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Autore: DonutGladiator    02/04/2019    1 recensioni
Le Muse si annoiano ma Clio più di tutte a furia di annotare sempre le stesse cose.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Muse

«Le Muse hanno un posto altissimo, anzi unico, nella gerarchia divina.
Ad esse, e ad esse soltanto, è riservato portare, come il padre stesso degli Dei,
l'appellativo di olimpiche,
appellativo col quale si solevano onorare sì gli Dei in genere, ma
nessun Dio in particolare, fatta appunto eccezione
per Zeus e le Muse»
 
Clio guardava in basso distrattamente, annoiata da quello che il popolo umano le mostrava, stufa di assistere sempre alle stesse cose e delusa da come i tempi fossero progrediti in peggio. Appoggiata alla sua nuvola tutto il giorno, la pergamena srotolata e la piuma bianca che senza troppo entusiasmo appuntava quanto accadeva, Clio aveva ormai perso il conto a quanti giorni tutti uguali aveva assistito.
« Che paaaaaaaaaalle~ » aveva trillato Thalia, dicendo ad alta voce quello che la sorella ormai pensava da decenni: « Sempre le stesse cose, niente di nuovo, nulla che mi faccia fare una risata come si deve. Dove sono finiti i tempi dei veri eroi e dei cabarettisti? »
« Pensa che potrebbe andare peggio di così. Ricordati quando c’era ancora quel comico che ti faceva venire l’orticaria a ogni battuta. » disse Melpomene, ricordandosi di qualcosa di inutile accaduto troppo tempo prima.
« Non era un comico… era un politico. » s’intromise Clio, alzando lo sguardo dalla Terra: « E purtroppo per noi è ancora in circolazione. Gli anni umani non sono mai troppo brevi in questi casi… » concluse, affondando la testa nella nuvola zuccherina.
« Che palle. » disse di nuovo Thalia.
« Già, che palle. » aggiunse Calliope bofonchiando: « Come siamo finite a guardare stupidi mortali che non fanno nulla di epico se non ammazzarsi tra loro e farsi stupide guerre? Dove sono finiti Eracle, Teseo, Giasone? Dove sono gli eroi di una volta? Mi basterebbe anche solo qualcuno a livello di Orlando, mi accontenterei, lo giuro. »
« Ma dai, sappiamo tutte che Orlando non ti piaceva. »
« Almeno era un uomo valoroso e che combatteva per quello in cui credeva, anche se l’ho preferito quando ha incominciato a dar spazio alle faccende di cuore. » disse Erato, che si intromise per affacciarsi e scribacchiare qualcosa sul suo rotolo. Da quando era stata messa a proteggere anche altro oltre la poesia amorosa, era sempre troppo carica di lavoro per accorgersi di quanto noiose fossero le giornate delle altre.
« Orlando era noioso, ma mai quanto gli eroi di adesso, che non esistono. »
Tra tutte le Muse, protettrici delle più disparate arti umane, sono alcune riuscivano ancora a godersi il loro lavoro, osservando con interesse gli esseri umani sfornare il loro capolavoro ultimo o l’ultimo libro su cui stavano lavorando.
Ormai, erano la loro iniziale protezione si era estesa a molto altro e nessuna poteva lamentarsi realmente, a parte Clio, relegata a occuparsi della storia dell’umanità, redigendola senza poter compiere alcuno sbaglio o chiudere per un attimo gli occhi.
Almeno Calliope aveva gli scrittori che sfornavano cose interessanti, dal bambino che scriveva il tema scolastico all’ultimo autore noto sul panorama editoriale; Erato, tra geometria, matematica e poesie amorose spaziava tra mille impegni e le sue sorelle non erano da meno. Anche Polimnia aveva abbracciato l’arte e adesso se ne andava per le mostre dei suoi pittori favoriti, ispirando le menti e talvolta portando ancora qualche mortale alla pazzia. Melpomene aveva abbracciato il cinema ed Euterpe aveva scoperto i cantanti e i loro nuovi modi di esprimere quanto prima si diceva solo accompagnati con una lira.
Solo lei era rimasta con la solita roba noiosa, la storia che non riservava mai niente di interessante. Con lentezza la ruota continuava a girare, riproponendo sempre le stesse cose, ciclicamente, come se gli esseri umani non si accorgessero dei loro stessi errori, continuando a sbagliare e commettere le stesse scelte idiote.
Perdendo la pazienza dal vociare delle sue sorelle, decise che si sarebbe presa un momento di pausa e avrebbe fatto una passeggiata nel suo posto preferito.
Un luogo dove la storia era sì importante ma che le permetteva di respirare una boccata d’aria fresca senza incappare nei problemi che potevano essere eventuali litigi in quello o quell’altro Stato.
Davanti al Partenone atterrò leggiadra, mantenendosi invisibile agli esseri mortali.
Anche se poteva quasi essere un cliché che lei, divinità dell’epoca classica, nata durante il dominio intellettuale dei Greci e vissuta per tutti quegli anni grazie al ricordo che gli esseri umani ancora avevano per la sua arte, andasse proprio in quel posto per sentirsi veramente apprezzata.
Ritornare ai vecchi tempi non sembrava così male.
Il Sole stava sorgendo all’orizzonte, mandando già deboli bagliori rosati e Aurora si levava dolcemente come ogni mattina.
Lì, sull’altura, non c’era quasi nessuno, se non qualche raro operatore che stava pulendo il sito archeologico, togliendo tutta la robaccia che gli esseri umani, ancora incivili, avevano sparpagliato in giro.
Si fece nuovamente visibile, i capelli castani dai riflessi dorati che rilucevano nella mattina e gli occhi vigili che scrutavano le grandi colonne di marmo.
Un sospiro le uscì dalle labbra, mentre la brezza leggera le alzava la veste candida e faceva rumorosamente spiegazzare la pergamena tra le sue mani.
Sembrava ieri quando poteva mostrarsi senza alcun timore, discorrendo con i personaggi che sapeva avrebbero fatto la storia, quando le colonne erano dei colori più sgargianti e le decorazioni interne riflettevano bagliori dorati per tutto l’acropoli.
Socchiuse gli occhi e scacciò i tempi passati.
Ormai tutto era finito.
« Signorina, non può stare qui. » una voce la riscosse dal ricordo e si voltò verso il mortale, mostrandosi nella sua più vera forma.
Vide l’uomo sussurrare una parola in un greco che gli altri esseri umani non parlavano più da secoli e sorrise.
Aveva fatto il suo nome.
C’era ancora qualcuno che sapeva chi fosse.
« Me ne vado subito. » rispose, utilizzando lo stesso linguaggio dell’uomo. Lui deglutì e fece un passo, come per fermarla.
Istintivamente Clio fece un passo indietro, scrutandolo come se volesse leggerlo dentro.
Vide la sua breve storia in pochi istanti, capendo perché l’altro l’avesse riconosciuta; un archeologo, arrivato con l’equipe di universitari che stava conducendo nuove esplorazioni e che controllava che tutto fosse al suo posto dopo l’arrivo dei turisti.
« Sono contenta ci sia ancora qualcuno come voi a cui importa della storia. » sussurrò, mentre si voltava di nuovo verso le colonne del tempio.
« Sa, mia signora, Clio. La storia dell’umanità è una narrazione di progetti falliti e speranze deluse, ma è pur sempre la memoria di un popolo. E senza una memoria, l’uomo si ritroverebbe al rango di animale inferiore. »
Qualcosa dentro di lei si scaldò a quelle parole, poi, la dea sorrise e, veloce come era arrivata, sparì.
Per molto tempo si ritrovò a pensare a quelle parole dette nel linguaggio a lei più familiare, e le sue sorelle la trovarono a sorridere, da sola, nel ripensare all’archeologo e la sua visione della storia.
Per qualche tempo la noia provata negli ultimi secoli si fece più labile e il suo osservare e annotare fu intervallato da piccole visite sull’Acropoli.
   
 
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