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Autore: Nike90Wyatt    25/03/2019    3 recensioni
Una scelta che cambierà la vita di due ragazzi e sconvolgerà la quotidianità della città in cui abitano, facendo di loro due supereroi.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Molti secoli fa vennero creati dei gioielli magici, i Miraculous, che donavano incredibili poteri; per millenni degli eroi si servirono di questi per combattere il male per il bene dell'umanità. Dei molti gioielli 7 erano i più importanti, e 2 erano i più potenti: l’anello della Coccinella (che trasmetteva il potere della creazione) e gli orecchini del Gatto Nero (che trasmettevano il potere della distruzione). La leggenda narra che chi fosse riuscito a possedere questi due gioielli avrebbe ottenuto il Potere Assoluto e la possibilità di esprimere un desiderio che avrebbe cambiato la realtà.» Queste parole echeggiavano in quella stanza buia, illuminata solo da una flebile luce proveniente da una finestra circolare semiaperta.
Al centro della stanza, un uomo dalla robusta corporatura ascoltava attentamente il discorso portato avanti da Noroo, il kwami della farfalla, una piccola creatura in grado di donare al suo padrone, possessore del Miraculous, la capacità di creare seguaci dotati di poteri sovrannaturali.
Il misterioso uomo, deciso ad impossessarsi dei Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero per ottenere il Potere Assoluto, indossò la spilla della farfalla . «Nooroo, che le ali della notte si innalzino!» A queste parole, il kwami fu risucchiato all’interno del Miraculous. «D’ora in poi, sarò conosciuto con il nome di Papillon.» disse infine l’individuo, mentre un inquietante ghigno si formò sul suo volto, coperto in gran parte da una maschera grigia sulla quale era disegnato un simbolo che ricordava le ali di una farfalla.
Nel frattempo, in un piccolo centro massaggi, non lontano dalle rive della Senna, Wayzz, il kwami della tartaruga, avvertì nitidamente la presenza di un umano che stava attingendo al potere di Nooroo, e si affrettò ad avvertire il maestro Fu, l’ultimo guardiano dei Miraculous rimasto. Intuendo la preoccupazione del suo kwami, Fu non esitò ad aprire un cofanetto dal quale estrasse due piccole scatoline. «Mio caro amico Wayzz, è giunto il momento di trovare due nuovi protettori del bene. Ormai sono troppo vecchio per adempiere a questo compito.» disse risoluto l’anziano uomo.
 
Tornare a Parigi era sempre una gioia: poter ammirare la maestosità della Tour Eiffel, incantarsi di fronte alla bellezza degli Champs-Elysées, respirare il buonissimo odore dei dolci sfornati dalla pasticceria più famosa d’Europa e, soprattutto, riabbracciare i propri genitori. Queste erano le emozioni che provava Marinette ogni volta che faceva ritorno nella sua città natale dopo aver preso parte ad una tournee. Essere una cantante di livello internazionale comportava dei sacrifici, molto spesso anche piuttosto pesanti, ma lei era consapevole di rendere orgogliosi i suoi genitori e se, a volte, il prezzo da pagare era esaurire tutte le sue energie fisiche e mentali e rinunciare ad avere amicizie che non avessero come fine un contratto discografico, era ben lieta di scontarlo. Tuttavia, la solitudine, dovuta ai vari impegni in giro per l’Europa, era un peso enorme da sopportare per una ragazza di soli 16 anni: fu questo che spinse la ragazza a prendere una decisione importante.
«Mamma, papà.» richiamò l’attenzione dei suoi genitori. «Desidero ridurre i miei viaggi e tenere concerti solo a Parigi per qualche anno. Vorrei frequentare la scuola, avere degli amici con i quali uscire e divertirmi senza che mi chiedano di continuo foto e autografi. Vorrei poter avere una vita normale come tutti gli altri ragazzi della mia età. Ciononostante mi impegnerò ad adempiere ai miei compiti con la solita dedizione e mi farò aiutare da Nathaliè in tal senso. Ma…» Esitò per un attimo, temendo una severa reazione da parte dei suoi, ma alla fine prese coraggio e terminò:  «Per favore, concedetemi questa possibilità.»
Sabine e Tom ascoltarono attentamente il discorso della figlia, perplessi e soprattutto stupiti dalla richiesta avanzata dalla giovane: potevano comprendere le necessità della ragazza, le rinunce che aveva fatto in quei 2 anni in cui la sua stella era esplosa conquistando il cuore di milioni di fan. Marinette, però, aveva sempre affermato di amare quello che faceva, non aveva mostrato mai segni di insofferenza, almeno non con loro due; dunque, mai si sarebbero aspettati una tale richiesta. Volsero lo sguardo verso Nathaliè, la quale aveva assistito a tutta la scena, chiedendosi se l’assistente della figlia fosse a conoscenza dei problemi che attanagliavano la giovane cantante: l’unica reazione, però, che ricevettero fu uno sguardo altrettanto perplesso, segno che anche lei sentiva per la prima volta quelle parole.
Sabine fu la prima a prendere parola, avvicinandosi lentamente alla figlia col sorriso sulle labbra: «Tesoro, se questo è il tuo desiderio, faremo di tutto per soddisfarlo.» disse la donna, mentre la stringeva tra le sue braccia.
«Troveremo la migliore scuola di Parigi, me ne occuperò personalmente!» esclamò Tom, puntando il pollice verso il petto con fare teatrale, cosa che suscitò l’ilarità delle due donne e fece sorridere anche Nathaliè, solitamente impassibile. «Nathaliè, cortesemente chiama la pasticceria ed avvisa che domani mattina sarò impegnato con mia figlia.»
«Papà, in realtà io so già dove andare.» lo interruppe Marinette, «Alla François -Dupont. Chloè frequenta quella scuola; avere già qualcuno che conosco nella classe potrebbe aiutarmi ad inserirmi meglio. Anche se non credo che Chloè sia diventata così socievole negli anni; inoltre, è sempre stata piuttosto gelosa della nostra amicizia. Comunque, è l’unica amica con cui ho ancora dei contatti, le ci sono affezionata.»
«Perfetto piccola; domattina allora andremo a iscriverti. Tutto per la mia principessa.»
«Grazie, siete i migliori!» gridò Marinette, per niente preoccupata di nascondere l’entusiasmo. «Chiamerò Chloè per darle la notizia: sono certa che ne sarà felice, spero solo che non mi frantumi il timpano come quella volta che la invitai nel backstage del mio concerto»  esclamò, scatenando le risate dei presenti. La ragazza salutò i genitori con un bacio sulla guancia ed augurò la buonanotte anche a Nathaliè, avviandosi verso la sua enorme camera da letto, raggiante come forse non era stata mai in vita sua.
 
 
«Adrien, farai tardi a scuola!» La voce di una giovane donna giunse alle orecchie di un ragazzo biondo, ancora steso sul letto nella sua camera. «Adrien, sbrigati, avevi promesso che quest’anno non avresti fatto più ritardi.» proseguì la donna non nascondendo un leggero tono irritato, vista l’assenza di risposte alle sue continue sollecitazioni.
«Si, si. Arrivo mamma.» sbuffò il ragazzo, alzandosi lentamente dal letto ed incamminandosi verso il bagno.
«Emilie rilassati» esordì l’uomo seduto al tavolo affianco alla donna, intento a sorseggiare una tazza di tè. «Non è una catastrofe se arriva un po’ in ritardo il primo giorno di scuola. Vedrai che i professori saranno comprensivi, d'altronde sono abituati.» concluse, non nascondendo una risatina mentre gettava un occhio in direzione della moglie che lo osservava perplessa.
«Gabriel Agreste!» tuonò la donna con un tono di rimprovero, mantenendo comunque un leggero sorriso sulle labbra. «Nell’ultimo anno, tuo figlio ha collezionato più ritardi che presenze: è riuscito ad arrivare tardi anche alle lezioni di pianoforte che gli do io il pomeriggio. Fortuna che almeno riesce ad arrivare in orario alle lezioni di scherma, altrimenti Monsieur D’Argencourt ce lo rispedirebbe a casa pieno di buchi.»
«Solo perché le lezioni di scherma iniziano subito dopo la scuola e quindi lui si trova già lì.» rispose Gabriel che in quel momento tratteneva a stento le risate.
La discussione proseguì per qualche minuto, fino a che Adrien non si palesò finalmente nella cucina intento a bere una tazza di latte prima di uscire di casa per andare a scuola.
«Figliolo, ti consiglierei di settare 3 sveglie la mattina e di posizionarle lontano dal tuo letto in modo che tu non possa disattivarle.» consigliò Gabriel, mentre sfogliava con fare rilassato il giornale. «Tua madre ha ragione, dovresti cercare di impegnarti di più e collezionare meno ritardi.» concluse l’uomo, ricevendo uno sguardo d’approvazione dalla bionda donna che nel frattempo si sistemava l’abito prima di uscire insieme al figlio.
«Si lo so papà. È solo che ieri ho fatto tardi pensando ad oggi.» rispose il ragazzo con un’espressione tra l’imbronciato e lo sconsolato. «Credo che anche quest’anno capiterò in classe con quell’oca viziata di Chloè e quel damerino da quattro soldi di pomodorino andato a male. Il solo pensiero di un altro anno insieme a loro mi toglie il sonno.»
«Kurtzberg?» chiese Gabriel, inarcando leggermente il sopracciglio e ricevendo un gesto affermativo da parte del figlio.
Intuendo le preoccupazioni che affliggevano il giovane Agreste, Emilie gli accarezzò dolcemente la guancia, e, dopo aver scoccato un bacio affettuoso sulla sua fronte, lo fissò intensamente nei suoi occhi verde smeraldo. «Adrien, non pensare a loro, se non desiderano la tua amicizia vuol dire che non la meritano. So quanto possano essere invadenti, fastidiosi e molte volte dispettosi i tuoi compagni, ma sai come si dice? La non curanza è il maggior disprezzo. Dimostrati superiore: ignorali. Prima o poi si stancheranno di non avere la soddisfazione di farti innervosire e la smetteranno.»
«Ricorda ragazzo: tu sei un Agreste!» esclamò con fare perentorio Gabriel, alzandosi dalla sedia. «Sei il figlio del miglior sarto di Parigi e della migliore pianista d’Europa. Non devi sentirti inferiore a quella gente solo perché una è figlia del sindaco e l’altro ha vinto qualche stupido concorso di disegno con i suoi scarabocchi.»
«Ben detto, papà!» affermò Adrien, che finalmente aveva ritrovato la determinazione grazie alle parole della madre e all’incoraggiamento datogli dal padre. «Ora meglio che mi sbrighi.»
Salutò il padre con un cenno della mano e baciò la madre sulla guancia, arrossendo al commento di quest’ultima in cui faceva riferimento a qualche nuova compagna di classe con cui fare amicizia.
 
Adrien raggiunse l’ingresso della scuola, vuoto in quel momento, ringraziando il cielo per essere riuscito ad arrivare addirittura con 5 minuti di anticipo. Prima di salire le scale che conducevano all’interno dell’edificio, il ragazzo vide una lussuosa berlina fermarsi nello spiazzale che fronteggiava l’istituto scolastico; dall’auto scese un imponente uomo dai capelli e occhi castani, con degli enormi baffi che gli conferivano un’aria simpatica. Adrien riconobbe subito l’individuo: si trattava di Tom Dupain, il più famoso pasticciere di Parigi e vincitore di diversi concorsi a livello internazionale; nonostante la fama che circondava la pasticceria, Tom era conosciuto per la sua gentilezza e garbo, ed era apprezzato soprattutto per essere rimasto una persona profondamente umile, benché riconosciuto come il migliore nel suo ambito. Poco dopo, all’imponente figura maschile si affiancò una ragazza: era piuttosto minuta e la vicinanza con l’uomo dalla stazza importante la faceva sembrare ancora più piccola di quanto non fosse già di suo. Indossava un cappellino rosa che le coprivano i capelli scuri raccolti in due codini che le ricadevano sulle spalle; il viso era per metà coperto da due enormi occhiali rosa, abbastanza vistosi, che si abbinavano perfettamente ai jeans rosa indossati sotto una t-shirt bianca. Adrien, che più volte aveva fatto visita alla pasticceria Dupain e quindi aveva guadagnato anche una certa confidenza col pasticciere, lo salutò facendo un cenno con la mano, venendo subito ricambiato. Immediatamente dopo fu attirato da un rumore sordo: a pochi metri da lui, un anziano signore dai marcati tratti orientali, aveva perso la presa sul suo bastone da passeggio ed era caduto a terra.
Come fulmini, i due ragazzi corsero in direzione dell’uomo, che fortunatamente non sembrava aver subito particolari conseguenze da quella caduta; Adrien raccolse il bastone da terra, mentre Marinette lo aiutò a rialzarsi.
«Tutto bene signore?» chiese preoccupato il biondo, porgendogli il bastone.
«I miei riflessi non sono più quelli di una volta, ma tutto sommato credo di avere ancora tutte le ossa al loro posto» scherzò l’anziano, facendo sorridere i due giovani. «Vi ringrazio; al giorno d’oggi è piuttosto difficile trovare dei ragazzi con un buon cuore come voi.»
«Per così poco… L’importante è che lei stia bene.» rispose Marinette, regalando un dolce sorriso all’uomo.
Anche Tom, nel frattempo, si era avvicinato ai tre, per sincerarsi che fosse tutto a posto.
«Scusatemi, devo entrare, altrimenti farò tardi.» disse Adrien, dopo aver udito il suono della campanella. «Vi auguro buona giornata» si congedò, chinando leggermente il capo a mo’ di saluto.
Anche Tom e Marinette salutarono l’anziano signore, il quale si fermò per qualche minuto ad osservare la scuola dove erano entrati i due ragazzi. «Wayzz, li ho trovati.» sussurrò, guardando il taschino della sua camicia.
 
Accanto alla porta dell’aula, il giovane Agreste trovò Nino, stupito nel vedere il biondo in orario. «Bro! Accidenti, tu che arrivi in orario e la professoressa Bustier in ritardo. Forse è la giornata adatta per chiedere ad Alya di uscire.» esclamò con tono ironico il dj, mentre batteva il pugno con il suo migliore amico che se la rideva di gusto.
Entrati in classe, i due ragazzi si apprestarono a sedersi ai posti che solitamente occupavano negli anni passati ma furono fermati da una squillante voce proveniente da una ragazza bionda, che si avvicinava a loro con fare minaccioso. «Voi due nerd, quei posti sono nostri.» disse portandosi il pollice al petto e indicando poi la compagna a lei vicina.
«Chloè… Siamo sempre stati seduti qui.» sbuffò Adrien, già stufo di quella conversazione con la spocchiosa figlia del sindaco.
«Adrien Agreste.» cantilenò Chloè, ignorando del tutto le parole del compagno di classe. «Domani arriverà Marinette e visto che quello sarà il suo posto, questo... » batté la mano sul banco, «sarà il mio posto.» Si rivolse poi alla ragazza seduta sulla sedia che affiancava quello appena indicato come il “posto di Marinette”: «Ritieniti fortunata quattrocchi. Oggi mi sento buona, per questo non ti sfratto. Chissà che la vicinanza con persone di ceto sociale superiore al tuo non ti regali almeno un po’ di buongusto nel vestire.»
«Sei la solita prepotente Chloè.» tuonò Nino, innervosito dalle parole della bionda che in meno di 2 minuti aveva trattato male sia il suo migliore amico sia la sua storica cotta.
 «Chi sarebbe questa Marinette?» domandò scocciato Adrien. A quella domanda si alzarono delle risate di scherno nei confronti del biondo, che assisteva perplesso alla scena.
«Chloè, non puoi certo pretendere che il signorino conosca la più famosa popstar del mondo. Passa metà del suo tempo a giocare ai videogiochi e l’altra metà a farsi bucherellare a scherma e a strimpellare sul pianoforte della mammina.»
«Nathaniel.» ringhiò Adrien, dopo aver visto palesarsi il ragazzo dai capelli rossi.
«Forza, Agreste. Non farci perdere tempo; tu e il tuo amico andate a sedervi lì.» disse Chloè indicando due posti liberi che si trovavano sulla fila opposta.
Adrien era pronto a ribattere, determinato a non subire l’ennesima prepotenza della figlia del sindaco e dei suoi compari, Nathaniel e Sabrina, ma fu costretto a desistere a causa dell’arrivo della professoressa Bustier. Sconsolato, invitò Nino a seguirlo ed entrambi si accomodarono ai posti indicati precedentemente.
«Tu la conosci questa Marinette, Nino?» chiese dopo un po’.
«Detesto doverlo dire, ma Nathaniel ha ragione questa volta: ma dove vivi?» rispose Nino, allargando le braccia, provocando un’espressione ancora più perplessa sul volto di Adrien. «Marinette Dupain-Cheng! La più giovane cantante ad aver vinto il premio come “migliore artista femminile” ai Music Awards. Ha esordito a soli 14 anni e in 2 anni è diventata più popolare del presidente degli USA. Diavolo amico! Sul serio non la conosci? È anche la figlia del migliore pasticciere di Parigi! Proprio tu frequenti quella pasticceria più di quanto frequenti casa tua!» concluse con tono esasperato Nino, che proprio non riusciva a digerire l’ignoranza del suo amico riguardo la famosa cantante; mentre parlava, aveva anche mostrato al suo compagno di banco diverse fotografie dell’artista, notando che spesso Adrien restava incantato dagli splendidi occhi azzurri della ragazza.  In quel momento, la mente del biondo si illuminò e riuscì a collegare tutti i punti. «Ora la riconosco!» esclamò a voce un po’ troppo alta, attirando l’attenzione dei compagni di classe e della professoressa Bustier che, nel frattempo, stava ultimando l’appello. «Agreste. Potresti cortesemente fare silenzio durante l’appello? Capisco che la notizia di avere come compagna di classe un’icona della musica possa scatenare un’eccessiva euforia in voi, ma cercate di contenervi.» lo rimproverò la donna, con le risatine dei compagni di classi in sottofondo.
«C-chiedo scusa.» rispose Adrien mortificato ed imbarazzato.
«L’ho vista cantare qualche volta in televisione e non escludo di averla incrociata un paio di volte alla pasticceria Dupain» proseguì il discorso con l’amico a bassa voce per non ricevere un altro rimprovero. «Non sapevo si chiamasse Marinette. Non sono un grande appassionato di musica pop; sai che mia madre preferisce che io studi la musica classica.»
«Magari è giunto il momento di allargare i tuoi orizzonti» scherzò Nino.
«Può darsi.» ridacchiò il biondo.
L’inizio della lezione impedì ai due di proseguire il discorso; Adrien non potette fare a meno di pensare che Marinette fosse la ragazza insieme alla quale aveva aiutato quel signore davanti all’ingresso dell’istituto. All’intervallo, decise di raccontare l’episodio a Nino ed Alya, con i quali era solito passare quel quarto d’ora di pausa dalle ore scolastiche.
«Cioè tu stamattina hai incontrato Marinette Dupain-Cheng, sei stato a tanto così da lei, e non le hai nemmeno chiesto un autografo?» chiese adirata Alya, portandosi le mani sulle anche.
«Ehi! Indossava un berretto e degli enormi occhiali. Come potevo riconoscerla? E poi, come ho già detto a Nino, non ascolto quel genere di musica. Tra l’altro è amica di Chloè, e da come l’ha descritta come minimo sarà “simpatica” quanto lei. Non c’è da fidarsi.»
«Beh, non è che si sappia molto di lei al di fuori dell’artista. La tengono sotto una campana di vetro, raramente si rapporta ai fan; mi stupisce anche il solo fatto che si sia iscritta a scuola.» spiegò Nino.
La giornata scolastica trascorse alquanto velocemente: essendo il primo giorno di scuola, infatti, i professori avevano preferito non caricare eccessivamente gli studenti ed avevano concordato di non assegnare compiti per casa, almeno per quel giorno. Inoltre, Adrien era anche sollevato dalla totale assenza di considerazione nei suoi confronti della Bourgeois troppo impegnata a pavoneggiarsi con gli studenti della scuola ostentando la sua amicizia con la star internazionale.
 
Parigi all’ora di punta era un inferno per gli automobilisti:  gli ingorghi che si creavano nelle piazze e nei lunghi viali del centro erano in grado di far imbestialire anche la persona più pacata del mondo. Non mancavano, ovviamente, i furbi della situazione, che, ignorando quasi tutte le regole imposte dal codice della strada, non si preoccupavano di sfruttare piccoli spiragli dove infilarsi col proprio mezzo per passare più velocemente. Fu proprio uno di questi individui a causare un incidente nei pressi di un incrocio: un autista di una berlina, spaventato dal possibile impatto con una macchina che proveniva dal senso opposto, il cui guidatore aveva completamente ignorato il rosso del semaforo, sbandò pericolosamente, sbattendo contro un palo della luce. Fortunatamente non ci furono feriti in quel sinistro, ma l’anteriore della berlina subì un ingente danno. Furioso, l’uomo scese velocemente dal veicolo per sincerarsi delle condizioni dello stesso, notando come il responsabile di tutto ciò si fosse volatilizzato, probabilmente conscio della sciocchezza appena compiuta. I sentimenti negativi provati in quel momento furono subito colti da una persona dalle intenzioni tutt’altro che pure.
«Rabbia, frustrazione, paura. Sono emozioni perfette per la mia akuma.» disse l’uomo vestito con uno smoking viola. Una farfalla bianca volò nel palmo della sua mano, e lui utilizzò il suo potere per caricarla di energia oscura. «Vola mia piccola akuma, e oscura il suo cuore!» tuonò nel buio della sua stanza, mentre la farfalla, ormai diventata nera con piccole striature viola, volava attraverso la finestra.
 L’akuma raggiunse velocemente la destinazione e si infilò nel portachiavi tenuto in mano dalla vittima, ignara di ciò che stesse accadendo: il volto dell’uomo, improvvisamente colorato di un rosso intenso, fu circondato da un simbolo e una voce si fece strada nella sua testa.
«Conducteur, io sono Papillon. Ti dono il potere di controllare a tuo piacimento le vetture della città, così da vendicarti di coloro che non rispettano il codice stradale. In cambio dovrai portarmi in dono dei piccoli gioielli.»
«Come desideri, Papillon.» In breve tempo una nube oscura circondò il povero autista e, una volta diradata, si palesò un buffo individuo interamente vestito di nero: in testa indossava un cappello tipico degli autisti, mentre nella mano destra stringeva quella che sembrava la chiave elettronica, solitamente usata per sbloccare le portiere di un’automobile, dalla quale penzolava un portachiavi a forma di pneumatico. Conducteur alzò in alto il suo piccolo strumento e, premendo semplicemente un tasto, azionò tutte le autovetture presenti nei paraggi, bloccando anche le persone che si trovavano all’interno. Il risultato fu la creazione di un immenso ingorgo che bloccò in poco tempo tutte le arterie principali della città di Parigi.
 
Tornata a casa, raggiante come non mai, Marinette decise di rilassarsi nella sua camera, scarabocchiando sul suo quaderno alcuni design di vestiti da sera: la ragazza fin da piccola aveva sviluppato una certa passione per la moda, cosa che l’aveva spinta a crearsi da sola alcuni degli abiti che vestiva durante i concerti. Il suo buon gusto e soprattutto l’originalità delle sue creazioni, uniti alla sua grande capacità di abbinarli perfettamente alle sue canzoni, erano stati decisivi nella sua ascesa al successo. Mentre disegnava, gettò l’occhio sul tavolino posto davanti al divano su cui era seduta: una piccola scatolina nera con alcuni disegni rossi era posizionata lì in bella vista.
«E questa da dove sbuca?» si chiese la ragazza, mentre prendeva in mano l’oggetto aprendolo con cautela. La prima cosa che notò, una volta aperta la scatolina, furono un paio di orecchini argentati; non fece in tempo a prenderli, che fu investita da un bagliore verde proveniente dai due gioielli. Chiuse gli occhi per non essere abbagliata da quella luce e, quando li riaprì, si ritrovò di fronte un piccolo esserino nero dotato di due occhi verdi dal taglio felino.
«Ciao zuccherino! Hai per caso qualcosa da mangiare?» sentenziò la creatura.
«Cosa, cosa sei?» chiese la ragazza, sorprendentemente tranquilla dinnanzi a quella bizzarra situazione.
«Io sono un Kwami, il mio nome è Plagg» abbozzò un inchino. «Tu sei stata scelta come portatrice del Miraculous della distruzione: gli orecchini del Gatto Nero.»
«È uno scherzo vero? Sono certa che è opera di mio padre. Adora fare scherzi del genere» disse Marinette,
ridacchiando.
«Nessuno scherzo. Sei stata scelta per un motivo. Da adesso dovrai impegnarti per un bene superiore e soprattutto non dovrai raccontare a nessuno di tutto questo. A nessuno, mi sono spiegato?»
La giovane annuì, mantenendo comunque un’espressione interrogativa.
«Cosa devo fare allora?» domandò, sempre più incuriosita.
«Il tuo compito è portarmi da mangiare, dolcezza. Sto morendo di fame.» sbuffò Plagg, incrociando le zampette.
«Sei fortunato, i miei sono i proprietari della pasticceria che si trova proprio qui sotto casa mia e mio padre è il migliore al mondo nel creare dolci. Aspettami qui, ti porto un vasto assortimento di dolciumi.»
«No, no, no, no, no. Niente dolci, odio le cose zuccherose.» esclamò il Kwami, volando davanti al volto della sua nuova amica.
«Ma davvero?» disse Marinette, assottigliando le palpebre ed appoggiando i pugni sulle anche. «E sentiamo cosa gradisce il nostro ospite?»
Un sorriso, che Marinette trovò alquanto inquietante, si formò sul volto di Plagg, pronto a dare una risposta al quesito appena postogli.
 
«Fortuna che abito a pochi passi da scuola.» disse Adrien ridendo fra sé e sé, mentre risaliva le scale che lo avrebbero condotto nel suo appartamento, posto proprio al di sopra della sartoria Agreste. «Non vorrei essere nei panni di quei poveri automobilisti, riesco a sentire la loro frustrazione fino a qui.»
Aprì la porta della sua camera e si sedette alla scrivania, dopo aver acceso il computer pronto per fare una partita al suo videogioco preferito; era ancora presto e, finché il padre non avesse chiuso il negozio per la pausa, avrebbe dovuto aspettare per il pranzo. Aprì il cassetto dove teneva conservato il suo joystick e si sorprese nel trovare una strana scatolina nera posta proprio accanto all’oggetto che cercava. Aprendola, vi trovò dentro un anello completamente nero. Avvicinò la mano al monile ma fu accecato da una luce rossa che lo costrinse a portarsi una mano sugli occhi.
Lo stridio del gesso sulla lavagna probabilmente sarebbe risultato un suono più gradevole dello strillo lanciato da Adrien nel vedere l’esserino rosso apparso dall’anello. «Che cosa sei? La manifestazione di un demone venuto ad uccidermi?» urlò il biondo, mentre si rifugiava in un angolino della sua stanza.
«Tranquillo, non voglio farti del male.» cercò di rassicurarlo la piccola creatura scarlatta. «Il mio nome è Tikki, sono un Kwami. Tu sei stato scelto come possessore del Miraculous della Coccinella, l’anello che vedi in quella scatolina.»
Quasi come se non avesse ascoltato quelle parole, Adrien afferrò al volo un bicchiere e lo usò per intrappolare Tikki. «Se ti fa stare più tranquillo...» sentenziò sconsolata.
«Ok, è tutto chiaro. Stamattina in realtà non sono riuscito ad afferrare in tempo il corrimano e sono ruzzolato giù per le scale, mi sono spaccato la testa e sono caduto in un coma profondo. Perciò tutto questo non è reale.»
«Sei sempre così melodrammatico?» chiese la piccola, divertita dal film mentale pensato dal ragazzo. «Adrien, credimi è tutto vero. Se mi dai il tempo, ti spiegherò tutto. Ma per favore, la prima regola è di non farne parola con nessuno. È vitale che nessuno sappia il nostro segreto.»
A quelle parole, Adrien parve finalmente tranquillizzarsi. Fece un respiro profondo e si accomodò sulla sedia vicino alla scrivania ancora leggermente scosso, pronto ad ascoltare.
 
«Fantastico... Va matto per il Camembert. Devo trovare un modo per non attaccare la puzza di quel formaggio rivoltante ai miei vestiti. Ne va della mia immagine e della salute del mio naso» sbuffò la giovane Dupain-Cheng, dopo aver consegnato al suo nuovo piccolo amico un’intera confezione di formaggio di prima scelta.
«Sai una cosa, cheriè? Credo tu sia la migliore portatrice del Miraculous del Gatto Nero che io abbia mai incontrato.»
«Sul serio lo pensi?»
«Nessuna mi aveva mai dato da mangiare un Camembert di così alta qualità.»
Intuendo di essere stato leggermente indelicato con queste parole, specialmente dopo aver notato che la ragazza aveva abbassato lo sguardo sconsolata sospirando, Plagg cercò di correggere il tiro. «Inoltre devo ammetterlo: nessuna era bella come te.»
«Sei solo un grandissimo ruffiano.» Rispose Marinette incrociando le braccia al petto, ma riacquistando comunque il sorriso sulle labbra. «Allora, vediamo se ho capito bene: il mio potere è il Cataclisma; posso evocarlo sulla mano che preferisco, ma mi è possibile utilizzarlo solo una volta in battaglia. Dopo il suo utilizzo ho 5 minuti di tempo prima di ritrasformarmi e rivelare la mia identità, cosa che devo evitare a tutti i costi.»
«Tutto esatto, principessa.» esclamò Plagg, ingoiando in un sol boccone l’ultima fetta di Camembert rimasta. «A trasformazione conclusa avrò bisogno di ricaricare le energie e penso che tu abbia capito in che modo.»
«Divorando Camembert; si, l’ho capito che, se potessi, ti sposeresti volentieri con quel formaggio dal tanfo nauseante. » sospirò Marinette, prima di accomodarsi sul divano presente in camera sua con l’intenzione di rilassarsi, guardando la TV. La sua attenzione fu immediatamente attirata da un servizio speciale mandato in onda sul canale nazionale: le immagini mostravano diverse automobili, alcune senza conducente, che schizzavano impazzite per le strade di Parigi mentre un buffo uomo, a metà tra un vigile e un autista di limousine, camminava tranquillamente in mezzo a quel casino mentre alzava di tanto in tanto la mano destra mostrando quella che sembrava una chiave elettronica per automobili.
Comprendendo al volo la situazione, Marinette balzò in piedi e si rivolse a Plagg, il quale osservava sornione il servizio in televisione. «Plagg quello è un tizio akumizzato vero?» chiese al Kwami, ricevendo una risposta positiva. «Devo assolutamente trovare questo portatore del Miraculous della Coccinella. Dobbiamo salvare Parigi.»
«Devi solo dire “Plagg, trasformami”.»
«Plagg, trasformami!» in un lampo, il Kwami nero fu risucchiato nell’orecchino sinistro e un bagliore verde circondò Marinette. I due orecchini si colorarono completamente di nero: sulla superficie si formò un simbolo raffigurante una zampa felina di colore verde. I capelli color liquirizia della ragazza si accorciarono leggermente in un caschetto sfilzato, mentre due orecchie da gatto erano spuntate sul capo. Il costume consisteva fondamentalmente in una tuta integrale completamente nera  che risaltava le forme femminili della giovane; legata in vita, una cintura nera, sciolta sul retro, come se fosse una coda. Sul colletto alto era posto un campanellino dorato mentre il volto era per metà coperto da una maschera nera: gli occhi avevano assunto una forma molto simile a quelli di un gatto, la sclera era completamente verde mentre le iridi avevano mantenuto il colore azzurro degli occhi di Marinette, creando un contrasto alquanto singolare. Poggiato sul retro della cintura, un piccolo bastone grigio contrassegnato, come gli orecchini, da una zampa verde.
«Wow! È la cosa più straordinaria che abbia mai visto.» esclamò, osservando per qualche secondo il suo nuovo look, prima di balzare fuori alla finestra.
 
«...e per purificare le akuma dovrai usare il potere della tua arma.» Tikki terminò la sua spiegazione riguardo i poteri del Miraculous. Adrien era rimasto ad ascoltare senza mai spostare lo sguardo dalla piccola Kwami.
«E quel Lucky coso…»
«Il Lucky Charm!» esclamò Tikki. «Ti consente di evocare un oggetto che ti aiuterà in battaglia; una volta terminata, lo lancerai in alto e il potere della Creazione rimetterà tutto a posto. Fa attenzione però: una volta usato il Lucky Charm avrai solo 5 minuti prima di ritrasformati. Dovrai agire velocemente.»
«Oooook, credo di aver capito. O perlomeno lo spero.» disse Adrien, portandosi una mano dietro alla nuca, ridendo nervosamente. Subito dopo la sua espressione s’intristì di colpo: «Però tutto questo è assurdo! Non posso essere stato scelto io, sono un disastro ambulante, un pericolo pubblico!» si alzò dalla sedia, iniziando a passeggiare nervosamente per la stanza. «Inciampo di continuo, rompo gli oggetti... L’unico posto dove non combino disastri è la palestra della scuola durante le lezioni di scherma: sarà perché ho la sicurezza che siamo tutti protetti dalla divisa da schermidore o perché ho inconsciamente paura di quello che potrebbe farmi Monsieur D’Argencourt se dovessi sbagliare. Ma per il resto... No, non posso fare il supereroe, Tikki. Potrei farmi male, o peggio fare del male ad altre persone.»
«Adrien!» urlò Tikki con l’intenzione di fermare quello sproloquio infinito del suo nuovo amico. «Sono sicura che sarai perfetto. Sei stato scelto per un motivo, presto lo capirai. Devi solo avere fiducia in te stesso. Sappi che io ce l’ho.»
A queste parole il giovane sorrise senza però dire altro: a Tikki bastò il suo sguardo per capire che tutto quello che voleva dire era “Grazie”.
Delle urla provenienti dalla strada, attirarono l’attenzione dei due. Tikki si precipitò, preoccupata, ad osservare dalla finestra, mentre Adrien non si scompose più di tanto. «Tranquilla, è una cosa normale a quest’ora. Sarà qualche lite per il traffico, non c’è da allarmarsi.»
«E dimmi Adrien...» disse Tikki mentre continuava ad avere lo sguardo fisso sulla strada. «È normale che le auto si muovano da sole?»
«Cosa!?» esclamò il biondo. Si alzò di scatto dalla sedia e si fiondò alla finestra: decine di automobili sfrecciavano per le vie; in alcune di esse vi erano persone spaventate che gridavano aiuto, mentre altre erano vuote, prive di conducente.
«Cosa devo fare?»
«Te l’ho spiegato: devi solo dire “Tikki trasformami”.»
«Trasformami!?»
La Kwami rossa fu risucchiata nell’anello, che divenne tutto rosso con pois neri. Un bagliore rosso circondò Adrien, mentre una maschera rossa a pois neri gli coprì metà viso. I suoi capelli biondi si alzarono leggermente verso l’alto, formando una pettinatura stile mohawk, diventando anche più lunghi di quanto fossero prima, mentre un nastro rosso li teneva in parte legati in un codino alto. Il corpo fu interamente rivestito da un costume rosso con qualche macchia nera sparsa: il torace era coperto da una giacca in pelle rossa semiaperta, sotto alla quale si intravedeva una maglia attillata di colore nero con strisce scarlatte. Ai piedi indossava un paio di stivali stile militare, anch’essi rossi a macchie nere. Alla cintura era legato un piccolo yo-yo, abbinato nei colori al resto del costume.
Adrien guardò la sua immagine riflessa nello specchio della stanza, sbarrando gli occhi quando vide il suo aspetto. «Tikki? Dove sei?» chiese preoccupato ed imbarazzato. «Tikki, ti prego vieni fuori. Non posso andare in giro vestito così. Sembro un pagliaccio che fa il cosplay di una coccinella; ok, io adoro fare cosplay e partecipo a quasi tutte le convention di Parigi; l’anno scorso mi sono travestito da Thor, uno dei migliori costumi della fiera e... E sto parlando da solo, molto bene: questo è il primo passo per la pazzia, come se questa storia dei Miraculous, le akuma, questo tizio con la passione per le farfalle e i cravattini non fosse abbastanza folle. Beh almeno non posso lamentarmi del mio fisico. Da quando ho tutti questi muscoli così definiti? A quanto pare praticare la scherma paga.» scherzò, mimando qualche posa da body builder. Abbassò lo sguardo, notando lo yo-yo appeso alla cintura; lo preso in mano ed iniziò ad analizzarlo attentamente. «Oh fantastico! Non solo dovrò combattere vestito come un clown reduce da una sbronza rimediata ad una festa, ma la mia unica arma è uno yo-yo! E meno male che le coccinelle dovrebbero portare fortuna.» sbottò, sbuffando rumorosamente.
«Ok Adrien, ora basta con questo monologo melodrammatico.» si disse schiaffeggiandosi il volto con lo scopo di uscire da quel tunnel di elucubrazioni in cui era entrato. Si posizionò nuovamente di fronte allo specchio e fissò i suoi occhi verdi. «Tu sei stato scelto!» esclamò indicando la sua immagine riflessa. «Non è ancora ben chiaro da chi, ma è così. Tikki ha fiducia in te, anche se ti conosce da meno di 10 minuti. Non devi deluderla. Adesso andrai lì fuori e prenderai a calci nel sedere quel maledetto akumizzato!»
Prese un profondo sospiro, aprì la finestra e lanciò il suo yo-yo che si estese per decine di metri prima di legarsi saldamente ad uno dei gargoyle di Notre-Dame.
«Sono ancora in tempo per tornare dentro e mettermi sotto le coperte e fingere che tutto questo sia un incubo.» disse con voce tremolante. Chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo e decise di agire; un leggero strattone al filo teso lo catapultò rapidamente alle spalle dell’enorme cattedrale di Parigi.



Angolo Autore:
Ehi bella gente :)
Oggi sono qui con questa nuova storia, la seconda che pubblico qui, a tema Miraculous. Era da un po’ di tempo che avevo in mente l’idea di rovesciare i ruoli dei due protagonisti e finalmente sono riuscito a realizzarla. La mia intenzione era di proporre una one-shot, ma, poiché non mi piace essere superficiale, ho preferito approfondire certi dettagli per rendere più comprensibili le scene e i dialoghi.
Ho cercato anche di dare un tocco personale alla storia, cercando di non essere troppo scontato in alcune scelte (ad esempio, in questa storia i due protagonisti hanno entrambi i genitori); a questo proposito, per chi se lo stesse chiedendo: Papillon non è né Gabriel Agreste né Tom Dupain. Ai fini di questa fanfic in particolare non è molto importante sapere chi si nasconde dietro quello smoking viola; se in futuro deciderò di scrivere un seguito, saprete a chi ho affidato questo ruolo.
Anche sui costumi dei due supereroi ho dato una mia personale interpretazione, cercando non solo di essere originale (spero di esserci riuscito) ma anche di fare in modo che siano più irriconoscibili di quanto invece non lo siano nella serie canonica.
Chiudo ringraziando con tutto il cuore l’autrice della FanArt (che potete trovare in HQ a questo link https://marysam-art.tumblr.com/image/183638898770), MarySam_art, la quale è riuscita a rappresentare perfettamente l’immagine che mi ero fatto dei due supereroi. Vi invito a passare sulla sua pagina Instagram dove potrete trovare altre sue opere: https://www.instagram.com/marysam_art/
Vi saluto promettendovi che pubblicherò a breve la seconda parte della storia: non temete, non dovrete aspettare molto. :)
Alla prossima.
Nike90Wyatt


 
   
 
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