” Mormora, abbassando lo sguardo timidamente.

La sua reazione mi incoraggia, ma qualsiasi tentativo di aggiungere altro viene interrotto da un rumore nella stanza antistante, e ci voltiamo di scatto: Ghisoni è tornato su e si è lasciato sfuggire una cartella di documenti mentre era probabilmente alla ricerca di qualcosa.

Anna si alza, lanciando un'occhiata all'orologio appeso al muro di fronte.

“È... tardi. Dovrei andare, adesso, non vorrei che mia madre prenda iniziativa per mettermi sottosopra la casa come ieri sera...”

Corrugo le sopracciglia, senza capire.

Lei scuote la testa. “Ha pensato che fosse una buona idea chiamare Cecchini per fargli appendere tutti i quadri che è riuscita a trovare... se non fossi rientrata, casa mia si sarebbe trasformata in una galleria d'arte.” Spiega.

“Ah... allora in questo caso è meglio che tu vada a controllare, mi sa.”

Scendiamo giù senza aggiungere altro. Vorrei tanto dirle qualcosa su quel bacio, ma ho paura di fare una mossa sbagliata.

“Allora ci... ci vediamo domani.” Mormora Anna, quando raggiungiamo la scalinata d'ingresso.

“A domani.” La saluto, mentre lei mi rivolge un timido sorriso, prima di voltarsi e andare via.

 

***

 

In tarda mattinata, il giorno dopo, sono appena uscito dalla caserma dopo aver preso dei documenti, quando proprio lì in piazza incontro un amico e mi fermo a scambiare due chiacchiere con lui. Dopo qualche minuto, con la coda dell'occhio noto arrivare il Maresciallo in compagnia del Capitano e di sua madre, e anche da lontano capisco che c'è qualcosa che non va. Vedo il Maresciallo entrare in caserma, anche se non mi sembra contento di lasciarle da sole, così saluto il mio amico e mi avvicino, cercando di capire cosa si stiano dicendo le due donne.

“...che gli uomini li avresti fatti scappare.”

Suppongo abbia quindi scoperto che si sono lasciati.

“Lo so che me l'avevi detto, continui a ripetermelo.” Mormora Anna, tenendo gli occhi bassi.

“E credi che mi diverta?” riprende sua madre in tono di rimprovero. “Lo faccio per te! Io ho dedicato la mia vita a te e a tua sorella, e tu che cosa fai? Mi seppellisci sotto una montagna di bugie!”

“Mi dispiace.” sussurra di nuovo Anna, e dalla sua voce capisco che sta cercando in tutti i modi di non piangere. Io non riesco a credere alla scena che si sta svolgendo davanti ai miei occhi. Davvero si sta scusando per una cosa del genere? Per aver cercato di non darle un dispiacere?

“È a me che dispiace,” la contraddice la signora, “sei riuscita a deludermi anche tu.”

Anna non fiata, ma torna ad abbassare lo sguardo e annuisce, sconfitta, prima di girarsi e incamminarsi verso la caserma.

Non ce la faccio, non sopporto di vederla stare così male. Di vederla incassare quelle parole così ingiuste senza far niente.

“Deluderla?” esclamo, esterrefatto, avvicinandomi a sua madre. Anna si ferma, e so che forse sto sbagliando a mettermi in mezzo, ma davvero ne ho abbastanza. Non ha nessun diritto di dirle quelle cose. “Lei dovrebbe essere orgogliosa di avere una figlia come Anna! Una figlia che ogni giorno viene a lavorare con passione, e che sa ascoltare le persone...” Scuoto la testa, incredulo, voltandomi a guardare la donna che, da quello che ho avuto modo di vedere, si è comportata al contrario di come dovrebbe fare una madre. “Come fa a non rendersene conto? Io sono solo un collega, eppure l'ho capito subito... Anna fa un lavoro da uomo, vero... È più donna di tutte quelle come voi! Voi volete incasellare gli altri, cambiarli, renderli migliori... migliori per chi?” Deglutisco a forza, trovandomi di nuovo, per l'ennesima volta nella stessa situazione. “Voi ci chiedete di cambiare, ma quando ci riuscite vi stancate...”

“Ma Lei come si permette?” Mi interrompe sua madre, probabilmente scioccata dalle mie parole. “Io amo mia figlia, non mi stancherei mai di lei!”

“E allora se la ama non le chieda di cambiare, e la ami per quello che è... perché non è niente male.”

Mi volto per un attimo a guardare Anna, ancora ferma a metà strada a darci le spalle, prima di salutare sua madre e andarmene.

Meglio non entrare in commissariato adesso, ho bisogno di riflettere, e anche lei avrà bisogno di pensare. Spero solo che domani non sarà troppo arrabbiata con me.

 

La sera, a casa, la mia mente è rivolta ad Anna.

So che ho sbagliato a intromettermi, la situazione non mi riguardava affatto, però non ce l'ho fatta, a resistere. Non me la sono sentita, di lasciarla lì a subire senza dire niente. Di vederla sull'orlo delle lacrime, ferita dalle parole della persona che dovrebbe amarla e sostenerla di più.

Ha già perso suo padre, anche se non ne conosco il motivo o i dettagli tranne quelli che mi ha raccontato ieri – e tanto mi basta per sapere che si tratta di una ferita ancora aperta, quindi a maggior ragione sua madre dovrebbe aiutarla, non buttarla giù in quel modo.

 

Ripenso anche a quello che le ho detto io.

Ho di nuovo fatto riferimento alla mia esperienza personale, per la seconda volta in due giorni, e so bene che Anna avrà collegato con le cose che le ho raccontato ieri. Mi accorgo che senza rendermene conto ho capito che lei non ha mai fatto niente per cambiare il mio comportamento. A parte qualche battuta sul mio abbigliamento, o la mia mania di scherzare anche a sproposito, non ha mai detto nulla. E comunque anche quelle osservazioni le ha sempre fatte senza malizia o secondi fini.

Anche il fatto che non sia niente male... lo pensavo davvero. Ho capito che è in gamba, che è determinata, ma che sa essere anche dolce e sensibile.

 

Deglutisco a vuoto, ripensando al bacio che ci siamo scambiati in caserma e di cui non abbiamo ancora avuto modo di parlare.

 

È stato un gesto dettato dall'istinto, ma mi rendo conto adesso che lo rifarei senza pensarci due volte.

 

Ho capito che... mi sto innamorando di lei.

 

Anna's pov

 

Il pomeriggio, quando torno a casa ho quasi paura di affrontare mia madre, dopo quello che è successo stamattina fuori dalla caserma.

No, non per il fatto che abbia scoperto la verità su me e Giovanni, quella ho tentato di dirgliela in tutti i modi, anche ieri sera, ma non mi stava mai ad ascoltare come al solito, quindi ero tornata al piano originale di dirglielo per telefono, senza considerare la questione della casa che pensavo avesse lasciato stare.

È stato abbastanza umiliante, a dire il vero, che lo venisse a sapere in quel modo, e ancor di più sentirmi dire che sono una delusione.

Non che sia la prima volta che mi dice di non essere contenta del mio comportamento, anzi a dirla tutta non ha mai accettato l'idea che facessi il carabiniere e non lo ha mai nascosto, però questo riguarda la mia vita, la persona con cui dovrei passarla, e sinceramente non avevo il minimo bisogno della sua delusione perché mi sono già considerata una fallita senza che si mettesse di mezzo lei. Però sono giunta alla conclusione che in fondo non la volevo nemmeno io, una storia passiva come lo era diventata la nostra. È chiaro che vogliamo cose diverse, ed è stato meglio così. Okay, avrei dovuto dirglielo prima, ma non c'era bisogno che facesse tanto la melodrammatica, anche se nel suo caso è un'abitudine.

 

Quando apro la porta, non la trovo in casa. Tiro momentaneamente un sospiro di sollievo e vado a cambiarmi in qualcosa di più casalingo.

Dopo una decina di minuti la sento rientrare.

Mi saluta appena, dicendomi che prepara i bagagli per andar via mentre scompare nell'altra stanza.

Mi trattengo dall'urlare per la frustrazione.

Detesto quando fa così.

 

Mentre lei prepara il trolley, io mi concedo di ripensare al bacio di Marco, ieri sera in ufficio.

Sento le farfalle invadermi lo stomaco.

Non è un gesto che mi sarei aspettata... non in quel contesto, e soprattutto non da lui. Forse.

Sinceramente non so come sentirmi di fronte a quello che è successo in questi due giorni.

So che le sue frecciatine e battute le ha fatte solo per prendermi un po' in giro, e paradossalmente è finito per trovarsi in mezzo anche lui con la faccenda dell'abito.

L'idea di doverne provare uno mi ha messo su un nervosismo che non provavo dal mio primo esame all'università, credo, ma non è stato niente in confronto a come mi sono sentita quando mamma ha imposto anche a Marco di venire con noi.

Mi ha già vista in abiti eleganti più di una volta, e anche con molto meno addosso, visto quegli assurdi costumi da bagno che mi hanno costretta a mettere al reality, ma un abito da sposa... è diverso.

E dentro di me, anche se non lo ammetterei ad alta voce nemmeno sotto tortura, pensavo che lui, lì con noi, non dovesse starci, perché... lo sposo non deve vedere l'abito della sposa prima del matrimonio.

Sì, lo so che è assurdo, perché: uno, io non devo sposarmi davvero; due, non è lui lo sposo, in ogni caso; tre, non c'è niente tra di noi.

O almeno, non c'era fino a quel momento. Non consapevolmente almeno da parte mia. Forse.

Perché se ho pensato quelle cose, forse...

Forse niente. È troppo presto.

Però... ho ricambiato il suo bacio, non mi sono tirata indietro.

Arrrgghh. Ma che mi prende?

Io non vado in giro a baciare la gente così, senza prima essere sicura che ci sia qualcosa.

Allora questo dovrebbe farti pensare.

 

Una strana sensazione si fa strada nel mio stomaco, e mi vedo costretta a sedermi. Le mie gambe non reggono.

Sono sicura che sul mio volto c'è solo sconcerto.

 

Mi... mi sto innamorando di Marco?

 

Un rumore mi fa momentaneamente distrarre: mia madre è appena tornata in cucina e ha appoggiato il trolley accanto al divano.

Cerco di ricompormi.

“Allora parti domani...”

“Sì, prendo il primo treno e tolgo il disturbo.” Fa lei, funerea.

Cerco di trattenermi dallo sbuffare, anche se con scarsi risultati. “Mamma, non dire così.”

“E invece è così,” mi contraddice lei, voltandosi finalmente a guardarmi. “Mi pare chiaro che non ho fatto altro che darti fastidio, e non solo in questi giorni.”

“Non è vero, tu hai sempre fatto tantissimo, sia per me che per Chiara...” Tento di spiegarle. “Hai sempre rinunciato a te stessa per noi-”

“E allora perché mi trattate così?” Mi chiede, rimettendosi a piangere. Ma il trucco non funzionerà, non stavolta.

“Perché non te l'ho mai chiesto, mamma!” Esclamo, sfogandomi, finalmente. “Non voglio che i tuoi sacrifici siano per me, non voglio che i tuoi desideri riguardino me... Voglio essere libera di sbagliare, di deludere me stessa... ed è troppo pensare di deludere anche te.” Ammetto. È ora che anche io viva la mia vita, senza dover pensare per forza alle sue reazioni.

“Ma... ma tutto quello che ho fatto, io l'ho fatto solo con amore, e per amore!”

“E io ti ringrazio per questo! Ma adesso basta... fai qualcosa per te! Realizza i tuoi sogni, non i miei...” Le dico, stavolta cercando di trattenere le mie, di lacrime. “Vuoi andare in India? Prendi i soldi e vai, vai! Guardami....” La obbligo, deve capire. “Sono un Capitano dei Carabinieri... Sono single, forse quell'abito da sposa non lo indosserò mai, però... Ma non ho più bisogno di te, anche se ti amo, immensamente.”

“Lo so...” Mormora lei, ma stavolta non le impedisco di piangere. So che finalmente si è resa conto di cosa volessi dirle. “È solo così difficile ammettere che tua figlia è diventata una donna...” Mi dice, abbracciandomi. Io non posso far altro che ricambiare.

Anche se mi fa diventare matta, a volte, è pur sempre mia madre, e le voglio bene.

 

Ci separiamo dopo qualche istante, e io mi affretto ad asciugarmi gli occhi. Non mi va di piangere ancora. Non per questo.

Mamma riprende a sistemare la valigia, e ce ne stiamo ognuna nei propri pensieri per diversi minuti. Poi noto che si ferma, pensierosa, prima di voltarsi verso di me con un'espressione dubbiosa in volto.

“Quel tuo collega, il Pubblico Ministero... com'è che si chiama? Non ricordo.”

Io corrugo le sopracciglia. “Marco... perché?”

Lei esita prima di rispondere: passano alcuni secondi, nei quali lei mi scruta, fissandomi dritta negli occhi.

Perché mi guardi così, mamma? Non avrai intuito i miei dubbi, vero?

“È curioso, che tu lo chiami per nome, sai? E, a tal proposito, mi è sembrato un po' troppo coinvolto, in questa storia.”

Deglutisco a vuoto.

“Ma no, che dici...”

“Dico solo quello che ho visto. Lui sapeva, vero, che tu e Giovanni vi eravate lasciati da tempo?”

“... Sì.” Non mi piace, questo discorso.

Mi rivolge uno sguardo indagatore.

“Non c'è niente che devi dirmi, su di lui?”

No no no, non scherziamo con queste cose.

“Non mi sembra...” Faccio, con una voce più acuta del normale. Anna, eddai!

“Io, invece, qualcosa da dire ce l'avrei. E ho come l'impressione di aver frainteso qualcosa.” Ribatte mia madre, con un tono che non riesco a identificare bene. In che senso, frainteso?

Cerco di pensare velocemente a qualcosa da replicare senza 'compromettere' la mia situazione, ma come al solito lei mi precede.

“Mi è sembrato molto... disponibile, a venire con noi all'atelier.”

“Gliel'hai detto tu, di venire...” borbotto a mezza voce. Non è che gli abbia lasciato molta scelta. Non si può mai dire di no, a lei.

“Ma non l'ho mica costretto. Avrebbe potuto benissimo opporsi con più forza, inventare un impegno, e invece non l'ha fatto. Ma non è questa la cosa che mi ha colpito di più, sai? Naturalmente senza contare l'episodio di stamattina.”

Abbasso lo sguardo, ripensando al momento in questione. In effetti, non ha protestato più di tanto...

Ma sai benissimo anche tu che, con tua madre, è inutile opporsi. L'ha solo assecondata.

“Quando sei uscita con l'abito addosso... non era l'espressione di un uomo che guarda una collega, la sua.” Afferma, rimarcando la parola 'collega'.

Sento il viso in fiamme di colpo. Allora se n'è accorta anche lei.

“Era una situazione strana... non è che in genere vado in giro in abito da sposa...” Cerco di minimizzare.

“Oh, andiamo!” Sbotta lei, all'improvviso, facendomi trasalire. “Capisco la sorpresa, ma lo sai benissimo anche tu, che il suo sguardo diceva altro.”

Punto gli occhi a terra.

Questo argomento mi mette a disagio, soprattutto con lei.

Non so nemmeno io cosa provo, e le parole di mia madre non fanno che confondermi ulteriormente. Vorrei riuscire a dire qualcosa, ma il fiato sembra essersi bloccato in gola, e la situazione non mi aiuta affatto. Lei quindi continua, approfittando del mio silenzio.

“E le parole di... 'Marco', stamattina, mi hanno dato ulteriore motivo per credere che ci sia del tenero, tra voi.”

Spalanco gli occhi, tornando a guardarla dopo diversi minuti.

...cosa?

“De-del... no, no, non... non c'è... niente tra di noi,” biascico, senza riuscire a impedire alla mia voce di tremare.

Perché la mia voce deve tremare ora?!

Perché, niente niente, forse, non è vero.

Quel bacio dove lo mettiamo?

Ti sembrava niente?

Proprio ora dovevo pensarci?!

Stringo gli occhi, portandomi le dita alle tempie, per cercare di placare la mia lotta interiore.

Mia madre, però, sembra aver frainteso.

“Non sarà mica lui la vera ragione per cui tu e Giovanni vi siete lasciati, vero?”

“Che c'entra Marco?” Chiedo, sinceramente perplessa.

“Non so, magari siete stati un po' troppo... vicini, ecco, e hai trascurato Giovanni... Agli uomini non piace, essere trascurati, soprattutto a favore di altri.” Mi spiazza, con un tono di rimprovero.

Non avevamo fatto pace cinque minuti fa, e deciso che la mia vita la vivo a modo mio?

Sento un leggero mal di testa minacciare di esplodere.

“Mamma, non c'è davvero niente tra me e Marco. Cioè, non stiamo insieme, se è questo che pensi.”

“Questo non vuol dire nulla. Forse niente di concreto, ma... certi sguardi, certe parole... si possono giustificare solo in un modo. Con i sentimenti. E non mi riferisco solo al suo comportamento.” Mi dice poi, con un'occhiata eloquente e severa.

Mi impongo di restare calma, anche se una vocina nella mia testa mi urla l'opposto.

“Mi sembrava che avessimo detto che si tratta della mia vita.”

“Buttare al vento la tua storia con Giovanni per una cotta da nulla non è una cosa da sottovalutare.”

“Chi dice che sia una cotta da nulla?!” Esplodo, rendendomi conto solo dopo di cosa ho detto.

Mia madre sembra spiazzata dalla mia risposta, ma non quanto me.

L'ho detto sul serio.

Cavolo, l'ho detto sul serio.

E ora?!

Cerco di correggere il tiro. “Ehm... volevo dire che... che non c'è nessuna cotta e, se anche fosse, non c'entrerebbe nulla con il mio rapporto con Giovanni,” rettifico, cercando di mantenere ferma la voce il più possibile.

Lei, però, mi rivolge un'occhiata che mi fa capire che non mi crede.

“No, certo... è molto più che una sbandata.” Fa un sospiro profondo, poi aggiunge. “Credo che solo il tempo potrà aiutarti a capire. Cerca solo di non metterci troppo.”

A questo proprio non so cosa rispondere, ma lei sembra non aspettarsi nulla, perché torna a sistemare i vestiti in valigia quasi come se niente fosse, lasciandomi in piedi a riflettere su quanto è appena successo.

 

Ho l'impressione che mi aspetti una nottata molto lunga.

 

 

Marco's pov

 

La mattina dopo, decido con molta riluttanza di andare da Anna, in ufficio. La devo affrontare prima o poi, e magari se lo faccio subito sarà meno difficile sopportarlo.

Così quando arrivo alla sua porta, stranamente aperta, la trovo seduta su una delle due sedie poste davanti alla sua scrivania, così che mi dà le spalle. Busso battendo piano il pugno contro lo stipite. Voglio darle la possibilità di ignorami o cacciarmi, se vuole. Dopo il mio sfogo di ieri mattina, ne avrebbe il diritto.

Anna si volta a guardarmi, e ho come l'impressione che mi stesse aspettando.

“Chiudi la porta, per favore.” si limita a mormorare lei, alzandosi e invitandomi ad entrare.

Io faccio quanto mi dice e poi mi avvicino, mantenendo lo sguardo basso.

“Per quanto riguarda ieri con mia madre...” esordisce, ma io la blocco. Non voglio che sia arrabbiata con me. Ci ho pensato, e non riesco nemmeno a sopportare l'idea che lo sia.

“Non dovevo intromettermi, lo so.”

“Grazie.” Mi dice invece lei, spiazzandomi. Alzo lo sguardo, e vedo che sorride. Non me lo aspettavo, questo.

“Di... di niente. Spero di non aver causato troppi danni,” azzardo. Avendo avuto a che fare con la signora, non sarebbe da escludere.

“No... Almeno, non quelli che credi tu.”

Sto per chiedere cosa intenda, quando la nostra conversazione viene interrotta da Zappavigna, che ci informa che abbiamo visite.

 

Torno a concentrarmi sul lavoro, ma so che abbiamo un argomento in sospeso, e non ho intenzione di lasciarlo tale.

 

La sera, raccolgo tutto il coraggio che posso, e vado a casa di Anna. Non ci sono mai stato prima, ma so che ha affittato l'appartamento di fronte a quello di Cecchini. Spero di non incrociarlo, a proposito. Inizierebbe con le domande, e non credo proprio sia il caso.

Giunto davanti alla porta, prendo un bel respiro e busso.

La porta si apre dopo qualche istante. Sento la gola farsi leggermente arida.

“Marco! Ciao!” Esclama Anna, sorpresa.

“Ehi... Stavo tornando a casa e... ho pensato di passare di qua.” Tento di spiegare.

È strano vederla in abiti così casalinghi.

“Ah... beh, entra, accomodati,” dice, con un piccolo sorriso.

Si scosta per lasciami passare. Do un'occhiata in giro, e decido che casa sua mi piace. La rappresenta bene. Colori che non ti aspetteresti, e libri su libri.

“Tua madre si è data davvero da fare con i quadri,” ridacchio, più per sdrammatizzare che altro. La mia battuta per fortuna funziona.

“Visto? Mi ha occupato tutte le pareti.” Commenta lei, ridendo. “Ma... non hai ancora cenato?” Mi chiede poi, corrugando lievemente le sopracciglia.

“Ehm, no, non ancora.”

“Beh, se ti va potresti... restare qui?” Fa, in tono incerto, arrossendo appena.

Più di così, cosa vuoi, Marco?

“Volentieri... ma non posso approfittare senza far niente: cucino io,” propongo di getto.

Lei sbarra gli occhi. “Tu? Perché, sai cucinare?”

“Già... perché questo tono sorpreso?” La prendo in giro.

“Non l'avrei mai sospettato... Beh, come rifiutare la proposta? Anche perché, sinceramente, io non sono tanto capace, a cucinare.” Ammette.

“Ho appena scoperto un punto debole del capitano?” Continuo a sfotterla, beccandomi un colpetto scherzoso sul braccio.

“Ora non ti allargare.” Mi rimbecca. “Non ho mai avuto molto tempo per imparare, ma nemmeno molta propensione, ecco.”

“Forse hai semplicemente sbagliato approccio.”

“Dici?”

“Mh-mh... ti insegno io.” Stasera sei particolarmente intraprendente, Marco. Continua.

“Lo faresti veramente?”

“Ancora con questo tono sorpreso.”

“Smettila... Affare fatto, comunque.” Accetta, con un sorriso che mi scioglie.

Mi do da fare a preparare una cosa veloce, sotto il suo sguardo attento, e in men che non si dica, ci ritroviamo a tavola, a parlare come se fosse una situazione normalissima e familiare.

Una volta terminato, ci spostiamo sul divano, a chiacchierare.

A un certo punto mi ricordo della discussione interrotta della mattina, per cui le chiedo: “Cosa intendevi stamattina, a proposito di tua madre?”

Anna mi lancia uno sguardo di traverso. “Riguardo a cosa?”

“Di... dei 'danni' causati dalla mia intromissione,” ammetto, schiarendomi la voce.

“Ah, quello...” mormora, e non posso fare a meno di notare che sia arrossita. Mi chiedo come mai. “Beh, abbiamo chiarito, più o meno. Credo abbia capito che è la mia vita, e alcune cose tocca a me deciderle senza avere la sua pressione addosso. Almeno spero, che lo abbia capito...”

“E...?” Incalzo, ho l'impressione che ci sia altro.

“E... diciamo che poi abbiamo avuto di nuovo una mezza discussione perché...”

Il resto della frase è un mormorio incomprensibile.

“Ehm... temo di non aver capito niente.”

Lei solleva appena lo sguardo, ma evita il mio.

“... pensa che ci sia qualcosa tra noi.”

“Ah.” Resto senza parole per diversi istanti. Sua madre pensa... beh. La osservo per qualche secondo, e mi rendo conto che non stavo così bene come sono stato stasera da un sacco di tempo. Qualcosa vorrà pur dire.

“Forse... non ha tutti i torti.” Mormoro.

Anna stavolta pianta gli occhi verdi nei miei, che mi rifiuto di abbassare.

So che è difficile, anche per me lo è.

Ma qualsiasi cosa ci sia tra noi, sento che ne vale la pena.

“No?” Chiede, incerta. Capisco che questa situazione è davvero poco chiara. Nemmeno io so bene come comportarmi, ma voglio tentare.

Prendo un bel respiro.

“Non mi sentivo così... bene, come sono stato stasera da... beh, da mesi. Non solo stasera, in realtà. Mi sono reso conto che succede ogni volta che siamo insieme. Non l'avrei mai creduto possibile, se me l'avessero detto, ma con te mi sento completamente a mio agio. E non mi capita così spesso, credimi. E...” Mi faccio coraggio, perché voglio andare fino in fondo. “E quel bacio, l'altro giorno... non ho smesso di pensarci un attimo. Ho... cercato di capire se fosse stato un caso, o il momento, o altro e... ho capito che la conversazione mi ha solo dato l'input giusto. Ho fatto solo quello che mi dettava il mio istinto, e ripensandoci, non cambierei una virgola.”

Anna trattiene il respiro, spalancando gli occhi: probabilmente non si aspettava le mie parole.

Cade il silenzio per qualche minuto, ma non è teso, né imbarazzato. Capisco che ha bisogno di riflettere.

È stato inaspettato per te quanto per lei.

Quando torna a guardarmi, i suoi occhi brillano, un lieve sorriso aleggia sulle sue labbra.

“Speravo lo dicessi, in realtà.” Confessa, stupendomi. “Non volevo illudermi, o rischiare di aver frainteso... Nemmeno io ho smesso di pensare a quel bacio. E hai ragione, è stato... inaspettato, questo sì, ma nemmeno io cambierei niente, se tornassi indietro. Ci ho pensato un po', a questa cosa, anche prima dei commenti di mia madre, e... in effetti, forse, qualcosa tra di noi c'è.”

La vedo rabbuiarsi improvvisamente.

“Ma...?”

“Niente, è solo... strano. È difficile accettare che le cose siano cambiate così, senza che me ne rendessi conto. Pensavo di non aver mandato giù del tutto la fine della storia con Giovanni, e invece in questi giorni, quando parlavo di lui, o quando l'ho incontrato... non mi fa più nessun effetto. Niente dolore.” Noto che si sta torturando le dita. “A volte mi sento in colpa e penso che sia troppo presto; altre mi dico che in realtà l'ho solo capito tardi, che era finita.”

Conosco il dilemma.

Rido senza allegria.

“Beh, in parte l'ho pensato anch'io. Stavo per sposarmi, in fondo. Ma visto il... regalo di nozze della mia ex e del mio testimone, l'unico sentimento che provo per lei adesso è l'odio.” Ammetto. Dalla sua espressione sconvolta, so che ha capito benissimo la metafora. Per il momento non scendo in ulteriori dettagli perché non me la sento, ma ci sarà tempo e so che Anna rispetterà il mio temporaneo silenzio. “Mi ero detto che avevo chiuso con l'amore, che non volevo più rischiare. Ma mi sa che certe cose non si possono decidere a priori.” Sorrido, stavolta in modo sincero, e lei ricambia.

“Mi sa che hai ragione.”

 

Restiamo un altro po' a chiacchierare, fino a quando notiamo l'orario.

Tardissimo.

Mi alzo, preparandomi ad andar via.

“Ci vediamo domani mattina in caserma, allora,” mormoro, incerto su come comportarmi. Vorrei salutarla come l'istinto mi dice di fare, però allo stesso tempo non voglio affrettare le cose e metterla magari a disagio.

“Certo,” risponde Anna, mentre oltrepasso la soglia di casa sua, ritrovandomi sul pianerottolo. I nostri occhi si incrociano per un istante, l'imbarazzo che si fa inaspettatamente strada tra noi. “Allora... Buonanotte.” Mi saluta, con un'esitazione che non riesco a fare a meno di notare, perché è la stessa che sto provando io nell'andare via. Fosse per me, resterei per sempre.

“... 'Notte.”

Faccio per scendere le scale, quando ci ripenso.

Non posso andare via così.

Torno indietro e la bacio.

A giudicare dal suo sorriso contro le mie labbra, è stata la decisione più giusta che avessi potuto prendere.

Adesso è una buonanotte.”

 
   
 
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