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Autore: Eevaa    31/03/2019    9 recensioni
...perché Kaarot, del resto, era l'unico che avrebbe potuto capirlo veramente, era l'unico il quale, per altri motivi, stava subendo il suo stesso identico destino. E, proprio come lui, aveva un'altra vita intera da vivere, da scrivere. Per un attimo, per qualche breve secondo, provò compassione per quell'uomo così come l'aveva per se stesso.
Erano entrambi sulla stessa barca e, volenti o nolenti, avrebbero dovuto cominciare a remare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 75 - EPILOGO, PARTE I : LA FINE

 



And after the storm,
I run and run as the rains come and I look up
Night has always pushed up day
And I took you by the hand, and we stood tall,
And remembered our own land, what we lived for.
Well I guess I'll just go home, or God knows where.
Because death is just so full and man so small.
Well I'm scared of what's behind and what's before.

And there will come a time, you'll see, with no more tears.
And love will not break your heart, but dismiss your fears.


After the storm: http://https://www.youtube.com/watch?v=SWYG7lZBc6U



 
Il corpo esanime di Loraymo cadde prono con un tonfo sul ciottolato di quell'immensa città distrutta. Tutti i nemici, terrorizzati, guardarono l'artefice di quell'omicidio atterrare lento, con i piedi leggermente divaricati e il volto impolverato rivolto verso il basso. Neanche il più sciocco, temerario e piantagrane dei nemici si sarebbe mai sognato di mettersi contro di lui, contro quel guerriero dalla lunga coda magenta e i muscoli ancora gonfi e contratti dallo scontro. Scapparono, scapparono tutti a gambe levate come formiche operaie, fuggirono lontano senza mai più guardarsi indietro. Ci avrebbe pensato il Regno degli Inferi, una volta morti, a dare un giudizio alla loro colpevolezza.
Goku atterrò a piè pari di fronte a Kibitoshin il quale, ancora frastornato e incredulo per l'accaduto, rivolse al ragazzo un mesto sorriso.
«Ce l'hai fatta, Goku! È finita» enunciò la divinità, rabboccando quel silenzio con parole forse inutili, forse scontate.
Tuttavia Goku parve tutto fuorché gioioso della propria vittoria e, lasciando sciogliere la propria trasformazione, nascose il volto dietro a un ciuffo di capelli d'ebano.
«No... non ce l'ho fatta a fare proprio un bel niente» sbiascicò, con le labbra troppo secche e il sudore misto a sangue che gli ricadeva sulle tempie, inginocchiandosi poi senza controllare i propri movimenti stanchi. Il corpo del principe dei saiyan, adagiato al terreno al loro fianco, era freddo e immobile.
Le sue labbra avevano iniziato a perdere colore divenendo pallide e violacee. Il sangue, sgorgato a fiotti dal suo torace, si era oramai seccato. Nonostante ciò il suo viso era così disteso e regale da sembrare semplicemente assopito. Sembrava che dormisse.
«Non ce l'ho fatta» ripeté Goku. Prese tra dita la mano pallida del principe, portandosela sul viso come per nascondervici dentro tutte quelle lacrime che non stava più riuscendo a trattenere.
No che non ce l'aveva fatta! Non era riuscito a proteggerlo, non era riuscito a portare la pace sulla Terra senza che i suoi amici ci rimettessero la vita. Quante morti avrebbero dovuto contare ora che la battaglia era finalmente giunta al termine? Quante persone si erano sacrificate per il suo desiderio di tornare a vivere una vita che forse non meritava? E, soprattutto, che vita avrebbe potuto vivere, da quel giorno? Ora che la persona che aveva dato lui quella possibilità non c'era più, come avrebbe fatto a continuare a esistere?
Si cullò avanti e indietro, respirando attraverso alla mano del principe e domandandosi per quanto tempo ancora avrebbe avuto lacrime da versare.

 
 
•••

«Certo che sei proprio un mentecatto!»
«Ma che ho fatto, stavolta?»
«Niente, avevo solo voglia di dirtelo».
Goku corrucciò le sopracciglia, offeso, ma Vegeta non riuscì a fare a meno di sorridere compiaciuto per essere riuscito nel suo intento.
«Sei antipatico, lo sai?» Goku si lagnò e sollevò a malapena il capo per incrociare lo sguardo del principe.
«Se ti sto così antipatico allora levati dal mio petto» fece notare lui, rispondendo ai suoi occhi con una certa sufficienza.
«No, dai! Ancora cinque minuti!»
Goku si accoccolò nuovamente con la testa sul pettorale segnato dalle cicatrici del principe dei saiyan. La luna fuori dalla finestra dell'appartamento sorrideva solo a metà. La brezza del temporale estivo appena concluso fece rabbrividire i due uomini avvolti a malapena da un lenzuolo bianco.
«Mentecatto e pure incoerente...» sospirò Vegeta, scuotendo la testa, domandandosi per quanto tempo avrebbe retto a quello scempio disumano che i terrestri nominavano “coccole post amplesso”. Quelle sdolcinatezze non facevano assolutamente per lui, men che meno con quello scarto di terza classe. Eppure, doveva ammetterlo, trovava il suo calore quasi rilassante.
«La smetterai mai di insultarmi?» domandò Goku, ancora con il broncio.
«Quando passerò a miglior vita, forse» rispose Vegeta sorridendo impercettibilmente nella speranza di non essere visto.

 
 
•••
 

Quella notte di appena una settimana prima, però, Goku l'aveva visto sorridere eccome. L'aveva visto e il solo ricordo di quella frase, di quel sorriso, lo fece tremare dal dolore. Perché in quel momento avrebbe dato l'anima al diavolo pur di sentirlo di nuovo elargire insulti verso la sua persona; perché solo il pensiero di non poter udire più la parola “idiota” pronunciata dalle sue labbra fece salire in lui un conato di vomito.
Lasciò andare la mano del principe, facendo così cadere delicatamente il suo braccio sulle ginocchia stanche. Ripensò di nuovo a quella notte, a tutte le notti trascorse sulla Terra insieme a lui. A tutti gli allenamenti, a tutte le parole, alla vita insita in quello sguardo, alla grazia che il cielo gli aveva concesso per riuscire ad amare e farsi amare. Ma che senso aveva avuto, allora, se poi il destino aveva voluto strapparglielo dalle mani? Che senso aveva avuto volergli mostrare la completezza, la gioia, un mondo perfetto se poi quel mondo non sarebbe più potuto esistere?
Aprì gli occhi e lo vide di nuovo, fermo, immobile, freddo. E pensare che la mattina prima si erano svegliati su quel divano, promettendosi che avrebbero passato l'eternità a combattere insieme. Che avrebbero provato a essere una famiglia. Goku ringhiò, ma debolmente; non riusciva nemmeno più a essere arrabbiato. Sarebbe stato fin troppo facile ma fin troppo ingiusto prendersela con gli Dei per ciò che era successo.
«Goku, dobbiamo tornare sulla Terra... te la senti?» mormorò Kibitoshin.
Posò una mano sulla spalla del suo alleato il quale, senza alzare la testa né lo sguardo, sollevò le spalle affranto.
Era giunto il momento di tornare a casa, dai suoi figli, dai suoi nipoti e spiegare loro di come aveva fallito, di come non era riuscito a salvare il loro re.


Ma, quando le tre figure atterrarono insieme sul freddo terreno di quel ghiacciaio quasi sciolto, Goku non dovette spiegare proprio niente. Loro avevano già appreso tutto.
Kaiohshin il Sommo era giunto sulla Terra insieme a tutti coloro che, ospiti, erano approdati nell'Aldilà pur nonostante fossero persone vive e in carne ed ossa e, con estrema pacatezza e sincero dispiacere, aveva annunciato ai combattenti della squadra Z quella grave perdita.
Sapevano. Sapevano ma, nonostante ciò, sussulti e urla isteriche fecero eco tra le montagne appuntite del Nord non appena il corpo senza vita del principe dei saiyan apparve in quella vallata, accompagnato da Kibitoshin e ciò che rimaneva di uno dei combattenti più forti di tutte le galassie: uno spettro dalle sembianze di Goku.
«Nonno!» strillò Goku Jr, sgusciando dalle braccia protettive del padre per correre nella loro direzione. Inutili furono i tentativi da parte Trunks di frenarlo, inutile perché anch'egli iniziò a camminare con passi pesanti e il respiro mozzato verso i due saiyan e la divinità.
«NONNOOOOO!» continuò a urlare il piccolo, strattonando il suo amato nonno per la canottiera nera mentre Trunks, devastato, cadde anch'egli con le ginocchia accanto al corpo di suo padre. Quante lacrime avrebbe potuto versare, ancora? Aveva già perso sua moglie poche settimane prima, pensava di averle già esaurite. 
Bra, invece, tremò a qualche metro di distanza. Appena aveva appreso della morte del suo adorato papà non aveva potuto fare a meno di provare un sentimento di odio, di ribrezzo e di vendetta nei confronti di Goku. Perché Bra, nelle difficoltà, era l'esatta fotocopia di Vegeta: era impulsiva, feroce, tenace, si lasciava guidare dall'istinto e l'orgoglio. Era più che intenzionata a vomitare addosso a Goku tutto il proprio odio, era sicura che trovare un capro espiatorio alla morte del principe l'avrebbe fatta stare meglio, ma così non fu. Perché, nell'esatto secondo in cui posò i propri occhi sul volto contratto di Goku, si impietrì.
In vita sua aveva potuto contemplare quel dolore una sola volta. Il viso di Goku, lo strazio che mostrava attraverso i suoi occhi, era esattamente lo stesso mostrato da Vegeta alla morte di Bulma. Una pena troppo intensa e opprimente per essere nascosta. Bra non se la sentì di infierire. Non se la sentì di scaricare altro dolore su quell'uomo che era evidente fosse sull'orlo di soffocare dalla disperazione e così, sola e senza nessuno addosso al quale sfogare tutta la sua rabbia, si accese di luce dorata facendo tremare quella terra già sconnessa fino a quando, stremata, si lasciò andare in un pianto disperato tra due braccia conosciute e sconosciute allo stesso tempo: quelle di Mirai Trunks. Suo fratello, anche se di un'altra epoca. Egli soffocò un singhiozzo tra i capelli di quella sorella che non aveva mai conosciuto, tentando di sopprimere il dolore per la perdita dell'unico padre che, al contrario, aveva avuto modo di conoscere.
Eva e Alphonse, appena di fianco, non tentarono nemmeno di trattenere la loro figlioletta. Sapevano bene che, seppur l'avesse conosciuto poche settimane prima, Martha si era affezionata davvero tanto a Vegeta. E chi più di lei avrebbe potuto infondere la forza necessaria a Goku Jr per poter andare avanti? Chi più della sua nuova amica con la quale aveva condiviso l'avventura più pericolosa delle loro vite? Martha si inginocchiò a fianco all'amichetto, prendendogli una mano e stringendola più forte che poté.
Gohan e Goten, senza pensarci due volte, si affiancarono a loro padre nel tentativo di consolarlo, di dirgli qualcosa, ma qualsiasi tentativo risultò vano: Goku non riuscì nemmeno a rispondere; non erano nemmeno certi che li sentisse. Se ne stava lì, imbambolato a fissare il vuoto di fronte a sé, specchio di ciò che aveva dentro. Le luci rosse e arancioni dell'alba del nuovo giorno si rifletterono sul suo viso pallido e stanco, il sorgere del sole era oramai prossimo. Ma, nonostante il cielo completamente terso, pioggia incessante rigò i volti di tutti i presenti su quell'altipiano.
Nessuno, tra i presenti, riuscì a mascherare il proprio dispiacere. Persino i due androidi gemelli - i quali non avevano mai manifestato simpatia alcuna dei confronti del principe dei saiyan - non riuscirono a dimostrarsi indifferenti di fronte al pianto incessante di Goku Jr.
E Junior, che negli anni non aveva potuto fare a meno di rivalutare quella testa calda di Vegeta, fu parecchio scosso dall'accaduto. Vegeta era l'ultima persona che avrebbe voluto trovare nell'Aldilà, ora che il suo tempo sulla Terra era oramai scaduto.
Tutti i civili, tutti i namecciani, tutti i combattenti della Dimora dei Draghi che avevano scelto di passare alla fazione dei buoni tacquero, commossi e completamente inermi di fronte a cotanta tristezza. Si concessero quindici lunghi minuti per piangere l'ultimo re dei saiyan purosangue, si concessero quel tempo per poter realizzare che tutto ciò non fosse un terribile incubo, sperando in un miracolo o una magia. Ma quella non era affatto una favola a lieto fine, “e vissero per sempre felici e contenti” sarebbe rimasta solo una sciocca fiaba per bambini.
«Papà» mormorò Goten, costringendosi a fare qualcosa di più concreto per quell'uomo che non era affatto abituato a vedere in quello stato. «Papà, ti prego... dì qualcosa».
Cosa dire? Cosa diamine avrebbero voluto sentirgli dire, tutti? I dettagli di com'era successo? Com'erano andate le cose? O forse già sapevano tutto? Che senso avrebbe avuto portare avanti quello strazio? Lui... lui avrebbe solo voluto dormire. Dormire e non svegliarsi.
«Darei la mia vita pur di riportarlo indietro» disse quindi Goku. 
Gohan e Goten, increduli, si ammutolirono definitivamente. 
Kibitoshin, rimasto in disparte insieme al vecchio Sommo, spalancò gli occhi all'udire di quella frase. Non era mai stato certo di come funzionassero le relazione umane, non aveva mai compreso a fondo i sentimenti. A differenza di alcuni esponenti divini, lui aveva sempre vissuto nel mondo degli Dei. Da quanto ricordava era sempre stato estraneo a quel tipo di pensiero ma, in quel frangente, accadde qualcosa che mai si sarebbe aspettato succedesse: mai prima di allora, nella sua vita, aveva sentito il bruciore di una lacrima rigargli la pelle nivea.


Un raggio di sole si fece strada tra le vette aguzze di quelle montagne ancora innevate, colpendo irriverente il volto di Goku. E, proprio in quel frangente, egli si risvegliò dallo stato comatoso nel quale era immerso.
Il nuovo giorno era sorto, il giorno più triste della sua vita era iniziato per davvero. Posò i suoi occhi arrossati sulla figura del principe, sulle sue labbra viola, sul pallido volto una volta ambrato e, come guidato da una forza a lui estranea, capì cosa avrebbe dovuto fare in quel momento. In fondo lo aveva già fatto una volta, anche se a quel tempo era stato molto diverso, molto meno doloroso di così. Goku ripensò a quel giorno, su Namek. Il giorno in cui aveva preso il corpo di Vegeta e l'aveva messo in una fossa.
Quel giorno... quel giorno era tornato. Avrebbe dovuto farlo lui, lui e nessun altro. Per onorare quel ricordo, per onorare la memoria del soldato più coraggioso che avesse mai conosciuto, per onorare il suo rivale, alleato, amico, fratello. Nessuno avrebbe toccato quel corpo, nessuno lo avrebbe messo in una bara laccata di nero. Non avrebbe permesso a nessuno di oltraggiare la memoria dell'uomo migliore che la vita gli avesse fatto incontrare.
Decise che quello, quel luogo dove si erano guardati e avevano combattuto valorosamente insieme a tutta la loro stirpe, sarebbe stato il luogo in cui Vegeta avrebbe giaciuto per sempre. Lontano dalle città, lontano da qualunque passante che, casualmente, avrebbe potuto posare lo sguardo su una sua fotografia negli anni sempre più ingiallita.
Così, con un macigno nel petto e la mente ancora offuscata dalla pena, Goku prese il corpo del principe dei saiyan tra le sue braccia proprio come quel giorno, su Namek. E, proprio come su Namek, Goku causò una forte esplosione a qualche metro di distanza solo con l'ausilio dello sguardo. Tutti in quel momento sussultarono e piansero tutte le loro lacrime quando, con passi lenti e solenni, Goku si avviò con il corpo freddo di Vegeta tra le braccia, di spalle, verso quella fossa. Sussurri, singhiozzi. No, non era giusto, non era assolutamente giusto.

Goku si accovacciò sul bordo di quel fossato poco profondo, scavato tra ciò che rimaneva della neve fresca sotto il pendio di quella splendida, meravigliosa e altissima montagna. Rimase fermo, immobile per qualche secondo a osservare il cielo terso e oramai divenuto azzurro, poi abbassò il proprio sguardo per posarlo un'ultima volta su quel volto disteso.
Ripensò ancora una volta alla loro vita, a quanto fosse stata incredibile ed appassionante. Ripensò a tutte le loro avventure e a quanto fosse terribile e ingiusto che fossero finite lì, quella notte, quell'orrenda e straziante notte d'inizio estate. Ricordò quei giorni trascorsi insieme, ricordò le notti, gli sguardi, il momento in cui aveva capito che le cose tra di loro erano mutate. Ripensò al primo bacio che gli aveva rubato sul pianeta satellite all'ombra di una pianta color amaranto, allo spintone che di conseguenza si era preso. Ripensò al giorno in cui si erano spogliati di ogni veste e principio per seguire l'istinto, l'istinto che li aveva guidati l'uno verso l'altro, l'uno contro l'altro.
E, se aveva pensato di non poter avere più lacrime, si era sbagliato di grosso. Pianse ancora, accarezzando il volto freddo e duro di Vegeta, appoggiando poi la fronte sudata contro la sua. Rise per un momento pensando che, se egli lo stesse guardando dall'Aldilà, probabilmente avrebbe voluto prenderlo a pugni in faccia per ciò che stava facendo a pochi metri dalle loro famiglie. Ed effettivamente le loro famiglie erano lì, poco distanti, che tra le lacrime e il dolore si domandavano fino a che punto quei due saiyan si fossero avvicinati l'un l'altro per causare una pena così grande a colui che era rimasto in vita.
Ma non poteva farci niente, Goku, perché quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe potuto toccare quel volto bello e dannato. Sarebbe stata l'ultima volta e, cielo, faceva tremendamente male.
Tuttavia si ricordò di una cosa, una cosa importante che avrebbe dovuto fare prima di posare il corpo esanime del principe in quella fossa. Una cosa che avrebbe voluto e avrebbe dovuto dire molto prima, ma che non era riuscito a sussurrargli quando gli occhi di Vegeta erano ancora aperti e si riflettevano nei suoi.
E così, posando delicatamente le labbra sulla fronte del principe dei saiyan, non riuscì a trattenersi dal singhiozzare prima di pronunciare quelle parole che avrebbe voluto che sentisse.
«Ti ho amato... più di quanto immaginassi» sussurrò Goku, chiudendo gli occhi. Singhiozzò di nuovo, straziato. Non riusciva... non riusciva a lasciarlo andare. Come diavolo avrebbe fatto a lasciarlo andare?
Sentì il proprio cuore cadere e ridursi in frantumi di nuovo, ancora e ancora quando, con gli occhi ancora chiusi, staccò le proprie labbra dalla sua fronte e ci si poggiò contro con la sua, inspirando il suo profumo per l'ultima volta. L'ultima...
«...anche io, idiota. Ma non ti azzardare a mettermi di nuovo in una lurida fossa!»

Goku sbarrò gli occhi, esterrefatto, trattenendo a fondo il respiro. Possibile che fosse impazzito a tal punto da avere allucinazioni uditive?
Alzò il volto piano, lentamente, trovandosi faccia a faccia con qualcosa che mai, mai si sarebbe aspettato di vedere: i suoi occhi.
I suoi occhi neri, aperti, forse un po' stanchi, ma sorridenti. Un ghigno beffardo su un volto che, timidamente, iniziò a riprendere colore. Due labbra viola che, piano piano, iniziarono a tingersi di nuovo di rosso; le ferite che, sempre più veloci, si rimarginarono. Un cuore forte, assordante, che era tornato a palpitare nel suo torace.
E Goku, con la bocca completamente spalancata e un esplosione a livello del petto, non riuscì assolutamente a trattenere il proprio istinto. Si fiondò addosso.
«VEGETA!» urlò con voce limpida e il viso nuovamente tornato a risplendere, ribaltando se stesso e sua maestà proprio nella buca dentro alla quale quel disgraziato non sarebbe affatto dovuto finire.
Gli occhi di tutti si sgranarono e, non comprendendo cosa diamine stesse accadendo, iniziarono a correre nella loro direzione tutti insieme.
Proprio come durante il loro primo abbraccio, Vegeta si ritrovò schiacciato sotto il dolce peso di quell'inutile terza classe il quale, ridendo a crepapelle e piangendo dalla commozione, lo strinse fin troppo violentemente.
«Vegeta! Sei tornato!» singhiozzò Goku. «Sei tornato!»
«Kaarot, ma che stai facendo, razza di citrullo!? Spostati! Così mi soffochi! Alzati immediatamente o ti giuro che-»
«PAPÀ!» urlarono Trunks e Bra, con il cuore in gola e lo stomaco che aveva iniziato a fare le capriole, fiondandosi anch'essi addosso a Vegeta.
«NONNO! NONNO!» esultò il piccolo Goku Jr il quale, scavalcando goffamente il corpo del suo bisnonno Goku, si fiondò sul volto del principe e si strinse forte guancia a guancia con lui il quale, imbarazzato e frastornato, divenne rosso come un pomodoro. Pochi secondi dopo, alle loro spalle, apparvero tutti i protagonisti di quell'incessante battaglia, festosi e acclamanti nel comprendere che sì, incredibilmente, il re dei saiyan era tornato a vivere.
«Dannazione, lasciatemi! Levatevi di torno! Ricordatevi che io sono pur sempre il pri - »
«Il principe dei saiyan, lo sappiamo» cantilenarono in coro tutti i presenti, lasciando finalmente il povero Vegeta libero di alzarsi da solo sulle proprie gambe.
Ed egli, incredulo tanto quanto gli altri, sorrise. Sorrise e non si nascose. Una volta nessuno avrebbe pianto la sua morte, una volta nessuno avrebbe esultato e si sarebbe commosso nel vederlo ritornare in vita, mentre in quel momento decine e decine di persone erano lì, accerchiate intorno a lui, splendenti e con la gioia nel petto nel vederlo ritornare indietro. Si sentì apprezzato e amato come mai prima d'allora. Dopo aver accarezzato debolmente la folta chioma del suo nipotino volse uno sguardo verso il suo alleato, il suo rivale, colui che mai si sarebbe sognato di lasciare da solo. E cosa mai avrebbe potuto combinare uno sciocco come lui, da solo?!
Pensò che era fatta, era finita sul serio. Avevano vinto quella guerra e l'avevano fatto insieme. L'aveva visto dall'Aldilà e, per un attimo, aveva persino creduto di combattere accanto a lui, dentro di lui. Ma i suoi ricordi erano vaghi, confusi. Solo una cosa era certa: il luogo dov'era finito dopo aver lasciato il mondo terreno... non era di certo l'Inferno.
Goku sorrise di rimando, completamente rinvigorito, assolutamente sereno. Era stato solo un incubo, un brutto sogno. Il principe era lì, in carne e ossa, regale e beffardo come se lo ricordava.
«Ma... ma com'è possibile? Come hai fatto a tornare in vita?» domandò finalmente Gohan, esponendo un quesito che tutti su quell'altipiano si stavano ponendo senza potersi dare una risposta.
Vegeta corrucciò lo sguardo e incrociò le braccia al petto. Quella... quella sì che era una bella domanda! Le ultime cose che ricordava erano delle nuvole gialle, un immenso e infinito muro di mattoni a forma di serpente e l'innato istinto di correrci attraverso. E poi? E poi si era ritrovato tra le braccia di quello squinternato di Kaarot che gli inumidiva il volto con le sue lacrime sussurrandogli frasi smielate per le quali, più tardi, l'avrebbe pagata cara.
«Ecco io... io non lo s-» si sforzò di ricordare il principe, interrompendosi però alla vista di qualcosa che lo sorprese oltre ogni immaginazione. «KIBITOSHIN!»
Vegeta sbarrò gli occhi e indicò il Kaiohshin il quale, con le mani unite e un sorriso sghembo, rispose radioso allo sguardo di tutti i presenti, i quali si erano voltati di scatto nella sua direzione. E il Sommo, in quel momento, parve essere colto dal panico.
«M-MA M-A SEI IMP-PAZZITOOO!?» gridò il vecchio Kaiohshin. Prese per il colletto della tunica il suo sottoposto, costringendolo ad abbassare il capo alla sua stessa altezza per poter osservare meglio quel cerchio scintillante e dorato che da pochi minuti aveva iniziato a brillare sopra la sua testa.
Kibitoshin ridacchiò nervoso, portandosi una mano dietro il collo e massaggiandosi per stemperare la tensione.
«Ma cosa diavolo...» sussurrò Vegeta, con gli occhi sbarrati.
«Beh... io ho pensato che della vita me ne faccio ben poco, in realtà. Serve sicuramente più a te che a me» dichiarò. «Ho parlato con Re Yammer e mi ha concesso di fare una sorta di “scambio”, ecco. Essere un Kami ha i suoi privilegi! Sommo Kaiohshin, mi dispiace, penso che dovrà trovarsi un nuovo apprendista. Io rimarrò nel regno dei morti a sbrigare qualche faccenda per un po'. Ad esempio controllare che i contratti e accordi stipulati da Re Yammer non portino ad altri guai!»
Kaiohshin il Sommo, con gli occhi ancor più grandi del solito, rimase incredulo. Incredulo ma, al contempo, quasi felice. In fondo quei ragazzi se lo meritavano sul serio!
«La mia vita ora è tua» continuò Kibitoshin con un sorriso abbozzato, rivolgendosi a sua maestà. Per la prima volta nella sua lunga esistenza era stato in grado di comprendere i sentimenti umani, ed era stato contento così. La sua morte era stata indolore, molto più semplice del previsto. Non ci era voluto nemmeno così tanto tempo a convincere Re Yammer, probabilmente aveva già troppi sensi di colpa per aver concesso troppo ai Draghi per opporsi a una richiesta del genere. Egli aveva semplicemente depennato il nome di Vegeta dalla sua lista dei morti e aveva aggiunto il suo di fianco. Tutto qui!
«Ecco... io... io...» balbettò Vegeta, completamente rosso in viso. Tutto ciò aveva assolutamente dell'incredibile! Come avrebbe fatto a sdebitarsi per un gesto del genere? Come avrebbe fatto, visto che non era nemmeno in grado di dirgli la parola “grazie”? Una divinità che rinunciava al suo ruolo e alla sua vita solo per potergli dare la possibilità di vivere... tutto ciò non aveva senso! Non per lui! Non per ciò che era stato in passato.
«Non c'è di che, Vegeta. Tu hai salvato tutti noi. Insieme a Goku» concluse infine Kibitoshin, spostando la sua attenzione verso l'altro saiyan e i due rivali, di nuovo, si scambiarono un sorriso complice.
«Ma ora c'è da trovare un nuovo Kaiohshin che mi faccia compagnia! Io sono vecchio, d'altronde! C'è qualcuno tra questi buontemponi che ha voglia di seguire un addestramento speciale?» intervenne il Sommo squadrando uno ad uno i combattenti presenti sul campo di battaglia. Questi, spaventati, fecero un passo indietro ridacchiando fino a quando, timida, una voce acuta intervenne inaspettatamente.
«Ecco... io potrei provare. Non ho altro posto dove andare» si propose Juno, arricciando le labbra.
«Sicuro, Juno? Potresti rimanere qui con noi» gli propose Goku aggrottando le sopracciglia, un po' dispiaciuto. Quel ragazzo gli era sempre stato simpatico, era stato il suo unico vero amico nella Dimora dei Draghi e gli avrebbe fatto piacere passare del tempo insieme ad allenarsi ancora.
«No, grazie. La Torra mi piace, ma se avessi occasione di rendermi utile per un ruolo più alto mi farebbe piacere» insistette il ragazzo, colto alla sprovvista dal vecchio Kaiohshin, il quale iniziò a girargli intorno come una trottola per squadrarlo da capo a piedi con fare sospettoso.
Ma, infine, pronunciò il suo verdetto.
«Uhm. Sì, sembra che tu abbia un cuore puro e uno spirito di alto livello. Ti metterò alla prova!» disse il Sommo, continuando a muovere la testa con fare circospetto per osservare meglio quel ragazzo dai capelli arancione acceso. Juno, imbarazzato, cercò sicurezza nello sguardo di Kibitoshin il quale, però, rispose con una semplice alzata di spalle che, tradotta, aveva tutta l'aria di significare “ora sono cavoli tuoi”.
L'ilarità si scatenò tra i presenti. Risate di gioia, di felicità. Sorrisi puri, scambi di sguardi. Tutto era perfetto, il nuovo giorno era tornato a splendere caldo e nessuno avrebbe potuto immaginare un lieto fine migliore. Nessuno. Se non fosse stato per quel lieve colpo di tosse che, proveniente da poco lontano, fece rizzare le orecchie di tutti i presenti costringendoli a voltarsi.
Rimasero tutti a bocca aperta.


 
Continua...
 



ANGOLO AUTRICE:
Malfidenti! Adesso vi sgrido! Siete tutti dei malfidenti! XD e cosa pensavate? Che l'avrei lasciato morire così!? Il MIO principone!?
Suvvia, d'accordo che mi piace il dramma, d'accordo che mi conoscete e non sono sempre quella dei lieti fine, ma dopo tutta questa epopea non avrei potuto concluderla così male. Dai! Poveri piccioncini *-*
Ma dopo avervi sgridati (scherzo naturalmente), è il momento di fare grande festa: E' VIVOOOOOOO! VEGETA E' VIVOOOO! Allora... vi è scesa una lacrimuccia, vero? Insomma, fino all'ultimo era lì stecchito pronto a diventare concime per fiori e poi... YEEEEEEEE! E la cosa ancor più commovente è... che ha detto "anche io!" ! Gli ha confessato... CHE LO AMAAAAAAA!
Scusate, sono euforica. Non vi dico il mio stato mentale quando ho scritto questo capitolo... il mio fidanzato voleva chiamare la neuro. Però poi ha pianto come una fontana anche lui, quindi va bene così.
Ma, come avrete potuto notare, le avventure non sono ancora finite, ed un losco figuro è apparso dal nulla in mezzo alle montagne. CHI!? CHI E' CHE ROMPE I CO***ONI ANCORA!? Sarà un buono o un cattivo? Teorie? Azzardi? E sopratutto vi è piaciuto questo colpo di scena? Kibitoshin ha donato la sua vita proprio a Vegeta! Pazzesco!

Ebbene sì, miei cari, siamo giunti proprio alla fine. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, il gran finale di questa lunga saga. Armatevi di pazienza: ci saranno tante cose da dire e sarà un capitolo lungo ed intenso. Mi viene già da piangere al pensiero di pubblicare la parola fine ma, come vi ho già anticipato, ho un altro lavoro in corso che verrà pubblicato proprio settimana prossima, lo stesso giorno in cui pubblicherò questo epilogo.
Quindi, miei cari, vi saluto e ci vediamo qui puntuali il 7 di aprile! :)
Eevaa-chan
 
  
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