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Autore: cut_wing    09/04/2019    0 recensioni
Noah è un ragazzo normale, con una famiglia normale e un futuro normale. O, almeno, così credeva.
"Il suo grido si perse nel vento, rimbalzando tra le vette rocciose del canyon e strisciando sulla sabbia, raggiungendo infine i bassifondi e da lì una chiesa dal pavimento coperto di fiori, ormai disabitata. Eppure lì, quello stesso giorno di due anni prima, un bambino aveva aperto per la prima volta gli occhi al mondo. Occhi color mako."
Genere: Azione, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Crisis Core, Advent Children
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ANGOLINO DELL’AUTRICE
Rieccomi! Questo capitolo è un po’ cortino (e francamente non certo il mio preferito) e serve principalmente per tenere un po’ di suspance, ma non mi vogliate male; ho intenzione di andare avanti ancora un po’ (un BEL po’).
Vi ricordo che le recensioni sono sempre bene accette!
Grazie a tutti per essere arrivati fin qui e buona lettura!
P.S. La canzone del capitolo precedente era “Hanging tree” dal film “Hunger games”, che mi è rimasta in testa per un sacco di tempo (come tutte quelle che ascolto, ma dettagli)
 
Cloud
Interrompo la chiamata e prendo la moto che uso per le consegne, facendola partire sgommando. Attraverso la città a velocità moderata, ma quando arrivo al deserto accelero al massimo; Reno non mi ha spiegato i particolari, ma sembrava teso e questo mi preoccupa. Inoltre non ci ho messo molto ad imparare che qualsiasi cosa centri coi Turks porta guai a non finire, quindi se li assecondo è solo perché non voglio che mi perseguitino.
Mi guardo intorno, notando altre due moto che sfrecciano giù da una vetta del canyon alle mie spalle, dirette verso di me. Sembrano… seguirmi. I piloti paiono giovani: uno ha i capelli corti tirati indietro con il gel, mentre l’altro li porta lunghi e sciolti. Di uguale hanno il colore bianco, che spicca sul nero dei loro vestiti; ho visto solo una volta capelli di quel colore, prima d’ora. “Sephiroth.” Penso, accelerando ancora di più, come per scappare da quell’idea, ma so già che non funzionerà.
Per tutti questi anni avevo creduto di essermelo lasciato alle spalle, o perlomeno di essermi abituato alla sua costante presenza nei miei pensieri, ma Sephiroth è il mio fantasma. Sephiroth è l’ombra di un sogno troppo grande per me e ciò che resta di un incubo durato troppo a lungo. Mi segue, sento le sue grida nel rombo della moto sotto di me, il sibilo del vento si confonde con quello della Masamune ed io mi accorgo di avere paura. No, sono terrorizzato, perché questa volta non so come combatterlo. Come si affronta un ricordo?
D’un tratto, dalla sabbia compaiono degli strani esseri neri come la pece, che mi corrono appresso cercando di raggiungermi. Schiaccio un pulsante appena sopra alla ruota anteriore e tiro fuori la spada, ringraziando mentalmente quel piccolo extra che avevo deciso di aggiungere per ogni evenienza. Mi giro, disintegrando i mostri più vicini con dei colpi ben assestati, ma loro continuano a formarsi dal nulla, rallentando la mia corsa. Il tipo dai capelli corti riesce ad accostarsi a me. –Dov’è la Madre? -  Dice, cercando di colpirmi con una specie di guanto elettrico, ma riesco a schivare il colpo e ad allontanarmi di nuovo. Sento degli spari alle mie spalle e alcuni proiettili mi sfrecciano accanto senza per fortuna toccarmi. Faccio lo slalom tra le bestie e le rocce del canyon, cercando di seminarli. Mi guardo indietro, non accorgendomi che il vero pericolo è davanti a me.
La moto del tipo dai capelli corti mi taglia la strada all’improvviso ed io riesco a saltarla per un pelo, ma lui mi si riavvicina e cerca di colpirmi. Paro il colpo con la spada e cerco di attaccare a mia volta, ma una fitta al braccio mi impedisce di reagire; questa volta è stata più forte delle altre. “Maledetto geostigma.” Quell’attimo di distrazione permette al mio avversario di tornare all’attacco, riuscendo a disarmarmi e a far volare la mia spada ad un bel po’ di metri di distanza. Riposto lo sguardo davanti a me e mi accorgo con orrore che l’altra moto si sta avvicinando. Si impenna in aria ed io mi ritrovo sotto di lui, con la pistola puntata alla mia testa. Accade tutto in un istante, ma è come se lo vedessi a rallentatore: il ragazzo dai capelli lunghi prende la mira, quasi sorridendo, e preme il grilletto. Chiudo gli occhi aspettandomi di morire, ma l’unica cosa che sento è una scia di fuoco sulla fronte, dove il proiettile mi ha preso di striscio strappandomi via gli occhiali della moto. L’altro termina la sua giravolta in aria ed atterra alle mie spalle con un tonfo, ma riprende subito l’inseguimento, imitato dai mostri che continuano a spuntare dal nulla, circondandomi. Mi aggrediscono da ogni lato, e fanno per saltarmi addosso quando… spariscono.
I due albini ghignano nella mia direzione e fanno dietrofront. “Che sta succedendo?” Decido di fermarmi; se avessero voluto uccidermi l’avrebbero già fatto. Freno e scruto le vette rocciose, notando un’altra moto e su di essa un ragazzo dai capelli bianchi tagliati a caschetto. Lui rimane fermo un istante, probabilmente ad osservarmi, poi se ne va ed io rimango solo in mezzo al canyon. Mi passo una mano sulla fronte, tergendomi il sangue che mi stava colando nell’occhio, e seguo con lo sguardo i movimenti di un elicottero che si sta allontanando: i Turks. Ora cercherò la mia spada, ma poi mi dovranno dare un bel po’ di spiegazioni.   
 
Reno
Sto facendo avanti-indietro per la stanza da quasi venti minuti e sento lo sguardo di Rude seguirmi in ogni movimento. –Ho chiamato Cloud. E no, non gli ho detto niente. – Dico, gettando il telefono sul divano. Un sopracciglio del mio collega si alza di scatto alla mia reazione improvvisa (o forse il motivo è che ha rischiato di beccarsi il mio cellulare in pieno viso, dato che ci è seduto sopra) ed io esplodo. –Qualcuno mi vuole spiegare cosa ho fatto di male?! Perché fra tutti gli amici che potevo trovarmi mi è capitato proprio il figlio di Strife? Beh, forse un po’ me lo merito, in fondo… ma non è questo il punto! Il punto è che quel... – Rude si schiarisce la voce censurando la frase, abitudine che ha preso dopo l’assunzione a tempo pieno di Elena nei Turks. - …s’è fatto scoprire! SCOPRIRE, zo-to, capisci?! Ed io adesso come glielo dico a quella testa di chocobo che suo figlio (che io non dovrei nemmeno conoscere) mi ha telefonato spaventato a morte perché ha scoperto il suo piccolo covo di vendetta segreto? – Lui si limita a guardarmi senza rispondere, come sempre, ma noto che ha mosso leggermente il mento nella mia direzione e lì mi si accende la lampadina. –Hai ragione, amico: perché mai dovrei dirglielo? Se la caveranno da soli. In fondo, qui abbiamo faccende più serie da sbrigare. – Annuisco, cercando di apparire soddisfatto del mio ragionamento (nonostante non riesca a fare a meno di sentirmi in colpa), lanciando una breve occhiata alla figura ammantata di bianco seduta sulla sua sedia a rotelle al lato opposto della stanza.
In quello stesso momento la porta si apre di scatto ed io mi getto contro l’intruso, ma il mio taser viene bloccato da una spada. Alzo lo sguardo, incontrando gli occhi severi di Strife, e mi ritraggo, per poi balzargli nuovamente addosso. “Adesso me la paghi!” penso, ma inaspettatamente lui mi schiva ed io mi ritrovo fuori dalla porta, che si richiude alle mie spalle. Sorrido mio malgrado. “Bella mossa, biondo.” Riapro l’uscio. –Quindi… - Comincio, ma lui mi chiude fuori a chiave, da come presumo dato il rumore della serratura. -…alla fine sei arrivato. – Borbotto, incrociando le braccia. –Rude, attento al ragazzo. – Ridacchio nel definirlo così nonostante i suoi 35 anni d’età, ma in fondo se li porta bene, almeno questo glielo devo concedere. Attendo di sentire un qualche tipo di gemito proveniente dall’interno, ma dopo un paio di secondi di silenzio devo rassegnarmi al fatto che il mio collega non l’abbia steso con uno dei suoi famosi pugni. “Perché non mi ascolti mai quando serve?”
-Bene, combatti come il Soldier che sostieni di essere stato. Non ti sei nemmeno arrugginito. - È stato il presidente a parlare, ed io vorrei tanto essere là dentro a vedere la faccia di Strife. -Rufus Shinra. - Dice. -Mi dispiace per te. – -Il giorno dell’esplosione… - -Cosa vuoi da me? - -…sono riuscito a scappare. - -Chi erano quelli che mi hanno attaccato? - -Prima… - -Me ne sto andando. – Attacco l’orecchio alla porta, felice di riuscire finalmente a capirci qualcosa dopo che i due hanno continuato a parlarsi sopra.
-Ci serve il tuo aiuto, Cloud. - Continua Shinra. -Non sono interessato. – Mormora l’altro. -Ammetto che la SHINRA debba molto al pianeta. Non è necessario dire che io e la nostra azienda siamo i responsabili dello stato infelice di questo pianeta, dunque è nostra responsabilità sistemare le cose. – Alzo gli occhi al cielo: così ci vorrà un’eternità. –Sono ancora qui fuori! – Grido. So che probabilmente non mi faranno entrare, ma almeno cercheranno di sveltirsi. Spero. -Come primo passo abbiamo investigato sugli effetti provocati da Sephiroth. – “Abbiamo?” Come se lui avesse contribuito in qualche modo. -Già, la caverna del nord. – Indovina perché lo so?! -…e cosa pensi che abbiamo trovato? Niente. Assolutamente niente. Puoi rilassarti. – Io ridacchio. Sì, rilassati Strife, tanto non sta succedendo niente di particolare… per ora. -Tuttavia non tutto è andato come ci aspettavamo. Siamo stati interrotti. – Appunto. -Erano i tre che ti hanno attaccato: la gang di Kadaj. - Stringo i pugni; me la pagherà, quell’albino di… -Kadaj? – Il biondo sembra confuso: pare che non abbia mai sentito questo nome in vita sua. Benvenuto nel club! -Pare che non vogliano farci finire quello che abbiamo iniziato. Davvero, che cosa possono volere? - -Io cosa centro in tutto questo? - Sbuffo. Perché tutti questi tentennamenti? –Sei dei nostri, vero?! - Urlo. A rispondermi è un suono metallico: probabilmente ha dato un calcio o un pugno alla porta. Beh, spero che si sia fatto male. -La gang di Kadaj è giovane e violenta. Molto pericolosa. Ecco perché abbiamo pensato che fosse un bene reclutare guerrieri. - -Vi è andata male, faccio il corriere ora. - -Sei tutto quello che abbiamo. Per favore, Cloud. Sei un ex Soldier, vero? – Colpo basso! Strife fa uno sbuffo divertito. –Nella mia testa. - Si avvicina alla porta e fa per aprirla, ma poi si ferma lasciandomi uno spiraglio per vedere all’interno. –Cos’è questa storia della madre? – Chiede. -Perché? Kadaj ti ha detto qualcosa? Non farci caso: è pieno di bambini che cercano la loro madre. Così va il mondo. Dicono che degli orfani vivono con te. Pensaci; non vorresti riportare il sorriso sulle loro labbra? E… su quelle di tuo figlio? – Il biondo si volta nella sua direzione di scatto. –Mio figlio deve rimanere fuori da questa storia. – Sibila, e per la prima volta mi trovo d’accordo con lui. -Tutto quello che vogliamo è ricostruire il nostro mondo, Cloud. – Lo rassicura Shinra, con quel suo fare diplomatico che mi dà tanto sui nervi. Sì, lo so, forse a volte farei meglio a starmene zitto, ma non posso fare a meno di aggiungere: -Forza, Cloud, pensaci, insieme possiamo ricostruire la SHINRA. -. -Non sono interessato. – Sbotta Strife, uscendo e dirigendosi verso la moto di servizio. –Reno! – Rude e il presidente esclamano il mio nome nello stesso momento, ed io non capisco se sia un rimprovero o semplicemente perché sto per rimanere nuovamente chiuso fuori.
 
   
 
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