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Autore: Jeo 95    01/04/2019    1 recensioni
(All27-Family centic)
Disperati. Distrutti. Pronti a tutto pur di riavere ciò che hanno perduto, ciò che gli è stato tolto ingiustamente, e che non sono disposti a lasciarsi alle spalle.
A costo di perdere sè stessi, faranno tutto ciò che è in loro potere per salvare la vita di colui senza il quale non possono vivere.
Perchè un Cielo senza Elementi può vivere ugualmente.
Ma gli Elementi senza un Cielo non possono far altro che perire.
***
(Titolo provvisorio)
Genere: Angst, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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N.d.A.- Chaossu! 
Eeeeee finalmente il "Facciamo tornare gli Arcobaleno" Arc si è concluso, da ora inizia una nuova "fase" di storia, che vedrà non solo l'interazione dei Guardiani con Vecchie conoscenze, ma si saprà di più su questo "fantomatico" nemico xD
Spero non ci siano troppi errori, ammetto di aver fatto un po' fatica a finire questo capitolo...
Grazie a tutti per il costante supporto
Buona lettura e alla prossima!
Baci


Jeo95/ArhiShay


p.s.

«.» -dialoghi
"." -pensieri
corsivo -I discorsi dei Guardiani che solo Hayato può sentire.

 

Enjoy the reading!
 

*w*w*w*w*w*


 

Sorseggiando il fumante tè verde che la cameriera aveva appena portato, Fon non sembrava nervoso: nonostante la presenza di due evidenti mafiosi nel soggiorno della sua dimora -di sua sorella in verità- l'ex Arcobaleno pareva trovarsi perfettamente a proprio agio in compagnia dei due ragazzi.

Li osservò con la coda dell'occhio, mentre Lichi aveva optato per un approccio più diretto, giocherellando con le ciocche bionde del ragazzo più alla destra -era giovane, ma negli occhi verdi che non lo perdevano di vista, Fon poteva leggere l'esperienza ed il dolore che doveva aver già sperimentato nella sua breve vita- che non smetteva di fissarlo, probabilmente attendendo che fosse lui a prendere parola; sembrava calmo e rilassato, al contrario del suo collega, che si muoveva nervosamente -se per ansia o per il dolore alle ginocchia, Fon non ne era sicuro.

Il liquido caldo gli corse lungo la gola, posò la tazzina ormai vuota sul tavolino che lo separava dai suoi ospiti, prendendo un profondo respiro e sorridendo: inclinò leggermente il capo, unendo le mani sotto le lunghe maniche della tunica rossa.«Dunque, in cosa posso esservi utile?»

Vide il ragazzo sulla destra muoversi cautamente -attento quasi a non far cadere Lichi dalla sua testa, nonostante fosse palese il fastidio che la scimmietta gli stava causando- estraendo da una giacca interna una scatola nera ed aprendola davanti ai suoi occhi.

La vista del suo ciuccio rosso lo sorprese, mentre le pulsazioni delle sue Fiamme della Tempesta acceleravano, reclamando le loro sorelle intrappolate all'interno del manufatto che ora poggiava su di un panno in raso bianco, riposto in una scatola nera, tra le mani di uno sconosciuto di cui Fon non sapeva nulla; con un profondo respiro fu capace di placarle, non togliendo però lo sguardo dall'oggetto.

«Il mio nome è Hayato, Guardiano della Tempesta di Luce Giglio Nero.» indicò poi il suo compagno, presentandolo come quello che Fon sapeva già essere il Giovane Leone dei Vongola, ma restando in silenzio ad ascoltare ciò che i due mafiosi avevano da riferirgli.«Siamo qui per proporti un accordo, con l'approvazione di Luce-sama e di Timoteo Vongola e la loro parola incondizionata.»

A quel punto, Fon era pienamente concentrato sui ragazzi e su ciò che avevano da riferirgli: sorrise, sistemandosi meglio sul cuscino a richiamando Lichi al suo fianco, accarezzandole il pelo bianco con delicata dolcezza.«Yare yare, mi chiedo cosa possa essere, questo accordo di cui parliate.»

Il ragazzo -Hayato, si appuntò mentalmente di ricordare- gli raccontò dei ciucciotti, probabilmente frasi che aveva ripetuto ancora e ancora ai suoi colleghi Arcobaleno, menzionando anche come tutti gli altri avessero già accettato l'incarico di custodire i manufatti ed il loro potere.

Dal canto suo, Fon non aveva alcun problema a riprendere la custodia del ciuccio, finché nessuna maledizione gravitava sulla sua testa non vi era alcuna ragione per rifiutare di proteggere l'equilibrio del mondo semplicemente custodendo un piccolo oggetto appeso al proprio collo: era però curioso di sentire quale interessante proposta avessero da fargli, per cui semplicemente rimase in silenzio ed attese che continuasse.

«Sappiamo dei tuoi... problemi con la Triade.» Fon storse leggermente il naso, muovendosi nervoso sul posto.«Se accetterai la proposta, le nostre Famiglie garantiranno la tua protezione e quella dei tuoi cari, incluso l'aiuto necessario a sbaragliare l'organizzazione che ti cerca senza sosta per tutta la Cina.»

Rimanendo qualche secondo in silenzio -occhi chiusi, la tipica posa in cui gli piaceva mettersi quando doveva meditare rilassandosi- ponderando l'offerta ricevuto e non trovando alcun motivo apparente per cui rifiutare: se già inizialmente non avrebbe avuto ragioni di declinare l'offerta, ora non poteva nemmeno permettersi di ignorarla.

«E l'unica condizione è che io custodisca di nuovo il ciucciotto?»
Hayato annuì, e Fon sapeva per certo che non stava mentendo, che nei suoi occhi verdi vi era solo pura e sincera determinazione, basata sulla certezza che le parole pronunciate fossero autentiche e veritiere: era semplice da leggere, e al contempo era impossibile farlo con chiarezza; un soggetto decisamente interessante.

Fon sorrise, congiungendo le mani e piegandosi in un leggero inchino:«Beh, direi che abbiamo un accordo. Vi ringrazio per la generosa offerta.»
Non avrebbe potuto fare una scelta migliore.

 

***


Quando Hayato aveva accettato di seguire Iemitsu per pranzo -nel locale più buono di Namimori, a suo dire- l'ultimo posto in cui aveva creduto di potersi ritrovare era il TakeSushi: guardando l'esterno con attenzione, si ritrovò a pensare che non fosse cambiato di una virgola negli anni, conservando quell'aspetto normale ma famigliare che sapeva di gioia, buon cibo e casa.

Un'ondata di Fiamme della Pioggia si mosse sottopelle, straripando allegra alla sola vista del luogo che per tutti loro rappresentava un punto focale nel tempo speso accanto al Decimo; dovette imporre la propria Tempesta con quanta più decisione possibile per impedire alle Fiamme di Takeshi di sommergerlo completamente.

«Datti una calmata, maniaco del baseball!» ringhiò a denti stretti, attento a non farsi sentire da Iemitsu. Per essere un'idiota -passato o presente, quella particolare caratteristica era costantemente associata al Giovane Leone- aveva capito fin troppe cose sulla loro sua condizione, forse anche dovuto allo scarso controllo che aveva esercitato sugli altri Guardiani durante gli ultimi mesi, non poteva rischiare di insospettirlo ulteriormente.

Gomen gomen Hayato! Non ho potuto resistere.

E come dargli torto? Per quanto avesse voluto accusarlo e dargli dell'idiota, non poteva fargliene una colpa, non quando Kyoya si era quasi imposto, cercando di prendere il controllo del corpo non appena erano sbarcati a Namimori nel tentativo di riprendere il controllo di ciò che era stato suo, o quando ci aveva riprovato poche ore prima, davanti a quella che era stata la residenza degli Hibari per generazioni.

Tze, dovrei mordervi tutti a morte per avermi trattenuto.

Non poteva rimproverare Takeshi, non quando il Sole di Ryohei l'aveva tenuto sveglio durante tutto il viaggio in aereo, eccitato di rimettere piede sul suolo Giapponese, nella cittadina che per tutti loro era stata l'inizio di una meravigliosa -seppur dolorosa- avventura.

È tutto estremamente eccitante!

Erano tutti degli estremi idioti, ma non poteva farne loro una colpa.

«Coraggio Haya-chan, entriamo! Non vedo l'ora di farti conoscere Aki-chan!»

Con uno sbuffo -calma e sangue freddo, è solo un ristorante- seguì Iemitsu all'interno: abbassando il capo e spostando le tendine azzurre che adornavano l'ingresso, Hayato fece il primo passo, assicurandosi di avere ognuna delle Fiamme sotto controllo, mentre le sole grida di Iemitsu erano sufficienti ad annunciare la loro presenza a chiunque vi fosse nel ristorante in quel momento

Concentrandosi sugli arredi che lo circondavano, lasciò che lo sguardo corresse all'interno del locale, posandosi su ogni particolare, anche il più insignificante, ricercando quei segni della loro presenza che non avrebbero mai potuto esserci -non era il loro tempo, non c'era possibilità che vi fossero- nella vana speranza che qualcosa in quel luogo così famigliare richiamasse casa.

Non ne trovò nessuno.

Spariti, perduti nelle stesse vene del tempo che avevano cavalcato per raggiungere il passato per fermare un potente nemico, colui che aveva strappato loro il Cielo in un istante, senza preavviso, prima conquistando la loro fiducia per poi pugnalarli alle spalle nella notte: una ferita ancora aperta e sanguinante, ma che non avrebbero permesso si aprisse ancora.

Sentì la tristezza scorrergli sotto la pelle -troppi flussi di Fiamme affrante, rischiava di lasciarsi trascinare da un miscuglio di sentimenti non suoi, calma Hayato, si disse, respira- e per un attimo non riuscì a muoversi, spostandosi alcune ciocche bionde dal viso, ricercando la calma e la compostezza che aveva mostrato davanti a Fon, una maschera impassibile per proteggersi da un mondo che non era ancora pronto ad affrontare.

Una voce sconosciuta alle orecchie di Hayato li raggiunse dal retrobottega, ridando vita alle Fiamme di Takeshi che sembravano premere ancora più forte per straripare e portare il proprio possessore al controllo: quella voce, di chiunque fosse, doveva rappresentare qualcosa di più per la Pioggia, questo Hayato poteva intuirlo senza che gli venisse spiegato.

«Eccomi! Prego, come posso... Itsu-chan?!»

Hayato si prese qualche momento per studiare la ragazza appena comparsa, rimasta come paralizzata alla sola vista di Iemitsu -Itsu-chan? Sul serio?- che sembrava invece estasiato da quell'incontro: la ragazza -non più vecchia di loro- aveva i capelli scuri raccolti in una coda alta, coperti da un pratico foulard raffigurante un polipo allegro che spruzzava dell'inchiostro -la scritta “Takesushi” brillava in arancione sulla macchia nera lanciata dall'animale- mentre gli occhi azzurri come l'acqua erano leggermente dilatati, illuminati di gioia ed un qualcosa che Hayato non riuscì ad identificare.

«Aki-chan!»

Prima di poter aggiungere una qualsiasi altra frase, la ragazza fu addosso a Iemitsu, attorcigliandogli le gambe al collo ed immobilizzandogli le braccia a terra, nella miglior presa che Hayato avesse mai visto fare ad una donna.

Yosh! Voglio questa ragazza nel mio club! Sembra estremamente forte!

Battendo una mano con forza a terra, Iemitsu chiamò la resa, ma soltanto dopo svariati minuti di dolore e sofferenza, “Aki-chan" decise di liberarlo e concedergli finalmente la grazia, non abbandonando il broncio con cui aveva fulminato Iemitsu dal momento in cui lo aveva atterrato.

Riprendendo aria e massaggiandosi il collo arrossato, Iemitsu fulminò di rimando la ragazza, puntandole addosso un dito in accusa: «Sei sempre il solito maschiaccio manesco, si può sapere che razza di problemi hai?!»

«Che problemi ho IO?! Sei tu quello che è sparito senza una parola, hai idea di quanto mi sia preoccupata?!» aveva ribattuto Aki. Incrociando le braccia sotto il seno e dando le spalle all'altro giovane.

«Te l'ho detto che sarei partito! Ma tu eri troppo presa dal fare la sposina per prestarmi attenzione!»

«Oh, scusami se durante il MIO matrimonio ero troppo impegnata per ascoltare le tue preoccupazioni!»

Si fissarono aggressivi per diverso tempo -Hayato era davvero convito che si sarebbero saltati alla gola da un momento all'altro- per poi scoppiare a ridere ed abbracciarsi pacificamente, restando l'uno tra le braccia dell'altro per un tempo che parve infinitamente lungo.

«Mi sei mancato tanto Itsu-chan, è bello riaverti a casa.»

«Anche tu mi sei mancata Aki-chan, ed è bello essere tornati.»

Quando fu sicuro che le smancerie fossero abbastanza, Hayato tossì per attirare l'attenzione dei due, che arrossendo si separarono di colpo, quasi si fossero scordati della sua perenne presenza nella stessa stanza fin dal principio: probabilmente era stato così.

«Perdonami Haya-chan, mi sono fatto trasportare!» si giustificò Iemitsu, per poi sorridere all'amica e procedere finalmente alle presentazioni.«Aki-chan, questo è Hayato, mio collega e grande amico in Italia.»

Avrebbe voluto chiarire che non erano affatto amici, che stavano lavorando insieme per un unico caso e che si sarebbero separati non appena avessero fatto ritorno in Italia, il prima possibile: preferì invece tacere e ricambiare il saluto con un semplice inchino, lasciandosi alle spalle il dover rispondere a svariate domande che né lui né Iemitsu avevano la forza e la lucidità di affrontare.«È un piacere.»

«Haya-chan, lei è Hayama Aki, mia amica d'infanzia e sorella in tutto eccetto il sangue.»

«Il piacere è tutto mio! Grazie di esserti preso cura di Itsu-chan, sono più tranquilla a sapere che non è da solo.» rispose con un inchino, ed una linguaccia all'indignazione mostrata dal Giovane Leone su cosa volesse implicare con quelle parole.«E comunque Hayama non è più il mio cognome Itsu-chan, dovresti saperlo.»

Iemitsu parve ricordare qualcosa all'improvviso. «Oh si, mi è ancora difficile credere che qualcuno si sia sposato un gorilla violento come te. Colpa mia Aki-chan, l'abitudine.»

Sorvolando sulle parole del giovane, Aki si voltò sorridendo verso Hayato, presentandosi una seconda volta.«Permettermi di presentarmi per bene. Sono Yamamoto Aki, piacere di conoscerti!»

Ed all'improvviso, la prepotenza delle Fiamme della Pioggia assunsero un senso.

EH?!

Hayato non sapeva come reagire -no sul serio, sapeva a cosa andavano incontro quando aveva visto l'ingresso del ristorante, ma questo? Si era preparato a Tsuyoshi, incontrare invece la madre di Takeshi era stato del tutto inaspettato- restando semplicemente imbambolato a fissare i due, bocca spalancata e occhi sgranati.

Quindi è questa la mamma di Take-nii? Sembra simpatica, in un certo senso mi ricorda mamma Nana.

Estremo!

Tze, altri erbivori.

Kfufufu uno sviluppo alquanto interessante.

La madre di Pioggia-san, andrà bene?

Di tutte le voci fastidiose che gli affollavano la testa, l'unica che non riusciva a sentire era proprio quella dell'unica persona che avrebbe avuto diritto a commentare, ma che sembrava sopraffatta dall'emozione per condividere a parole i suoi pensieri: le sue Fiamme della Pioggia però lasciavano ben intendere quale fosse il suo stato d'animo in quel momento.

Ricordi non suoi fluirono nella mente di Hayato senza che potesse fermarli, ed era certo che anche gli altri Guardiani stessero avendo la sua stessa esperienza.

 



Takeshi era felice.

Come bambino, non avrebbe potuto chiedere un'infanzia migliore, circondato dall'amore dei suoi genitori che ogni giorno riempivano di luce ed allegria la vita del giovane Yamamoto: prima dell'incontro con Tsuna, delle loro avventure e della loro amicizia, Takeshi non ricordava periodo più felice di quello passato al fianco di Tsuyoshi e Aki Yamamoto.

Un giorno poi il suo mondo perfetto era crollato, come un castello di carte in balia del vento: sua madre si era gravemente ammalata, e malgrado le cure e gli sforzi di suo padre per pagale i migliori medici del Giappone, alla fine sua madre li aveva lasciati soli, una notte di fine dicembre, quando Takeshi aveva appena dieci anni.

Da allora ogni sorriso del ragazzino era stato finto, forzato, il dolore soppresso per non causare ulteriori pensieri e dispiaceri a Tsuyoshi, concentrando tutto sé stesso nel baseball -lo sport che sua madre tanto amava e di cui era stata l'asso sia alle medie che al liceo- nel vano tentativo di cancellare il dolore che piano lo schiacciava da dentro.

Tsuna era stato la luce che l'aveva liberato, che gli aveva ridato la speranza e la voglia di vivere a pieno quella vita che sua madre gli aveva donato, ricordando come anche sul letto di morte, ella avesse continuato a sorridere splendidamente, ripetendo quanto la sua vita -seppur breve- fosse stata ricca di amore e gioia, di come avere Takeshi e Tsuyoshi accanto l'avesse resa felice.

«Ricorda Take-kun, mamma è stata molto felice, sempre. Non smettere mai di sorridere, trova delle persone che possano renderti felice, dei veri amici per cui valga la pena vivere. Sii felice, Take-kun, te lo auguro con tutto il cuore.» era stata l'ultima frase che gli aveva rivolto, dopo quel giorno Takeshi non aveva più visto il viso di sua madre.




Involontariamente, una lacrima solcò il viso di Hayato -pesante, salata, piena di sentimenti non detti e dolore non pianto- attirando gli sguardi preoccupati di Aki e Iemitsu, ignari di cosa avesse potuto causare una reazione di quel tipo in un ragazzo all'apparenza storico e serio.

«T-Tutto bene, ehm...»

«Hayato. Chiamami pure Hayato.» si riprese, cancellando la lacrima come se non fosse mai scesa, lasciando però che le Fiamme di Takeshi gli invadessero il corpo, senza però lasciargli il controllo: non poteva rischiare che crollasse, non qui e non ora, non davanti a due delle persone determinanti delle loro vite passate.«E va tutto bene, solo qualcosa nell'occhio.» classica, banale scusa per deviare l'attenzione da lui e dai suoi problemi.

Aki sembrò capire e gli sorrise, annuendo energicamente.«D'accordo Hayato-kun, tu puoi chiamarmi pure Aki!» gli porse una mano, che il ragazzo ricambiò volentieri.«Sarete affamati immagino, che ne dite di un po' di sushi?»

Hayato sentì Iemitsu squittire di gioia prima di zittirsi, guardarsi intorno perplesso e rivolgersi all'amica con un cipiglio confuso in volto.«Ma... Aki-chan, dov'è Yoshi-san?»

Facendo due più due, il ragazzo ipotizzò stesse parlando di Yamamoto Tsuyoshi.

«A fare un po' di spese, dovrebbe tornare tra poco. Coraggio avvicinatevi, state per assaggiare il miglior sushi di tutto il Giappone!»

E sedendosi al banco, osservando Aki cucinare e Iemitsu ridere e scherzare con lei, Hayato sentì un piacevole calore invadergli il petto, lo stesso sentimento che stava lentamente travolgendo anche gli altri Guardiani: in quel momento si sentì un po' più in pace, un po' più a casa.

 

   
 
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