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Autore: DarkYuna    20/03/2019    1 recensioni
(Seconda parte di "Ricama il mattino con i fili della notte")
Dal nono capitolo:
"La luce opalescente del giorno vicino alla morte si riverbera suggestiva nei suoi occhi
e le iridi trasparenti albeggiano su un cuore che si strugge, nella forza tragica,
di un amore non corrisposto.".
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Evans, Nuovo personaggio, Sebastian Stan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9.








 
La notte ruba silenzi e regala paure, non porta consiglio come tutti vogliono fare credere, la notte alimenta le oscurità dell'anima, fa riaffiorare i terrori e ti induce a specchiarti nelle profondità dell'essere.
E, di notti come queste, se ne stanno succedendo, una dopo l'altra, così tante da aver perso il conto.
Non ho mai avuto paura di vivere, come adesso.
 
 
Vorrei avere più amor proprio, non essermi abbandonata senza difese ad un uomo i cui muri sono impenetrabili ed invalicabili, sono passata sopra al suo avermi uccisa, ma sotto ci sono rimasta io.
Sento con una chiarezza sconcertante che le sue parole sono maschere che usa per schermare il suo vero volto a me, per ostacolarmi nello scrutare gli abissi cupi che lo abitano. M'impedisce di vedere chi egli sia davvero, m'impedisce di avvicinarlo, m'impedisce di toccarlo.
Non posso scendere nel suo inferno personale, lui si è barricato al suo interno ed ha perso la chiave e fin quando non riuscirò a prendere tra le mani i nodi dei suoi dolori, quei nodi induriti dal tempo, non si scioglieranno.
 
 
Io lo affronto Lucifero per lui, ma Sebastian sarà al mio fianco o morirò da sola?
 
 
L'unica cosa che ha fatto per me adesso è prendere in affitto un appartamento a Boston, perché mi sono rifiutata categoricamente di trasferirmi a New York e recidere così ogni legame che può salvarmi. Gli amici, la famiglia e le mie radici sono qui, una via di fuga pronta per quando le cose andranno male, perché già lo so che le cose andranno male, talmente tanto che mi spezzerò definitivamente.
Non ne viene fuori mai nulla di buono da due persone che stanno per forza insieme.
 
 
Osservo rapita il crepuscolo che tinteggia di tonalità accentuate il cielo pastello, è un gioco di cremisi, arancio ed indaco, avvolgono con un abbraccio gelido la città innevata in uno spettacolo impareggiabile.
L'abitazione è situata all'ultimo piano di una palazzina di nuova costruzione, è composta perlopiù da vetri che si affacciano sul panorama bostoniano, ha un arredo minimale, estremamente elegante ed impersonale, lo stretto necessario per vivere comodamente, niente tocco soggettivo, nessuna cianfrusaglia inutile, nulla che rifletta Sebastian, è solo un apparire per chi ci vive e per chi giunge come ospite. I pochi colori usati al suo interno si incastrano tra di loro e si ripetono omogenei, il bianco primeggia, seguito da varie sfumature di marrone e il nero.
L'ambiente è caldo, il gelo ce l'ho invischiato nelle ossa.
 
 
<< Hai fame? >>, domanda Sebastian, cammina a piedi nudi sul parquet chiaro. Ha ribadito che gli importa di me in ospedale, eppure ho il non indifferente dubbio che sia solo del bambino che gli preme e non della sottoscritta, cerca solo di farmi stare bene, per evitare spiacevoli conseguenze.
La luce opalescente del giorno vicino alla morte si riverbera suggestiva nei suoi occhi e le iridi trasparenti albeggiano su un cuore che si strugge, nella forza tragica, di un amore non corrisposto.
 
 
 
Scuoto semplicemente la testa, obliando il momento vacuo passato ad ammirare la sua oscura bellezza. 
 
 
Si siede scomposto sul divano, è a suo agio, tranquillo, anche se posso toccarla quasi con mano la spessa barriera che ci divide e, se per poter arrivare a lui, significa restare intrappolata nella sua prigione... e così sia.
<< Il dottore ha detto che devi ristabilire i livelli dell'emoglobina, prova a sforzarti, va bene? >>, ammonisce bonariamente e l'ombra di un sorriso accondiscendente prende campo.  << Ne va della tua salute e quella del bambino. >>. Indossa vestiari semplici, pantaloni di tuta grigia ed una felpa con la cerniera blu scura.
 
 
Ecco... ogni volta che si tratta di me, mette in campo anche il bambino e le mie incertezze si moltiplicano e crescono a dismisura.
Sospiro appena, ho bisogno di occupare la mente, di zittire le domande moleste e le paure fondate.
<< Mi piace qui, è davvero molto bello. >>, giudico sincera, deglutendo più volte il groppo doloroso in gola, poi indico, falsamente spigliata, il pianoforte bianco disposto a sud della stanza, sull'angolo di destra. << Sai suonarlo? >>.
 
 
Si stringe nelle spalle, l'espressione muta impercettibilmente. La casa l'ha arredata qualcun altro, non certamente lui, è solo un mobilio che fa scena, nulla di più.
<< Tu? >>.
 
 
Sorrido allegra, sperando di contagiare anche lui.
<< Sì. Posso? >>.
 
 
Gli occhi vitrei mi passano attraverso, non è me che sta guardando, ma un ricordo passato fin troppo presente. So che c'è Andria in ogni suo pensiero, quando mi fissa, quando mi parla... quando mi tocca.
<< Sì. >>, mormora smorto, pallido come un cencio.
 
 
Ho un macigno sulla schiena, mentre attraverso quasi strisciando l'intera stanza e prendo posto sullo sgabello dinanzi il pianoforte. Alzo la copertura della tastiera e l'indice preme leggero su qualche tasto per verificarne l'accordatura.
Una melodia ben specifica prende vita in un'inclemente danza decadente di un'anima in supplizio, che ha vicino a sé l'uomo che ama, ma che platonicamente è così lontano da non poter essere raggiunto.
 
 
<< Io ti penso amore, quando il bagliore del sole risplende sul mare. Io ti penso amore, quando ogni raggio della luna si dipinge sulle fonti. >>, inizio a cantare in un italiano ostentato, con ogni fibra del mio essere, impregno le parole di un desiderio fatale, i battiti del cuore tessono la trama funesta sulla quale mi avvolgo ed affondo negli abissi privi di luce, da cui non emergo più. << Io ti vedo, quando sulle vie lontane, si solleva la polvere, quando per lo stretto sentiero trema il viandante, nella notte profonda... nella notte profonda.  Io ti sento amore, quando col cupo suono si muovono le onde. Nel placido boschetto caro, spesso ad ascoltare seduto alla luce. Io sono con te, anche se tu sei lontano. Sei vicino a me, anche se tu sei lontano. O fossi qui... o fossi qui. >>, la voce affranta si sfuma assieme all'ultima nota alta del pianoforte. Ho tutto l'amaro della vita bloccato in gola, non vola una mosca, si respira un'aria tesa, Sebastian è dietro le mie spalle e non ho il coraggio di guardarlo.
 
 
<< Perché fai così? >>, chiede ad un certo punto, ma assomiglia più ad un'accusa adirata. << Cos'è una competizione? È questo a cui miri? Credi sia divertente? Credi che possa servire a qualcosa? >>.
 
 
Batto le palpebre sconvolta, non ho la più pallida idea di cosa stia parlando, poi con rammarico rammento: Andria è italiana, suona il pianoforte e sa cantare. Un errore imperdonabile che gioca a mio sfavore, lui pensa che io voglia misurarmi con Andria.
Immagino che debba essere uno spiacevole dèjà-vu, una scena che stona, fasulla nella replica, perché io non sono lei e non lo sarò mai.
Mi volto, ma non ho nulla da dire a mia discolpa, non ci provo nemmeno a giustificarmi e, i suoi occhi arrossati ed umidi sono una pugnalata inaspettata che penetra oltre la carne ed i muscoli, per centrare il nucleo pulsante del cuore.
 
 
<< Sei solo una ragazzina! >>, sputa ingiurioso, usa di nuovo il tono adoperato quel giorno in libreria, quando mi ha trovata in compagnia di Chris Evans. Quel giorno ho stupidamente creduto che quella fosse gelosia, invece era solo possesso, come se io fossi un oggetto, che dopo ha buttato via. << Eccoli gli anni di differenza che vengono fuori, a sottolineare quanto tu sia capricciosa, immatura e viziata. Ti sei fatta scopare da me per cosa sono e non per chi sono! Hai visto una ghiotta occasione e non te la sei lasciata sfuggire, cosa volevi, la fama? Essere la fidanzata di Sebastian Stan? E così hai fregato tutti e due, ma ehi, andiamo a riparare questo casino, con qualcosa di fasullo, così puoi constatare quanto è alto il mio grado di indifferenza per te! Sei solo una scopata finita male! >>. C'è violenza sul viso deformato dalla rabbia, c'è odio brutale ed un rancore che mi atterrisce. Questo lato aggressivo di Sebastian è mostruoso, per questo perduro nel silenzio e l'unica cosa più saggia da fare è andarmene.
 
 
"Sei solo una scopata finita male!".
"Sei solo una scopata finita male!".
"Sei solo una scopata finita male!".
 
 
Le gambe tremano, fanno fatica a sorreggere il mio peso. Provo un dolore imperituro che estingue ogni barlume di vita, ma, la vera e propria sofferenza, quella che ti spezza le ossa, ti strangola e risucchia la voglia di esistere, arriverà più tardi, quando nella solitudine, io mi sentirò davvero sola.
 
 
<< Se potessi vedermi come io vedo te, non potresti più accusarmi di nulla, tranne che di provare un sentimento folle, nonostante il tuo disinteresse. >>, riesco ad articolare, non piango anche se la voce trasale più volte, sono chiara nelle parole, pure se vengono pronunciate a stenti. Mi ripeto stantia che non devo frignare come una bambina o, meglio, una ragazzina, sono come un guscio vuoto che finge di essere vivo. Fila tutto liscio... nella direzione sbagliata.
 
 
Cammino piano, ci sto lasciando il cuore in polvere tra queste mura, ma prima che riesca a raggiungere vittoriosa la porta, un paio di braccia oltrepassano le mie difese e stringono forte, addossando la schiena sul suo torace.   
Non proferisce parola, non ha alcuna intenzione di scusarsi, le sue frasi crudeli aleggiano tra di noi e creano l'ennesima cicatrice e, al contrario di ogni comportamento logico, mi obbliga a girarmi dispotico per abbracciarmi di slancio. Lo fa con tale foga che mi solleva da terra, per avvilupparmi totalmente a sé e sono di nuovo qui, senza difese, alla sua mercé, come una bambolina di pezza che si diletta a strappare e a ricucire in una grottesca concatenazione divertente, che non ha fine.
 
 
Allaccio le braccia al collo del mio vessatore e mi perdo nelle trame del suo profumo alle rose d'oceano. Mi riporta indietro, facendomi sedere sul coperchio superiore del pianoforte, induce delicato a lasciarlo andare.
Vorrei dirgli che quando mi guarda in quel modo lancinante, si ferma tutto... si ferma il cuore, il sangue, il respiro, gli occhi e tutto questo è crudele, perché lui, accanto a me, non s'è fermato mai.
Provo ad accarezzargli il viso, ma lui si scosta e fa fallire il mio tentativo, invece è lui a sfiorarmi, le iridi scanalano a fondo nelle mie, discendono come veleno dentro di me e posso avvertirlo prendere velocemente campo, raggiungendo ogni angolo inesplorato, per divenirne il padrone assoluto. La mano traccia una scia appena accennata sulla pelle serica, i polpastrelli lambiscono tenui, eppure riesco ad avvertire quel contatto fin nelle viscere.
 
 
Non mi bacia mai sulla bocca, non lo fa neppure per sbaglio.
Abbassa provocante la cerniera della felpa, scoprendo il torace nudo, definito e perfetto, so già cosa sta per accadere e, nonostante io non voglia che sia questa la soluzione per qualsiasi problema, lo anelo con ogni fibra di me stessa.
Vorrei essere più spigliata, prendere l'iniziativa, tuttavia l'unica cosa che riesco a fare è fissarlo turbata.
Sebastian si china tra le mie gambe, le mani scivolano fino ai piedi, sciolgono i lacci e tolgono via le scarpe, risale pigro, non spezza la contiguità fisica, gli basta uno strattone per denudarmi dai pantaloni ed infine anche il maglione raggiunge il resto degli indumenti.
Retrocede di qualche passo per esaminare la scena per intero, deglutisce più volte, inumidisce le labbra, ma non c'è niente di procace in lui adesso, gli occhi sono ancora bagnati ed arrossati.
 
 
<< Io non voglio innamorarmi di te. >>, svela travagliato, sta guerreggiando strenuamente contro se stesso, per questo mi maltratta senza pietà, per questo urla parole ingiuriose, per questo se n'è andato ed è anche per questo che è tornato quando ha saputo che sono incinta: gli importa sul serio. E, stavolta, non è una bugia.
Quello che c'è stato tra lui ed Andria, non gli ha lasciato altro che una cicatrice che non ha mai smesso di sanguinare.
 
 
<< Non posso ferirti. >>, sussurro schietta, così a bassa voce che temo non mi abbia udito. Deve essere questa la paura che lo porta a respingermi in ogni modo possibile ed immaginabile.
 
 
<< Lo hai già fatto, quando te ne stavi andando. >>. Non quando ho suonato al pianoforte, ma quando mi sono arresa dinanzi alla sua insensibilità e non ho reagito come sperava.
 
 
<< Non resto dove sono un peso. >>.
 
 
Deglutisce ancora, lo fa perché non vuole che i sentimenti abbiano la meglio, perché vuole mantenere il controllo, perché, altrimenti, tutte le difese cadrebbero e la guerra non è ancora terminata.
<< Non sei dove vorresti essere? >>, il tono cambia, è sommesso, dagli intrecci abissalmente infelici.
 
 
<< E tu? >>.
 
 
A quel punto accade un miracolo che credevo non sarebbe mai più potuto avvenire, Sebastian si apre in un incantevole sorriso privo di finzioni, gli occhi però lo tradiscono e divulgano più che un semplice attrattiva nei miei confronti. Quando procede nuovamente, non è più la brama fisica a spingerlo, c'è dell'altro, non è molto per lui, però è tutto per me.
Si approssima maestoso, mantiene la mano aperta a mezz'aria, lì dove poggio febbricitante la mia, ed è lui ad intrecciarne le dita.
<< Resti sveglia con me, fino a quando il sole sorgerà? >>.
 
 
Non ho parole abbastanza esaustive per dare una risposta che rispecchi il roseto che sta sbocciando spedito nell'anima, abbeverato dal barlume della speranza, posso solo sorridere di rimando ed annuire, completamente dipendente da lui. Il cuore scoppia, mentre lo vedo avvicinarsi rilassato e a suo agio, oltrepassa ogni fragile barriera attorno a me e mi bacia, trafiggendomi.
Sono la luce nelle sue tenebre perpetue.
Riprende a spogliarmi, si scrolla la felpa aperta e poi qualcosa che non posso vedere con gli occhi, ma riesco a percepire: toglie gli ultimi brandelli di armatura.
Credo che voglia avermi sul pianoforte, invece mi issa di peso per appollaiarsi sullo sgabello dinanzi lo strumento musicale, gli sono a cavalcioni. È nudo sotto di me, non solo in senso fisico, riesco a vedere l'anima attraverso gli occhi arroventati da un'ingordigia non più sessuale, è come se avesse finalmente ammesso con se stesso che c'è molto di più.   
Attende che sia io a fare la prima mossa, mi lascia il comando, il totale controllo della situazione e, con il cuore in tumulto, cerco il suo desiderio che svetta prepotente tra le mie cosce e lo guido piano dentro di me. Non c'è fretta, non più il bisogno di sfamare una voglia carnale, mi muovo lenta in un dondolio di piacere voluttuoso, ad ogni affondo lo percepisco sempre più in profondità.
Gli occhi sono fissi nei miei, sono in balia del suo oceano di fiamme corvine, le lingue arroventate ci avvolgono e bruciano in una pira eterna, ansima forte, mi afferra per i fianchi per indurmi ad aumentare il ritmo, ma ogni spinta resta decisa, totalitaria ed incisiva. Ormai, ridotta ad un fascio di nervi sussultanti, mi aggrappo alle sue spalle e mi lascio andare tra le onde impetuose di un godimento che coinvolge il corpo intero e il cervello e da cui vengo sopraffatta.
 
 
Ed è così che i nostri destini inconciliabili, si legano con un doppio nodo composto da fili d'oscurità e fulgori.









Note:
Giuro che non mi ero resa conto di quanto tempo fosse trascorso dall'ultimo aggiornamento, chiedo umilmente scusa per aver fatto passare tutto questo tempo, cercherò di non farlo capitare mai più. 
Bene, detto questo, posso confermare che questo è tra i miei capitoli preferiti, perché finalmente Sebastian ha smesso di combattere contro se stesso e i sentimenti provati per Elaine, finalmente ha capito che il suo cuore è pronto nuovamente ad amare, nonostante il terrore folle di essere ferito nuovamente. 
Vorrei spiegare che la sua reazione è stata dettata dal fatto che ha creduto che Elaine volesse imitare Andria, invece è stata proprio l'unica cosa che non doveva fare. Sebastian sta cercando di dimenticare Andria in tutti i modi possibili ed immaginabili. 

La canzone all'interno del capitolo è: "Io ti penso amore", David Garret e Nicole Scherzinger. 

 

La storia può presentare errori ortografici.



Un abbraccio.
DarkYuna. 

 
  
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