Perché
tu possa ascoltarmi
QUANDO
ERA TORNATO DA LEI
Aveva trattenuto il fiato fino a quando la voce
scortese all’altro capo
del cellulare non aveva concluso e riattaccato. Anche allora, Elena era
rimasta
immobile, le dita tremavano impercettibilmente attorno
all’apparecchio e il respiro
era accelerato.
Era ancora ferma, in mezzo alla stanza, quando
Simone l’aveva chiamata
e scossa, preoccupato. Povero amore, aveva pensato
lei sollevando gli
occhi sul volto pulito del suo ragazzo, sempre limpido, sempre pacato,
ma
stravolto da una vena di esasperazione che lo tormentava da
più di un mese
ormai e aveva scavato un solco nella sua pelle liscia e perfettamente
distesa.
Qualcosa si era incrinato in Elena, da quando lei
e Demian si erano
allontanati, una crepa all’apparenza sottile, eppure fin
troppo profonda, più
di quanto Elena stessa non si fosse resa conto in principio. Era
scivolata in
una monotona apatia verso quasi ogni cosa, a volte persino verso
Simone. Lui ci
provava a capirla, rispettava i suoi spazzi, tollerava i suoi silenzi e
persino
gli sguardi colmi di rancore che a volte le sfuggivano, preda del
proprio
egoismo, quando aveva bisogno d’incolpare qualcuno per il suo
infantile errore
e non poteva fare a meno di convincersi che, se Simone non fosse andato
a prenderla
quel giorno, non avrebbe perso quel ragazzino impossibile.
Non c’erano mai stati dubbi, non
contemplava minimamente di poter stare
senza Simone, ma per avere lui aveva perso una parte di sé
ed ora era tutto
insensato e inutile.
Il suo ragazzo adesso pareva sorpreso, ed Elena lo
sapeva bene il
motivo, non la vedeva così presente da quel giorno in
ospedale.
«Devi andare a casa»
l’aveva detto in tono secco, troppo brusco, Simo
aveva aggrottato ancora le sopracciglia.
«Perché?»
Non sapeva che dirgli.
Lui l’aveva studiata più a
fondo «Chi era al cellulare?»
Era arrossita, non poteva spiegargli. Forse per
questo capì «Dimmi che
non era quel ragazzino. Ti prego amore, era una situazione malsana, non
ti
rendi conto di come ti ha ridotta?»
Aveva assottigliato gli occhi in fessure ostili
«Ha bisogno di me»
Simone si era passato una mano sul viso, era
preoccupato davvero, forse
ne aveva tutte le ragioni, Elena stessa non capiva che incantesimo gli
avesse
gettato addosso quel ragazzino.
«Amore ascoltami, io capisco che Damien
sia fragile, ma ti ha succhiato
l’anima. Non sei abbastanza forte per prenderti cura di lui,
non c’è nulla di
male in questo, la tua non è una colpa. Hai fatto del tuo
meglio, non sei
responsabile della sua situazione familiare, tantomeno della sua
debolezza»
Simone era uno che ragionava, che era razionale,
Elena lo capiva in parte.
Ma capiva anche che lui poteva parlare in questo modo solo
perché non sapeva,
non si rendeva conto che tra lei e Demian era lei la debole, che in
qualche
modo era stata lei ad aggrapparsi ad un ragazzino di tredici anni per
trovare
il coraggio di affrontare una realtà troppo difficile, e
forse era lei l’unica ad
aver succhiato l’anima a qualcuno, con la sua finta forza.
Demian soffriva come nessuno e faceva suo il
dolore, non aveva la forza
di liberarsene, eppure quel dolore trovava il coraggio di affrontarlo a
modo
suo, lo gestiva, anche quando si faceva del male o permetteva agli
altri di
fargliene poi alla fine, tutti i giorni, tornava nel posto che
più odiava al
mondo solo per vedere sua madre.
Questo era un tipo di forza che lei non avrebbe
mai avuto, per trovarla
si era aggrappata a quella di lui.
«Simo, devi andare. Per
favore.»
«Non sono d’accordo»
«Non m’importa, non voglio che
ti veda, gli ho già fatto troppo male.
Se rimarrai, non ti perdonerò»
Simone aveva abbassato lo sguardo ed Elena si era
odiata, ma che scelta
aveva?
«Non puoi fomentare questa sua fantasia
solo perché è piccolo e non lo
vedi come un uomo, anche questo ferirà i suoi
sentimenti» le fece notare, ma
aveva già afferrato la giacca e si era avvicinato alla porta
«Puoi credere che
sia solo un’infatuazione, ma per lui non è
così semplice. Se davvero non vuoi
ferirlo, non illuderlo»
Se ne era andato e lei avrebbe voluto sprofondare,
per tutte le bugie,
perché per lei Demian era qualcuno, probabilmente era
un’infatuazione a cui non
riusciva a rinunciare, sicuramente era più di quanto non
avesse fatto credere
al suo ragazzo. Non voleva ferire Simone, ma non voleva ferire nemmeno
Demian e
l’aveva già fatto, lo aveva già illuso.
Cosa poteva fare ora perché la
situazione non peggiorasse ancora? Cosa doveva fare, per non perdere
Dami
definitivamente?
Avevano suonato al campanello. Il primo viso che
si era trovata davanti
non era familiare, doveva trattarsi dello scortese ragazzo che le aveva
parlato
al cellulare, occhi grigi di nuvole e capelli castani portati molto
corti,
sorriso crudele.
Le fece paura.
Ma il terrore più cieco
l’aveva invasa quando gli occhi avevano cercato
Dami e lo avevano trovato malconcio come non mai e sporco di sangue e
lividi.
Il nome di Demian aveva lasciato le sue labbra con
nevrosi, spezzato
dal panico, Dami l’aveva guardata… e le aveva
sorriso.