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Autore: criceto killer    30/03/2019    0 recensioni
Al principe Death non piaceva essere in balia di altre persone, odiava sentirsi debole e vulnerabile, odiava la presenza di suo padre, odiava il suo nome e persino sè stesso.
Sono più di 10 anni che non mette piede fuori dal castello.
Nelle favole, le principesse vengono rinchiuse per proteggerle da qualcosa di oscuro o semplicemente dal mondo esterno, ma per Death è diverso.
È il mondo esterno che deve essere protetto da lui.
Nessuno gli ha mai insegnato ad amare o a sorridere.
Il suo mondo è costruito con odio e rabbia.
Genere: Fantasy, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Storico, Sovrannaturale
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Death non ci mise molto a tornare in camera, eppure il suo umore era totalmente cambiato, afferrò Connor per un braccio e lo spinse con forza fuori dalla propria stanza quasi facendolo cadere.

Sbatté sonoramente la porta prima che il ragazzino potesse anche solo realizzare cosa era appena successo. Proprio non lo capiva, solo pochi minuti prima sembrava fosse calamitato da lui, dai suoi occhi e dalle sue labbra, e ora, ora si ritrovava con le lacrime agli occhi, davanti ad una porta chiusa a massaggiarsi un braccio dolorante senza neppure sapere il perché.

In fondo non si aspettava nulla da lui, ci era abituato, quando si era aspettato qualcosa, la vita era sempre andata in direzione totalmente opposta.

Fece un sospiro deglutendo, non sapeva se quello fosse il momento giusto, eppure aveva appena deciso che Death non aveva alcun diritto di trattarlo a quel modo.

Bussò piano.

-Death, che cosa è successo?-

Il Principe strinse forte le orecchie, fino a farsi male, non aveva voglia di sentirlo, non aveva voglia di avere attorno qualcuno, aveva voglia di rompere tutto eppure non ne aveva la forza.

Connor socchiuse lentamente la porta per testare il terreno, vedendolo rannicchiato sul pavimento accanto alla finestra decise di azzardarsi ad avvicinarsi ancora un po'.

-Death?- 

-Niente, non è successo niente, puoi lasciarmi solo?-

-No, vorrei che mi spiegassi- Death strinse forte i pugni conficcandosi le unghie nei palmi. -Sei arrabbiato? Jake ti ha fatto male?-

Al Principe veniva quasi da ridere, Jake gli aveva fatto male?

No, non esattamente. 

Si sentiva semplicemente intrappolato in una bufera di neve, di quelle fitte, per cui non vedi nulla ad un palmo dal naso, di quelle che hanno un vento che ti fischia le orecchie e ti rende difficile anche solo camminare, di quelle che i fiocchi di neve ti sbattono contro il viso come aghi pungenti e aveva appena deciso di lasciarsi seppellire. 

-Sta zitto!- Gridò colpendolo con un pugno in pieno viso per poi sbatterlo al muro con prepotenza.

A Connor batté forte il cuore, ma per la prima volta, batté per la paura.

Death lo stava guardando ansante dalla rabbia, con quei occhi pieni di odio, capaci di ardere il mondo intero.

Eppure alla vista di quelle lacrime lo lasciò di scatto come se servisse a cancellare quello che aveva appena fatto.

Connor corse via e Death capì di aver distrutto l'unica cosa bella che aveva ancora.

Jake non poteva fare a meno che camminare avanti e indietro sul parquet consumato della sua stanza, il suo lavoro era totalmente fallito sia con Death che con Logan, Historia non faceva altro che respingerlo e quel posto ormai lo stava soffocando.

Non aveva più un solo motivo per rimanere eppure le valigie già fatte rimanevano sul letto, come se questa volta ci fosse qualcosa che gli impediva di andarsene, di abbandonare tutto prima di far del male a qualcuno.

Era notte fonda e ancora stava fissando il soffitto illuminato dalla fioca luce delle candele, steso sul letto, ad immaginare semplicemente di non essere sé stesso. Forse se non sarebbe stato lui, Historia lo avrebbe amato, se fosse stato qualunque altra persona forse le cose sarebbero andate diversamente.

Il rumore dello scricchiolare della porta lo strappò da quei pensieri tormentati.

Si tirò su appoggiandosi sui gomiti mentre incredulo, come una visione, vide comparire sulla soglia Historia stessa.

-Jake- mormorò, mentre barcollando avanzava verso di lui cercando sostegno nella mobilia. 

-Historia hai... bevuto?-

-Mh, del succo di frutta, credo, mi gira la testa-

Jake le si avvicinò per aiutarla a raggiungere il letto.

-Non penso proprio fosse succo- la fece sedere sul letto e le spostò delicatamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio. -Perché sei qui?-

-Perché per colpa mia sei triste-

Jake avrebbe voluto fare una battuta, era lì, bellissima, sulla punta della lingua, si sarebbe sganasciato dalle risate, eppure gli occhi di lei erano colmi di lacrime, la sua voce era bassa, quasi ridotta ad un sussurro e le sue labbra tremavano come se piangere la scuotesse dalle fondamenta del suo animo.

-Non devi stare tanto con me, Jake, le persone che mi stanno vicine muoiono. I miei bambini, mio marito...- l'uomo non riusciva più a muoversi, non poteva che guardarla imbambolato esternare tutto quel dolore, quel dolore da cui avrebbe voluto in qualche modo proteggerla ma da cui nessuno ha mai scampo, neppure lui. 

-Io... avrei dovuto capirlo, avrei dovuto accorgermi che stava così male, che per lui era troppo, avrei dovuto aiutarlo, stargli più vicino, invece ho perso anche lui. Fa così male... Sai, quando perdi qualcuno le persone ti dicono che sarà sempre qui, accanto a te, ma non è vero... non è così, loro non ci sono, Jake, non ci sono più, non c'è più la loro voce, le loro risate, le loro espressioni buffe, non c'è più niente, ci sono solo letti vuoti, sedie in più nella sala da pranzo e io sono così arrabbiata con lui- 

Le guance della donna erano rigate dalle lacrime, tirava su col naso di continuo mentre il suo corpo era scosso dai singhiozzi, ad un tratto gli sembrò così vulnerabile, così fragile, come se da un momento all'altro tutto quel dolore avrebbe potuto mandarla in frantumi.

- Mi ha lasciata da sola, Jake, mi ha lasciata da sola a cercare di sopravvivere a tutto questo.-

Historia si mise le mani tra i capelli rannicchiandosi su sé stessa come se quel dolore la stesse schiacciando, come se la stesse facendo impazzire, come se avesse creato un vuoto dentro di lei che ogni giorno la risucchiava sempre un po' di più, un pezzo alla volta.

Senza quasi accorgersene Jake la strinse forte a sé, forse per tenere tutti quei pezzi incollati, forse per urlargli in silenzio che lui c'era.

Passarono la notte così, coperti solo dall'intreccio dei propri abbracci, dagli attimi scanditi dai propri respiri regolari.
  
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