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Autore: Carmaux_95    01/04/2019    7 recensioni
[Maylor + accenni Freddie/Jim]
-Ti ricordi l'anno scorso quando abbiamo suonato per quella festa hawaiana? Abbiamo indossato degli assurdi gonnellini di paglia e dei finti orecchini!- e mentre parlava Freddie mimò una sorta di balletto ondeggiando i fianchi e le braccia. -Basterebbero due belle parrucche e un paio di quei seni finti che si gonfiano!-
Roger lo osservò senza dire una parola, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo indecifrabile, fino a quando fu John Reid, che non aveva ascoltato una parola ma aveva visto il pianista esibirsi in quella sottospecie di danza, a rompere il silenzio:
-Cos'ha il suo amico? Si sente male?-
-Lo spero.- rispose il biondo senza staccare gli occhi dal coinquilino.
-Ma Rog, sono tre settimane in Florida!-
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, Jim Hutton, John Deacon, Roger Taylor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SEI

Se c'era una cosa che davvero gli invidiava era la capacità di continuare a dormire nonostante i rumori circostanti. Fred si era alzato e, vestendosi, aveva cercato di fare più rumore possibile affinché si svegliasse; ma Roger si era semplicemente rigirato nel proprio letto.

-È ora di alzarsi!- aveva esclamato alla fine.

Niente: il maledetto continuava a dormire come un bambino dopo un bicchiere di latte caldo.

Era rimasto per qualche minuto seduto sul proprio letto, imbronciato e con le braccia incrociate. Infine aveva deciso di passare alle “maniere forti”: appoggiando entrambe le mani sulla schiena del ragazzo, lo aveva scosso violentemente.

Il biondo diede finalmente segni di vita, con un lamento: -Ma che cazzo di problemi hai!- bofonchiò nel cuscino.

-Sveglia, Roggie, sveglia!-

La testa bionda si sollevò, andando a cercare la sveglia appoggiata sul comodino: -Ma porca di quella... Fred! Sono le sette del mattino!-

-Appunto! Non vorrai passare tutto il giorno a letto!-

-È presto!-

-Una volta passavamo la notte intera a chiacchierare. E non ci fermavamo fino al mattino dopo.-

-Lo facciamo ancora.- rispose in uno sbadiglio.

-Ottimo!- Fred cambiò letto, andandosi a sedere su quello di Roger. -Parliamo allora.-

-No Freddie... non ora... ho sonno!- bofonchiò rigirandosi e coprendosi la testa con il cuscino.

-Se non fossi tornato così tardi ora non saresti stanco.-

Roger si volse lentamente, sollevando un angolo del cuscino per guardare Freddie. Era stanco morto, ma certe sfumature riusciva a coglierle: -Sei arrabbiato?-

-No, cosa te lo fa pensare?-

Sbuffò e abbassò di nuovo il cuscino: -Perché sei arrabbiato?-

-Non sono arrabbiato.-

-Mi svegli alle sette del mattino passandomi sopra con la delicatezza di un trattore e vuoi farmi credere che non sei arrabbiato?-

-Non lo sono.-

-Va bene: allora torno a dormire.-

Fred tirò prepotentemente verso di sé le coperte, scatenando una nuova lamentela da parte di Roger.

-Certo che sono arrabbiato!-

-Ma no! Sul serio?- biascicò l'amico. -Non lo avrei mai detto!- disse poi, seccato, afferrando il cuscino e lanciandolo in faccia a Fred.

-Lo sai a che ora sei tornato ieri sera?-

-Ma che vuoi? Sono più piccolo di te, ma ti ricordo che sono maggiorenne: davvero mi stai sgridando solo perché sono tornato tardi?-

-Non me ne frega niente se torni tardi!- gli urlò, rispedendogli il cuscino, a sua volta in faccia.

-E allora che vuoi? Sei impazzito?-

-Mi hai piantato in asso!-

-Scusa non riesco a prenderti seriamente se mi urli addosso con tacchi, gonna e parrucca.-

-Non ti sei nemmeno accorto che non sono tornato con la cena! Ti sei chiesto dove fossi finito?-

Roger si mise finalmente a sedere sul letto, incrociando le gambe, e guardò l'amico: le braccia appoggiate sui fianchi e uno sguardo accusatorio stampato in viso.


 


 

Brian sbadigliò, stropicciandosi gli occhi, mentre John gli avvicinava una tazza di caffè.

-Dormito male?- gli domandò quest'ultimo.

-Poco.-

-Hai ancora problemi di insonnia?-

-Sempre, ma non è questo il caso: sono solo andato a letto tardi.- bevve un lungo sorso di caffè, ancora bollente. -Sai, ho incontrato il fratello di Clare.-

-Il fratello di Clare? È qui? Che coincidenza.- rispose John cominciando a sua volta a fare colazione.

-Non tanto. Lavora qui a Miami: le ha trovato lui questo lavoro.-

-Come lo hai riconosciuto?-

-Sono gemelli: due gocce d'acqua.-

-Davvero?-

-Dovresti vederli.-

-E com'è?-

Ridacchiò: -Protettivo nei confronti della sorella.-

-Se quella ragazza è così vivace non oso immaginare quanto lo sia lui.-

-Ti dirò...- rifletté, un'espressione pensierosa gli fece aggrottare la fronte: -è un personaggio un po'... strano... ma è stata una compagnia sorprendentemente piacevole.-

-Strano?-

Brian annuì, rimuginando fra sé e sé. Alla fine tornò al suo caffè.


 


 

-Ascolta, io volevo andarmene: mi ero anche alzato! Ma poi lui ha attaccato bottone! Cosa avrei dovuto fare?- Roger, ancora seduto a letto, allargò le braccia.

-Quello che hai sempre fatto in ventiquattro anni di vita: dare una rispostaccia e filartela!-

-Perché mi dipingi sempre e comunque come un pezzo di merda?! Non sono sempre così... Se lo fossi adesso non ci conosceremmo nemmeno!-

-D'accordo, conservi un po' di umana decenza per pochi eletti! E pensavi davvero che Brian come si chiama amico dell'amministratore ne fosse degno? In un momento come questo?!-

Roger si alzò, avvicinandoglisi per affrontarlo alla stessa altezza. -Senti, ho capito: mi dispiace averti piantato in asso – scusami! Davvero! – ma in fondo non ho fatto niente di male... lui ha cominciato a parlare. E io gli ho risposto. Tutto qui. E non ho detto niente di ambiguo o sospettoso.-

-Certo! Tu hai risposto. Tutto qui.-

-E questo cosa vorrebbe dire?-

Il viso di Fred si ammorbidì, disposto ad avere una conversazione civile – e più interessante – ora che gli aveva chiesto scusa:

-Come ti è sembrato?-

-Cosa?-

-Chi. Brian.-

Roger alzò e scrollò le spalle: -Non lo so... intelligente, immagino.-

-“Immagino”? Ci hai parlato per delle ore e questo è tutto quello che hai da dire?-

-Cosa ti aspettavi che dicessi, scusa?-

-Niente, niente...-

-Freddie, siamo a posto?-

-Sicuro che non devi dirmi niente?-

Roger corrugò la fronte, riflettendo: gli aveva già chiesto scusa. Che altro doveva dirgli? Alla fine annuì.

-Siamo a posto.- gli confermò Fred dandogli una pacca sulla spalla. Il batterista non fu convinto da quella risposta: conosceva il suo amico, i suoi gesti, i suoi atteggiamenti.

Stava per dire ancora qualcosa quando bussarono alla porta. La vocina di Veronica li fece scattare: Roger si lanciò a letto – un'asse sotto il materasso si staccò e cadde in terra – coprendosi fin sotto il naso con le coperte. Aveva appena formulato il pensiero che non stava indossando la parrucca che la vide volare per la camera, atterrando sul letto. Se la ficcò in testa in qualche modo, appena in tempo prima che la porta si aprisse:

-Mi era parso di sentire le vostre voci.- disse la giovane cantante entrando e richiudendo la porta della camera dietro le proprie spalle. -Come è andata ieri sera? Vi siete divertite?-

-Oh, uno spasso...- sussurrò Fred, incrociando le braccia, confermando a Roger i suoi sospetti sul fatto che all'amico non fosse ancora sbollita l'arrabbiatura.

-Tu invece?- domandò la batterista.

Veronica sospirò, sdraiandosi sul letto di Freddie.


 


 

Roger identificò l'amministratore nel secondo esatto in cui entrarono nel salone: si diresse verso di lui con passo deciso e lo afferrò per la cravatta, sorpassandolo e trascinandolo dietro di sé.

-Cl-Clare, cosa sta...?- non ottenne risposta fino a quando non furono usciti e Roger non si fermò davanti alle cabine telefoniche della hall: ne aprì una e vi spinse dentro l'amministratore per poi entrarci a sua volta. -Clare, dovremmo... tra poco comincia...- mancavano appena dieci minuti al loro spettacolo di mezzogiorno, ma alla ragazza, apparentemente furiosa, sembrava non importare per niente.

Aveva incrociato le braccia sul petto: -Niente? Davvero?!-

-Come scusi?-

-Mi faccia capire! Io faccio in modo di farvi incontrare di sera, completamente da soli, in un'atmosfera di tenebroso romanticismo... e lei... niente? Sul serio?! Nemmeno un bacio?-

Veronica aveva raccontato loro della sera prima, da quando Clare aveva bussato alla porta della sua camera lasciandovi davanti solo una busta con dentro una sigaretta e un foglio con, scarabocchiato, il consiglio di andarla a restituire da parte sua a John, fino a quando, qualche ora dopo, era rientrata. Si era soffermata davanti alla porta delle due amiche ma dopo aver bussato e non aver ottenuto una risposta aveva pensato, giustamente, che non fossero ancora tornate dalla loro serata libera.

Fred aveva approfittato di quel racconto per continuare a rigirare il coltello nella piaga:

-Anche Clare ha incontrato qualcuno...-

-Davvero?- Veronica si era girata a pancia in giù, un sorriso curioso le aveva illuminato il viso: -Raccontami tutto!-

-Non ho incontrato nessu...-

-Ah, dovevi vederli, Veronica: a parlare fra loro come se non esistesse nessun altro al mondo.-

Roger non aveva fatto fatica a cogliere la frecciatina: -Non è vero.-

-È vero.-

-Non è vero!-

-È vero!-

-Non...-

-Bambine, dai, non litigate.- la ragazza li aveva ammoniti dolcemente, come una mamma con due sorelline che si azzuffano, poi si era rivolta a Clare: -Conoscendoti non avrei mai pensato di vederti imbarazzata per così poco. È una cosa adorabile.-

-Ma non sono imbarazzata!-

-Raccontami di lui. Dai, ti prego!-

-Lo hai già incontrato.- Fred si era intromesso di nuovo, ricevendo una pedata da Roger, da sotto le coperte.

John tentò di svicolare, per uscire dalla cabina telefonica, ma Clare gli sbarrò la strada con un braccio.

-Io... scusi, ma non credo che siano...-

-Oh, lo sono eccome invece! Perché qui chi si dà da fare per voi sono io! Solo io! Sono proprio fatti miei!-

-Ma perché si interessa a me e a Veronica?-

-Perché lei mi sta simpatico.- ammise Roger. -Però deve darsi una svegliata! Mi era parso di capire che quella ragazza le piacesse...-


 


 

Sì, certo che Veronica gli piaceva. Gli era piaciuta dal primo momento in cui si erano incontrati e avevano cominciato a parlare. Gli piaceva il suo genuino entusiasmo per qualsiasi cosa, il suo sorriso mai stanco, quella vena leggermente provocatoria che sapeva però lasciare spazio alla dolcezza.

Il modo in cui lo guardava gli faceva venire la pelle d'oca.
La sera prima aveva dovuto distogliere lo sguardo più di una volta, concentrandosi solo sul suo basso.

Le sue mani si muovevano veloci, esperte. Non c'era bisogno di controllare le note da lui stesso scritte sul quaderno che Veronica gli teneva aperto. Eppure ogni tanto aveva girato la testa in quella direzione: buttare un occhio su quelle pagine era stata semplicemente una scusa per rubarle uno sguardo di sfuggita, di nascosto.

-È bella.- aveva commentato Veronica, riferendosi alla musica.

John aveva alzato definitivamente la testa dal basso e si era girato verso di lei: gli occhi avevano indugiato sulle sua labbra, mentre le dita avevano pizzicato le corde più lentamente, fino quasi a fermarsi quando gli era parso di cogliere un impercettibile avvicinarsi dei loro visi.

Ma, come risvegliato da una doccia fredda, si era raddrizzato di colpo, mordendosi le labbra con rimorso.

-Sì... mi piace ma...- ammise a bassa voce.

-“Ma” cosa?-

-Ascolti, Clare, io la ringrazio molto, ma non può capire.- la ragazza sbuffò incrociando le braccia sul petto, come in attesa di un'ulteriore spiegazione.

Non avrebbe voluto approfondire il discorso: era una questione... personale. Eppure si sentiva quasi in debito nei suoi confronti: aveva capito subito che era attratto da Veronica e al posto di spettegolare sul noioso amministratore innamorato aveva deciso di aiutarlo. -Ci sono alcune cose di me, della mia vita, che... devo ancora sistemare...-

-Che genere di cose?-

-Cose dalle quali vorrei fuggire... cose che preferisco non condividere.-

Lo sguardo di Clare si addolcì, il broncio si sciolse, lasciando spazio a due occhi comprensivi: -Tutti scappiamo da qualcosa. Chi letteralmente, chi meno.-

-È solo che non vorrei coinvolgere Veronica in qualcosa di negativo...-

-Lei è l'uomo più buono che abbia mai conosciuto. Da qualsiasi cosa voglia fuggire, certo non sarà così grave come pensa.- sussurrò Clare. -Non le sto suggerendo di parlarne con me... ma...- si affrettò a precisare.

-Grazie.-

John sorrise e finalmente Clare si fece da parte, permettendogli di aprire la porta della cabina e uscire. Una volta fuori sospirò: -Scusi se l'ho trascinata.-

-Nessun problema. Solo... niente più imboscate.- la ragazza sorrise e annuì allungandogli una mano da stringere in segno di promessa solenne. -A proposito...- John alzò le sopracciglia e fece un cenno del capo indicando un punto dietro le spalle della ragazza.

Non appena Clare si fu girata, John ne approfittò per allontanarsi di qualche passo, ma riuscì comunque a sentire la sua voce, appena un attimo dopo. Seguendo le indicazioni dell'amministratore, infatti, vide un'indesiderata figura avvicinarglisi con un sorriso da schiaffi stampato in volto:

-Oh no! NO! Non mi lasci qui da sola!-

-Mi dispiace Clare, ma sono in ritardo... non fosse stata per la sua imboscata avrei anche potuto aiutarla...-

-Mi rimangio tutto: lei è un uomo orribile e crudele! Non dubiti che saprò vendicarmi!-


 


 

-Ti prego, dimmi che non sono mai stato così molesto!- esclamò Roger, sedendosi di fronte a Fred ad uno dei tavoli del salone.

-Cos'è successo?-

-Indovina.-

-Mallet?-

-Dimmi che io non sono mai stato così molesto quando ci provavo con Dominique.- ripeté.

-Hai una tecnica molto più raffinata e decisamente meno inopportuna.- lo rassicurò Freddie. -C'è anche da dire, però, che non hai riscontrato la stessa resistenza.-

Roger sorrise compiaciuto: -Modestamente la classe non è acqua.-

-Cos'ha fatto questa volta?-

Il più giovane infilò una mano nella scollatura del vestito tirandone fuori due biglietti argentati e porgendoli all'amico. Gli occhi di Freddie si sgranarono:

-Scherzi?!-

-Perché?-

-Questi biglietti! Sai cosa sono?- sventolò i due fogliettini sotto il naso di Roger, provocandogli un gesto innervosito. -Hai letto cosa c'è scritto sopra? Questa è “La Traviata”! Di Verdi!-

-E?-

-Ed è “La Traviata” di Verdi!- ripeté soffermandosi su ogni parola, per intensificarne il significato.

-Sì, lo so.-

-Ci andrai?-

-Ma un cazzo proprio!-

-Come fa a non piacerti l'opera!-

-Non è certo per questo che non ci voglio andare! E poi non ho mai detto che non mi piace!-

-Non hai bisogno di dirlo: te lo si legge in faccia. Ma questa... è “La...”-

-Ripetilo un'altra volta, avanti!- Roger sapeva bene che Freddie aveva una passione per l'opera – non l'aveva mai nascosta – e solitamente lo lasciava blaterare dei milioni di motivi per cui la apprezzava e sarebbe stato capace di ascoltarla per giorni interi.
Ma in quel momento non riusciva a sopportare nemmeno di sentirla nominare. Gli era bastato Mallet, poco prima dello spettacolo di mezzogiorno, quando John lo aveva abbandonato nelle sue grinfie.
Dopo una settimana di abbordaggi, ormai lo infastidiva anche solo sentire la sua voce pomposa e un po' nasale. Ma quando aveva tirato fuori quei biglietti Roger aveva scoperto di poter provare fastidio e odio ad un livello ancora superiore, che mai prima gli era capitato di sentire. Cosa credeva? Che dopo tutti i rifiuti sarebbe bastato un invito di lusso e da ricconi per conquistarlo? Per che razza di persona lo aveva preso? Per una che andava dietro solo al denaro? Da un certo punto di vista si era sentito profondamente offeso.

-Ti dispiace se ordino da mangiare in camera?-

Fred annuì, ma non lo aveva nemmeno ascoltato: non riusciva a staccare gli occhi da quei biglietti. Andare a vedere un'opera dal vivo, senza doversi accontentare di ascoltare solo brevi brani alla radio... lo aveva sognato tante di quelle volte...

-Ma ci sei?- Roger bussò delicatamente sulla fronte dell'amico con il pugno chiuso. Freddie si riscosse dai propri pensieri.

-Cosa c'è?-

-Ti chiedevo se potessi andare in camera a pranzare: non voglio rischiare di incontrarlo di nuovo.- questa volta Fred assentì comprensivo.

Guardò ancora i biglietti. Se li rigirò fra le mani, con le labbra incurvate mestamente vesto l'alto. Gli sarebbe piaciuto da matti andarci... erano anche ottimi posti.


 


 

Abbassando la cornetta del telefono, si sdraiò sul proprio letto, aspettando che gli portassero l'ordinazione appena effettuata. Ripensò a quello che gli aveva detto Freddie e si rese conto che Brian gli aveva detto esattamente la stessa cosa, la sera prima: gli si leggeva in faccia quando qualcosa non gli andava. Doveva fare qualcosa per migliorarsi altrimenti non avrebbe retto altre due settimane. In fondo, però, la sera prima era stato bravo.


 


 

-Che lavoro fa?-

-Sono un professore: mi occupo di astrofisica all'università di Londra.-

-È lontano da Londra.-

-Mi sono preso un po' di tempo per viaggiare, per fare ricerca per conto mio. E pubblicare, quando ho fortuna.-

-Davvero? Ha scritto dei manuali?-

-No, no. Non ancora almeno. Per lo più saggi e articoli per riviste scientifiche.-

Roger assottigliò lo sguardo, diffidente, ma una punta di divertimento gli fece sollevare un angolo della bocca: -Ma davvero? E di cosa parla il suo ultimo articolo?-

Brian aspettò qualche secondo prima di rispondere, riconoscendo un'aria di sfida aleggiare intorno al biondo: -Delle Nubi di Magellano. Sa, sono due piccole galassie di forma irregolare e sono tra le più vicine alla nostra via Lattea, ad una distanza rispettiva di circa 160.000 anni luce, la Grande Nube, e 200.000 la Piccola. Uno dei più interessanti misteri che le riguarda è rappresentato dal fatto che al suo interno c'è una piccola quantità di stelle che ruotano al contrario rispetto a tutte le altre, mentre il gas circostante ha la stessa rotazione della galassia. Ha altri dubbi sulle mie credenziali?-

L'espressione allibita di Roger si risolse in una risata mentre distoglieva lo sguardo con la scusa di scompigliarsi i capelli: -Mi perdoni. È che lei non assomiglia per niente ai professoroni e a quei noiosi studiosi e accademici che pullulano nelle università. Almeno non a quelli della mia.-

Brian annuì sorridendo: -Lei? Cos'ha studiato?-

Ma Roger decise di proseguire sullo stesso argomento: -E sta facendo ricerca, qui a Miami?-

-Non proprio. Porto avanti degli studi per conto mio, ma sono qui solo in veste di amico.-

-Che studi?-

-Perché è così interessato?-

Perché fare domande mi dà il tempo di cercare di inventare una storia plausibile.

-Perché non ho mai conosciuto un astronomo prima.-

-Astrofisico.-

-Scusi, prof: non sono mai stato un ottimo studente, se non per poche materie.- alzò le mani in segno di resa, suscitando una risata divertita da parte di Brian.

-Che materie?-

Ancora una volta Roger sviò: -Che studi?-

Ma Brian incrociò le braccia sul tavolo: -Dare per ricevere.-

Il batterista si morse leggermente le labbra, sotto gli occhi curiosi del chitarrista: -Mi è sempre piaciuta molto biologia.-

-È un biologo?-

Poteva rispondere di sì.

Prese tempo: infilò la mano in tasca e ne tirò fuori le sigarette. Impiegò volutamente qualche secondo di troppo per accenderla: questo gli diede il tempo di pensare.

Avrebbe potuto rispondere di sì.

Dopotutto era vero: biologia era sempre stata la sua materia preferita a scuola. Ma Brian avrebbe potuto chiedergli una dimostrazione, per provocarlo come aveva fatto lui stesso poco prima. Cristo, si era tirato la zappa sui piedi! Per quanto gli piacesse, non aveva le conoscenze sufficienti per provare di essere un biologo.

-No.- reclinò la testa ed esalò una nuvola di fumo, che si sollevò rapidamente verso il cielo. -Che studi?-

-A maggio ci sarà un'eclissi totale di sole: facendo qualche calcolo posso decretare il giorno esatto in cui avverrà.-

-Si può prevedere un'eclissi con questa precisione?-

Non c'era più sospetto nella sua voce, ma una genuina curiosità.

-Un'eclissi di Sole si verifica quando Sole, Luna e Terra sono perfettamente allineati. Se le orbite della Luna e della Terra intorno al Sole fossero sullo stesso piano, avremmo un'eclissi di sole ogni mese. Ma l'orbita della Luna ha un'inclinazione di circa 5° sull'eclittica.-

-La fermo subito prof: mi ha già perso.-

Brian, trattenendo una nuova risata, indicò il foglio che Roger aveva lasciato sul tavolo e aspettò un assenso da parte sua prima di voltarlo e prendere in mano la matita. Disegnò tre circonferenze di dimensioni diverse e alcune rette tangenti a due di esse. Migliorò il grafico con lettere e frecce. Disegnò ancora e riprese a spiegare, cercando di usare una terminologia meno complessa senza però risultare troppo semplicista.

Era come se Brian avesse un suo pubblico: era concentrato, sicuro di sé. Appassionato. Era quel genere di persona che non si poteva fare a meno di ascoltare... che sapeva catturare l'attenzione dei suoi ascoltatori con poche parole. Non aveva nemmeno bisogno di instaurare un contatto visivo.
Come in quel momento: focalizzato unicamente sul foglio, Brian non lo stava guardando, lasciando che fosse solo il suo tono di voce a catturarlo, a trascinarlo verso di sé.

Al contrario di Roger. Inizialmente si era sporto in avanti per osservare il lavoro che stava facendo per lui – ma forse più per sé stesso... dopotutto sembrava trarre molta soddisfazione da quella situazione – ma poco dopo aveva alzato gli occhi, fissandoli su quello strano uomo seduto al suo fianco. Su quella massa di capelli ricci che, così chinato sul tavolo, gli coprivano il viso intelligente.
Aveva persino inclinato la testa per passare oltre a quella crespa barriera e trovare due occhi nocciola troppo concentrati sul parallasse orizzontale della Luna per accorgersi dello sguardo interessato del suo ascoltatore.

Roger si rese conto di non aver ascoltato una parola della spiegazione: si riscosse solo quando la cenere della sigaretta gli cadde sul dorso della mano opposta. Si ripulì rapidamente, decidendo di provare a concentrarsi su quell'eclissi di Sole che, piano piano, prendeva vita su quel piccolo pezzo di carta.


 


 

Bussò alla porta tre volte prima che la ragazza della 413 aprisse la porta della camera per ritirare il pranzo che le aveva recapitato. Lunghi capelli biondi incorniciavano un viso delicato.

Un viso che aveva già visto lì in albergo.

Circa una settimana prima, mentre serviva ai tavoli del salone principale, lo aveva fermato – sarebbe stato meglio dire che lo aveva agguantato brutalmente – per chiedergli un'informazione su un dessert di frutta e gelato.

La ragazza lo ringraziò e, recuperato il vassoio, richiuse la porta.

Osservò il numero.

413.

Annuì fra sé e sé. E sorrise.

Scese in ascensore e tornò nel salone.

Adocchiò il tavolo che poco prima aveva riscosso il suo interesse e vi si avvicinò. Le mani strette dietro la schiena, parlò lentamente, facendo sollevare la testa alla ragazza corvina che occupava il tavolo:

-Volete che faccia recapitare anche il vostro pranzo in camera, Vostra Grazia?-


 


 

A Freddie mancò il fiato. Riuscì a percepire il sangue smettere di circolare, raffreddandogli la punta delle dita.

Jim lo osservava con lo stesso sguardo indecifrabile della sera prima.

Gli aveva raccontato che quello in quel ristorante di lusso era un secondo lavoro, solo serale, ma non avrebbe mai immaginato di incontrarlo, sempre in vesti di cameriere, nel suo stesso albergo!

Non trovò parole con cui rispondere: rimase immobilizzato, la bocca leggermente aperta, il fiato corto. Jim non gli mise fretta. Aspettò educatamente, fingendo di aspettare un'ordinazione, per sviare l'attenzione degli altri presenti in sala.

Freddie non riuscì nemmeno ad imprecare mentalmente. Sarebbe stato inutile cercare di fare finta di niente: non avrebbe funzionato comunque. Lasciò che fosse la paura a dare voce ai suoi pensieri:

-La prego, non lo dica a nessuno.-

Jim scosse la testa: -Non ne avevo intenzione.-

-Davvero?- l'uomo annuì, un sorriso andò ad intaccare l'espressione flemmatica che aveva deciso di indossare fino a quel momento.
Freddie si fece coraggio e distolse appena lo sguardo, sentendo una forte vergogna farsi strada anche nel tono della sua voce, che risultò bassa e imbarazzata: -Quando lo ha scoperto?-

-Ieri sera. Non ne ero sicuro fino a quando non ho recapitato il pranzo al suo amico della 413.-

-Cazzo Roger!- biascicò coprendosi il viso con le mani. Allontanò indice e medio, aprendosi uno spiraglio per sbirciare il cameriere: -Perché non ha detto nulla ieri?-

-Perché volevo conoscerla.-

-Non ci denuncerà...?-

-Perché mai dovrei?-

-La prego... è davvero importante.-

-Si può fidare di me.- guardandolo, Freddie seppe che in quel momento era sincero, che non li avrebbe traditi. Nonostante l'immenso sollievo, il peso che gli era piombato sullo stomaco non fu così facile da scacciare. Jim sembrò rendersene conto: -Se le è piaciuto il drink di ieri, posso preparargliene un altro.-

-Grazie...- certo, in quel momento avrebbe volentieri scolato una qualsiasi bevanda che gli facesse impennare il tasso alcolemico, ma anche un drink analcolico poteva andare bene in fine dei conti. Alla fine, il gesto di bere gli serviva solo per spezzare la tensione che gli aveva fatto venire mal di stomaco.

-Questa sera. Le terrò un posto al bancone.-

Lo osservò per qualche istante, mentre si allontanava prima ancora di ascoltare la risposta che sapeva già, evidentemente, sarebbe stata positiva. Il cuore aveva ripreso a battergli, ma ancora non con la consueta regolarità: era davvero un invito, quello che aveva appena ricevuto?

Dopotutto, come gli aveva appena detto, lo voleva conoscere.

Freddie avrebbe mentito se avesse detto che non lo aveva trovato interessante quando si erano messi a parlare la sera prima. Il pensiero di passare un'altra serata in quel ristorante gli aveva fatto compagnia lungo tutta la strada verso l'albergo, accompagnato dalla brezza e dalle onde che si infrangevano sulla spiaggia. Giusto per poter scambiare qualche altra parola con il furbo cameriere che non aveva fatto altro che provocarlo.

Si morse le labbra: si alzò, percorrendo la sua stessa strada quasi fino alle cucine prima di riuscire a fermarlo:

-Aspetti.- gli prese delicatamente il braccio per farlo girare verso di sé. Sotto il suo sguardo, esitò per un istante, ma alla fine sorrise: -Le piace l'opera?-


 


 


 


 

Angolino autrice:

Buona sera a tutti, darlings!
Avrei voluto cominciare lasciando un “AVVISO” della serie “per problemi di tempo/organizzazione/studio/lavoro ho deciso di cancellare questa storia” per celebrare (?) questo primo aprile, ma poi ho ritenuto che fosse meglio evitare, soprattutto considerando il ritardo con il quale sto aggiornando! XD

Dunque, questo capitolo è un filo più lungo del solito e, soprattutto la fine, è stato parecchio difficile da portare a termine, ma nel complesso sono abbastanza soddisfatta ^^

La canzone suonata da John per la sua Veronica non poteva che essere questa:

https://www.youtube.com/watch?v=68ka0Af87dI

Per quanto riguarda la serata dei nostri Maylor e di Freddie e Jim, ci saranno ulteriori approfondimenti nel prossimo capitolo, non preoccupatevi! :)

E infine, chi di voi con l'occhio di falco aveva fatto caso al “cameriere baffuto” che era già comparso nel quarto capitolo? :-P ho lasciato quella piccola briciolina di indizio ma non ne ho volutamente parlato per conservare il “colpo di scena” per questo capitolo! XD

Come sempre vi ringrazio tutti, lettori e recensori! <3

Grazie mille di tutto l'appoggio!

Al prossimo capitolo, che arriverà a breve, promesso!

Un bacione enorme a tutti!

Carmaux

P.S. questo capitolo può tranquillamente intitolarsi: "finalmente l'utilità di essere abbonati alla rivista di National Geographic" dalla quale, ripescando un vecchio numero, ho tratto le informazioni, che ho cercato comunque di stringare, di astronomia XD

  
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