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Autore: lady igraine    21/03/2019    0 recensioni
Elena ha ventun anni, è bella, spaventata dal futuro e tremendamente insicura della sua vita e delle sue scelte. Al secondo anno di infermieristica, costretta all'ennesimo tirocinio sofferto per compiacere la propria famiglia, pensa di gettare tutto al vento ma ha troppa paura di prendere una decisione.
Demian è un ragazzino, ha tredici anni, è terribilmente ostile ed ha una situazione famigliare disastrata alle spalle.
In apparenza nulla li lega, eppure il destino intreccia le loro strade indissolubilmente, perché a volte le risposte più ovvie sono nelle persone più improbabili.
***
"Quante verità costellavano il suo mondo, e lei neanche poteva immaginarle. C’era troppa complessità lì, dentro quel corpo pallido e diafano, dietro a quegli occhi freddi. Lei non poteva afferrarla del tutto, non poteva capirlo e aveva deciso di non farlo.
Non aveva bisogno di capirlo per preoccuparsi per lui."
"Elena era come una poesia di Neruda, indefinita e irreale. C’era una delicatezza in lei che filtrava attraverso le parole e gli penetrava nella pelle, diventava parte di lui, di un desiderio che non trovava sfogo e si comprimeva nel petto sempre più a fondo, una spina dolorosa che non riusciva a togliere."
Spin-off della storia "A' Demian"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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QUANDO ERA TORNATO DA LEI

 

 

 

Aveva trattenuto il fiato fino a quando la voce scortese all’altro capo del cellulare non aveva concluso e riattaccato. Anche allora, Elena era rimasta immobile, le dita tremavano impercettibilmente attorno all’apparecchio e il respiro era accelerato.

Era ancora ferma, in mezzo alla stanza, quando Simone l’aveva chiamata e scossa, preoccupato. Povero amore, aveva pensato lei sollevando gli occhi sul volto pulito del suo ragazzo, sempre limpido, sempre pacato, ma stravolto da una vena di esasperazione che lo tormentava da più di un mese ormai e aveva scavato un solco nella sua pelle liscia e perfettamente distesa.

Qualcosa si era incrinato in Elena, da quando lei e Demian si erano allontanati, una crepa all’apparenza sottile, eppure fin troppo profonda, più di quanto Elena stessa non si fosse resa conto in principio. Era scivolata in una monotona apatia verso quasi ogni cosa, a volte persino verso Simone. Lui ci provava a capirla, rispettava i suoi spazzi, tollerava i suoi silenzi e persino gli sguardi colmi di rancore che a volte le sfuggivano, preda del proprio egoismo, quando aveva bisogno d’incolpare qualcuno per il suo infantile errore e non poteva fare a meno di convincersi che, se Simone non fosse andato a prenderla quel giorno, non avrebbe perso quel ragazzino impossibile.

Non c’erano mai stati dubbi, non contemplava minimamente di poter stare senza Simone, ma per avere lui aveva perso una parte di sé ed ora era tutto insensato e inutile.

Il suo ragazzo adesso pareva sorpreso, ed Elena lo sapeva bene il motivo, non la vedeva così presente da quel giorno in ospedale.

«Devi andare a casa» l’aveva detto in tono secco, troppo brusco, Simo aveva aggrottato ancora le sopracciglia.

«Perché?»

Non sapeva che dirgli.

Lui l’aveva studiata più a fondo «Chi era al cellulare?»

Era arrossita, non poteva spiegargli. Forse per questo capì «Dimmi che non era quel ragazzino. Ti prego amore, era una situazione malsana, non ti rendi conto di come ti ha ridotta?»

Aveva assottigliato gli occhi in fessure ostili «Ha bisogno di me»

Simone si era passato una mano sul viso, era preoccupato davvero, forse ne aveva tutte le ragioni, Elena stessa non capiva che incantesimo gli avesse gettato addosso quel ragazzino.

«Amore ascoltami, io capisco che Damien sia fragile, ma ti ha succhiato l’anima. Non sei abbastanza forte per prenderti cura di lui, non c’è nulla di male in questo, la tua non è una colpa. Hai fatto del tuo meglio, non sei responsabile della sua situazione familiare, tantomeno della sua debolezza»

Simone era uno che ragionava, che era razionale, Elena lo capiva in parte. Ma capiva anche che lui poteva parlare in questo modo solo perché non sapeva, non si rendeva conto che tra lei e Demian era lei la debole, che in qualche modo era stata lei ad aggrapparsi ad un ragazzino di tredici anni per trovare il coraggio di affrontare una realtà troppo difficile, e forse era lei l’unica ad aver succhiato l’anima a qualcuno, con la sua finta forza.

Demian soffriva come nessuno e faceva suo il dolore, non aveva la forza di liberarsene, eppure quel dolore trovava il coraggio di affrontarlo a modo suo, lo gestiva, anche quando si faceva del male o permetteva agli altri di fargliene poi alla fine, tutti i giorni, tornava nel posto che più odiava al mondo solo per vedere sua madre.

Questo era un tipo di forza che lei non avrebbe mai avuto, per trovarla si era aggrappata a quella di lui.

«Simo, devi andare. Per favore.»

«Non sono d’accordo»

«Non m’importa, non voglio che ti veda, gli ho già fatto troppo male. Se rimarrai, non ti perdonerò»

Simone aveva abbassato lo sguardo ed Elena si era odiata, ma che scelta aveva?

«Non puoi fomentare questa sua fantasia solo perché è piccolo e non lo vedi come un uomo, anche questo ferirà i suoi sentimenti» le fece notare, ma aveva già afferrato la giacca e si era avvicinato alla porta «Puoi credere che sia solo un’infatuazione, ma per lui non è così semplice. Se davvero non vuoi ferirlo, non illuderlo»

Se ne era andato e lei avrebbe voluto sprofondare, per tutte le bugie, perché per lei Demian era qualcuno, probabilmente era un’infatuazione a cui non riusciva a rinunciare, sicuramente era più di quanto non avesse fatto credere al suo ragazzo. Non voleva ferire Simone, ma non voleva ferire nemmeno Demian e l’aveva già fatto, lo aveva già illuso. Cosa poteva fare ora perché la situazione non peggiorasse ancora? Cosa doveva fare, per non perdere Dami definitivamente?

Avevano suonato al campanello. Il primo viso che si era trovata davanti non era familiare, doveva trattarsi dello scortese ragazzo che le aveva parlato al cellulare, occhi grigi di nuvole e capelli castani portati molto corti, sorriso crudele.

Le fece paura.

Ma il terrore più cieco l’aveva invasa quando gli occhi avevano cercato Dami e lo avevano trovato malconcio come non mai e sporco di sangue e lividi.

Il nome di Demian aveva lasciato le sue labbra con nevrosi, spezzato dal panico, Dami l’aveva guardata… e le aveva sorriso.

  
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