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Autore: Journey    06/04/2019    0 recensioni
La prima volta che i miei occhi incontrarono i suoi rimasi sbalordito dalla profondità di quel blu. E quando le sue braccia mi accolsero per la prima volta per confortarmi, credo di aver percepito il tempo scandire i secondi allo stesso ritmo con cui batteva il mio cuore. Mai, prima di quel momento, avevo sentito il mio cuore battere così forte. E così, finalmente ho capito: non avrei mai potuto amare nessuno come amavo lei. Mi ero quasi dato per vinto. Avrei vissuto il resto della mia vita uscendo con ragazze interessanti delle quali non mi sarei mai innamorato e piano piano avrei visto lei invecchiare tra le braccia di un altro.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altro Personaggio, Jennifer JJ Jareau, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 13
 
Eravamo a Waukesha da almeno una settimana. Il caso si era rivelato più complicato del solito e, dopo quell’incontro in ascensore con Spencer, non avevamo avuto un attimo per stare assieme. Lui divideva la camera con Sarah ed era completamente focalizzato sul soggetto ignoto. Probabilmente era il suo modo di scendere a patti con se stesso. Probabilmente stava cercando di capire come porre fine alla sua storia con Sarah. Mi proiettavo già nel nostro futuro insieme. Cominciavo a vederlo in pigiama che dormiva accanto a me. Lo immaginavo mentre mi stringeva la notte. Ma, nonostante i nostri sentimenti, quello non era il nostro momento. Cominciavo a pensare che non avremmo mai avuto il nostro momento, il nostro tempo. Saremmo stati per sempre due sfortunati amanti che continuavano ad inseguirsi nel momento sbagliato.
Lo capii quella mattina, quando Prentiss, con cui dividevo la stanza, mi chiese di radunare tutta la squadra per un briefing prima di rimetterci al lavoro.
Camminavo per il corridoio, bussai alla porta di Sarah e Spencer sperando che fossero presentabili, cosicché il mio cervello potesse ingannare il mio cuore, autoconvincendolo che quei due erano solo compagni di stanza.
Quando Spencer aprì la porta, il mio cuore cominciò a battere velocemente, prima di saltare un battito. Prima che il terreno franasse sotto i miei piedi. Prima che sentissi qualcuno vomitare in bagno. Sono sicura che i miei occhi si inumidirono di lacrime, ma fui in grado di non versarne nemmeno una.
“È Sarah?” domandai.
“Sì – mi rispose ingenuamente lui – deve aver mangiato qualcosa che le ha fatto male, vomita da almeno un quarto d’ora e si lamenta di essere nauseata da giorni”
Sorrisi davanti a quell’ipotesi. Spencer era la persona più intelligente che avessi mai conosciuto in vita mia, ma certe cose proprio non le capiva. Il mio istinto aveva cominciato a farmi tremare le ginocchia davanti a quella che avrebbe potuto essere semplicemente un’intossicazione alimentare.
Gli sfiorai velocemente la guancia con la mano. Una carezza dolce, innocente. Lui mi sorrise in quel modo goffo e mi venne voglia di stringerlo a me.
“Prentiss ci vuole tutti giù prima di tornare sul campo” dissi.
“Va bene” rispose e si chinò verso di me per darmi un bacio veloce sulle labbra.
 
All’ora di pranzo entrammo in un ristorante tipico del posto e, non appena Sarah entrò il suo viso cambiò.
“Che hai?” domandò Spencer mettendole una mano sulla spalla.
“C’è un odore nauseabondo qui dentro!” esclamò lei mettendosi una mano davanti alla bocca e scappando in bagno.
“Non c’è alcun odore nauseabondo” mi disse Spencer guardandomi confuso.
Il mio istinto aveva ragione. Di nuovo. Non era la prima volta che gli odori infastidivano Sarah nelle ultime settimane. Sapevo esattamente qual era il motivo. Nausee e senso dell’olfatto alterato erano due dei più diffusi sintomi della gravidanza. Se Sarah era incinta, sicuramente il bambino era di Spencer. E c’era solo una cosa che avrei potuto fare a quel punto, lasciare che quel bambino nascesse circondato dall’amore di entrambi i suoi genitori. E la mia presenza non glielo avrebbe garantito. Non avrei mai permesso che Spencer lasciasse Sarah in un momento così importante.
Così rimasi in silenzio e ne approfittai per andare in bagno, dove sapevo che avrei trovato la mia collega.
“Come stai?” le chiesi bussando alla porta.
“Malissimo! Penso di avere un’intossicazione alimentare” esclamò ed uscì dal bagno. Si avvicinò al lavandino e cominciò a gettarsi acqua sul viso.
“Da quanto tempo va avanti?” domandai passandole un fazzoletto.
“Cosa?”
“La nausea”
“Saranno un paio giorni, forse un po’ di più” mi rispose.
“E per caso ti sta capitando di percepire tutti gli odori più forti, più intensi?”
“Sì, non ho dovuto chiedere a Spencer di non usare il dopobarba perché l’odore mi fa stare male”
“Io penso di sapere che ti sta succedendo e non ha a che fare con il cibo avariato”
“Che intendi?” mi chiese senza capire.
“È possibile che tu sia incinta?” le domandai.
“Come incinta?”
“Beh penso di non doverti spiegare come si fa a rimanere incinta”
“No, non ce n’è bisogno, ma di solito siamo prudenti, prendiamo precauzioni. Questo non è il momento opportuno per mettere su famiglia” mi disse.
“Perché? C’è qualcosa che non va?” domandai facendo finta di nulla.
“Perché non sono pronta. Non so come la potrebbe prendere Spencer. Ma, soprattutto, penso che voglia rompere con me. Ultimamente è sempre più distante. Da quando siamo qui non mi ha toccato nemmeno una volta. Ho pensato che fosse per il caso, ma le altre volte facevamo tanto sesso nonostante il lavoro e la frustrazione che ne consegue. Tu sei una dei suoi migliori amici, ne sai qualcosa?” mi chiese.
E in quel momento mi sentii morire. Mi sentii morire perché ero il motivo per cui Spencer era più distante. Ero io il motivo per cui lui non la sfiorava. E sapere che stavo distruggendo la vita di una donna quasi sicuramente incinta, mi logorava.
Prima che potessi rispondere alla sua domanda, Prentiss entrò nel bagno, salvandomi in calcio d’angolo.
“Tutto bene?” ci chiese e io mi limitai ad annuire.
“Sarà meglio che torni di là” disse Sarah sorridendomi e uscendo.
Non appena fu fuori, mi portai le mani alla testa. Non potevo crederci.
“Che diavolo sta succedendo?” domandò Emily. Mi limitai a fare di no col capo. Immediatamente mi ritrovai tra le braccia della mia amica che, pur non avendo idea di cosa stesse succedendo, mi sussurrò nell’orecchio che mi sarebbe stata vicina.
Le raccontai brevemente della sera in cui Spence venne a trovarmi a casa di Garcia e del giorno seguente. Poi le raccontai dei miei presentimenti riguardo la possibile gravidanza di Sarah e, mentre lo facevo, mi si riempirono nuovamente gli occhi di lacrime. Avrei voluto mollare tutto e tornare a casa. Avrei voluto circondarmi dell’amore infinito dei miei figli e non pensare a tutto ciò per almeno un altro po’ di tempo.
Ma non potevo, non in quel momento. La squadra aveva bisogno di me. Io avevo bisogno di distrarmi con il lavoro.
E così feci. Rimasi lì e mi impegnai al massimo per portare a termine quel caso.
 
Una settimana dopo ero seduta alla mia scrivania, leggevo informazioni su un vecchio caso irrisolto. Sarah arrivò all’improvviso e si sedette accanto a me. Aveva un sorriso enorme. E capii immediatamente cosa fosse venuta a dirmi. Ma aspettai di sentire quelle parole uscire direttamente dalla sua bocca per rassegnarmi all’idea che fossero vere.
“Avevi ragione, sono incinta” mi disse e mi abbracciò.
“Congratulazioni” dissi piano mentre ero ancora rapita dalle sue braccia.
“Spencer non lo sa ancora, ho intenzione di dirglielo stasera. Speriamo bene! Pensi che ne sarà felice?”
“Lo spero” le dissi.
Sentivo il mio cuore frantumarsi dolorosamente. Lentamente. Irreversibilmente. Stavo per perdere Spencer per sempre e non c’era nulla che avrei potuto fare per cambiare le cose. Dovevo rinunciare a lui, stavolta per davvero.
L’avevo ignorato da quando eravamo tornati a casa. Ad un certo punto era venuto a casa mia. Ma ho semplicemente finto di essere troppo occupata con i ragazzi per stare un po’ con lui. Ma Spence non era certo uno stupido e capì immediatamente che lo stavo evitando.
Non potevo spiegargli il perché, non stava a me. Avrei dovuto aspettare che lei gli dicesse della gravidanza per poter parlare di nuovo con lui, e per l’ultima volta, metter fine a quella brevissima parentesi che c’era stata fra noi.
Al solo pensiero mi mancava il respiro. Al solo pensiero mi veniva da vomitare. Al solo pensiero mi sentivo morire. Ma cosa avrei potuto fare?
Capii di non meritare un uomo così meraviglioso come Spencer nel momento in cui, mentre versavo lacrime per lui, pensai a quando la situazione era rovesciata. Lui ha dovuto affrontare il peso delle mie due gravidanze, ha accettato di essere il padrino del mio primogenito pur di lasciarmi vivere la mia vita. Pur di farmi essere felice. Ora toccava a me fare lo stesso con lui. Meritava di essere felice assieme a suo figlio e a Sarah. Aveva dimostrato di saperci fare con i bambini. Henry, mio figlio, adorava Spencer. Mi diceva sempre che era il suo adulto preferito. Mi diceva che si divertiva da pazzi quando Spence lo portava agli spettacoli di magia, quando gli raccontava tutte quelle storie fantastiche sulle stelle e quando gli parlava dei dinosauri. Una volta si era persino voluto vestire da lui per Halloween. Lo idolatrava. Ero sicura che sarebbe stato un padre magnifico.
 
Quella sera tornai a casa sentendomi completamente svuotata. Ero un guscio vuoto. L’unico pensiero che mi consolava era sapere che stavo facendo la cosa giusta. Erano le nove passate quando sentii bussare alla porta. Era Spencer. Aveva in mano un mazzo di fiori e nell’altra reggeva due buste.
“Che ci fai qui?” gli chiesi.
“Sono venuto a portarti questi per farmi perdonare per qualunque cosa io abbia fatto anche se sono piuttosto sicuro di non aver fatto nulla di male. E poi ho portato qualcosa per i ragazzi” affermò scuotendo le buste.
“Spence, torna a casa”
Lui mi guardò con quell’espressione confusa che era solito fare. Avrei voluto abbracciarlo, baciarlo e stare con lui, ma non era destino.
“Ma dimmi almeno cosa ho fatto!”
“Spence, ti prego torna a casa”
“Perché mi stai facendo questo, JJ?” mi chiese incupendosi.
“Spence”
“No, non chiamarmi Spence! Mi dici che mi ami, mi fai rinnamorare di te e poi mi allontani, mi eviti. Perché?” mi chiese deluso. I miei occhi si inumidirono di lacrime.
“Lo capirai” gli risposi. E rimanemmo a fissarci per un tempo che sembrò infinito.
“Ho capito, per te sono solo un divertimento, un capriccio momentaneo. Ed io che mi ero illuso che potessi davvero amarmi, che sta volta non avevo frainteso e che finalmente saremmo potuti stare insieme” mi disse, poi appoggiò le buste sul pavimento di casa mia, fece cadere i fiori per terra e andò via. Senza voltarsi.
Scoppiai in lacrime, ma era giusto così. Dovevo rassegnarmi sperando che Spence avrebbe capito. E chissà, forse, prima o poi, mi avrebbe anche perdonato.
   
 
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