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Autore: Spensieratezza    30/03/2019    4 recensioni
Dean è innamorato di Benny, ma poi arriva la tempesta Sam a sconvolgere tutte le carte.
Questa è una storia in cui niente è come sembra, in cui tutti i personaggi cambieranno e faranno delle metamorfosi che non ti aspetteresti mai.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dean Winchester, Famiglia Harvelle, Famiglia Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: Incest | Contesto: Prima stagione, Più stagioni
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eterno'
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Avviso: questa storia e tanti passaggi vi sembrerà molto strana e incomprensibile, ma credetemi, c'è una spieagzione a tutto, alla fine capirete come questi personaggi si ricollegano ai nostri protagonisti!




Per l’uomo invisibile, tutto è avvolto in una nebbia.
Parla, cammina, si muove, come se fosse un fantasma.
Tutto per lui è Amore, tutto per lui nasconde Amore, ma è anche consapevole che non tutto ciò che appare amore, non necessariamente lo è.
L’uomo invisibile vive da fantasma, pur essendo vivo.

“Datemi un fratellino.” Supplicavo i miei, ma mamma e papà non erano disposti ad accontentarmi.
Datemi un fratellino. Lo amerei come se fosse figlio mio.

Ma mamma e papà non me lo diedero, e fu lì che cominciai a pensare che era una persecuzione. Loro erano d’accordo con la cospirazione dell’universo.
Nessuno può amarti, tu non puoi amare nessuno. Non ti è concessa la felicità.
 
Anche a scuola ero l’uomo invisibile. Passavo le mie giornate a fantasticare, ma sperando sempre che qualcuno arrivasse da me a dirmi: vuoi giocare con me?
Non lo facevano, a nessuno importava di me, mi considerano tutti una nullità, dicevo.

No, caro amico, non sono d’accordo. Sei davvero sicuro che le cose siano andate in quel modo?
Sì….
No…
Forse…non lo so più…
 
 
 
*

Mi sono distratto ancora un’altra volta in classe.
E sono rimasto ancora indietro con il programma, la lezione. Con la vita.

Ridono tutti. alle mie spalle. E ora devo chiedere alla mia compagna di aiutarmi con la dettatura, i compiti, gli esercizi. Non li ho capiti. Oh, no, che vergogna. Adesso penserà che sono il solito impiastro,
Dio, ti prego, aiutami.

Non puoi invocare un Dio che disprezzi…
 
 

*

Ho avuto le mie cotte, sì, diverse ragazze per cui mi prendevo una cotta, sembrava che ci stavano all’inizio, ma poi…

Dicono di te, pare che ci stai, che ti scaldi presto e poi tutto il resto e non ti leghi mai..

Piantala!

Oh, scusami tanto, caro amico, ma non sono d’accordo!
Smettila di citare Marco Ferradini.

Io posso fare qualunque cosa, sono nella tua testa!
Oh, ti odio tanto!

Anch’io ti amo!
 
 
 
*

Tutte le mie cotte. Grandi amori che avrei potuto vivere, ma non ho mai vissuto.
Sono serviti solo a darmi una speranza, come la fiaccola di una candela, per poi lasciarmi ancora più solo.

Addio amore mio, addio amori miei.
Guarda meglio.
Non credevo fossi un oculista.
 
 
 

*

Non è stato sempre così, non sono stato sempre solo lo sfigato della scuola, per tutta la vita.
Ogni tanto mi capitava di vedere uno studente più sfigato di me. Mi avvicinavo, volevo capire dentro di lui, cosa non andava in me. per aiutare lui, per aiutare entrambi.

Te l’ha dato l’Universo, ma non sei riuscito a capirlo.
Non è l’unica cosa che non ho capito.
Io quante cose non avevo capito..che sono chiare come stelle cadenti..
Smettila!

Ma devo dirti che è un piacere infinito..portare queste mie valigie pesanti..
*si limita a fissarlo, triste*
“Tu sei l’altra mia coscienza..”

L’hai capito finalmente.
 
 
 
*

Tutte le psicologhe da cui sono andato, non sono servite a niente, mi facevano parlare ma non mi davano mai la soluzione. Ho capito che gli specialisti, servono solo a darti una speranza, e invece poi ti fanno sentire ancora più solo. E strano.

Credi davvero che non ti capissero?
Sì.
No.
Non lo so. Non lo so più.
 
 
 
*

Ho avuto anche degli amici. Persone che mi hanno dato importanza, persone che dicevano di essere miei amici, migliori amici, io li consideravo tali. Ma poi tutto finiva in una bolla di fumo.
Non è facile essere amico di un uomo invisibile.
“L’hai capito finalmente, eh?”

E tu? Tu l’hai capito davvero?
“Che cosa vuol dire?”
Credi davvero che ti abbiano allontanato loro?
Non risposi

Parlare con la mia coscienza, faceva sempre più male….
 
 
 
*

“Cosa scrivi in quel quaderno se non hai nessun pensiero? Aspirazione? AMORE?”
Odiavo mia madre per farmi sentire sempre un fallimento continuo.

“Il giorno che compirò finalmente un’impresa EROICA e salverò qualcuno, sarai la prima a cui verrò a gridarlo in faccia!!” gli gridai. “Così, per sport!”
“Tu? Ma non farmi ridere. Salvare qualcuno? Dalle pareti della tua stanza?”

Troppo impegnato a crogiolarmi nella commiserazione, non mi resi conto che aveva ragione.
E forse lei dopotutto mi salvò. Quelle parole facevano talmente male, che cercai il più possibile di restare fuori casa, mentre cercavo disperatamente di trovare un lavoro che colmasse il mio vuoto, che mi facesse sentire utile a qualcosa.

E poi? Gliel’hai detto?
No. Le cose non vanno mai come ci si aspetta.
 
 
 
 
*

Stavo camminando nel buio della notte, quasi sperando di confondermi con essa, sperando che il buio mi inghiottisse, quando alla fine, vidi una siringa.
Mia madre avrebbe storto il naso a questa visione. Drogati, avrebbe detto, schifata.
Poi lo vedo.

Una figura che sta per buttarsi nel fiume.
Il cuore comincia a battermi all’impazzata, possibile che nessuno si accorga di niente, nessuno lo ferma.
Una vita sta per essere interrotta, così, spezzata via, e nessuno fa niente per impedirlo!

Ho il terrore che un mio gesto peggiori la situazione e finisca solo per accelerare la cosa, ho il timore di chiamarlo, per il timore che lui si butti giù.

Dio, non so chi mi ha dato la forza. Un giorno avrei detto tu.
Ora capisco che è stata solo la mia forza, a darmi l’energia di lanciarmi e di afferrarlo per il lembo della maglia e respingerlo indietro.
Lui geme, mentre cade all’indietro con me. Finiamo sull’asfalto, lui sopra il mio petto.
Sembriamo due bimbi piccoli, appena nati.

Oh, quanto sarebbe bello, se si potesse essere sempre così.
Vicini, come due bambini appena nati. Invece con il tempo e con gli anni

Crescono le distanze, le persone si allontanano, sembrano vicine, con il telefono e i social network, invece sono sempre più lontane.
“Mmmm..”

Il ragazzo sdraiato su di me, geme come se stesse per morire.
Per grazia divina, forse, la luce di un lampione ci illumina, come il faro abbagliante di un palcoscenico che stava mandando in onda l’ultimo atto drammatico di una parte di teatro.
“Chi sei??”

Non gli rispondo. Gli afferro un braccio e glielo strizzo.
Lui geme ancora di più.
DROGA.

Avrei dovuto lasciarlo lì, o schiaffeggiarlo, ma non feci nessuna delle due cose, lo trascinai come una bambola rotta e lo feci mettere su una panchina.
“Beh, il paradiso e gli angeli, li avevo immaginati diversi. Di sicuro con un altro scenario e di sicuro non con gli occhi blu.” Disse il ragazzo.

“Sei più fatto di quello che pensavo.” Dissi io, controllandogli le pupille.
“Come ti chiami, angelo?”
Matt, ma non è questo il punto.”

“Matt, perché mi hai salvato? Non è finita allora la mia dannazione sulla terra? Forse non sei un angelo, ma un demone, arrivato qui per impedirmi di raggiungere la pace?”

“Senti, miscredente, sei fortunato che ti ha trovato il sottoscritto e non un poliziotto, altrimenti una nottata in cella non te l’avrebbe risparmiata nessuno, e lì sì che non avresti trovato pace, senza contare che poi avrebbero chiamato i tuoi genitori e lì sì che avresti desiderato essere all’inferno.” Matt non sapeva se fosse vera questa cosa ma giudicò che esagerare avrebbe fatto bene a quell’incosciente.
Il ragazzo dai capelli castani, chinò il capo.

“Ai miei non importa se vivo o se muoio, anzi, probabilmente sarebbero infuriati che non ho portato a termine il compito e morirebbero di vergogna se sapessero che qualcuno mi ha visto. Ti prego, non dirglielo!”
Matt lo guardò soppesando il suo volto, quegli occhi pieni di suppliche che lo guardavano.
“Dei avere dei genitori più terribili dei miei. Questo mi fa sempre ritenere simpatico qualcuno.” Disse Matt sorridendo.
Il ragazzo dai capelli castani, gli sorrise.
“Mi chiamo Gellert.

“Ahh, allora ce l’hai un nome. Mi fa piacere, che ne dici di mangiare qualcosa? Salvare vite umane, mette appetito. Non lo avrei pensato. Mi hai insegnato una cosa nuova, oggi.”
 
 
 
*

Andarono in un fast food aperto tutta la notte e Gellert si ritrovò a dire, mentre sgranocchiava il suo hamburger:
“Mmm..non pensavo che questo fastfood fosse aperto tutta la notte e che questi hamburger fossero così buoni.”
“Visto? E dopo ci prendiamo anche dei milkshake, se vuoi. È il mio dolce preferito!”

Gellert smise un attimo di mangiare e lo guardò con un sorriso triste.
“Stai cercando di dimostrarmi che nella vita ci sono tante cose buone e belle per cui vale la pena vivere?”

“No.” disse Matt freddamente. “Cerco sempre di trovare qualcosa di positivo nelle cose brutte che accadono, per dargli almeno un senso, in questo caso, si tratta di questa cena, senza contare che i milkshake sono i miei preferiti e non mi capita mai di mangiarli in compagnia, visto che di solito tutti tendono sempre ad evitarmi!”
Gellert lo guardò a bocca aperta e un accenno di soddisfazione investì Matt.

“Scusami. È che sono abituato a sguardi di compassione e atteggiamenti del genere, con me, e io..non volevo offenderti. Anzi, ti ringrazio per..quello che hai fatto per me..”
“Facciamo passi da gigante! Di solito nessuno mi ringrazia mai per niente!”
“Sei messo così male nella società?”

“E tu? Ti ho trovato su un ponte, pieno di roba schifosa nel braccio, che stavi per buttarti giù.”
Si guardarono, poi scoppiarono a ridere.
 
“Sembriamo due cretini.” Disse Gellert, scrollandosi i capelli castani.
“Questa volta concordo con te.” Disse Matt.

“Non mi hai ancora fatto nessuna domanda, del tipo, perché l’hai fatto e..cose così..” Gellert lo guardò negli occhi.
Gli occhi di Matt brillarono di azzurro.
“E perché? Se vuoi dirmelo, me lo dirai comunque, se non vuoi, è inutile che io sto a strapazzarti? No, credo che già tu ti senta uno schifo a sufficienza, no?”
Gellert non rispose.

“Solo, promettimi che non lo rifarai. Ti prego.”
“Perché? Per te sono uno..sconosciuto. Perché ti preoccupi per me?”
“Perché salvarti ha dato un senso alla mia vita.”
Silenzio.

“Finora la mia vita era uno schifo. Mi sentivo totalmente inutile per la società, uno schifo completo. Anche se a differenza tua, non ho mai pensato di farla finita.”
“Suppongo che ciascuno reagisce in modo diverso alle difficoltà della vita. ma adesso mi stai tipo, giudicando? O forse mi stai dicendo che dovrei restare in vita PER TE’? Perché, amico, lascia che te lo dica, se è un discorso per farmi una morale o insegnarmi una lezione di vita, è davvero pessimo!” disse Gellert ironico.
Matt lo guardò a bocca aperta, prima di dire:

“Non arrivo a capire davvero perché uno dalla parlantina sciolta come te, desidererebbe suicidarsi. Ti rendi conto della fortuna che hai?”
“Prego?”
“Dico sul serio, sono invidioso della tua parlantina! Perché lamentarsi di non avere qualcosa, quando Dio ti ha già fatto questo dono? Io fossi in te, andrei in giro a dare il tormento  a chiunque, altro che riempirmi di schifezze con quella roba!” e prese un altro sorso di milkshake.
Gellert lo guardò allibito.
“Non so se insultarti o scoppiare a ridere." disse Gellert.

“Oh, ti prego, continua. Mai nessun dialogo per me è stato tanto avvincente e stimolante. Di solito dopo due battute, mi vedono fissare il vuoto, come un idiota!”
Gellert lo fissò cercando di modulare i muscoli facciali per non sorridere ma sembrava lottare con l’impulso di vomitare.
“Ah si eh? Beh, ce l’hai un po' la faccia di un idiota.”

“Grazie, anche i tuoi occhi sono così svegli e vivaci. Dopo che ti sei infilato quella roba in una vena, poi!”
“Oh, non sai cosa stai rischiando.” Disse Gellert ridendo.
“Vuoi prendermi a pugni? Dai, ti aspetto. In fondo il nostro primo incontro non è stato con io che ti ho steso a terra, no?”
“Mi hai preso alle spalle, non era una gara valida.”

“Oh, possiamo ripeterla quando vuoi, magari non proprio con un ponte di mezzo.”
Scoppiarono a ridere tutti e due.
“Paghiamo e andiamo fuori, non vorrei che attirassimo troppo l’attenzione.” Disse Gellert e Matt pagò e uscì.
 
 


*

“Allora.” Disse Gellert, una volta fuori dal locale. “Non ho capito bene se la tua era una richiesta di vederci ancora, o una paura implicita che io potessi..beh..lo sai..” sembrò imbarazzato e Matt gli sorrise dolcemente.
Inaspettatamente, lo abbracciò.
Gellert rimase spiazzato e deglutì.
“Cosa..perchè l’hai fatto?”
“Non sei abituato agli abbracci, vero?”

“Di solito non lo fanno, non dopo che scoprono che sono un..”
Sembrò sul punto di piangere, Matt gli posò un indice sul mento.
“Io non sono come gli altri.”
“E chi sei? Un angelo?”

“È buffo. Io mi definirei tipo, l’uomo invisibile.”
“Davvero? Chiunque lo pensa, è un idiota.”
Si sorrisero per interminabili minuti, poi Gellert disse:

“Senti, io..non riesco ancora a parlarne..del motivo per cui..ehm..“
“Non importa.”
“Sei sicuro?”

“Sei una brava persona, lo vedo dai tuoi occhi. Non ho bisogno di sapere altro, non credo che tu abbia appena..ammazzato tua madre o cose del genere, tranquillo.”
Risero entrambi.
“Hai dove andare?”

“Io..credo di riuscire a tornare a casa senza che i miei scoprano che sono stato fuori tutta la notte, sì.”
“Bene.” disse Matt, ma sembrava ancora restio a lasciarlo.
“Ti chiederei di venire con me, ma sarebbe..strano..” disse sorridendo Gellert.

“Anch’io non vorrei lasciarti..oh..” si corresse subito avvampando, vedendo anche l’altro imbarazzato. “Non fraintendere, non sono gay o qualsiasi cosa possa sembrare..è che..abbiamo appena avuto un’esperienza forte e..per me è quasi come se fossi mio fratello, ormai, capisci?”
Si grattò la testa imbarazzato.

“Cazzo, amico, non devi avere persone che ti vogliono molto bene, se giudichi un drogato come me, tuo fratello.”
Matt si leccò le labbra.
“Andrebbe ancora meglio se la piantassi di commiserarti, in questo modo.”
“Tu non lo fai mai?”

Matt si bloccò e si rese conto che lui sì, lo faceva.
“Beh, ma per me è diverso.”
“Perché? Credi di essere l’unico a cui è permesso fare la vittima?”
Matt restò per un po' senza parole, poi sorrise.

“Forse hai ragione, senti,ti va se ci scambiamo i numeri?”
“Mi piacerebbe molto, sì, ma non sparire, eh?”

Matt si morse la lingua per non dover replicare che , se c’era qualcuno che voleva sparire, quella notte, e per sempre, non era certo lui.
 
 
 
 
*

Fu bello, per Matt e Gellert, tornare a casa, e chattare tramite whattzap, con battute al vetriolo, lo fecero fino alle cinque di mattina.
“Hai una lingua tagliente, te l’ha mai detto nessuno?” digitava Matt sdraiato a pancia in giù sul letto.
“Di solito non parlo come parlo con te.” Poi ci pensò su e digitò ancora:

“Sei sicuro che potrei usarla per dare il tormento agli altri?”
“D’ora in poi ti chiamerò lingua tagliente, o biforcuta!!”
Gellert gli mandò una faccina con la linguaccia.
“E io ti chiamerò ANGELO!”
Matt ridacchiò.
Era così piacevole quel ragazzo.

Lingua biforcuta, sì…e scemo che non voleva usarla più.
Ma questo pensiero se lo tenne per sé.
 
 
 
 
 
*

L’indomani si incontrarono a un bar e fecero colazione insieme.
Fu Gellert il primo a confidarsi.
“Sono nato il 1 Aprile.”
Matt lo guardò con tanto d’occhi.
“Beh, come grande rivelazione, non era quello che mi aspettavo.” Disse.

“Sono nato il primo aprile, il giorno degli scherzi, e per mia madre sono sempre stato un po' come..uno scherzo! E per tutti è stato sempre così, non mi hanno mai preso sul serio e io..non lo so..” i suoi occhi traboccarono di lacrime, tutt’a un tratto i motivi che lo avevano spinto al suicidio sembravano così vuoti e superficiali, che se ne vergognò.
“Ehi, io sono lo sfigato del sistema solare da ..mm sempre? Non ti sto giudicando.”

“Ok..io..beh, con il tempo non so perché ma mi drogavo per dimenticarmi che..mm..sono inutile? All’inizio erano cose piccole, poi..ho perso il controllo, diciamo..ma fuggire dalla sofferenza è solo un’illusione..”
“I tuoi cosa dicono?”

“Non ho rapporti con i miei da un sacco di tempo, cerco di non farmi vedere quando sono così..credo loro pensino solo che sia un periodo..o che bevo solo un po' tanto..”
Devi disintossicarti.”
Bom. La bomba era scoppiata.

Gellert lo guardò come se gli avesse appena detto che doveva andare alla forca.

“Tu non sai cosa questo significherebbe per i miei..pensano già che io sia un fallimento..se gli rivelo che sono un drogato..mi sbatterebbero fuori di casa..mi urlerebbero contro, mi disconoscerebbero come figlio..”
“È la paura che ci rende estranei agli occhi degli altri. Quando per timore o per vergogna di essere giudicati, stiamo in silenzio e non abbiamo il coraggio di esprimere i nostri sentimenti e di farci vedere VIVI, allora agiamo da codardi ed è li che la gente ci tratta da estranei. A nessuno piace avere a che fare con un vigliacco.”
Gellert rimase li a digerire le sue parole.

“Vivi. Per te stesso e non per gli altri, cosicchè anche gli altri che ti stanno intorno, ti vedano come un vivo e non come uno che sta per morire.”
“Parli per esperienza?”
“Ora non stiamo parlando di me.”

“Io..non so se ce la faccio, Matt..io non sono come te, io non vado in giro a salvare poveracci drogati nel cuore della notte, non ho la tua anima.”

“Ma la tua anima comunque mi ha fatto sentire utile a qualcuno, mi ha permesso di salvare una vita, la tua, quindi direi che non è proprio così insignificante, come tu la reputi. Tu hai salvato il mio spirito e neanche te ne rendi conto, ma va tutto bene, l’importante è che si renda conto quanto merita di essere felice. Non hai bisogno di quella porcheria per stare meglio ed essere felice, Gellert.” Gli disse Matt, toccandogli la mano.
Gellert avvampò e ritirò la mano.

“Tieni questi.” Disse Matt dandogli una manciata di soldi.
“Ma che..non se ne parla!” disse guardando i soldi.
“Prendili, facci quello che vuoi.”
“Chi ti dice che non li userò per farmi una dose?”
“Forse dopotutto mi piace credere negli esseri umani o almeno in chi salvo.”

“E a me non piace essere all’altezza delle aspettative di qualcuno. Riprenditeli.”
“Ma non dovrai essere all’altezza delle mie aspettative, ma della tua coscienza. “ disse ridandogli i soldi.
Gellert sembrò davvero terrorizzato.
“Perché mi stai facendo questo?”

“E tu perché fai questo a te stesso?”
Gellert non seppe replicare.
“Ci sentiamo dopo, quando avrò finito la scuola. Ok?”
 
 
 
 
*

Matt ebbe paura di essersi spinto davvero oltre, quella volta, ebbe paura che Gellert gli avrebbe detto che non si sarebbe presentato, che aveva altro da fare e non poteva vederlo, invece, si fece trovare fuori dalla scuola, al fine dell’orario, alle 14:30.
“Gellert!” disse Matt felice.

Da quanto tempo non si sentiva così felice di vedere qualcuno? Forse da sempre!!

Andarono in giro per negozi fino alle 18:00 del pomeriggio, facendo acquisti. Per fortuna Matt aveva qualcosa da parte, comprò un paio di magliette anche per Gellert, che si sentì così sciolto, che lo teneva anche a braccetto.

“Sai.” Diceva, mentre il sole gli illuminava i riflessi castani. “Stavo pensando, che devi fare delle tue critiche, il tuo punto forte.”
“Non capisco..” disse Gellert corrucciandosi.

“Ma sì! Se tutti pensano che tu sia uno scherzo della natura, tempestali di scherzi. Ritorci tutto contro di loro, fanne un tuo atto di forza.”
Gellert lo guardò e poi scoppiò a ridere.
“Dovrei cominciare a fare il giullare di corte?”
“Una specie.”

“E tutto questo come mi aiuterebbe a diventare popolare?”
“Se ti diverti tu, anche gli altri lo faranno.”
Il sorriso di Gellert si illuminò.
“Ehi amico lo sai che sei proprio forte? Ho sempre pensato che l’invisibilità fosse proprio una cosa figa!”
“Sei un coglione.” Disse Matt ridendo.
 
Quando Matt tornò a casa, sua madre gli chiese spiazzata, dov’era stato.
“In giro a fare shopping, ero con un amico.”
“Un..amico? la madre sembrò stranita.
“Sì, non lo conosci, ma è un tipo in gamba.”

La madre non disse niente e per la prima volta, Matt pensò che forse l’odio degli altri, era dentro di noi.
 
 
 
 
*

Dopo qualche giorno, Gellert andò ovviamente in crisi d’astinenza.
“Aiutami, Matt. Non so come fare. Non voglio ricaderci. Non voglio.”
Lo abbracciò stretto.
“Domani andiamo in una clinica di disintossicazione, Gellert, fidati di me.”
“Non ce la faccio, io non so se riesco..non..”
“Schhhh..fidati di me..”

“Promettimi che resterai con me, che mi abbraccerai come stai facendo ora.”
 
 
 
*

Le crisi erano frequenti e Gellert spesso andava a dormire da Matt, dormivano insieme nello stesso letto e spesso la madre li trovava così, abbracciati stretti, con il castano che si aggrappava al moro come se stesse annegando.
“Matt, io sono felice che hai un amico, tuttavia dobbiamo discutere del tuo rapporto con questo amico, non pensi sia un po' troppo..intimo?”chiese la madre durante il pranzo, un fine settimana.
Matt guardò sua madre e suo padre che aveva un cipiglio nervoso.

“Non sono gay! E Gellert non è il mio amante, siamo solo amici. Tutto qui.”

“Davvero?” la madre sembrava ancora sospettosa ma un po' più rilassata.
“Tua madre dice che dormite insieme nello stesso letto.” Disse il padre abbandonando il giornale.

“È un ragazzo che..ha bisogno di affetto.” Disse Matt con voce rotta. “ha crisi d’ansia, per questo dorme con me, è stato sempre da solo, non ha mai avuto amici nella sua vita. Ve lo direi se ci fosse altro, ma questi discorsi un po' omofobi non mi piacciono per niente!” disse sfidando i genitori con lo sguardo.
La madre e il padre impallidirono davanti il suo sguardo fiero.
“Da quando conosci questo ragazzo sei cambiato. Non sei più lo stesso.” disse la madre.
“E questo è un male? Non vi piaceva com’ero pima.”

“Siamo preoccupati per te!” disse il padre. “Questo ragazzo sembra avere dei problemi, ho sentito in giro che ha dei problemi di droga e io e tua madre non vogliamo che gli stai vicino.”
“Quindi funziona in questo modo???” gridò Matt. “Prima vi lamentate che non ho amici e quando poi finalmente ne trovo qualcuno, vi lamentate perché non è come voi lo volete? Volete scegliermi anche gli amici che devo frequentare adesso??”
“È un DROGATO!” gridò il padre.

“Se anche fosse, non lo abbandono solo per questo. è un mio amico!”

NON PERMETTERÓ CHE trascini nella droga anche te! Non devi più frequentarlo, mi hai capito??”
Matt aveva sbattuto la porta di casa, senza sapere più come replicare. Non aveva avuto il coraggio di affrontarlo.

Si riempiva la bocca di coraggio, ma lui era il primo vigliacco.
 
 
 
 
*

“I tuoi genitori mi odiano, vero?”
“No, chi ti ha messo in testa questa idea?” chiese Matt, mentre prendevano un gelato ai giardini pubblici.
“Mi hai detto di non venire più a dormire a casa tua, qualcosa deve esser successo.”
“Sì, beh, sono un po' in guerra con loro e..”
“Matt! Non mentirmi! Loro lo sanno, vero?”

Matt lo guardò tristemente e Gellert si sentì rompere.
“Non vogliono che ci frequentiamo più vero?”
“Gellert, se mi conosci, sai che ragiono con la mia testa.”

“Dio, se fossi andato subito in quella cazzo di clinica, non sarebbe accaduto.”
“Non puoi più evitarlo,Gellert, le crisi di astinenza sono sempre più intense e dolorose. Non voglio che soffri, voglio che tu stia bene.”
Gellert tirò su con il naso.

“Puoi accompagnarmi? Non ce la faccio da solo.”
 
 
 
 
*

Quando andarono nella clinica, trovarono una signorina alla reception e poi un signore molto gentile che parlò loro con una dolcezza disarmante. Gellert se ne sconvolse.
“Signore, posso parlarle un secondo da solo?” chiese Matt.
“Ma certo.”
Gellert aspettò nella saletta d’attesa, senza dire niente o fare domande.

“Signore, perdoni il mio amico, è molto difficile per lui essere qui oggi, ha anche un rapporto difficile con i suoi, che non sanno che è qui oggi..”

“Capisco perfettamente.” Disse il dottore molto gentile. “Il suo amico è maggiorenne quindi non avrebbe il permesso dei suoi genitori ma per una sua tranquillità emotiva è molto meglio se lo convince a parlare con loro, la terapia non può funzionare se il suo amico non ha una tranquillità emotiva, non ha il cuore al posto giusto, mi capisce?”
“Io..si credo di si, ma io cosa posso..”
“Basta che faccia solo l’amico e lo convinca a parlare con la famiglia. Questo è fondamentale.”
“D’accordo, la ringrazio, dottore.”
 
Quando Matt uscì dalla clinica, Gellert lo abbracciò senza dirgli niente.

L’amico ricambiò con fervore. “Non sai neanche cosa..”
“Non ne ho bisogno. So che ogni cosa che fai è per il mio bene.”

“Ok..” disse Matt commosso. Era così bello che non ci fosse bisogno di tante parole tra di loro.”Allora, c’è una cosa che potresti fare per me?”
 
 
 
 
 
*

Quella sera, fu tremenda a livello emozionale per Gellert, per fortuna, Matt era con lui.
Durante l’ora di cena, si alzò in piedi.
“Mamma, papà, devo fare un discorso.”

Lo guardarono tutti basiti. Era non si sa quanto tempo, che Gellert non voleva parlare, con una premessa così poi.

“So che sono sempre stato un tipo di poche parole, e anche la vergogna della famiglia, so di avervi dato molti dispiaceri, ma nella mia ignoranza,non sono mai riuscito ad ammettere di avere un problema.”
“Gellert, finisci la tua cena, e piantala con queste sceneggiate.” Disse la madre.

“No,,mamma, adesso non ho più vergogna di dire quello che sento, e quello che sento è dispiacere per i dispiaceri che vi ho causato dispiacere per la mia stupidità, tutto questo l’ho capito grazie al primo vero amico che io abbia mai avuto.”disse regalando un sorriso dolcissimo a Matt, che gliene donò uno di incoraggiamento.
“Se sei davvero dispiaciuto come dici, fai qualcosa per rimediare.” Lo interruppe il capofamiglia, ma il figlio disse:

“Vi prego di non interrompermi, quello che sto cercando di dire è molto grave, e mi odio per il dispiacere che vi sto  per causare, ma debbo dirvi che purtroppo, io sto per affidarmi a una clinica di disintossicazione.”
“CHE COSA??” gridò il padre, mentre la madre, emise un verso strozzato e si coprì la bocca con le mani.

“Sono stufo di buttare via la mia vita, stufo di esser visto come un miserabile e un tossico, quindi sono stufo di esserlo, stufo di vedere nei vostri occhi la sofferenza di vedere un figlio senza scopo. Non voglio più essere quella persona, non più, so che avevate dei sospetti, ma finora non abbiamo mai avuto il coraggio di parlare chiaramente di quale fosse il mio vero problema, forse perché il declino, è il più tremendo degli orrori a cui un essere umano finisce per raggiungere e dopo questo si pensa che ci sia il nulla, ma una persona importante per me, mi ha fatto capire che non sempre dopo il declino, c’è il nulla, a volte si può risalire, si può ancora essere una persona migliore e raggiungere la luce. E io voglio raggiungerla, voglio curarmi, voglio essere il figlio che meritate che io sia, il figlio che io merito di essere, affinchè non possiate più vergognarvi di me. avrei potuto esserlo anche prima, ma prima non lo volevo, lo confesso. Ma lo voglio ora.”
 
I genitori erano sconvolti, la madre era in una valle di lacrime, il padre era sconvolto e aveva gli occhi lucidi.

“Farò questa cosa anche da solo, ma vorrei tanto avervi vicini a me in questo percorso che mi cambierà profondamente, se non vi vergognate di avere un figlio drogato.” Disse Gellert, con la voce rotta dall’emozione.
Matt, aveva gli occhi inondati di lacrime, mentre vedeva il suo migliore amico avvolto dall'abbraccio della sua famiglia, ne era felice, ma si sentiva come di troppo, poi inaspettatamente prima un corpo e poi un altro, lo avvolsero, quasi soffocandolo.
I genitori del suo amico.
“Tu..tu hai salvato mio figlio.” Disse la voce del padre, riferita a lui. Proprio a lui.

Lui che aveva sempre creduto di non poter salvare nessuno.
 
 





Le risposte



 Gellert era finalmente uscito dalla clinica di disintossicazione ed era molto cambiato.
Matt lo guardava fiero del ragazzo che era diventato.
Ora era un ragazzo simpatico, rimaneva molto strafottente ma anche molto sicuro di sé e aveva seguito il consiglio di Matt, tormentava gli altri con i suoi scherzi, ma in fin dei conti non faceva del male a nessuno.

Di contro, lui sembrava in stato di regressione invece.
Quelle continue malinconie che lo asfissiavano sempre…
A nessuno importava di me, mi considerano tutti una nullità

No, caro amico, non sono d’accordo. Sei davvero sicuro che le cose siano andate in quel modo?
Sì….
No…

Forse…non lo so più…
Gellert si volta verso di me e mi guarda sorridendo, mentre camminiamo per strada.

Vagavo per gli spazi bui e sfocati, ma anche grigi dei miei ricordi. Rivedevo quell’aula, quei bambini che giocavano in classe, quel bambino solitario sempre solo.
“Vieni con noi a giocare Matt?”
“No.”

Il bambino si voltò dall’altra parte.
Passavo le mie giornate a fantasticare, ma sperando sempre che qualcuno arrivasse da me a dirmi: vuoi giocare con me?
Inglobati in noi stessi, vediamo gli altri divisi da noi.”

“GELLERT! Cosa ci fai nel mio sogno? Nel mio..ricordo??”

Mi sentii scivolare via in un abisso grigio. Un abisso bianco senza ritorno.
Una mano salda mi tenne ancorato al suolo.

“Eri tu che non permettevi agli altri di avvicinarsi a te, eri tu a creare una barriera tra te e gli altri costruendo un muro, un muro chiamato dolore, fatto di quell’essenza. Hai amato quel muro per tutta la vita, desiderando che venisse distrutto, ma tutto era dolore, sospirare al muro era dolore, appoggiarsi contro era dolore, tentare di scavalcarlo lo era, distruggerlo lo era e anche..lasciarlo li. Perché i muri di dolore sono questo eppure tu lo hai amato tantissimo..non permettevi a nessuno di farlo svanire.”

“E che mi dici delle persone che si avvicinavano a me invece?”
Matt ebbe l’impressione che lo scenario cambiò.
All’improvviso rivedeva tutte le ragazze che gli si erano avvicinate, tutti gli amici che aveva avuto.

“Sembrava che ci stavano all’inizio ma poi..”

Dicono di te, pare che ci stai, che ti scaldi presto e poi tutto il resto e non ti leghi mai..

Piantala!

Oh, scusami tanto, caro amico, ma non sono d’accordo!
Smettila di citare Marco Ferradini.

Matt fece per togliergli gli auricolari dalle orecchie e all’improvviso il frastuono della strada li riportò per un attimo alla realtà.
Io posso fare qualunque cosa, sono nella tua testa!
Oh, ti odio tanto!

Anch’io ti amo!
 






*

Tutte le mie cotte. Grandi amori che avrei potuto vivere, ma non ho mai vissuto.
Sono serviti solo a darmi una speranza, come la fiaccola di una candela, per poi lasciarmi ancora più solo.

Addio amore mio, addio amori miei.
Guarda meglio.
Non credevo fossi un oculista.
 
Ma Gellert era ostinato e Matt dovette soccombere alle sue attenzioni, Con delle mani come se fossero fatte di creta, gli prese le mani, intrecciandole alle sue, Matt non seppe perché ma gli sovvenne “come un pittore.”

Difficile trovare parole molto serie
Tenterò di disegnare
Come un pittore farò in modo
Di arrivare dritto al cuore

Con la forza del colore
Disegno l’erba verde come la speranza
E come frutta ancora acerba
E adesso un po' di blu, come la notte
E bianco come le sue stelle con le sfumature gialle
 
Gellert muoveva le sue mani e le sue dita luccicavano di azzurro, una patina azzurra sui suoi indici.
Guarda meglio.

Matt si sforzò di farlo e rivide tutte le delusioni della sua vita con un altro occhio.
Quello degli altri.
Vide ogni crepa del suo cuore che si era infranta a terra, dall’altra parte.
E così vide anche tutte le volte che disse una parola brutta, invece di una gentile.
Vide il suo sorriso oscurarsi in una smorfia.

Un gesto sgarbato, uno sbuffare di troppo, uno sguardo assassino. Uno sguardo di odio.
Un invito non accettato.
Un sorriso non ricambiato.
Uno sguardo annoiato.

Restavano affascinati da te, Matt. Come avrebbero potuto non esserlo? Tu sei la LUCE e quando ti si vede, tu abbagli. Tu sei l’amore, ma come tutti i bambini che hanno ricevuto poco amore da piccoli, anche tu non amavi abbastanza te stesso, da credere che qualcun altro potesse amarti.
“No..”

Ma la verità era li davanti a sé, vide quelle stesse persone che rimanevano incuriositi da lui, allontanarsi man mano, seccate dai rifiuti, dalla scontrosità, scoraggiate dalla sua stessa insofferenza verso il mondo, dal suo desiderio di solitudine.

Ci hai provato, certo, ci provavi sempre, ma nessuno era mai abbastanza gentile, o tutti erano sempre troppi maleducati, o avevano troppa poca pazienza, avevi ragione, l’avevano..poca pazienza..”
 
“Non è stato sempre così, non sono stato sempre solo lo sfigato della scuola, per tutta la vita.
Ogni tanto mi capitava di vedere uno studente più sfigato di me. Mi avvicinavo, volevo capire dentro di lui, cosa non andava in me. per aiutare lui, per aiutare entrambi.”

Era l’aula delle elementari, e poi quella delle medie che stavano guardando.

Matt guardava prima uno studente, poi l’altro, si rivedeva andare da lui,poi dall’altro, sedersi di fianco, cercare di parlargli, poi andare via.

“No..ci ho provato così poco?” disse Matt senza capacitarsi. “Mi avevano dato un dono..il dono di poter fare per qualcuno quello che altri non hanno fatto per me e io..l’ho lasciato sfuggire via?”
Vedi ora quant'è difficile avvicinarsi a chi ti allontana. Questo dono di vedere dall’altra parte, te l’ha dato l’Universo, ma non sei riuscito a capirlo.
Non è l’unica cosa che non ho capito.

Io quante cose non avevo capito..che sono chiare come stelle cadenti..
Dagli auricolari di Gellert sentivo il suono della canzone diversa.
“Smettila!”

Ma devo dirti che è un piacere infinito..portare queste mie valigie pesanti..
*si limita a fissarlo, triste*
“Tu sei l’altra mia coscienza..”

L’hai capito finalmente.
 



Tutte le psicologhe da cui sono andato, non sono servite a niente, mi facevano parlare ma non mi davano mai la soluzione. Ho capito che gli specialisti, servono solo a darti una speranza, e invece poi ti fanno sentire ancora più solo. E strano.

Credi davvero che non ti capissero?
Sì.
No.
Non lo so. Non lo so più.
 
Matt non era sicuro che anche Gellert potesse vedere l’aula della psicologa sua di infanzia, davanti a sé,  non aveva creduto mai molto a queste stronzate delle visualizzazioni, ma a lui sembrava di vederlo, lo immaginava al suo fianco tenendogli la mano, anche se erano per strada, ovviamente, chissà cosa vedeva Gellert. Ma aveva davvero importanza?In fondo ciascuno di noi vede quello che si aspetta di vedere, anche se non corrisponde al vero.

Rivide la faccia della sua psicologa,un’espressione di rassegnazione sul suo volto.
“Giochiamo ancora?”

“No, Matt, credo che ora possiamo passare agli esercizi, che dici?”
 
Altro panorama, altra psicologa.
Quella psicologa delle superiori, stava pregando un recalcitrante Matt, a continuare ad andare da lei se anche avesse finito la scuola.
“Perché voleva che continuassi ad andare?”
“Voleva aiutarti.”

“Lei non mi capiva, così come l’altra. Non mi hanno mai detto cosa..pensavano delle sedute..cosa credevano che avessi..qual era il mio problema.”

Forse perché tu ti eri capito già benissimo da solo e capivi anche loro.
Matt si girò verso di lui.

Loro sapevano che tu eri SUPERIORE, Matt, la tua intelligenza scavalcava qualsiasi analisi loro avrebbero mai potuto fare, perché tu non avevi NIENTE che non andava.
“No…”
Un castello enorme di carte, cadde poco più in là.

“Se non, un vuoto incolmabile, un bisogno d’amore così grande che nessuno avrebbe potuto mai colmare, era tutto quello che volevi, un bisogno d’amore così grosso da terrorizzare chiunque incontrassi, perché nessuno poteva esserne all’altezza. Forse hai ragione, Matt, in fondo davvero le persone scappavano da te, appena si rendevano conto della tua aspettativa troppo alta. E chi poteva non fuggire, nessuno poteva essere all’altezza di un bisogno d’amore TANTO POTENTE.”

Matt rimase allibito, il vuoto ritornò, così come la voragine. Stava ancora precipitando.

“Volevi che ti dicessero questo, Matt? Come fare per poter dire QUESTO a un bambino piccolo che desidera solo essere amato? Come fare a dire questo ai suoi genitori, spezzandogli il cuore non appena avrebbero saputo che non erano abbastanza per colmare quel vuoto? Prova tu a dire una cosa del genere a un ragazzo in lotta da una vita per farsi accettare dai suoi compagni di scuola, dirgli che in fondo, era vero, che nessuno avrebbe potuto mai amarlo come lui voleva. E tu hai aspettato una vita..volevi sentirti dire questo? Tu hai aspettato una vita..per questo?”
 

Il bambino che stava guardando adesso, alla scrivania, aveva fatto una casetta, ma poi crollò. Cadde dalla scrivania ma poi si dissolse.
Matt deglutì.
 





*

“Cosa scrivi in quel quaderno se non hai nessun pensiero? Aspirazione? AMORE?”

Odiavo mia madre per farmi sentire sempre un fallimento continuo.

“Il giorno che compierò finalmente un’impresa EROICA e salverò qualcuno, sarai la prima a cui verrò a gridarlo in faccia!!” gli gridai. “Così, per sport!”

“Tu? Ma non farmi ridere. Salvare qualcuno? Dalle pareti della tua stanza?”

“L’ho odiata..odiai mia madre per tanti anni..” diceva Matt triste.

“E invece lei ti amava..ti amava talmente tanto da desiderare di svegliarti da quel letargo che era la tua esistenza, sperava che trattandoti male, ti avrebbe indotto a crescere, a diventare un uomo che non avrebbe sofferto per la cattiveria del mondo..
ALTRO SCENARIO.
“IO TI ODIO! TI DIO!” disse una voce infantile.
Era di nuovo bambino e avevano litigato di nuovo.

Non visto, il piccolo spiò la madre che piangeva nella sua stanza.
“Non capivo perché piangeva dopo avermi detto tali parole cattive.” Disse Matt rivolgendosi a una discussione particolarmente animata dove la madre l'aveva riempito di parolacce.

“Se fosse stata una madre perfetta, ti avrebbe accolto e insegnato con l’amore, invece di come sei cresciuto,una persona perfetta l’avrebbe fatto, ma i genitori non sono perfetti.” Disse Gellert, con gli occhi lucidi.
Matt ora aveva il viso rigato di lacrime.

“Il giorno che compierò finalmente un’impresa EROICA e salverò qualcuno, sarai la prima a cui verrò a gridarlo in faccia!!” gli gridai. “Così, per sport!”

“Tu? Ma non farmi ridere. Salvare qualcuno? Dalle pareti della tua stanza?”

“Troppo impegnato a crogiolarmi nella commiserazione, non mi resi conto che aveva ragione.

E forse lei dopotutto mi salvò. Quelle parole facevano talmente male, che cercai il più possibile di restare fuori casa, mentre cercavo disperatamente di trovare un lavoro che colmasse il mio vuoto, che mi facesse sentire utile a qualcosa.”
“Ti è andata male. Cercavi un’impresa eroica e hai trovato me. Un altro scherzo del destino.” Rise Gellert.

Matt gli diede un pugnetto sul braccio.
E poi? Gliel’hai detto?
"No. Le cose non vanno mai come ci si aspetta.”
“Perché?”

“Credevo di averne bisogno..per farmi grande..per sentirmi importante sai..ma forse è proprio vero..eroe lo diventi quando non lo scegli..forse..per proteggere qualcuno..non volevo che altri lo sapessero..che ti giudicassero..non volevo più essere un eroe per gli altri, mi bastava che tu pensavi lo fossi..in modo da non rifarlo più..”
“Ma tu non sei un eroe. Sei il mio angelo..”
 
Si ritrovarono abbracciati stretti come due amanti disperati,e in lacrime. in mezzo alla strada con il rischio di essere investiti.
Gli auricolari a terra.

“Oh, ma allora vuoi proprio morire!!” disse Matt prendendolo per un braccio e levandolo via dalla strada. “La tua musica. “ disse passandogli gli auricolari. “E dille grazie da parte mia, per averci trasportato nel viale dei ricordi.” Sorrise.
Gellert sorrise di rimando.
“ È stato un grande piacere e un grandissimo onore fare questo viaggio con te.”
“Quando te l’ho proposto, non credevo davvero avresti accettato..di seguirmi in questo viale dei ricordi..mi è sembrata un’idea così sciocca..” disse Matt grattandosi la testa.
Gellert sorrise di rimando.

“Dovresti sapere che io ti seguirò ovunque, mio capitano.”
 
 







*

Non doveva uscire di casa, quel giorno.
Eppure avevano cercato di avvisarlo, ma lui non dava mai ascolto a nessuno.
Solo al suo amore.
Gel, sto arrivando da te..
Sorrise.

Era bello avere qualcuno da cui tornare.
Come un migliore amico per esempio.
 

 

KA BOOOOOOOOOOOOOOOOOOOM
BOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOM

È strano, quando sta per arrivare la fine, non senti subito il dolore.
Lo senti dopo un po'.

La macchina si rivoltò su se stessa, per via dell’impatto.
Matt cadde fuori dal finestrino aperto, sull’asfalto.
Gocciolava sangue dalla tempia.

Rimase carponi e cercò di fissare lo sguardo dritto davanti a sé.
Era tutto così offuscato.
Non gli sembrava di essere neanche più sulla strada, non riconosceva lo scenario che vedeva.

Il cielo sembrava arancione e il sole una palla infuocata di rosso.
 
L’asfalto.

C’era qualcun altro li a qualche metro da lui. Ma non capiva..
Sussultò e non riuscì neanche a gridare.
Era paralizzato dal terrore.
Un uomo o almeno credeva che quello fosse un uomo, era cosparso da capo a piedi dalle FIAMME, ne era avvolto totalmente.
No…
sembrava soffrire enormemente ma non per il fuoco che lo divorava, ma per
altro..
strizzò gli occhi, accanto a lui c’erano i demoni, che torturavano una povera donna che si contorceva sull’asfalto.
Lei TENTAVA di proteggere QUALCUNO, qualcuno che stava per raggiungere l’inferno. Sì, i demoni stavano per risospingerlo li dentro e la sagoma bruciante li vicino emetteva rantoli di dolore strazianti.
Oh, ti prego fallo smettere.
La sua testa era accasciata sull’asfalto.

Voleva morire per non dover più vedere.
 
Vide anche altro.
E lì desiderò di morire davvero.
Era tutta colpa sua per quello.

Ma una voce, che forse veniva dall’oltretomba, gli ordinò di alzarsi.
 























Note dell'autrice:  ragazzi ho deciso di riunire le due parti in un capitolo unico, perchè mi sembrava troppo brutto dividerlo, scusate per il disagio ç_ç

Ps, voglio fare una nota anche su Ciuffettina che sta recuperando i capitoli! <333 volevo farlo prima ma mi dimenticavo sempre ^^ Grazie!!
   
 
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