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Autore: ineedofthem    03/04/2019    4 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
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Capitolo 50
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 50


Un nuovo giorno si interfaccia davanti ai miei occhi, mentre lascio correre lo sguardo al di fuori della finestra. Questo mi dà modo di scrutare la luce del sole che filtra in casa, creando un'ombra ai miei piedi, e di ammirare la bellissima magnolia in fiore nel giardino di fronte.
Sorseggio la mia tisana, inspirando profondamente e colma di tranquillità, e mi appoggio alla penisola della mia cucina.
Osservo la città rianimarsi, le macchine sfrecciare sotto i miei occhi, e mi rendo conto del perché questo piccolo angolo che dà sulla strada mi fosse sempre piaciuto. Fin da quando ero solo una bambina, ho sempre adorato guardare e potermi immergere nella vita dei passanti, immaginando da cosa potessero dipendere le loro azioni, potermi fare spazio nelle loro menti, per ascoltare i loro pensieri, sentendomene una spettatrice e silenziosa, ma curiosa di sempre più dettagli.
Un ragazzo e una ragazza, con i segni gioiosi e spensierati dell'adolescenza e dell'amore in volto, passeggiano sotto i miei occhi; gli zainetti che penzolano dalle loro spalle, traballando a ogni passo.
Ad attirare la mia attenzione sono le loro mani unite, i sorrisi che vedo affiorare, non appena si voltano nella direzione dell'altro.
Il mio pensiero vola a Luca, immaginando cosa stia facendo e se anche la sua mente sia sulla mia stessa lunghezza d'onda, in questo momento.
Così afferro il cellulare che ho adagiato al mio fianco e gli mando il mio messaggio del buongiorno.
Luca è online e risponde dopo pochi secondi, facendo scalpitare il cuore nel mio petto.
Rimango a fissare il suo messaggio a lungo, accarezzando lo schermo e contornandone i caratteri, facendo affiorare un sorriso sulle mie labbra.
Credo che ci sia qualcosa di davvero prezioso nel messaggio del buongiorno: sembra stare lì a dire, ti ho pensato; al mattino, il mio primo pensiero è corso a te e tutto ciò assume un significato ancora più importante e dolce quando lo si riconduce alla persona che si ama.

Poco dopo, ripongo le risumaglie della mia colazione nel lavandino e sgambetto verso la mia stanza, lasciando il cellulare in cucina. Come a volermi allontanare dalla tentazione di fissarlo ancora per molto. Ma, ahimé, il dovere mi chiama e io devo rispondere!

Ho riscoperto cosa significa alzarsi al mattino e sentirsi motivati da qualcosa. Il mio lavoro, in questo caso. Non riesco a fare a meno di pensare a quando solo poche settimane mi sentivo persa e spaurita e avevo perso qualsiasi stimolo; perché la mia professione da pediatra, quella che avevo sognato e a cui ambivo fin da bambina, sembrava mi stesse punendo.
Invece, adesso, mentre mi premo di raggiungere il mio spogliatoio, bramo il momento in cui indosserò il mio camice; mi vestirò della forza d'animo che ho riconquistato e sarò pronta a dare una mano a chiunque ne abbia bisogno.
Io e Luca ci infiliamo, insieme, nello stesso ascensore. Purtroppo non siamo soli, e questo non ci dà modo di salutarci come, forse, vorremmo.
Osservo, come di riflesso, il sorriso affiori anche sul suo viso, coinvolgendo i suoi occhi in un'espressione di gioia e sorpresa.
Sfioro la mia spalla con la sua, avvicinandomi a lui e reprimendo la mia voglia di stringerlo a me.
E rimaniamo così, l'uno affianco all'altro, inghiottiti dal nostro silenzio ma con gli sguardi che sembrano comunicare più di quanto, a volte, lo possano fare le parole.
Al secondo piano, due degli uomini, che erano con noi, escono, le due donne al terzo. Ma mi rendo conto che siamo veramente soli quando raggiungiamo il pianerottolo che conduce ai nostri reparti.
"Ciao..." proferisco, allora, in un sorriso, mentre prendiamo a camminare fianco a fianco.
"Ciao..."replica lui, allo stesso modo, mantenendo lo sguardo fisso su di me.
Appoggio le mani sulla porta antipanico, arrivati di fronte al mio reparto, girandomi a guardarlo un'ultima volta prima di lasciarmelo alle spalle.
Luca rimane lì, impalato, stringendo la sua borsa da lavoro, saldamente tra le mani, lo sguardo attento, puntato su di me.
"Allora, buona giornata" gli faccio presente, dondolandomi sui piedi.
Luca annuisce, distendendo il viso in una cheta espressione.
"Buona giornata, Anita" replica, e mi ritrovo a pensare che il mio nome formulato dalle sue labbra assuma un suono tanto dolce.
Le mie gambe rimangono fisse sul posto, facendomi perdere l'uso della cognizione.
Luca se ne rende conto, e mi fa cenno con il capo di andare, sbuffando una risata, divertito.
Abbasso lo sguardo allora e, alzando una mano a mo' di saluto nella sua direzione, mi volto e mi chiudo la porta alle spalle.

Che la mia giornata abbia inizio...

Arianna mi aspetta in spogliatoio e sono sinceramente contenta che stia molto meglio, purtroppo, però, stamattina non siamo affatto sole.
Le nostre colleghe parlattono tra di loro, scambiandosi informazioni, animatamente. Mi rendo conto che però sia un bene, in quanto il loro dibattito mi dà modo di passare inosservata ai loro occhi.
"Sono contenta di sapere che tu stia meglio. Ma che succede?" le domando, avvicinandomi al suo fianco, per avere delle spiegazioni.
Arianna accenna un sorriso davanti alla premura dimostrata nei suoi confronti. "Sì, l'antistaminico, che ho preso, mi ha fatta stare subito meglio" poi sbuffa, rivolgendo il suo sguardo spazientito alle pettegole. "Pare proprio che Visconti ci abbia convocati nel suo studio" mi confessa, lasciando trapelare la sua confusione dalle sue parole.
Corruccio la fronte, arricciando le labbra in una smorfia, in cerca del motivo per il quale il nostro superiore ci voglia parlare.
"Credo che sia per la storia del capo specializzando..." mi sussurra Arianna, facendo in modo che la mia attenzione ricada su di lei, di nuovo.
Ascolto le sue parole, in silenzio, mentre indosso il mio camice, stirandone le pieghe e rilascio un sospiro.
"Lo sapremo presto, no?" le replico, cercando di nascondere la tensione da cui avverto pervadermi.
Arianna appoggia una mano sulla mia spalla, accennando un sorriso nella mia direzione, poi, insieme, ci facciamo strada verso lo studio del nostro tutor.

Visconti ci attende lì, con le braccia conserte e un'espressione che non lascia trasparire emozione alcuna.
I nostri colleghi si sono disposti a semicerchio attorno a lui, appoggiato alla sua scrivania in legno di ciliegio.
Io e Arianna ci facciamo spazio tra di loro e, mentre troviamo una sistemazione adeguata, incrocio lo sguardo di Giorgio a pochi passi da me. I suoi occhi sulla mia figura mi mettono i brividi. Così, mentre sulle sue labbra si insinua un ghigno, distolgo lo sguardo, velocemente.
Visconti alza una mano nella nostra direzione, richiamando la nostra attenzione e il silenzio; infatti i borbotti e i sussurri che erano persistiti fino a questo momento, cessano.
Dilato le narici, inspirando e cercando di infondermi la sicurezza di cui ho bisogno.
Lui lascia vagare lo sguardo su di noi, soffermandosi sulle nostre figure e scrutando con attenzione le nostre reazioni, poi prende a parlare.
"Immagino vi stiate chiedendo perché vi trovate qui..." ammette, sommessamente.
Annuiamo con il capo, e questo gli dà modo di continuare.
Visconti prende a camminare per la stanza, voltandosi a guardarci per essere sicuro che stiamo ascoltando.
"Ebbene, come voi sapete, la professione del medico ci sottopone a un giuramento che ognuno di noi è tenuto a rispettare. Essere medico ci chiede di fare tanti sacrifici, comporta delle scelte, e spesso, purtroppo, come ben sapete, questa professione ci mette di fronte a qualcosa di più grande di noi, facendoci sentire imponenti e insoddisfatti.." sul suo viso si insinua una smorfia triste, ma subito dopo lui ritrova la sua maschera di indifferenza, incrociando le mani dietro la schiena.
"Mi rendo conto che prima di essere medici, però, siamo persone; siamo uomini e donne che agiscono secondo una vocazione e passione per il proprio lavoro, e non è sempre semplice reagire con la giusta freddezza al dolore che ci circonda."
Non so se sia solo una mia sensazione, ma ho come l'impressione che mentre ne parli gli occhi del nostro tutor ricadano su di me, facendomi sentire, d'un tratto, piccola, piccola.
"Ma il dolore e la morte fanno parte della nostra vita e siamo tenuti ad accettarlo. Ecco, ragazzi, io mi aspetto grandi cose da voi; mi auguro che riusciate a formarvi per una giusta causa, animati dalla coscienza che questa professione comporta. Vi ho osservato tanto in questi anni, in questi mesi per chi è solo all'inizio, e posso dire di conoscervi ormai tutti come le mie tasche. Ho imparato, guardandovi da lontano, quali fossero i vostri pregi e difetti, i vostri punti di forza così come le vostre debolezze, ma so che avete lavorato bene tutti, nessuno escluso".
Ascolto la voce di Visconti vestirsi di una certa fierezza nei nostri confronti e mi ritrovo ad arricciare le labbra in un sorriso, voltandomi a guardare Arianna al mio fianco. Lei annuisce, con il labbro che un po' le trema per la commozione che queste parole hanno scaturito in lei e tendo la mia mano nella sua direzione, aspettando che lei la stringa.
Arianna lascia intrecciare le sue dita con le mie, le congiunge con le sue, aumentando la sua presa, ed entrambe torniamo a guardare dritte davanti a noi.
"Come sapete, soprattutto voi degli ultimi anni, ho intenzione di nominare uno di voi capo specializzando, affinché possa seguire un gruppo di studenti, in un processo reciproco di automiglioramento. E quindi, vi dico non sia stato facile, ma sono quasi giunto a una scelta finale. Però, ci tengo, prima di lasciarvi liberi di assolvere i vostri compiti, a scambiare alcuni chiarimenti con voi. Mi aspetto un gioco di squadra, e questo vale per tutti, che collaboriate dimostrando di essere uniti da un obiettivo comune, ma soprattutto voglio che mi dimostriate di avere uno spirito sano e competitivo, emergendo per le vostre sole competenze e professionalità"
Visconti si schiarisce la voce, utilizzando un tono estremamente serio. "Qualsiasi tipo di imposizione e di vessazione nei confronti dell'altro sarà gravemente punito. Non posso tollerare che i miei studenti si facciano spazio in questo lavoro, sgambettando e denigrando gli altri. Il rispetto reciproco è alla base di qualsiasi tipo di convivenza e confido in voi e nella vostra intelligenza".
Visconti scandisce le sue parole lentamente, fissando i suoi occhi nei nostri, per essere sicuro che i suoi insegnamenti siano stati inculcati. Ma mi rendo conto mentre incrocio il suo sguardo che lui sappia tutto e che il suo discorso non abbia il solo fine di insegnarci a essere dei bravi medici. Così, i miei occhi corrono a Giorgio e una certa soddisfazione si insinua in me, notandolo stringere i pugni e indurire lo sguardo.
Ritorno allora a osservare il mio superiore, scrutandolo trarre un sospiro mentre sul suo viso si insinua l'ombra di un sorriso.
"Bene, ho concluso."ammette, unendo le mani davanti a sé. "Potete andare, buon lavoro".
Tra di noi si leva un piccolo e scrosciante applauso, poi i miei colleghi si muovono in massa verso l'uscita, riprendendo a parlottare tra di loro, in un fitto scambio di opinioni.
Anche io e Arianna ci voltiamo, pronte a lasciarci questo momento alle spalle ma la voce del mio tutor mi costringe a voltarmi.
"Dottoressa Castaldo, Dottor Conti, gradirei che vi prolungaste un attimo".
Sul mio volto si insinua un'espressione di puro terrore, quando mi rendo conto che abbia nominato anche Giorgio, appoggiato al muro nell'angolo della stanza.
Arianna non accenna a muoversi dalla sua postazione, al mio fianco, ma Visconti volge uno sguardo di disapprovazione nei suoi confronti.
"Dottoressa Ferrari, lei dovrebbe andare".
Lei, allora, annuisce un po' presa alla sprovvista e mette su un sorriso di rassicurazione nei miei confronti, prima di lasciare la stanza e richiudere la porta dietro di sé. Il mio sguardo rimane aggrappato lì, sentendomi improvvisamente sola, qui nella stessa stanza con Giorgio e Visconti.
"Prego, avvicinatevi" la voce del nostro tutor ci richiama a sé e non posso fare a meno di trascinarmi verso di lui come una condannata a morte.
Giorgio si posiziona al mio fianco e cerco di mettere quanta più distanza tra di noi, affinché lui rimanga il più lontano possibile da me. Non mi sfugge il sorrisetto degrinatorio che si insinua sulle sue labbra. Lui pensa di avere la vittoria in pugno, ma non è detta l'ultima parola.
Visconti si appoggia alla scrivania, incrociando le gambe davanti a sé.
"Non sopporto venire a sapere di dissapori tra i colleghi. Questo oltre a lenire la serenità del posto di lavoro e di chi è sottoposto a uno stress psicologico, compromette anche gravemente l'immagine dell'ospedale" proferisce, assottigliando lo sguardo e facendo indurire i suoi tratti. "Dottor Conti sono venuto a conoscenza di episodi riguardo alla sua condotta che mi hanno lasciato molto perplesso e rammaricato."
Le sue parole provocano in Giorgio una certa soggezione, lasciandolo interdetto. Osservo come i suoi tratti si tendano, e il piede che prende a battere ritmicamente in chiaro segno di nervosismo.
Poi lo sguardo di Visconti ricade su di me e lui incrocia le braccia al petto, scrutandomi di sottecchi.
"Dottoressa, ho appreso che la vittima di molti di questi episodi sia stata lei. Mi dica, è così o non è così?" mi domanda.
Mi ritrovo a essere in preda all'ansia, stringendomi nelle spalle sotto gli occhi del mio interlocutore e del collega al mio fianco.
"Sì..."sussurro, abbassando lo sguardo.
Visconti porta una mano all'orecchio, invitandomi a parlare più forte.
"Non ho sentito, dottoressa. È così o non è così?"ribatte con fermezza, facendomi sussultare lievemente.
Giorgio abbassa lo sguardo su di me, sfidandomi, convinto di avermi in pugno.
Così fisso i miei occhi nei suoi, senza lasciarmi intimorire.
"Sì!" esclamo. "È così, dottore".
Visconti arriccia le labbra in una smorfia di disapprovazione, voltandosi a osservare il mio collega dall'alto in basso.
"Dottor Conti, sono profondamente deluso dal suo comportamento, e le ribadisco che, se dovessi venire a conoscenza ancora di situazioni del genere, mi vedrò costretto a prendere dei seri provvedimenti. Le è chiaro?" proferisce, duro e serio.
Giorgio boccheggia, preso alla sprovvista, ma poi annuisce, mansueto e docile come un agnellino.
"Sì, tutto chiaro".
E io mi ritrovo a prendere fiato, rendendomi conto di aver trattenuto il respiro fino ad adesso.
"Perfetto, in caso contrario, dottoressa non esiti a venirmene a parlare" mi fa presente, dimostrandosi comprensivo nei miei confronti.
Improvvisamente avverto di volermi mettere a piangere; è bello sapere di avere l'appoggio del mio superiore, ma mantengo un certo contegno, fin quando lui non ci congeda e ci fa segno di poter andare via.

Non appena sono fuori, mi permetto di sorridere soddisfatta e più serena.

"Non gioire tanto, Anita cara, non credere sia finita qui" sputa fuori Giorgio, fronteggiandomi.
Mi rendo conto che è davvero la prima volta che ci affrontiamo dopo quella volta nello spogliatoio, ma nonostante io sia sola, senza Luca nelle vicinanze, pronto ad aiutarmi, sento che non mi faccia paura.
"Fai attenzione a come parli, Giorgio" gli replico, fissandolo di sbieco.
Lui porta la testa all'indietro, aprendosi in una risata sguaiata e irrisoria.
"Perché, altrimenti che fai? Vai subito a raccontarlo a Visconti?" mi sfida. "Oh, piccola e ingenua, Anita" aggiunge, portandosi una mano al petto con fare melodrammatico.
"Non ti conviene sai, Giorgio. Ricordati che potresti rischiare la tua carriera" gli faccio notare, assottigliando lo sguardo. "E ricordati che, in quel caso, ci andresti a perdere solo tu".
Qualsiasi accenno di superbia scema dal suo viso, lasciando il posto a una smorfia impaurita. Forse, mi viene da pensare, non si era mai reso conto a cosa avrebbero portato i suoi comportamenti.
Ma ogni azione ha una conseguenza e mi auguro che questo avvertimento lo possa far rinsavire. Poi, senza aspettare che lui replichi, anche se non credo ne abbia il coraggio, me lo lascio alle spalle, allontanandomi il più possibile da lui.
Tu non mi fai paura, Giorgio...

Mi massaggio la fronte come a voler alleggerire la tensione accumulata sulle tempie. Nonostante non voglia ammetterlo a me stessa, il discorso di Visconti e poi l'acceso confronto con Giorgio mi hanno prosciugata. Adesso ho solo bisogno di dedicarmi al mio lavoro e sentirmi rigenerata.

Venire al nido mi è sempre piaciuto. Adoro rimanere incantata a guardare quei piccoli fagottini che scalpitano nelle loro culle, esibendosi in docili espressioni. Sono il segno di una vita che nasce e questo mi ha sempre provocato un certo senso di gratitudine.
Mi faccio spazio nella piccola stanzetta, immergendomi tra cullette e odore di talco. Un'infermiera dondola tra le sue braccia una neonata, mentre lei ciuccia dalla sua bottiglietta piena di latte.
"Buongiorno" mi saluta, vedendomi entrare, facendo affiorare sulle labbra un sorriso.
"Buongiorno" le ricambio, allo stesso modo, muovendomi in punta di piedi come se avessi paura di intralciare questo clima di pura tranquillità.
Sfioro le cullette con le dita, con l'emozione ad affiorare nel mio petto e mi avvicino a lei che nel frattempo ha preso posto su una poltrona accanto alla porta.
"Bella, vero?" mi domanda, quando si rende conto che il mio sguardo affascinato sia puntato sulla bambina tra le sue braccia.
Annuisco, lievemente, accarezzandole con dolcezza la testa. La bambina è così piccola che potrebbe scomparire tra le sue braccia.
"Si chiama Emanuela" mi informa lei, parlando a bassa voce. "Ed è davvero un dono; la sua mamma e il suo papà hanno atteso tanto per averla, adesso sono le persone più felici di questo mondo. La guardi, è così piccola e bellissima".
Concordo con lei, rendendomi conto che Emanuela abbia arricciato la boccuccia, sazia, e si sia appisolata. È una delle cose più dolci e belle a cui abbia mai assistito.
"Vuole prenderla lei? La mia collega si è allontanata e devo portare un altro piccoletto in stanza dalla sua mamma" mi fa presente, porgendo verso di me la piccola addormentata.
Improvvisamente, però, mi rendo conto di sentirmi bloccata, inerme. Alzo le mie mani per prenderla, impacciata, osservando le mie dita tremolare leggermente. Forse, mi viene da pensare, questo momento mi ha messa di fronte all'esigenza, di nuovo, di voler diventare madre.
Così, ritraggo le mani, intrecciandole dietro la schiena, afflitta.
"No, io...io, mi dispiace, ma, devo, devo andare" replico, stringendomi nelle spalle.
L'infermiera punta il suo sguardo nel mio, confusa e preoccupata. Poi, muovendomi un po' a tentoni, scappo via.
Mi appoggio al muro dietro di me, prendendo fiato e sentendomi improvvisamente ripiombare in un stato d'ansia. Perché stare lì a contatto con tutti quei neonati, ha fatto rinascere in me il mio istinto materno. Tutto mi ha riportato a Lucia, di cui avrei voluto tanto essere la madre, eppure non è potuto essere così. E adesso questo pensiero mi spaventa perché ho paura di ricadere nel baratro e non posso permettermelo.
Così, traggo un respiro profondo, socchiudendo gli occhi e torno in reparto.

Oggi è stata davvero una giornata sfiancante. Stiracchio il collo, cercando di rilassare i muscoli indolenziti, mentre sistemo il camice nell'armadietto. Saluto Arianna, velocemente, smaniosa di andare a casa ed esco dallo spogliatoio.

Luca mi ha scritto di vederci; mi aspetta all'uscita e bramo all'idea di rivederlo. Sento di averne bisogno.
Lo scorgo di spalle, non appena mi avvicino all'uscita dell'ospedale. Luca è al telefono.
Quasi come se avesse percepito la mia presenza, si volta nella mia direzione, dedicandomi un dolce sorriso e si appresta a chiudere la telefonata in fretta.
"Ehi..." mi saluta, non appena è al mio fianco. Riesco a percepire sul suo viso tutto lo stress di questi giorni.
Replico allo stesso modo, ma lui deve accorgersi che ci sia qualcosa che non va, perché mi si avvicina, accarezzandomi una guancia.
"Va tutto bene?" mi domanda, premuroso.
Esalo un respiro, sporgendomi verso di lui.
"È stata una lunga giornata..."ammetto, socchiudendo gli occhi sotto il suo tocco, stanca.
Luca mi stringe a sé, lasciandomi un bacio in fronte, delicatamente. Le sue labbra sulla mia pelle sono gioia pura.
"Mi sei mancata..." sussurra, carezzandomi la schiena e portandomi a sciogliermi sotto la sua premura.
"Anche tu..."
Sento il suo petto vibrare alle mie parole e alzo lo sguardo per puntarlo nel suo, scoprendolo a sorridermi come solo lui sa fare.
Così gli prendo la mano e lo conduco fuori, in un posto più appartato che può permetterci di avere la giusta privacy.
"È successo qualcosa, Anita?" mi domanda, allora, mentre ci facciamo strada verso il parcheggio.
"Hai detto tu a Visconti di quello che ha fatto Giorgio?" gli domando, inarcando un sopracciglio.
Osservo la confusione insinuarsi sul volto di Luca e mi premuro di sciogliere ogni dubbio.
Lui trae un sospiro, portando le mani nelle tasche del giubbino e facendo dondolare i talloni.
"Ho parlato con Visconti, sì, qualche settimana fa, ma non gli ho detto quello che è successo, diciamo che gli ho messo la pulce nell'orecchio e lui mi ha confidato di essere già a conoscenza di qualcosa. Molti dei tuoi colleghi si sono lamentati riguardo alle vessazioni che Giorgio ha compiuto nei loro confronti" mi confida.
Annuisco, abbassando lo sguardo, sfregando un piede contro l'asfalto.
"Ti da fastidio questa cosa? Sei arrabbiata?" mi chiede, preoccupato, sporgendosi verso di me e percependo il mio silenzio.
Scuoto la testa, puntando, però, il mio sguardo altrove.
"No, Luca, è solo che sono stanca e mi auguro che questa situazione possa finire presto" ammetto, prendendomi il capo tra le mani.
"Ma non è solo questo, vero?" indaga lui, arricciando le labbra in una smorfia.
"No..."temporeggio, "non è solo questo".
"E?"
"Sono stata al nido, stamattina. Lo faccio spesso, anche quando non ho il mio giro di controlli da fare, soprattutto quando ho bisogno di ricaricarmi. Ma oggi è stato diverso, non sono riuscita a prendere una bambina in braccio, e il mio pensiero è corso a Lucia" ammetto, portandomi una mano sul viso e stropicciandomi gli occhi con stanchezza."Forse non è vero che non l'ho superata, e questa cosa mi spaventa, non lo so, io..."
Prima che possa solo dire altro, Luca mi stringe a sé, cercando di placare il mio turbinio di emozioni e io lascio che lui mi abbracci, aggrappandomi a lui, come se fosse il mio porto sicuro. Ma lo è, Luca è la mia àncora, adesso.
"Va tutto bene, ok? Devi stare tranquilla..." mormora.
Annuisco, lievemente, rialzando lo sguardo verso di lui. "Ma tu sei deluso, Luca? Sei deluso da me?"
Lui incrocia i miei occhi, scrutandomi allibito.
"Ma cosa dici, Anita? Non potrei mai, è solo un momento, ok? Io so che tu puoi farcela, stai dimostrando quanto tu sia forte".
Mi rilasso inesorabilmente, sorridendo sulla sua spalla, ascoltando i nostri respiri e i battiti dei nostri cuori.
"A questo però ci pensiamo domani, ok? Adesso andiamo a casa, abbiamo entrambi bisogno di riposare "ammette, scendendo ad accarezzarmi i capelli.
Continuo a sorridergli, nonostante lui non possa vedermi, perché nascosta dal suo sguardo e annuisco. "Va bene".
Poi, dopo avermi accompagnato alla mia automobile, Luca si muove nella direzione opposta, salutandomi.
Non appena lo vedo andare via, avverto un senso di mancanza farsi spazio dentro di me, ma lo lascio andare. Abbiamo entrambi bisogno di un sonno ristoratore.

Non appena arrivo a casa, mi lascio cadere sul divano, esausta.

Socchiudo gli occhi, massaggiandomi le tempie alla ricerca di una tranquillità che adesso non ho. La mia mente è invasa da mille pensieri, così mi alzo velocemente, alla ricerca del pupazzetto di Lucia che ho riposto con cura in un cassetto dell'armadio.
Mi siedo sul letto, portandomelo al grembo e lo stringo forte a me. Un tiepido sorriso si fa spazio sul mio viso, mentre ripenso alle parole di Luca. Questo è solo un momento, ha detto lui, è tutto normale, d'altronde succede così quando hai da elaborare qualcosa. Eppure, il solo sospetto che dopo aver fatto enormi passi avanti, io possa compiere mille indietro, mi spaventa un po'. Rilascio, quindi, un sospiro, mentre accarezzo con premura il peluche tra le mie mani.
Io ti penso, Lucia, mi domando cosa tu stia facendo. Mi chiedo se sei felice, ma forse Luca ha ragione, tu adesso hai una famiglia e mi auguro tu stia davvero bene.
Poi, mi lascio andare, stringendomi tra le lenzuola del mio letto, senza nemmeno cambiarmi e cado in un sonno profondo.

ANGOLO AUTRICE:

Buongiorno a tutti! :)
Si può davvero dire che questo sia un aggiornamento lampo, sono passati pochi giorni, ma ci ho messo così poco a scrivere questo capitolo che ero ansiosa di farvelo leggere. Può sembrare che non succeda niente di che- lo so, che vi aspettavate il primo appuntamento ahahah-eppure si aprono risvolti interessanti. Soprattutto, per Giorgio le cose si mettono male perché Visconti sa e non è per nulla contento. Speriamo che l'avvertimento sia servito.
Anita. almeno su questo. pare possa tirare un sospiro di sollievo, eppure c'è qualcosa che non la rende tranquilla, e il suo pensiero corre a Lucia. Luca pensa sia solo un momento e lei possa farcela. Ma sarà davvero così? Lo scopriremo, intanto, iniziamo già a tirare le somme; sapere di terminare questa storia mi provoca già il magone e a voi?
Vi prometto di tornare presto, e aspetto tutte le vostre supposizioni. Intanto ringrazio chi recensisce, chi la segue assiduamente, chi l'ha inserita nelle sue liste. La storia sta raggiungendo grandi traguardi ed è solo grazie a voi. Grazie, grazie davvero.
Alla prossima!!

  
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