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Autore: Koa__    10/04/2019    5 recensioni
Questa raccolta conterrà storie più o meno brevi, incentrate sulla coppia John Watson e Sherlock Holmes e (anche, ma non soltanto) sul loro ruolo di genitori.
La storia: "La geniale imperfezione di Sherlock Holmes" partecipa al contest "Tante navi per una palma" indetto da GiuniaPalma sul forum di EFP.
Alcune di queste storie partecipano alle Challenge dei gruppi: "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart" e "Aspettando Sherlock 5".
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Come galleggiare nel dormiveglia






 
Pericolosamente, realtà e sogno si confondono. S’allacciano  e rincorrono. Non sai più cos’è vero e che cosa invece no. Eppure sorridi, stupidamente. Anche se non dovresti perché tu sei Sherlock Holmes e odi sentirti in questo modo. Eppure sorridi. Lo fai in un sonno che è quasi veglia. Lo fai perché c’è una legge alla quale non si scappa e dato che sai che le sensazioni non sono mai irreali, non davvero. E tu sei troppo intelligente per ignorarle, per non dedurre ogni cosa di ciò che ti circonda, catalogandolo nel tuo palazzo mentale con meticolosa precisione. L’odore è il suo, quello di John. Il calore che si è creato sotto le coperte ti riscalda sino alle punte dei piedi, che s’arricciano al pensiero di quanto sta succedendo. Che è un niente se non dormire, dormire e basta. Un dormire, sufficiente a farti sentire stupidamente felice. Perché John è lì con te, nella tua stanza e ti dorme accanto. Ti vive addosso, e dentro, e forse neppure lo sa. John che ha un cuscino che è il suo e che ha riempito metà del tuo armadio con pile di abiti piegati con rigorosa e militaresca precisione. John che ha ribadito che è soltanto per comodità e per dare a Rosie una stanza tutta sua, e tu che hai annuito convinto che avesse ragione. Sicuro che non ci fosse differenza tra il dividere un letto e un appartamento. Tu che ti sbagliavi e che da giorni non dormi bene, tu che crolli perché esausto e soltanto al mattino quando lui è ormai al lavoro. Tu che non puoi non pensare alle implicazioni che questo vostro dividere un letto sta portando, anche se non vorresti. Eppure il sonno non arriva, non lo fa mai. Non la notte almeno. E intanto lui dorme al tuo fianco e tu sorridi, perché John Watson sa essere ligio al dovere anche mentre è nel mondo dei sogni. Dorme in un piccolo spazio. Si agita poco. Non parla, non russa. Probabilmente non c’è nemmeno e tu stai solamente sognando. D’altronde, a galleggiare nel dormiveglia non sei nient’altri che tu. Tu che ora lo senti muoversi impercettibilmente. Parlare, forse. Mormorii incomprensibili, ma che hanno il potere d’attirare la tua attenzione. John si dimena. Un incubo, deduci immediatamente. Uno che ti riguarda, dato che biascica il tuo nome e che a un momento urla un: “No” piuttosto secco che si espande per la stanza, facendoti sobbalzare. John suda di terrore, insegue qualcosa che non potrà mai raggiungere. E soffre, quasi piange. Allunga un braccio verso l’alto come a voler afferrare un qualcuno che non potrà mai prendere. Tu lo guardi, e non sai che fare. E soffri come un dannato perché hai capito perfettamente di che natura è il suo incubo. Ma come aiutarlo? Come? Sei la causa dei suoi deliri notturni, non avresti neppure il diritto d’avercelo nel letto.



Sherlock.
Sherlock, non…
Sherlock, non buttarti.

 


La sua voce ora è più chiara, tanto che se non fossi sicuro che sta sognando penseresti che è sveglio. No, John dorme e piange. E si dimena pericolosamente. Scalcia, quasi. Ha bisogno di te, ora. E tu non sai che fare. Svegliarlo sarebbe l’ipotesi peggiore, non faresti che peggiorare il suo stato emotivo. Dovresti tentare di tranquillizzarlo, provarci almeno. Il tuo primo pensiero va al violino, in passato lo hai già usato e sai che lui si calma sempre quando intoni una melodia delicata. Ma adesso non vuoi. Perché dovresti alzarti, andare in soggiorno, e accordare lo strumento, e in verità non desideri sposarti da dove stai. Quindi pensi a qualcos’altro, qualcosa che con Rosie funziona sempre e lei è una Watson. Una piccola John. E avere in comune il patrimonio genetico dovrà pur significare qualcosa. E quindi t’avvicini, con calma e studiata lentezza. Prima è un braccio che corre a cingergli la vita e poi la sua testa si posa contro al tuo petto. È un abbraccio lieve, delicato. Non è niente e al tempo stesso è tutto, tutto quanto. È quello che provi, quello che prova lui. Quello che non vi siete detti e che se fosse per voi non vi direste mai. È un abbraccio che serve, perché lui si calma e probabilmente anche tu. Perché ora respiri, sempre più lentamente. Tu che piano t’addormenti e che non ti preoccupi di quello che succederà domattina: le implicazioni che ci sono e che ormai sono evidenti, i discorsi che farete. Non pensi al bacio che vorresti dargli, a quello che vorrebbe darti lui. Non pensi a quello che t’è mancato da sempre e che John ha riempito semplicemente entrando nella tua vita. Non pensi e presto lo abbracci, stringerlo a te è così facile. Facile come galleggiare nel dormiveglia.
 


John.
Il mio John.




Fuori ha preso a piovere, lo sai per via del ticchettio che le gocce fanno sui vetri. Lo sai per i lampi che illuminano la stanza a giorno. Per il tuono che romba subito dopo. Per Rosie che non si agita, se non in un respiro un po’ più pesante del normale, e che ascolti grazie al baby monitor perennemente acceso sul comodino di John. Sì, fuori piove e tu accentui l’abbraccio, sotto le coperte. Al caldo. Sospiri appena, e il tuo cuore palpita. E i sensi si lasciano andare. Cullato da quella sensazione meravigliosa che altro non è che il desiderio d’essere amati in quel modo. Nel modo in cui abbracci e baci e dormi sotto le coperte con qualcuno accanto. Forse, forse ci penserai domani alle conseguenze. Per ora non t’importa. Per ora c’è solo la pioggia, che è adesso è meglio di un qualsiasi Bach tu abbia mai ascoltato in vita tua. La pioggia che ne sa più di Chopin e che fa impallidire Mozart. Voi e lei, il respiro di Rosie in lontananza. Quello di John che ti dorme addosso e che accentua la stretta che ora ha su di te. John che ti ama e che ti bacerà perché sì, lo farà. Appena si sveglierà. John che sarà facile come respirare, come galleggiare nel dormiveglia.
 
 




Fine
 
 




Note: Buttata giù di getto questa sera, con questo stile per me molto facile da usare. Solo per il bisogno di scrivere qualcosa di diverso rispetto alla long a cui sto lavorando ora e che mi sta risucchiando le energie.
Grazie a tutti coloro che hanno letto sin qui e soprattutto a chi ha lasciato una recensione a tutti i capitoli precedenti.
Koa
   
 
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