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Autore: Rebi_7_24    23/03/2019    0 recensioni
La bambina tratteneva il fiato in attesa di vederlo. Era determinata a tornare a casa con qualcosa che avrebbe conservato fino alla morte, niente e nessuno glielo avrebbe impedito.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Chara, Frisk, Sans, Toriel
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
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Era seduta contro il muro accanto alla colonna da circa mezz’ora, e di Toriel ancora nessuna traccia. Aveva trascorso il tempo armeggiando con quello strano telefono, provando anche a comporre il numero di Diana senza ricevere risposta: probabilmente il segnale esterno non raggiungeva il Sottosuolo.
Sospirò. Non le sembrava il caso di rimanere ulteriormente lì ferma, tanto valeva fare un giro. E poi, se fosse stata scoperta, avrebbe sempre potuto inventare qualche scusa: con tutte le volte in cui le era successo con Bill, ormai era un’esperta.
Si alzò ma, superato il corridoio, il cellulare squillò.
“Pronto? Sono Toriel. Non hai lasciato la stanza, vero? Più avanti ci sono dei puzzle che devo ancora spiegarti, sarebbe pericoloso provare a risolverli da sola. Fai la brava, va bene?”  E riattaccò.
La ragazza accennò un sorriso, un po’ per divertimento, un po’ per incredulità: tutto ciò era assurdo.
Davanti a lei, in mezzo ad un ennesimo mucchio di foglie rosse, vide una luce come la precedente e la toccò, sentendone quasi il bisogno. Provò esattamente la stessa sensazione.
Adesso c’erano due vie da prendere, e le controllò entrambe. La prima portò ad una stanza con ai lati un paio di vasconi d’acqua e, in fondo, un piedistallo di marmo con sopra una ciotola piena di caramelle e un cartello: “Prendine una.”
Lo fece, solo una, e se ne andò.
 
[***]
 
Camminò per quasi una mezz’ora, seguendo il consiglio di Toriel riguardo l’evitare gli scontri. Aveva inoltre scoperto di essere particolarmente portata per i puzzle che, tra l’altro, la divertivano parecchio.
Aveva sempre avuto un ottimo senso dell’orientamento, e ciò le permise di non perdersi in quei corridoi che parevano tutti uguali.
Alla fine si ritrovò in quello che sembrava essere un giardino. Davanti a lei c’era un albero spoglio, con altre foglie rosse ai suoi piedi, e di un insolito colore nero.
Stava per avanzare, quando udì la voce di Toriel.
“Oh mamma, ci ho messo più tempo del previsto.”
La vide quindi a lato del grande tronco, intenta a fare una telefonata che arrivò proprio a lei. Subito, allo squillo, la donna le si fiondò di fronte.
“Come ci sei arrivata qui, tesoro? Ti sei fatta male?”
Frisk la rassicurò.
“Non hai un graffio… Impressionante! Ma comunque… Non avrei dovuto lasciarti da sola, è stato irresponsabile”, si scusò, invitandola poi a seguirla.
“Vieni, piccola mia!” Si recò in un’abitazione che la ragazza notò solo al momento. La seguì, ma non prima d’aver toccato un’altra di quelle lucine.
 
[***]
 
L’interno era interamente in legno molto chiaro, un bel distacco da tutti quei mattoni viola. Un odore invitante le giunse alle narici.
“Senti questo profumo? Sorpresa! È una torta di cannella e caramello.”
Quindi era questo che era andata a fare.
“Pensavo di celebrare come si deve il tuo arrivo. Voglio che tu viva bene, qui. E non ho fatto la classica torta di lumache.”
Lumache? Frisk storse un po’ il naso. Ma, a parte ciò… Toriel aveva parlato di ‘vivere lì’. Significava forse che… Aveva di nuovo una casa?
“Vieni, ho un’altra sorpresa per te”, la prese per mano, e la condusse in un lungo corridoio, di fronte alla prima di tre porte.
“Eccoci qua… Questa stanza è per te. Spero ti piaccia!”
La sua espressione mutò quando sentì la donna accarezzarle i capelli. Quel tocco… Così affettuoso… Le ricordava….
 
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La ragazza prese il suo posto, avvolgendo con un braccio le esili spalle della piccola, che adagiò la testa sul suo seno.
Nessuna delle due disse nulla. Mantennero quel contatto per un paio di minuti, mentre un’unica lacrima veniva assorbita dalla camicia della bionda.
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“Sto bruciando qualcosa? Ehm, mettiti pure comoda!” Detto ciò, schizzò via lasciandola di fronte alla porta.
Esitò un po’ ma, alla fine, la aprì e… Wow. Era bellissima, tutta sui toni de rosso e del rosa antico. A destra vi erano un letto singolo con accanto una lampada e ai piedi due grandi peluche e una cesta con dei giocattoli. A seguire, verso sinistra, un armadio, un mobile con una cornice vuota e impolverata insieme ad altri oggetti, una scatola piena di scarpe per bambini di svariate misure, il disegno di un fiore attaccato alla parete e, all’angolo, uno sgabello con un’altra lampada. Inoltre, enorme in mezzo al pavimento, un tappeto che sembrava ricamato a mano.
La prima cosa che fece fu spegnere la luce e mettersi sotto le coperte, rendendosi conto solo allora di quanto fosse stanca.
Ma prima di addormentarsi, la sua mente vagò per qualche minuto. Fu allora che realizzò pienamente cos’era successo. La sua famiglia l’aveva cacciata di casa, la odiava. E non poteva tornare indietro. O chiamare Diana, o Bill. E ancora, dopo anni di attesa, continuava a non avere idea di dove lui fosse, se stava bene, se era felice, se la stava cercando o si era arreso.
I suoi occhi si inumidirono, e li chiuse per non dover guardare in faccia la realtà, almeno per quel poco tempo in cui avrebbe dormito.
 
   
 
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