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Autore: lady igraine    14/03/2019    0 recensioni
Elena ha ventun anni, è bella, spaventata dal futuro e tremendamente insicura della sua vita e delle sue scelte. Al secondo anno di infermieristica, costretta all'ennesimo tirocinio sofferto per compiacere la propria famiglia, pensa di gettare tutto al vento ma ha troppa paura di prendere una decisione.
Demian è un ragazzino, ha tredici anni, è terribilmente ostile ed ha una situazione famigliare disastrata alle spalle.
In apparenza nulla li lega, eppure il destino intreccia le loro strade indissolubilmente, perché a volte le risposte più ovvie sono nelle persone più improbabili.
***
"Quante verità costellavano il suo mondo, e lei neanche poteva immaginarle. C’era troppa complessità lì, dentro quel corpo pallido e diafano, dietro a quegli occhi freddi. Lei non poteva afferrarla del tutto, non poteva capirlo e aveva deciso di non farlo.
Non aveva bisogno di capirlo per preoccuparsi per lui."
"Elena era come una poesia di Neruda, indefinita e irreale. C’era una delicatezza in lei che filtrava attraverso le parole e gli penetrava nella pelle, diventava parte di lui, di un desiderio che non trovava sfogo e si comprimeva nel petto sempre più a fondo, una spina dolorosa che non riusciva a togliere."
Spin-off della storia "A' Demian"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Perché tu possa ascoltarmi

 

QUANDO AVEVA SCOPERTO LA VERITÀ

 

 

Demian odiava alzarsi presto la mattina fondamentalmente perché soffriva d’insonnia quando dormiva da sua zia, e addormentarsi alle cinque tutte le notti per svegliarsi alle sette lo distruggeva.

Jules se ne era accorto, che più le settimane erano trascorse più Dami si era sciupato, rinchiuso in un malessere che aumentava quando metteva piede in quella casa, per questo lo lasciavano a casa sua, anche se da solo, fino all’ora di cena, ed ogni sera il cugino andava a prenderlo in moto.

Julian aveva anche notato gli infiniti lividi che Dem mascherava come poteva, e li aveva notati anche Claire, ma era impossibile farlo parlare e la tensione e i litigi aumentavano e Sarah piangeva. Per questo ormai Claire, quando lo vedeva rientrare con il volto segnato, serrava la mascella e chinava la testa.

Era una routine strana che fortunatamente non era destinata a durare a lungo.

«È davvero così terribile, per te, vivere con noi? Siamo la tua famiglia» gli aveva chiesto Jules, e sembrava amareggiato. Ma Dami non aveva esitato, aveva annuito.

«Vedervi mi ricorda tutto quello che non ho mai avuto e quello che perderò» e poi «Siete del sale su una ferita aperta»

Jules non aveva più avuto il coraggio di chiedere nulla, doveva esserne rimasto troppo ferito, preferiva argomenti leggeri, prenderlo alla larga e distrarlo, ricordargli che c’era altro, per questo Dami aveva un bisogno disperato anche di lui.

Quella mattina Demian aveva voluto salutare Elena prima che andasse via, aveva chiesto a Julian di accompagnarlo in ospedale e di lasciarlo lì.

Non voleva che il cugino sapesse, era il loro segreto.

Era entrato nell’atrio, c’era baccano ed una ragazza che non aveva mai notato, ma che doveva avere la sua età, stava ridendo rincorsa da suo fratello. L’aveva seguita con lo sguardo, perché era magra da fare impressione e non aveva i capelli, solo un accenno di ricrescita appena visibile sotto la bandana a fiori vivace, e un viso dal sorriso furbo e gli incisivi grandi.

«Presa!» aveva riso il fratello più grande sollevandola da terra «Puffetta vedi di stare un po’ ferma ora!»

La sua risata scrosciante era quasi sguaiata, ma strappava un po’ di buon umore e Dami si sentì rinfrancato, perché anche una ragazzina con la leucemia poteva ridere così e non era la fine del mondo, Elena non sarebbe sparita.

Si era raccolto su una seggiola, in un angolo, dietro ad un libro.

Non glielo aveva ancora detto, che era come la poesia di Neruda, ma forse lo avrebbe fatto quel giorno, forse aveva paura che Ellie sparisse.

Era entrato un ragazzo, capelli castano chiaro, curati alla “bravo ragazzo”, molto alto, sorriso caldo. Aspettava qualcuno, in piedi accanto alla porta, dove c’erano le macchinette.

Elena era spuntata dal corridoio, Dami non aveva fatto in tempo ad alzarsi. Il ragazzo aveva aperto le braccia, lei gli era saltata al collo.

L’aveva baciata.

Si erano sorrisi sulle labbra dell’altro.

Elena aveva un ragazzo.

Che idiota, era bella, era ovvio che avesse un ragazzo.

Le ragazze come Elena avevano sempre un ragazzo, come in ogni cliché che si rispetti e che lui non aveva saputo vedere. Gli era caduto il libro di mano, il tonfo le aveva fatto alzare lo sguardo su di lui. Era impietrita e Dami lo trovò strano, quello colmo di orrore era lui, questa volta il diritto di esserlo lo voleva.

Lo sconosciuto seguì gli occhi di Ellie «È il famoso Damian?»

«Demian» aveva mormorato lui, allibito.

Quel perfetto sconosciuto lo conosceva, lui invece non aveva mai sentito nominare nemmeno il suo nome «Io sono Simone» gli aveva sorriso.

Elena era l’incarnazione della mortificazione, come se solo in quel momento si fosse resa conto che con lui non era stato onesto, che aveva tutelato quel Simone, ma non aveva minimamente pensato a lui. «Stai bene? Sembri pallido»

«Predisposizione naturale» aveva osservato con una punta di cinismo. Aveva raccolto il libro, non aveva salutato.

«Dami»

Elena gli aveva preso un polso, l’aveva guardata con apatia, l’aveva attraversata con gli occhi senza vederla davvero e la mano di lei aveva tremato.

«Io non ti stavo nascondendo niente» era strano sentire come le tremasse anche la voce. Era proprio come la poesia di Neruda, gli aveva rubato ogni parola, ogni cosa, gli restava solo uno strano senso di vuoto, una conferma, l’ennesima, che c’erano cose che lui non poteva avere.

Non aveva diritto a persone che restassero per lui.

Si liberò con un movimento brusco del braccio «Nessuno ti ha chiesto nulla, ti conosco appena. Maman mi aspetta, se te ne puoi andare, avrei cose più importanti di cui occuparmi»
Elena aveva gli occhi lucidi, forse non si era nemmeno resa conto del suo errore fino a quel momento, non per davvero. Demian stesso lo comprendeva solo in quell’istante di totale vuotezza, era stato tutto così precipitoso.

Le diede la schiena e ignorò il richiamo di lei, sussurrato e, così avrebbe pensato se fosse stato ancora l’illuso del giorno prima, anche triste.

  
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