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Autore: Hana_Weasley    28/03/2019    1 recensioni
Jung Hoseok stava diventando per lui una droga. Una droga dolce, candida, paradisiaca, fatta di sorrisi gentili e occhi luminosi e risate allegre, caffè, muffin al lampone e letteratura.
Jeongguk non voleva disintossicarsene.
Hopekook / Teacher!Hoseok & Student!Jeongguk / boyxboy
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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when i kissed the teacher 

“Everybody screamed when I kissed the teacher
And they must have thought they dreamed when I kissed the teacher
All my friends at school had never seen the teacher blush, he looked like a fool
Nearly petrified 'cause he was taken by surprise
My whole class went wild
As I held my breath, the world stood still, but then he just smiled
I was in the seventh heaven when I kissed the teacher”
- When I Kissed The Teacher, ABBA
 

 
Jeongguk non era un cattivo studente ma non era neppure un amante delle regole. Amava le sfide, amava mettersi continuamente alla prova. E sapeva bene che se voleva farlo doveva essere un po’ fuori dalla righe. Ma tutto sommato, Jeongguk era un bravo studente e non aveva mai causato dei problemi gravi. Qualche risposta velatamente sarcastica qui e lì, qualche cravatta un po’ troppo allentata, ma per il resto era uno studente modello. Sempre preparato, sempre presente e al top delle graduatorie scolastiche.
Questo, finché non arrivò il suo ultimo anno di scuole superiori.
Ad inizio anno, quando il sostituto del loro vecchio professore di letteratura si era presentato, Jeongguk non vi aveva dato molto peso.
L’uomo era piuttosto giovane, cosa inusuale nella loro scuola nella quale i professori sembravano avere un’età media di ottant’anni, e non era neppure brutto, se doveva essere sincero, ma per il resto, Jeongguk non era rimasto particolarmente impressionato. Però se la cavava sicuramente nella sua materia e si rivolgeva loro in modo gentile, quindi, Jeongguk aveva deciso di risparmiarlo dai suoi commenti sarcastici.
Ma Jeongguk allora non sapeva che le cose sarebbero cambiate in fretta.
 
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Dicembre era arrivato da qualche giorno ma l’aria di Busan era già molto fredda e prossimamente erano previste anche delle forti nevicate.
Jeongguk entrò nel coffee shop e sospirò pesantemente quando, dopo essersi velocemente guardato attorno, si accorse che tutti i tavolini erano occupati. Arrivato il suo turno, ordinò velocemente la sua bibita alla cassa e dopo averla ricevuta cominciò lentamente a camminare verso l’uscita, rassegnato all’idea di dover bere la sua calda bibita presa proprio per combattere il freddo – beh, al gelo.
Jeongguk-ssi!” il ragazzo si sentì improvvisamente chiamare da qualcuno e solo dopo essersi voltato in direzione della voce, si accorse che il suo professore di letteratura era seduto, solo, ad uno dei tavoli.
Si inchinò a mo di saluto e fece per voltarsi nuovamente verso l’uscita ma il professore, con un sorriso gentile, gli fece segno di avvicinarsi.
Jeongguk sospirò nuovamente e lo raggiunse, chiedendosi per quale motivo lo avesse chiamato.
“Salve professor Jung.” Salutò.
“Jeongguk-ssi! Perché non ti siedi a questo tavolo? Non voglio tu prenda freddo e sarebbe maleducato da parte mia non offrirti almeno un posto considerando che sto occupando un intero tavolo da solo.”
Oh.
Oh. Uhm. G-grazie.” Mormorò, non aspettandosi l’offerta. Quell’uomo si stava rivelando più gentile del previsto.
Jeongguk si sedette silenziosamente al tavolo, la testa chinata verso il basso ad osservare il suo caffè, troppo imbarazzato per guardare il professore.
“È sicuro che non le do fastidio?”
Il professore alzò gli occhi dal pc e li puntò sul giovane ragazzo. Lo squadrò per qualche istante per poi ridacchiare.
“Figurati, in realtà sto cercando di capire come scaricare un video gioco, ma non dirlo in giro, non voglio rovinarmi la reputazione!” rispose scherzosamente.
“La reputazione gli si rovinerebbe se gli studenti sapessero che gioca ai videogame o perché non sa scaricare un gioco?” gli chiese Jeongguk sarcasticamente e per un attimo si chiese se avesse sorpassato qualche limite con il suo professore e subito dopo si diede uno schiaffo mentale perché da quando si preoccupava di aver sorpassato qualche limite?
Ma il professore rise, questa volta una vera risata, lasciando andare la testa all’indietro e coprendosi la bocca con una mano.
“Probabilmente entrambi.” Rispose poi.
“Penso che sarebbero felici di sapere che un professore gioca così come facciamo noi studenti. È qualcosa di diverso rispetto a tutti quei dinosauri degli altri insegnanti con cui abbiamo a che fare…”
Il professor Jung scoppiò nuovamente a ridere.
Quando si ricompose, l’uomo posò lo sguardo su Jeongguk.
“Sei un tipetto particolare, vero?”
Jeongguk sentì improvvisamente caldo ed arrossì furiosamente. Afferrò immediatamente il suo caffè e si spalmò sulla sedia, tentando di nascondersi e soprattutto nascondere il suo imbarazzo all’insegnante.
Dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio, Jeongguk si schiarì la voce.
“Uhm. Se vuole posso aiutarla a scaricare quel gioco.”
 
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Senza esattamente rendersene conto, Jeongguk si ritrovò ad osservare con più attenzione il suo professore.
Dalle ultime file della classe, ogni giorno si concentrava su un dettaglio diverso, si perdeva ad osservare i tratti delicati ma decisi del suo viso per ore, non riuscendo a farne a meno.
Aveva un bel naso, Jeongguk constatò.
E delle belle labbra, con un piccolo neo su quello superiore. Le sue guance erano alte e aveva una mascella ben squadrata. Ed i suoi occhi brillavano, soprattutto quando parlava di un autore che sembrava appassionarlo particolarmente.
E forse Jeongguk doveva ammettere che per essere un professore di letteratura, il suo fisico era atletico. O almeno, le sue gambe delicate ma al tempo stesso ben definite lo erano.
La campanella suonò e gli studenti si ammassarono per uscire il prima possibile dalla classe e dirigersi in mensa. Il professor Jung raggiunse la sua cattedra e cominciò a sistemare i libri e i numerosi fogli sparsi sulla scrivania all’interno della borsa.
Jeongguk rimase immobile.
Aveva sentito distrattamente il suono della campanella ed in sottofondo poteva percepire la caciara che i suoi compagni stavano facendo, ma Jeongguk era come ipnotizzato. Era come ipnotizzato dai movimenti dell’insegnante, dalla sua delicatezza, dalle sue fattezze fisiche.
A risvegliarlo bruscamente fu la leggera gomitata che ricevette sul fianco.
Jeongguk si girò per ritrovarsi un lo sguardo di sufficienza che Jimin gli stava riservando.
“Smettila di osservare in quel modo il professor Jung!” bisbigliò.
“Io non stavo guardando proprio nessuno! Ed in quale modo lo starei guardando, di grazia?”
“Come un depravato!”
“Ehi!” issò Jeongguk. Lui? Guardare il suo professore in modo strano? Impossibile.
“Ti prego, risparmia le bugie, ti conosco da quando eravamo in fasce, Gguk.”
Jeongguk rimase per qualche istante in silenzio.
Okay, forse stava osservando un po’ troppo il suo professore. Ma non c’era nulla di male in quello che stava facendo. Stava solo prestando attenzione all’uomo, nulla di più.
“Senti,” cominciò Jimin, il tono di voce immediatamente più gentile. “Non so cosa sia successo e perché d’un tratto sembri così interessato a lui e non devi dirmelo se non vuoi. Però è il tuo ultimo anno di superiori, cerca di non metterti nei guai, okay?”
Jeongguk annuì all’amico e gli sorrise debolmente. “Promesso.”

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Ovviamente, la promessa venne spezzata una settimana dopo.
All’inizio, Jeongguk neppure ci aveva pensato. Quando aveva visto il suo professore fargli segno per sedersi nuovamente accanto a lui a causa del locale gremito, Jeongguk non aveva esitato e aveva immediatamente raggiunto l’uomo al tavolino, sedendosi di fronte a lui e prendendosi del tempo per sorseggiare il suo caffè.
“Sta ancora scaricando giochi, professore?” chiese poi, vedendo il professore così concentrato di fronte al suo pc portatile.
Egli alzò lo sguardo e poi ghignò.
“No, sto correggendo le vostre verifiche.” Rispose tranquillo.
“Oh.”
“Tranquillo, il tuo compito è andato molto bene, come sempre.” Gli disse, offrendogli un piccolo sorriso.
Jeongguk si perse per un attimo in esso e si diede uno schiaffo mentale quando si rese conto di essere rimasto in silenzio per troppo tempo.
“Non ero preoccupato, so di essere bravo.” Ribatté tentando di scacciare l’imbarazzo.
Il professore ridacchiò. “Oh, non ne dubito, Jeongguk-ssi. Sei un ragazzo molto intelligente.”
Jeongguk in quel momento ringraziò il fatto che ci fosse uno schermo del computer a dividerli perché mai avrebbe voluto mostrare al suo professore le sue guance rosse per l’imbarazzo causato dalle sue parole.
“Uhm, grazie.”
 
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E così, senza che Jeongguk potesse far nulla per fermare la cosa, i loro incontri al coffee shop divennero parte della loro routine.
Una volta a settimana, Jeongguk varcava l’ingresso del coffee shop per andare incontro al suo professore, seduto sempre al solito tavolo, se non accompagnato dal computer, con un sacco di scartoffie.
Accanto a lui un muffin al lampone.
E se all’inizio veniva tacitamente utilizzata la scusa che non ci fosse abbastanza posto, presto, i due smisero di essere in imbarazzo l’uno con l’altro.
Jeongguk, anche se parte del locale era vuoto, andava direttamente a sedersi al tavolo del professore che lo aspettava con il suo immancabile muffin al lampone ed un caramel macchiato che ordinava per il suo studente.
Non parlavano sempre.
Molto spesso rimanevano in silenzio, Jeongguk sorseggiava il suo caffè mentre leggeva un manga o studiava per qualche verifica imminente ed il professore si occupava delle sue cose.
A volte, parlavano di letteratura.
Il professore cominciava a consigliargli libri ed autori che amava e Jeongguk si perdeva a discuterne con lui, si perdeva mentre lo sentiva parlare con così tanta passione, con così tanto amore di un particolare scrittore o di un poemetto.
Altre volte, invece, parlavano delle loro vite.
Il professore gli aveva raccontato di arrivare da Gwangju e di aver studiato danza per un certo periodo. Suoi padre era a sua volta un insegnante di letteratura ed è stato grazie a lui se aveva coltivato anch’egli quella passione.
In cambio, Jeongguk gli raccontava dei suoi sogni, della sua visione sul mondo, delle sue aspettative.
E lui lo osservava con attenzione, era interessato ad ogni singola parola, annuiva e lo incitava ad andare avanti a parlare, raramente lo interrompeva ma quando lo faceva era sempre per dire qualcosa di sensato. E Jeongguk si sentiva speciale. Sentiva una connessione tra i due, un filo che minuto per minuto, giorno dopo giorno, si rafforzava sempre di più, diveniva sempre più spesso ed univa i due ragazzi.
Jeongguk sapeva nel profondo che era qualcosa di strano parlare con il proprio professore; era pericoloso e forse sbagliato. Una relazione tra studente e professore dovrebbe essere puramente impersonale e limitata all’area scolastica.
Ma Jeongguk non poteva farne a meno. Non riusciva a fare a meno di sentire la voce dell’uomo, di stare in sua compagnia, di sentire in lontananza il calore emanato dal suo corpo.
Jung Hoseok stava diventando per lui una droga. Una droga dolce, candida, paradisiaca, fatta di sorrisi gentili e occhi luminosi e risate allegre, caffè, muffin al lampone e letteratura.
Jeongguk non voleva disintossicarsene.
A volte diventava spaventoso pensare al suo professore. Perché nonostante non volesse ammetterlo, il suo inconscio già aveva capito di cosa si trattasse quel calore che sentiva allo stomaco ogni volta che posava gli occhi su di lui. Già aveva capito tutto e Jeongguk non era sicuro di volersi infilare in una situazione tanto complicata.
Però c’erano momenti in cui si sentiva così bene, ed era così felice e gli sembrava di vedere i suoi sentimenti riflessi negli occhi del professore. Così evidenti, così aperti.
Jeongguk non amava le regole, ma non le aveva mai sul serio infrante.
Ma forse, forse per Jung Hoseok avrebbe potuto farlo.
 
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La neve si stava sciogliendo e la primavera stava finalmente arrivando quando Jeongguk decise che, da amante delle sfide, avrebbe dovuto vincere la sfida più difficile di tutte: Jung Hoseok.
Seduto al solito tavolo, il professore stava smanettando al computer quando Jeongguk si avvicinò.
“Ehi, Jeongguk!”
Jeongguk sorrise immediatamente sentendo il suo nome venire pronunciato senza i formali onorifici.
Era da qualche settimana che i due avevano concordato per smettere con le cordialità e Jeongguk era da allora che non faceva altro che gongolare internamente. Poter pronunciare ad alta voce, e in un posto che non fosse la sua stanza a notte fonda, il nome “Hoseok”, poterlo chiamare hyung come nulla fosse, era qualcosa di impagabile per Jeongguk.  Lo faceva sentire diverso. Importante.
E Jeongguk osservava in continuazione Hoseok, quindi, non era stato per nulla difficile notare il leggero rossore alle gote o il sorrisino sognante sul suo volto ogni volta che si rivolgeva a lui in quel modo.
Jeongguk non era stupido. Giovane, inesperto, ma non stupido.
Piaceva ad Hoseok.
Il solo pensarlo gli provocava brividi per tutto il corpo.
Il solo pensare di poter sfiorare quelle labbra e tenere la sua mano mandava completamente in subbuglio il suo stomaco, rendendolo un groviglio di nodi che facevano dolcemente male.
Ma qualcosa diceva a Jeongguk che Hoseok non avrebbe mai fatto la prima mossa. Era una persona troppo diligente per provare ad intraprendere una relazione con un suo alunno, e Jeongguk lo capiva.
Ciò non voleva però dire che lui vi avrebbe rinunciato.
Avrebbe convinto Hoseok.
Sapeva ci sarebbe riuscito.
“Ti ho portato una cosa!” gli disse innocentemente.
Si mise a frugare nella sua borsa finché trionfante non tirò fuori una piccola busta di carta.
“Leggila una volta che me ne sarò andato.” Gli disse facendogli l’occhiolino.
Jeongguk, nonostante ormai fuori dal locale, non mancò di vedere il leggero rossore che tinse che guance di Hoseok quando quest’ultimo lesse il biglietto.
Ridacchiò nella sua sciarpa, sapendo bene di aver fatto centro.
Gli piace sentirsi dire che è bello.” Penso, cominciando finalmente a camminare verso casa.
 
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E così cominciò quello che Jeongguk aveva soprannominato il Piano Di Conquista LOML, giusto perché lui non era una persona per nulla drammatica.
Ogni giorno lasciava ad Hoseok un biglietto nuovo nel quale poteva complimentarsi per il suo look odierno, o ricordargli quanto fosse bello o scrivergli qualche imbarazzante pick up lines che però sapeva bene avrebbe avuto un grosso effetto sul ragazzo.
Obiettivo? Far arrossire Hoseok a più non posso.
Vedere il rossore sulle sue guance, vedere i bei occhi di Hoseok spalancarsi per la sorpresa, vedere le sue labbra distendersi a formare un piccolo sorriso che Hoseok tentava in ogni modo, inutilmente, di sopprimere, era una gioia per Jeongguk. Era una gioia vedere il suo insegnante così preso da lui, avere la definitiva conferma che non si stava immaginando tutto, che c’era dell’interesse anche dall’altra parte. Era una gioia sapere di essere la causa per cui Hoseok – il diligente, sempre composto e calmo, puntuale e preciso Hoseok – negli ultimi tempi arrivava in classe con qualche minuto di ritardo o con la cravatta lievemente allentata.
Andò avanti così finché, finita una delle lezioni dell’insegnante, Jeongguk cominciò a sistemare le sue cose con una lentezza esasperante e dicendo a Jimin di precederlo.
In poco tempo, nella classe rimasero solo Jeongguk ed Hoseok.
Si alzò dalla sedia e con calma raggiunse la cattedra dell’insegnante per poi sedercisi sopra.
“Piaciuti i biglietti?”
Hoseok sussultò e arrossì visibilmente, per grossa gioia di Jeongguk.
Jeong–” cominciò Hoseok ma venne interrotto quando il dito di Jeongguk andò a posarsi sulle sue labbra.
“Ti ho fatto una domanda, Hoseok hyung.” Gli disse, la voce un po’ petulante e zuccherosa di proposito.
Hoseok non rispose.
Jeongguk allora scese dalla cattedra e raggiunse Hoseok, fermandosi proprio di fronte a lui.
“Senti, hyung. Mi piaci, e anche tanto. E so che ti piaccio, quindi non mentirmi. Mi trovo bene con te, mi rende felice stare in tua compagnia e questi ultimi mesi sono stati forse i migliori della mia vita. Voglio stare insieme a te, Hoseok hyung.”
Hoseok chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Poi, posò una mano sulla guancia di Jeongguk. Jeongguk chiuse gli occhi a sua volta e si lasciò cullare dal delicato tocco del più grande sulla sua pelle, che in quel punto sentiva già andare a fuoco.
“Jeongguk.” Sussurrò Hoseok. “Mi piaci così tanto, non ne hai idea.”
“Sei finito nella mia vita come una meteora e continui a travolgermela, non so se in meglio o in peggio.” Hoseok ridacchiò, aprendo gli occhi.
“Sei così intelligente, ti ascolterei parlare per ore ed ore. E sei bello, di una bellezza pura ed eterea. Sei simpatico e sarcastico ma hai anche questo lato dolce che non mostri a tutti. Sei una persona così interessante, forse anche più interessante della letteratura. Vorrei starti accanto e studiarti ogni giorno e imparare sempre qualcosa di nuovo su di te.”
A quel punto, la mano di Hoseok abbandonò la guancia di Jeongguk.
“Ma non posso. Sono il tuo insegnante e sebbene tu sia maggiorenne e io non sia molto più grande di te, i nostri ruoli non ci permettono di avere una relazione al di fuori della scuola. Rischiamo già con i nostri pomeriggi al coffee shop, ma sono una persona egoista e ho continuato a volerti vedere ugualmente. Ma non sono così tanto egoista dal mettere a rischio la tua carriera scolastica. E non sono tanto incosciente dal mettere a rischio il mio lavoro.”
Jeongguk aprì gli occhi e la prima cosa che vide furono gli occhi spenti e tristi di Hoseok. Una visione che gli fece fisicamente male.
E Jeongguk se lo aspettava, sapeva che non sarebbe stato semplice e infondo sapeva anche che il discorso di Hoseok aveva senso. Non potevano rischiare in quel modo.
Molti avrebbero potuto pensare che quello era solo il capriccio di un ragazzino. Ma Jeongguk non si era mai sentito così tanto in sintonia con qualcuno come con Hoseok. Mai nessuno era stato capace di fargli provare dei sentimenti così tanto forti. Quindi, Jeongguk non avrebbe mollato. Avrebbe vinto la sfida.
“Possiamo continuare a vederci al caffee, vero?” decise di chiedere.
Hoseok annuì tristemente. “Certo. Ora però vai, non voglio che salti il pranzo.”
Jeongguk annuì e poi cominciò a fare qualche passo per raggiungere la porta. Arrivato accanto a Hoseok si fermò e senza alcun preavviso si avvicinò pericolosamente ad Hoseok.
La bocca sfiorò il lobo dell’insegnate che rabbrividì visibilmente a quel minimo contatto.
“Non mi arrendo però. Riuscirò a baciarti prima o poi.” Gli sussurrò all’orecchio per poi uscire dall’aula come niente fosse, lasciando Hoseok immobile al suo posto, le gambe improvvisamente di gelatina e la voglia di correre da Jeongguk e baciarlo in mezzo al corridoio.
 
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Jeongguk aveva accettato il fatto che non avrebbe potuto fare una mossa vera e propria finché la scuola non sarebbe finita. Non avrebbe mai fatto qualcosa contro il volere di Hoseok.
Forse lui sarebbe stato anche disposto a mettere a rischio il suo anno scolastico, sarebbe stato disposto ad intraprendere una relazione segreta con l’insegnante, accontentarsi dei baci rubati, della pelle appena sfiorata, delle occhiate fugaci. Si sarebbe potuto accontentare di non poter dire a nessuno che Hoseok fosse suo. Ma Hoseok non era disposto e, per quanto a Jeongguk costasse ammetterlo, in questa situazione si era dimostrato l’adulto che era, fermando Jeongguk dal compiere un possibile errore.
Quello non voleva però dire che Jeongguk avrebbe fatto finta di nulla. Voleva essere sicuro che Hoseok sapesse sempre che per Jeongguk non si trattava di uno scherzo. Che lui si stava davvero innamorando, che non avrebbe rinunciato così facilmente a loro.
Voleva far sorridere Hoseok ogni giorno, voleva farlo arrossire a più non posso e possibilmente un giorno anche davanti a tutti gli altri studenti.
Voleva farlo sentire speciale e amato proprio come Hoseok forse neppure si rendeva consciamente conto di star facendo sentire Jeongguk.
“Per il nostro primo appuntamento voglio portarti in un vecchio book shop che vende prime ristampe di grandi classici, me lo permetterai?” Jeongguk amava parlare del futuro nei loro incontri al coffee shop. Amava fantasticare sul loro primo appuntamento, il loro primo bacio, su come avrebbe abbracciato stretto l’altro ragazzo. E amava farlo sapere ad Hoseok.
E la reazione che quest’ultimo aveva era adorabile.
Le sue orecchie leggermente a punta diventavano color porpora, i suoi occhi si inumidivano e un sorriso timido nasceva sul suo volto. Sembrava sconvolto dalle parole e dalla serietà del ragazzo ma al tempo stesso lusingato.
“Mi piacerebbe molto, Jeongguk.” Gli rispondeva con un sussurro, quasi come se non volesse farsi sentire dagli altri, come se volesse crogiolarsi per un po’ nell’illusione che in quel momento esistessero solo loro due.
 
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Jeongguk sapeva di essere particolarmente irritabile quel giorno. E sapeva bene anche il motivo.
Sapeva che non aveva realmente il diritto di chiedere ad Hoseok una cosa del genere così come sapeva che probabilmente la tua testa si stava solo prendendo gioco di lui.
Non riuscì comunque a starsene zitto.
“Con quante persone sei uscito in passato?”
Hoseok posò il suo sorpreso sguardo su di lui. “Uhm… in modo serio solo due persone.” Rispose con voce insicura. Non vi era nessun problema a chiedere una cosa del genere, ma il tono di voce che Jeongguk aveva usato – quando solitamente era sempre calmo e vellutato – aveva confuso visibilmente il ragazzo.
“Stai frequentando qualcuno adesso?”
Hoseok spalancò gli occhi. “Cosa?!”
“È una conferma?”
“Jeongguk-ah, cosa stai dicendo? Ovvio che non sto frequentando nessuno. Da dove ti è uscita una cosa del genere?”
“Oh non lo so, forse perché oggi a scuola stavi facendo il piccioncino con quell’uomo!” sbottò Jeongguk.
Yoongi hyung? Stai parlando di lui? È il mio migliore amico, Jeongguk. Avevo dimenticato il pranzo e gli avevo chiesto di portarmelo. È fidanzato.”
Oh.” mormorò Jeongguk, sentendosi un idiota colossale. Invece di pensare logicamente si era fatto trasportare dalla gelosia e aveva messo su una scenata. Per il suo migliore amico.
Lasciò scappare un lamento dalla sua bocca e si coprì immediatamente il volto con le mani, imbarazzato per quanto accaduto.
Hoseok sorrise dolcemente a quella vista.
“Va tutto bene, Jeongguk.”
“No, non va bene. Sono così stupido.” Mormorò il ragazzo.
“Non sei stupido, ti sei lasciato un po’ andare. Può capitare, l’importante è aver capito l’errore e sono sicuro che tu lo abbia fatto.”
“Sono un bambino…”
“Oh, tesoro, ti assicuro che molti adulti si comportano ancora peggio. Non è questione di età.”
Tesoro.
Hoseok lo aveva chiamato tesoro.
Se possibile, Jeongguk arrossì ancora più violentemente.
“È difficile a volte.” Sussurrò, tenendo sempre le mani davanti al volto, troppo imbarazzato per mostrare il suo rossore al professore.
“Cosa?”
“Non essere davvero tuo.” Mormorò. “Ci sono momenti in cui vorrei così tanto poter stare tra le tue braccia o poterti baciare o semplicemente tenerti la mano. E lo so che abbiamo concordato così, non sto cercando di farti cambiare idea, ma certe volte questa situazione mi fa sentire in una sorta di limbo che non mi piace, mi confonde. Perché vorrei dire a tutti che sono il tuo ragazzo ma non posso perché non lo sono. E ho paura di poterti improvvisamente perdere senza aver davvero lottato per te.”
“Mi dispiace.” Gli disse Hoseok dopo qualche secondo di pesante silenzio tra i due.
“Mi dispiace che a causa mia tu stia attraversando tutto questo. Vorrei così tanto avvicinarmi a te, prenderti le mani allontanandole dal tuo viso e abbracciarti stretto. Non ho mai pensato a quanto questa situazione ti stia facendo soffrire e a quanto il mio silenzio possa farti star male. Sei sempre tu quello a ripetermi quanto voglia stare con me e mi sembra di non ricambiare mai nel modo giusto, di non darti le sicurezze che meriti.”
“Voglio quindi che tu sappia che non potrei mai scegliere qualcun altro. Non finché ci sarà un giovane studente che continua a lasciarmi bigliettini molesti e dirmi ogni giorno quanto tenga a me. Non finché davanti ai miei occhi avrò il tuo bellissimo sorriso ed i tuoi occhi da cerbiatto, okay, Jeongguk-ah?”
Jeongguk tolse le mani dal viso ormai completamente rosso per l’imbarazzo e mormorò qualcosa.
“Mhm?”
“M-mi piace quando mi chiami tesoro…” mormorò nuovamente, questa volta più forte.
Hoseok sorrise dolcemente. “Beh, tesoro, lo terrò a mente.”
 
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Era da quando Jeongguk si era seduto al tavolo che Hoseok continuava a lanciargli occhiatine nervose e quando Jeongguk cercava il contatto visivo, Hoseok distoglieva immediatamente lo sguardo.
Non sapeva perché Hoseok quel giorno fosse così nervoso e dopo la risposta generica del ragazzo quando Jeongguk gli aveva chiesto se stesse bene, il giovane aveva deciso di non pressarlo oltre e di non pretendere una risposta.
Ecco perché si stupì quando, qualche ora dopo, Hoseok si schiarì la voce per richiamare la sua attenzione.
“Vuoi un passaggio?”
Era qualcosa di nuovo.
Nonostante i due ormai si vedessero al coffee shop da ormai qualche mese, Jeongguk era sempre tornato a casa da solo e mai Hoseok gli aveva offerto un passaggio.
Il giovane quasi pensò si trattasse di un pesce d’aprile, ma poi si rese conto che era stato la scorsa settimana.
Annuì silenziosamente, quindi, alzandosi dal tavolo e cominciando a raccattare le sue cose.
Uscirono dal locale e silenziosamente raggiunsero i parcheggi, Hoseok a fargli da guida verso la sua macchina.
Jeongguk entrò nell’auto e si mise comodo sul sedile mentre Hoseok mise in moto l’auto.
“Puoi accendere la radio, se vuoi.” Gli disse il più grande.
Jeongguk non rispose, avvicinando direttamente la mano ai pulsanti e cercando una radio che potesse soddisfare i gusti musicali di entrambi.
Il resto del breve viaggio continuò in silenzio.
Hoseok di tanto in tanto gli lanciava qualche occhiata e picchiettava nervosamente il volante, Jeongguk osservava la strada davanti a sé mentre mimava con la bocca le parole delle canzoni che venivano passate alla radio.
Arrivato a destinazione, Hoseok spense l’auto e si girò verso Jeongguk.
“Vuoi dirmi quindi cos’hai?” chiese Jeongguk, tentando di suonare il più delicato possibile.
Hoseok deglutì e prese poi un respiro profondo.
“Ti ho portato qualcosa.”
Uh?
Hoseok prese la sua borsa dal sedile posteriore e cominciò a frugare finché non tirò fuori un grosso maglione verde. Lo accarezzò per un attimo e poi glielo porse.
“Per te.” Sussurrò.
Jeongguk lo prese titubante e lo aprì per osservarlo meglio.
Non vi era alcuna etichetta e dall’aspetto non sembrava neppure così nuovo. Il colore era un po’ sbiadito e la stoffa, seppur ancora in buono stato, non era soffice come lo è quella di un maglione nuovo.
Fu allora che Jeongguk fece due più due e avvicinò la stoffa al naso per avere un’ulteriore conferma.
Sorrise, lasciandosi travolgere dal dolce profumo di Hoseok che il maglione emanava. La delicatezza della vaniglia si univa con un profumo a cui Jeongguk non sapeva dare un nome, semplicemente– era Hoseok, sapeva di Hoseok.
“Ho pensato che quando sei giù di morale o vorresti avermi vicino, potresti usare questo maglione. So che non è la stessa cosa e forse è un po’ triste, e forse la trovi una cosa patetica e non vuoi indossare vestiti usat–”
Hoseok si interruppe quando sentì la mano di Jeongguk stringere la sua, come a dargli conforto e dirgli di smetterla di blaterare cose senza senso. Hoseok sospirò e si lasciò cullare dal dolce tocco del ragazzo, dal suo pollice che carezzava delicatamente il dorso della sua mano.
“Uhm… spero ti piaccia…” mormorò, decidendo di tagliare il discorso per evitare ulteriori figuracce davanti a quello che tecnicamente doveva essere l’adolescente tra i due.
Jeongguk sorrise e tentò di non lasciar cadere le lacrime che sembravano voler per forza fare la loro comparsa.
Era immensamente grato per quel regalo. Era un piccolo gesto, nulla di costoso o di grosso ma il suo significato aveva una grandezza immensa per Jeongguk.
E Jeongguk era felice. Felice come non mai e in quel momento si convinse definitivamente che tutto ciò ne sarebbe valsa la pena.
L’attesa, la frustrazione, il dolore, il sonno perso; ne sarebbe valsa la pena perché alla fine sarebbe stato capace di avere accanto a sé un ragazzo come Hoseok.
Gli si avvicinò e gli lasciò un piccolo bacio sulla guancia.
“Grazie. È il miglior regalo che potessi ricevere.” Gli disse.
Scese poi dall’auto, facendo particolarmente attenzione a non rovinare il maglione e con un saluto ed un sorriso si diresse verso casa.
Hoseok fu lasciato per l’ennesima volta immobile, la mano a toccarsi la guancia ed un luminoso sorriso ad incorniciargli il volto.
Ne sarebbe valsa la pena.
 
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Tra sorrisi nascosti e un po’ di intimità rubata, gli ultimi due mesi passarono più in fretta del previsto ed in un batter d’occhio, Jeongguk si ritrovò nella sua camera mentre indossava per l’ultima volta la divisa scolastica.
Sua madre lo osservava dall’uscio della porta con un sorriso orgoglioso sul volto e non faceva che chiedergli conferma per l’orario in cui i genitori sarebbero dovuti andare a scuola per la cerimonia di diploma.
“Sei felice?”
Jeongguk si guardò allo specchio.
Era felice?
Chiuse gli occhi e immediatamente vide davanti a sé il volto sorridente di Hoseok.
Ovviamente era felice di finire la scuola, di cominciare un nuovo percorso della sua vita, di poter cominciare a studiare quello che amava. Era felice di non dover più servirsi del pessimo cibo della mensa, di dover indossare una divisa per gran parte della sua giornata.
Ma diplomarsi voleva soprattutto dire poter finalmente stare con Hoseok alla luce del sole – per quanto ovviamente fosse permesso a due ragazzi sud coreani.
“Sì, lo sono.”
Appena Jeongguk varcò la soglia della classe venne immediatamente raggiunto da Jimin e Taehyung che cominciarono a parlare entusiasti di quello che avrebbero fatto quell’estate e di quanto sarebbe stata leggendaria quella giornata.
Jeongguk ridacchiò alle loro battute e si godette il suo ultimo giorno di scuola insieme ai suoi migliori amici.
Non che Jeongguk non avrebbe più rivisto i due ragazzi. Sarebbero andati allo stesso college ma in facoltà diverse, quindi avrebbero comunque continuato a vedersi tutti i giorni.
Ma era qualcosa di diverso rispetto all’entrare nella piccola classe e venire accolto dai sorrisi raggianti e confortanti dei suoi amici.
I suoi pensieri vennero interrotti quando Jimin gli tirò una scherzosa gomitata.
“Uh guardate, la cotta di Jungkook.” Sussurrò in modo che solo il terzetto potesse sentire.
Jeongguk alzò immediatamente lo sguardo e notò che Hoseok era appena entrato in classe per svolgere la sua ultima lezione, che altro non si trattava di un saluto e tante raccomandazioni per il futuro.
Tipico di Hoseok.
 
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Poco dopo, tutti i ragazzi dell’ultimo anno si erano riuniti, insieme ai loro genitori, nella palestra della scuola.
Al centro vi era un tappeto e su di esso vi erano i professori che avevano insegnato alle classi che si sarebbero diplomate.
Tra quelli, vi era ovviamente anche Hoseok.
Jeongguk stava diventando sempre più nervoso, sempre più smanioso di diplomarsi il più velocemente possibile. Non riusciva a stare fermo e lo sapeva di stare preoccupando i suoi amici con il suo comportamento ma Jeongguk non poteva farci nulla. Voleva quel diploma in mano il prima possibile, voleva avere Hoseok tra le sue braccia il prima possibile.
Finalmente, quando tutti presero posto, il preside cominciò a fare le dovute presentazioni e – a parere di Jeongguk troppo lentamente – cominciò a chiamare i nomi degli alunni che a passo sicuro raggiungevano il preside, stringevano la sua mano e quella degli altri professori e con un sorriso afferravano il loro diploma.
Libertà. Ciò che più di tutto Jeongguk bramava.
Nome dopo nome, applausi dopo applausi, arrivò finalmente il turno di Jeongguk.
Appena il suo nome venne pronunciato, il ragazzo scattò immediatamente in piedi e prese a camminare, nella sua testa c’era solo un volto, solo un pensiero. Poteva percepire qualcuno urlare il suo nome dal pubblico ma in quel momento Jeongguk aveva la testa completamente annebbiata.
Senza fare danni, il ragazzo raggiunse il preside che dopo essersi congratulato gli strinse la mano. A turno, Jeongguk strinse la mano di tutti gli altri insegnanti e quando toccò ad Hoseok, quasi perse l’autocontrollo.
Hoseok mimò con le labbra un “sono fiero di te” e Jeongguk sorrise lievemente, stringendo la mano un po’ più forte a mo di ringraziamento.
Avrebbe voluto che il contatto durasse un po’ di più ma ormai Jeongguk aveva il diploma in mano, non avrebbe più dovuto preoccuparsi di queste cose e quindi aspettare ancora un po’ andava bene così.
Si girò verso il pubblico e mostrando un enorme sorriso sventolò il suo diploma.
Libero.
Ed il primo gesto di libertà che Jeongguk fece fu quando, ormai fuori da scuola vide Hoseok scendere le scale per raggiungere l’uscita.
Jeongguk lasciò cadere a terra i fiori che i suoi genitori avevano comprato e raggiunse a passo svelto Hoseok.
Hoseok che adesso non era più il suo professore ma una persona comune.
Hoseok bello come il sole nel suo completo nero.
Hoseok che era fiero di lui e gli sorrideva e lo aveva aspettato per tutto quel tempo.
E Jeongguk non si fece più attendere.
Arrivato di fronte a lui afferrò il suo viso e lo baciò delicatamente, di fronte a tutti, infischiandosene di dove si trovassero e di quanto fosse inadeguato perché adesso poteva farlo.
Adesso poteva baciare Hoseok, stringergli la mano, abbracciarlo e dirgli quanto lo amava.
E lo avrebbe fatto.
Si staccarono poco dopo, probabilmente tutti li stavano guardando, poteva sentire in lontananza Jimin fare il tifo per lui ma l’unica cosa su cui Jeongguk era concentrato era il rossore sulle adorabili guance di Hoseok.
Jeongguk sorrise dolcemente e Hoseok scoppiò a ridere a sua volta.
Aveva vinto la sfida, ma quello che importava davvero era che Hoseok era finalmente suo.
E lui era di Hoseok.
  
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