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Autore: Cailiel    15/03/2019    0 recensioni
Adriel Rosewain non potrebbe essere più felice di così. Presto sarebbe tornata ad essere Adriel McLeon e basta.
Beh, non proprio e basta... Sarebbe tornata ad essere Adriel McLeon ma con sei zeri nel conto corrente.
Il suo matrimonio con Dante Rosewain era miseramente fallito e lei ci aveva guadagnato due case, il 30% dei suoi soldi e uno stipendio mensile di diecimila dollari australiani. La vita potrebbe andare meglio di così? Certo che sì: ora che Derek, il suo primo amore, è tornato nella sua vita.
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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COMPLICATED



Sydney, la sua amata Sydney. 

Dio, quanto amava quella città, per Adriel era la città dei sogni. 

 

New York, Roma, Londra, Parigi, Pechino e Tokyo, per lei, non potevano minimamente competere con la spettacolare e caotica Sydney.

 

La rattristava sapere che l'ultima cosa che avrebbe visto lì era l'aeroporto.

 

Aveva perso il conto di quante volte fosse salita e scesa dall'aereo in quei mesi.

All'aeroporto della Gold Coast aveva salutato i suoi genitori, Emily, Farah e Liam. L'avevano abbracciata tutti quanti augurandole un buon viaggio e dicendole di tornare presto.

 

-Adriel!-

-Ede...- Adriel si voltò verso la bellezza mozzafiato che le stava venendo incontro.

 

Emeraude si era tagliata i lunghi capelli castani che prima le arrivavano fino alla vita e ora erano un semplice caschetto che dava al suo viso più rotondità.

 

Gli occhi verdi di Ede scivolarono immediatamente verso il ventre gonfio di Adriel. 

 

-Oh mio Dio!- esclamò cercando di non fare un salto di gioia.

-Ede! No!- Adriel bloccò il suo entusiasmo sul nascere evitando così che altri sguardi indiscreti si posassero su di loro.

 

Emeraude guardò l'espressione turbata dell'amica ed il suo entusiasmo lentamente iniziò a svanire.

 

-Andiamo a berci un caffè?- propose Adriel e l'altra annuì.

 

 

-Quindi vuoi scappare.- le parole di Emeraude non avevano niente di accusatorio in se, parlava per dati di fatto.

-Non scappare, solo andarmene.-

-Andartene senza voler dire niente a nessuno equivale a scappare.-

 

Adriel sospirò guadando la sua tazza di the. 

Su internet dicevano che in gravidanza il caffè non faceva male se consumato moderatamente ma lei non voleva rischiare.

 

-Perché non provi a parlarne con Dante. Vedrai che lui capirà e...-

-Non voglio parlarne con Dante.- tagliò corto Adriel e Ede ammutolì.

-Gli ho già rovinato la vita abbastanza, non voglio che provi pena per me e che per questo si ritrovi a crescere il figlio di un altro uomo.-

-Ma potrebbe essere anche suo figlio. Vuoi veramente tenerlo all'oscuro di tutto? A che pro?-

 

Gli occhi nocciola di Adriel erano stanchi e spenti e guardavano quelli luminosi e limpidi di Emeraude. Anche se lei e Dante non avevano legami di sangue c'era qualcosa in loro che li univa rendendoli incredibilmente simili. Negli occhi avevano lo stesso sguardo, la stessa determinazione, la stessa passione, il buon senso e la capacità di farsi amare e ammirare da chiunque li circondasse.

Adriel si era sempre sentita in soggezione quando era circondata da loro, li rispettava e segretamente sperava di potergli assomigliare. 

 

Il silenzio della mora valeva più di mille parole.

 

-Non dirmi che hai intenzione di tenerli entrambi all'oscuro per sempre.- marcò bene le ultime due parole oltraggiata dal comportamento immaturo e egoista dell'amica.

 

Adriel abbassò gli occhi verso la tazza.

 

-No. Non so... Forse.- si strinse nelle spalle poi continuò: -Volevo che almeno qualcuno dalla sua parte lo sapesse. Ma promettimi di mantenere il segreto. Giuralo Ede.- 

Emeraude restò in silenzio, rimuginò su tutta quella storia, non voleva tenere Dante all'oscuro di una cosa tanto importante ma non poteva nemmeno andare contro il volere di Adriel che era la madre del piccolo. Sospirò: -Lo giuro.- 

 

Le due si strinsero il mignolo sorridendosi con dolcezza.

 

-Quindi..? A che mese sei??-

-Al secondo, quasi terzo in teoria... Non lo so! Non ci capisco niente!- piagnucolò la mora.

-Dovrai tenermi aggiornata, però!-

-Lo farò.-

 

Alla fine dell'incontro, le due si salutarono stringendosi in un lungo abbraccio e dopodiché Adriel si mise in coda per salire a bordo dell'aereo che l'avrebbe, in otto ore circa, fatta arrivare dritta dritta a Manila. 

Aveva il cuore pesante, l'idea di lasciare tutta la sua vita alle spalle per precipitarsi in qualcosa che le era completamente sconosciuto la angosciava. Le poche certezze che fino ad allora aveva avuto avevano vacillato fino al punto di crollare tutte d'un colpo, come un castello di carte.

 

 

Emeraude tirò un lungo sospiro mentre guardava l'aereo con a bordo Adriel decollare. Teneva le braccia incrociate al petto e nel frattempo pensava un po' a tutto. Un nodo stretto all'altezza della gola le aveva fatto diventare gli occhi lucidi e faceva fatica a deglutire. Il suo buon senso era in lotta con se stesso e più l'indecisione era forte, più il senso di impotenza la abbatteva portandola a versare silenziose lacrime.

 

 

 

 

 

 

-Sam!- silenzio.

-Sam!- ripetè Ede chiudendo la porta d'ingresso: -Samuel!-

-Sono in camera!- le rispose lui.

 

Emeraude si precipitò immediatamente nella direzione da cui proveniva la voce.

 

-Sono stanca!- dichiarò entrando nella camera da letto, gettò la sua borsetta e la giacca leggera sulla scrivania e si portò le mani sui fianchi.

 

Sam mise immediatamente in pausa il videogame e girò la testa verso di lei.

 

-Che ho fatto ora?- chiese sulla difensiva sapendo bene quanto una domanda del genere potesse essere pericolosa.

-No! Non di te, idiota.- la giovane si levò i tacchi e in punta di piedi raggiunse il fidanzato sul letto: -Intendo dire che sono stanca di complicarmi la vita nascondendo questa relazione. Perché lo facciamo?- 

 

Samuel ci pensò su per un po' ma, non trovando nessuna risposta intelligente, scrollò le spalle come per dire che neanche lui lo sapeva.

Inizialmente l'aveva eccitato il fatto di avere una storia segreta. Entrambi si erano divertiti a scambiarsi occhiate d'intesa, toccarsi senza che nessuno lo notasse, sgusciare via senza che nessuno se ne accorgesse per poter stare un po' insieme. Ma con il passare del tempo fare tutto ciò era diventata una routine, l'eccitazione si era affievolita e nascondersi era diventata un'abitudine a cui non cercavano nemmeno di dare un senso.

 

-Se vuoi che la nostra diventi una relazione pubblica basta che lo dici.- 

Emeraude inarcò un sopracciglio: -Sei veramente pronto a farlo?- non si aspettava di vederlo cedere tanto in fretta, l'aveva stupita.

Samuel le rivolse un sorriso sornione: -Io sono pronto per questo e altro.- ammiccò: -Il resto dipende tutto da te.-

 

Emeraude rise sommessamente, quel porco del suo fidanzato non perdeva proprio occasione per farle qualche avance sconcia.

 

 

 

 

 

 

 

 

-Il numero chiamato è inesistente.- 

 

Questa poi... Pensò Dante guardando lo schermo del telefono. 

 

Aveva ormai capito che cercare di contattare Adriel era diventata una missione che neanche FBI, CIA e INTERPOL unendo le loro forze sarebbero riusciti a compiere, ma non voleva rassegnarsi.

 

Uscì dal suo ufficio pronto a chiamare il suo pilota personale. 

 

-Dante!- Lo chiamò Leda seduta dietro alla sua scrivania. 

 

L'uomo girò la testa verso di lei notando l'espressione accigliata che non fece altro che irritarlo più di quanto già non fosse.

 

-C'è il signor Fujiwara che ti vuole al telefono.-

 

Dante chiuse gli occhi ormai rassegnato e quando li riaprì si avvicinò alla segretaria prendendo la cornetta del telefono per poi portarsela all'orecchio.

 

-Pronto?- 

 

 

 

 

 

 

 

Leda aveva pazientemente aspettato che il suo capo finisse di parlare con il collaboratore orientale per poter invitare l'uomo a venire a cena a casa sua insistendo e rimarcando sul fatto che Dante avesse assolutamente bisogno di rilassarsi un po'. 

 

 

L'appartamento della sua segretaria era a un paio di isolati di distanza rispetto all'appartamento dove solitamente risiedeva Dante, perciò quest'ultimo aveva deciso di accettare l'invito pensando che un po' di compagnia non gli avrebbe fatto male.

 

Appena arrivati, Leda, gli aveva versato un bicchiere di vino rosso dileguandosi poi in cucina per preparare la cena. 

 

Dante ne aveva approfittato per provare a richiamare la ex moglie.

 

-Il numero chiamato è inesistente.- sentiva più spesso la voce fredda e distaccata della segreteria telefonica che quella di qualunque altra persona intorno a lui.

-Ma vaffanculo.- mormorò Dante spegnendo il cellulare.

 

Aveva anche provato a chiamare Giselle ma era stata molto vaga, gli aveva detto che si stava riprendendo lentamente e che Adriel l'aiutava molto dividendosi fra casa e lavoro per questo non potevano sentirsi. 

A quanto pare Oscar l'aveva assunta di nuovo e ora doveva rimettersi in pari con tutto il lavoro arretrato e tornava a casa stanca morta.

Scuse abbastanza plausibili ma per nulla convincenti a fargli credere che il numero di Adriel fosse improvvisamente irraggiungibile.

 

Era stato addirittura tentato di chiamare Lucien per farlo investigare ma, ricordandosi il tiro mancino che quest'ultimo gli aveva fatto, aveva deciso che era meglio lasciar perdere.

 

-Quindi quando partiamo?- domandò Leda tornando dalla cucina con una pentola fumante: -Scusa ma la pastasciutta è il piatto più veloce e buono del mondo. Per stasera ti accontenti di una cena da poveri.- gli disse rivolgendogli un sorriso radioso dopo aver appoggiato la pentola dalla quale proveniva un buon profumo sul tavolo.

-Partiamo?- chiese Dante mettendo via il cellulare con nonchalance: -E la pastasciutta è un arte. Non voglio più sentirti dire che è un pasto da poveri.-

-Sei tu il capo!- rispose la donna con fare civettuolo: -Si, per Tokyo. Il signor Fujiwara ha detto che vuole conoscere anche me e ha detto che Saki, credo sia sua moglie, non vede l'ora di rincontrare una certa Adriel. Chi è, se posso sapere?-

 

Dante mandò giù un boccone amaro a sentir menzionare la donna poi afferrò la forchetta.

 

-Non andremo a Tokyo, bensì a Osaka.- 

-Ah... Beh, è comunque una figata! Domani riserverò le tre stanze d'hotel. E chiamerò il pilota. Quando hai detto che partiamo?- domandò Leda su di giri.

-Partiamo venerdì sera, e due camere basteranno.- 

 

Leda lo guardò di sottecchi ed annuì, si portò un boccone di cibo alla bocca per non sorridere: un viaggio con Dante Rosewain, che sogno!

  
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