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Autore: FreddyOllow    11/04/2019    0 recensioni
Il cielo casca sul mondo ignaro dell'imminente distruzione. La musica del silenzio prepara l'ascesa al caos. Case, strade, città, tutto viene distrutto, bruciato dalle fiamme, disintegrato dalle bombe. L'odio affligge i sopravvissuti e la speranza rincuora i forti. Il cielo dipinge colori tetri, anneriti dal dolore e dal canto di mille tuoni. La terra muore, lacerata dall'uomo avido, corrotto. Sorge una nuova Era, come un alba splendida tra le fessure del male...
Genere: Avventura, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Urla, gemiti, grugniti. La comunità era stata travolta. I Runner avevano sputato le ossa e si preparavano a fare terra bruciata tutt'attorno, com'era successo già a molte comunità. Nathan era rimasto lì ad ascoltare tutto, muoveva solo le braccia, la testa, ma le gambe non funzionavano, non ancora. Cadde dal letto, strisciò carponi verso la finestra, ci si arrampicò e spiò fuori. I corpi senza vita giacevano uno sopra l'altro vicino al cancello. I Runner correvano senza sosta, uccidendo e massacrando di pugni e graffi la vittima. La sua stanza non era stata travolta da quell'onda di Runner che aveva letteralmente spazzato via la piccola resistenza al cancello. Poi come un lampo ecco la risposta: "Puzzò di morte!"    I Runner avevano un olfatto molto elevato e occhi molto deboli. La febbre nera che aveva quasi ucciso Nathan, in qualche modo gli aveva salvato la vita. Più guardava quel massacro, più non capiva perché la maggior parte dei cadaveri si trovava a ridosso dei cancelli. "Come hanno fatto ad entrare se il cancello è intatto? Da dove arrivano?"Nathan era confuso.          Il cancello era stato riparato in fretta e furia e dietro di esso erano state messe moltissime cianfrusaglie. Molte guardie erano state messe sui camminamenti lungo la palizzata. Avevano prodotto lance rudimentali con quello che avevano trovato. Qualcuno spalancò la porta e la chiuse dietro di sé, ansimando. Era Eva, sguardo terrorizzato, gli avambracci sporchi di sangue e un accetta in ferro nella mano sinistra. Nathan la guardò per un istante. Lei, spaesata e accigliata, fissava il letto vuoto dove un momento prima c'era Nathan. Poi lo vide, in penombra, accanto alla finestra. Corse da lui, i suoi occhi meravigliati dal fatto che si fosse mosso da solo. 

"Non riesco a muovere le gambe" Patrick batté una mano sulla gambe destra. "Cosa è successo?"
"Dobbiamo andarcene, Nathan!" Eva si avvicinò a lui e lo prese da sotto un braccio, ma era troppo pesante per lei. 
"Lasciami" Patrick spinse le mani della donna, che abbassò gli occhi. "Dimmi cosa è successo?"
"I feriti" Eva indicò l'infermeria con la testa "Una donna aveva preso la febbre nera, ma..."
"Maledizione!" Patrick strisciò verso il letto e si mise seduto come meglio poteva "Cosa hai fatto alle mani?" indicò con il capo gli avambracci di lei.
Eva li osservò per un attimo "E' sangue umano. Non sono infetta."
"Qui siamo al sicuro, credo." Patrick batté forti le mani sulle gambe, la destra si mosse di poco. "Devo aspettare che le mie gambe..."
"Sì. Dobbiamo aspettare." Eva si sedette accanto a lui "Julien mi ha detto che i Runner sono confusi dall'odore di morte. Cosa voleva dire?"
"Secondo te perché non hanno attaccato questa stanza?" Patrick si palpò le cosce con le dita, come per massaggiarle.
"Non lo so" Eva era confusa.
"Puzzo di morte, Eva." Patrick la guardò negli occhi "Riesci a sentire il mio odore? Il mio tanfo? Senti il marciume che ho addosso." L'uomo inclinò la testa per fargli annusare il collo.
"Non serve, Nathan" Eva abbassò gli occhi "Lo sento da quando sono entrata. Fuori c'è lo stesso odore."
"Ora sai perché non mi hanno ucciso." Patrick distolse lo sguardo da lei e rimase in silenzio per un po'. "Quindi... sono stati i feriti?"
Eva annuì lentamente "Julien lo sapeva. Da quando Cassandra gli ha detto che eri ammalato di febbre nera, si è accertata che i feriti non avessero preso questo tipo di... malattia. Ha ordinato ai familiari e amici di lasciare l'infermeria e di metterla in quarantena, ma non l'hanno ascoltata." guardò il pavimento "Quando è scoppiato il caos, le guardie all'interno non distinguevano i malati dai sani, e alla fine... Beh, è successo quel che è successo..."
"Come sai che è andata così?" Nathan fece la domanda più per curiosità, che per altro.
"Ero là." Eva sospirò "Stavo convincendo la gente a lasciare la stanza. Come io aveva fatto con te, anche se a malincuore." Eva cercò la mano di Nathan, ma lui la ritirò al tocco. "Non mi hanno ascoltata, ma solo presa a insulti. Quando ho visto la donna mordere il braccio del marito, è scoppiato il caos. Sono corsa via, o almeno ho provato a farlo. Appena ho cercato di aprire la porta, ho capito che ci avevano chiuso dentro. Un uomo mi ha raggiunto e si è messo a colpire la porta con l'accetta. Non appena sono uscita fuori, l'uomo è stato afferrato alle spalle..." sospirò e chiuse gli occhi per un istante "Ha lasciato cadere l'accetta e l'ho raccolta velocemente. Altri uomini mi hanno raggiunta, cercando di fermare i feriti impazziti. Io... Io sono corsa da te." Si voltò verso Nathan, sorridendo, ma lui non ricambiò. La donna ritirò il sorriso e abbassò gli occhi.
"Come sai che Julien è nello scantinato?" Nathan serrò gli occhi.
"L'ho vista poco prima che venissi da te." Eva pose l'accetta sul comodino malridotto "Era insieme a un uomo e due donne. Mi ha guardata per poco, poi ha chiuso le porte. C'era altra gente che correva verso quella cantina, cercando di aprirla e chiamare Julien, finché i feriti... è stato un massacro."
"Non è da Julien abbandonare gli altri? Né sei sicura?" Nathan notò che la sua gamba destra era tornata come prima, solo la sinistra non dava ceni di vita. Mosse la destra, aprendo e chiudendo la gamba. 
Eva sorrise "Riesci a muoverla. E l'altra?"
Nathan ignorò la domanda "Sicura che era Julien?"
"Sì" Eva lo guardò triste negli occhi "Ti ho fatto qualcosa, Nathan? Mi sembri... strano?"
Nathan si schiaffeggiò la gamba sinistra. Non sentiva dolore. Non sentiva nulla. "Passami l'accetta!" il suo tono di voce era rabbioso.
"Che vuoi fare?" Eva spalancò gli occhi, il fiato corto.
Nathan sbuffò nervoso e allungo la mano verso l'accetta sul comodino, ma Eva l'afferrò velocemente.
"Dammi l'accetta, Eva!" Patrick la guardò infuriato.
"No!" Eva si alzò dal letto e indietreggiò un poco "Stai impazzendo? Non voglio..." gli occhi lacrimarono "Non ti darò l'accetta..." strinse forte le mani intorno all'impugnatura "Se fai un altro passo... Io..." scoppiò a piangere, mentre indietreggiava.
Nathan si alzò sulla gamba destra, la sinistra sembrava penzolargli. "Dammi l'accetta." La sua voce era calma e serena. Zoppicando, si diresse verso Eva, il palmo della mano aperta. Lei sbatté le spalle contro la porta e sussultò per lo spavento. Lui si fermò a pochi passi da lei "Non ti farò del male, nemmeno se lo volessi". Eva lo guardò negli occhi e abbassò l'accetta. Lui sorridendo, le tese la mano. "Non sono pazzo, ma ho paura che tu lo sia." 
"Non ti credo!" Eva, spalle alla porta, cercò con la mano la maniglia "Tienila!" buttò l'accetta ai piedi di Nathan, aprì velocemente la porta e la chiuse altrettanto veloce dietro di sé. Corse per il piazzale disseminato di morti e raggiunse la pila di cadaveri davanti alle porte della cantina, dove era scesa Julien. Nessun ferito era in giro. "Nessun folle" si ripeteva a sé stessa. "Devo solo bussare. Devo solo chiamare Julien. Lei mi aprirà." bussò forte, guardandosi in giro terrorizzata. I suoi occhi si posarono su ogni angolo; edifici e casse, rocce e strade. Bussò ancora, ancora e ancora. Dall'altra parte sembrava non esserci nessuno. 

Nathan raccolse l'ascia, zoppicò fino al letto e si sedette. Controllò la lama da cima a fondo. Non c'erano tracce di sangue nero o sangue normale. Poi con una delle due punte dell'acciaio, si strappò una piccola parte del pantalone. Ora la pelle era visibile. Il colorito era normale, nessuna venatura nera, nessuna macchia violacea. Mise la punta della lama contro la pelle della coscia, all'altezza del ginocchio e premette debolmente. Un poco di sangue sgorgò fuori, denso, rosso, normale... Non era infetto. La gamba si sarebbe ripresa, ma non sapeva quando. Sospirò e buttò fuori tutte le sue precauzioni. Il suo pensiero volse a Eva "Non dovevo trattarla male. Non stavo per morire. Sono un idiota!" Si alzò dal letto e raggiunse zoppicando la porta. La ferita non sanguinava più di tanto, ma sarebbe bastato ad attirare i Runner, persino con il tanfo della morte impregnato addosso. Si pulì la ferita con la stoffa del suo stesso pantalone e aprì la porta. Proseguì un poco. "Odore di morte" pensò fra sé. Poi sentì qualcosa. Un picchiare rabbioso e continuo. Strinse l'ascia nella mano e si diresse verso l'origine del rumore. Era sorpreso nel vedere che intorno non c'era nessuno. Solo gli occhi vitrei dei cadaveri squartati lo seguivano silenti nel suo cammino. Quando svoltò l'angolo dietro l'edificio, che un tempo era la mensa della comunità, vide Eva. Lei si fermò di colpo, pietrificata, gli occhi di lei impauriti e attenti sull'accetta di Nathan. Eva cercò con lo sguardo una via di fuga. Dentro di sé la paura cresceva e lentamente la divorava. In ogni direzione, in ogni angolo poteva cadere impasto ai Runner o peggio ancora, alla follia omicida di Nathan. "Devo rimanere tranquilla. Devo rimanere tranquilla. Devo rimanere tranquilla" ripeteva a sé stessa all'infinito.

Nathan buttò l'accetta davanti a sé "Non mi serve più. Grazie." 
Eva si accigliò confusa "Non... non sei pazzo... Non lo sei... No, non sei pazzo..." lo guardò da capo a piede, scrutando ogni movimento facciale o del corpo. Cercava un singolo pretesto per dar voce ai suoi pensieri che gli dicevano "E' pazzo... Ti farà del male... Vattene via... Non gli credere..." 
Nathan zoppicò verso di lei, ma Eva indietreggiò "Non ti avvicinare, Nathan. Stammi lontano. Io non ti credo!" gli occhi rossi dal pianto, cominciarono a riempirsi di nuovo di lacrime. 
"Ho sbagliato a trattarti male, prima" Nathan si fermò "Pensavo... beh, pensavo fossi infetto. Non volevo che ti avvicinassi a me. Non volevo infettarti, Eva". Prese l'accetta.
"Che vuoi fare?" Eva era pronta a scattare via in qualsiasi direzione.
Nathan lanciò l'accetta ai piedi di lei "Prendila! Se credi che voglia farti del male, allora uccidimi." allargò le braccia in un gesto di arresa. 
"Non..." Eva raccolse l'accetta senza distogliere lo sguardo "Non voglio ucciderti, Nathan. Ho paura a starti vicina. Mi hai trattato come..." indicò con la testa i morti che giacevano a terra, lo sguardo fisso sull'uomo "...La gente mi ha trattata così, prima di scaraventarsi addosso a me o agli altri." Abbassò lo sguardo esausta. 
Nathan si avvicinò lentamente a lei, le braccia tese in aria. "Perché pensi questo di me? Sono sempre io. Non sono impazzito. Guardami. Ti sembro impazzito? Ti sembro come loro? Ho mai cercato di... ucciderti?" ora era a un passo da lei.
"No..." Eva lo guardò negli occhi lacrimati e sorrise, in quella curvatura c'era solo tristezza e sofferenza. "Non volevo ucciderti se tu..."
"Non preoccuparti" Nathan l'abbraccio stretta a sé, la testa di Eva sul suo petto, le mani dell'uomo accarezzavano dolcemente i suoi capelli "Sono qui, Eva. Non preoccuparti."
Lei pianse, finalmente. Buttò fuori tutto quello che aveva dentro. Ogni dubbio era defluito insieme a quel pianto salato. Da quell'abbraccio non voleva più separarsene. Voleva sprofondarci, per sempre. 

Poi sentirono un rumore. Qualcosa stava accadendo dietro le porte dello scantinato. Nathan impugnò con due mani l'accetta, e protesse Eva dietro le sue spalle. Erano passi quelli che sentivano, susseguiti da un colpo secco. Poi lentamente si aprì la porta dello scantinato. Nathan si preparò a sferrare un attacco, quando vide Julien che saliva le scale con gli indumenti e il viso inzuppati di sangue. I suoi occhi si posarono su Nathan e poi su Eva. In mano aveva un coltello da caccia insanguinato fino all'elsa. 

"Julien!" Nathan abbassò l'arma "Sei viva."
"Già" Julien gli diede le spalle e guardò giù nello scantinato "Ho fatto il possibile..."
"Mi hai abbandonata, Julien" Eva avanzò verso di lei "Mi hai guardata. Hai visto che ero in difficoltà e hai preferito chiuderti dentro una cantina!"
"Eva, non è il momento di litigare" Nathan gli pose una mano sulla spalla, ma lei si levò dalla presa.
Eva arrivò affianco a Julien, i suoi occhi si posarono immediatamente verso la scalinata. Ai piedi del primo gradino c'erano otto corpi riversi in una pozza di sangue e le pareti erano state dipinte con lo stesso colore. Nessuno dei visi sembrava umano. Eva si irrigidì, impaurita. 
"Ho fatto il possibile..." ripeté nuovamente Julien "E' bastato solo uno..."
Nathan si affiancò a loro, guardando il tetro panorama "Erano infetti?"
"Non lo so..." Julien distolse lo sguardo dai corpi "E' successo tutto così in fretta..."
"Forse qualcuno si è nascosto qui prima di te" suggerì Nathan "Sapevano cosa sarebbe successo. Non tutti avrebbero affrontato il problema nello stesso modo."
"Ho dovuto farlo..." Julien era molto scossa.
"Dobbiamo andarcene." Disse Nathan "In questo posto c'è solo morte. Non vedo però dove siano finiti tutti gli infetti." si guardò attorno.
"E' sangue infetto quello che hai addosso, Julien?" Eva la guardò confusa.
"Non lo so" rispose Julien, guardandosi le mani insanguinate. 
"Se fosse sangue infetto, non staremo qui a parlare" disse Nathan "Ora è meglio andare"
"Dove?" Domandò Eva.
"Lontano da qui."
"Nella cantina c'è una galleria" rispose Julien.
"Una galleria?" disse sorpreso Nathan, poiché non conosceva l'esistenza di questa galleria"Come mai non ne hai mai parlato?"
"Perché l'ho scoperto solo oggi" rispose Julien.

Scesero le scale, passando accanto ai cadaveri e inzuppandosi le scarpe di sangue. Svoltarono a destra, in una piccola stanza piena di casse e scaffali per lo più vuoti. S'incamminarono lungo un corridoio illuminato da quattro torce, accese precedentemente da Julien, e quando arrivarono davanti alla porta di legno, che conduceva alla galleria, Julien si fermò e prese la torcia. "La galleria è buia. Fate attenzione dove mettete i piedi. Non vorrei ci fossero pozzi o cose simili."
"Lo hai già percorsa questa galleria, giusto?" domandò Eva.
"Sì, ma di fretta e non tutta" rispose Julien "E da sola"
"Sola?" disse Nathan "Quindi sei tornata indietro per uccidere la gente infetta?"
"Diciamo di sì" sospirò Julien. "Era la mia gente."
"Perché mi hai abbandonata, Julien?" Eva lo voleva sapere a tutti costi.
"Non c'era tempo, Eva" Julien abbassò gli occhi "Se ti avessi aspettata, gli infetti sarebbero entrati nella cantina... Dovevo farlo."
"Non mi inseguiva nessuno" rispose Eva "Stai mentendo!" i suoi occhi si accesero.
"Credi a quello che vuoi" tagliò corto Julien.
"OK, ora basta!" Nathan alzò la voce "Muoviamoci, prima che gli infetti scendano giù e ci fanno a pezzi!"

Proseguirono lungo l'oscura galleria rocciosa. Julien, torcia in mano, s'incamminò accertandosi che il terreno fosse solido, seguita da Eva e Nathan che copriva loro le spalle. Ogni tanto Nathan si voltava credendo di udire un rumore, ma non c'era nessuno. L'istinto gli diceva di non dare le spalle all'oscurità e perciò si voltava in continuazione. Il terreno era roccioso, così come le pareti. La luce della torcia faticava a raggiungere il soffitto e in alcuni casi persino i muri. Il percorso serpeggiava diverse volte, ma seguiva sempre una sola strada. Non c'erano biforcazione, ne salite, ne discese. La galleria era stato costruito da persone, pensò Nathan. C'erano alcune travi di legno a sostegno di alcuni punti nella galleria, alcuni di essi erano marciti, altri spezzati. Dopo duecento metri, sbucarono in una grande stanza. Cinque carrelli minerari, con dentro diversi picconi, erano ammassati vicino a una colonna rocciosa. 
"Una miniera" disse Eva.
"Guarda i carrelli" Nathan gli indicò con il dito "La ruggine gli ha completamente divorati"
"E con ciò?" 
"E' una miniera che ha un centinaio di anni... forse anche più."
"Ma non puoi esserne certo" 
Julien non fece caso alla loro discussione e proseguì oltre. I Carrelli, illuminati dalla torce, vennero inghiottiti nuovamente dall'oscurità. Nathan e Eva proseguirono accanto. La sala in cui camminavano, era ampia, e il soffitto alto trecento metri. 
"Sapevi l'esistenza di questo posto, Julien?" domandò Nathan. 
"No."
"Eppure era sotto i nostri piedi. C'era una caverna così alla comunità di Patrick..." Nathan rimase in silenzio per un poco, pensando se quella fosse una caverna mineraria o meno. "Nell'aria c'è odore di carbone, lo sentite?"
"Lo sento da quando sono entrata nella galleria" rispose Eva.
"Deve esserci del carbone qua sotto, forse." disse Nathan "Forse estraevano Carbone? Oro? Diamanti?" sorrise a Eva.
"Quanto vorrei un diamante" Eva sospirò "Una collana puntellata di diamanti, o un bracciale, o un anello."
Julien sbuffò irritata, ma non disse niente.
"Se lo trovo sarà tuo" disse Nathan "Un prezioso diamante, per una preziosa e bellissima donna" sorrise e accarezzò con un dito delicato le guance di Eva, che arrossì.
Julien, volto arrossato dalla rabbia, si fermò e guardò i due. "Basta!" Nathan e Eva si guardarono confusi. "La volete smettere di parlare? Può esserci di tutto dentro questa oscurità!" i suoi occhi lanciarono fiamme "Fate silenzio!" 
Julien mentiva. L'affetto e l'amore che Nathan nutriva verso Eva, la riempiva di odio. Dentro di sé provava qualcosa per lui, ma non sapeva cosa. Il ricordo di Scott era ancora vivido, e lei si domandava spesso se questo suo sentimento verso Nathan non fosse in realtà falso. Era gelosa? O invidiosa? Non sapeva rispondere a questa domanda. Aveva strappato un bacio a Nathan, si era pentita di averlo fatto, ma non sopportava quando lui mostrava amore verso Eva. Julien avvolte si sentiva nel torto, la terza incomodo, ma come poteva far tacere le sue emozioni? 
"Devi calmarti, Julien" disse Nathan, mettendogli una mano sulla spalla "Dietro di noi c'è solo morte. Sono sicuro che qui dentro non ci sia nulla. E poi già ci sei passata, giusto? Quindi perché preoccuparci."
"Perché non sono arrivata alla fine di questa galleria" rispose secca Eva "Se continuate a parlare, qualsiasi cosa ci sia oltre questa oscurità può sentirci e saltarci addosso."
"Non c'è odore di putrefazione. Siamo al sicuro" sorrise Nathan "Dobbiamo solo trovare l'uscita."
Il viso di Julien rimase inespressivo.
"Patrick aveva ragione nel dire che saremmo tutti morti" rispose Eva, lanciando occhiate intorno "Lui sapeva... Dovevamo ascoltarlo..."
"Ascoltarlo dici?" Julien scosse la testa "Sei stata la prima a voler rimanere, perché non volevi abbandonare Nathan. E ora dici che dovevi ascoltarlo? Ma ti ascolti quando parli?" serrò gli occhi.
"Tu ce l'hai con me, Julien! Mi hai abbandonata perché mi volevi morta!" Eva gli puntò il dito "Non credere che io non sappia perché l'hai fatto. Volevi stare con Nathan, non è vero? Pensi che io sia tanto stupida da non vedere come lo guardi, eh?"
Nathan spalancò gli occhi. Che Eva era a conoscenza del bacio che Julien gli aveva dato?
Il volto di Julien s'infiammò, ma non disse una singola parola. D'altronde, come poteva? Quello che Eva stava dicendo era tutto vero, o quasi; tranne la parte in cui la voleva morta.
"Forse è meglio continuare" disse Nathan imbarazzato.
"Forse è meglio!" rispose Eva, a un passo dall'esplodere di rabbia, ma cercò di rimanere calma.
Julien si voltò e s'incamminò, cercando anche lei di reprimere la sua rabbia.  

Per un lungo periodo nessuno parlò. Il rumore dei passi, echeggiava da una parte all'altra quasi all'infinito. Piccole pietre crepitavano sotto le loro scarpe, producendo un inquietante rumore. La luce della torcia brillava nell'oscurità, divorando man mano la strada davanti a sé, per poi venire a sua volta divorata dalle ombre dietro di essa. Le pareti rocciose si restringevano fino a poterle toccare allungando un braccio, e passo dopo passo il soffitto si abbassava quasi a sfiorare le loro teste. 
"Delle rotaie" Julien le indicò. Tutti si fermarono.
"Perché solo qui?" domandò Nathan.
"Che vuoi dire?" 
"Prima d'ora non abbiamo incontrato delle rotaie. C'erano carrelli, picconi, ma niente rotaie."
"Quindi?" Julien aggrottò al fronte.
"Non so, mi sembra strano" Nathan serrò gli occhi pensieroso "Perché portare dei carrelli senza usare le rotaie?"
"Le avranno tolte, immagino." Julien fece spallucce.
"E chi, allora?"
"Hai detto che questo posto forse ha cento anni. Sarà stato chi lavorava qui."
"Sì... Potrebbe essere così."
"Continuiamo a muoverci." disse Julien, incamminandosi per prima, senza aspettarli.

Il fuoco della torcia si stava lentamente affievolendo, quando Julien incalzò il passo; ora era difficile vedere a più di venti piedi. La strada girava prima destra, centocinquanta metri dopo a sinistra, e sessanta metri a destra. Attorno loro le pareti di roccia si chiudevano, e sembrava di marciare in un cunicolo. L'ultima rotaia rimase dietro di loro. 
"Questo posto non mi piace per niente" disse Eva, accostandosi quasi addosso a Nathan "Ci sarà un uscita almeno?"
Julien non rispose.
"Ci sarà, tranquilla" Nathan gli sorrise e l'avvolse con un braccio affettuoso. Eva ricambiò il sorriso e si sentì rassicurata.
Julien fece finta di non vedere "Abbiamo forse dieci minuti di luce, prima che la torcia si spenga. Dobbiamo aumentare il passo."
"Pure voi faticate a respirare?" rispose Eva, il suo respiro diventò più intenso.
"Sì. Non è un buon segno" disse Nathan.
"Non possiamo tornare indietro" Julien fece ceno con la testa di camminare "Né sprecare altro tempo. Dobbiamo arrivare alla fine di questa galleria o qualunque cosa esso sia, prima che si spenga la torcia, o sarà impossibile trovare l'uscita."

Camminarono e camminarono. Tutto sembrava uguale a prima, eccetto per le rotaie. Eva era affaticata, la fronte grondava sudore, e si lamentava di continuo con Nathan. Julien proseguiva senza voltarsi, ma anche lei sentiva l'aria diminuire. Nathan invece, aveva notato che l'odore di carbone non c'era più, e non sapeva dirsi quando era sparito. D'un tratto arrivarono nei pressi di un arco. Su di esso, sulla parte superiore, Julien vide qualcosa e avvicinò la torcia. C'erano delle parole marchiate con del spray nero su un cartello di legno con i bordi marciti. "Le gallerie sono crollate. Tornare indietro." Julien si fermò a pensare.
Eva gli si avvicinò con gli occhi spalancati dalla paura. "Lo sapevo, lo sapevo. Non c'è un uscita. Non più!" si girò verso Nathan "Moriremo tutti qua sotto! Non voglio morire!" Eva scoppiò in un pianto isterico e Nathan l'abbracciò, tentando di tenerla ferma. Lei riempì il suo petto di pugni e schiaffi.
Julien non si voltò nemmeno. Rimase immobile come una statua, seguendo continuamente dall'inizio alla fine le parole del cartello.
"Calmati, Eva. Calmati" disse invano Nathan "Devi calmarti! Guardami! Guardami! Così, brava. Ti ho mai mentito? Ecco, brava. Non l'ho mai fatto e non lo farò ora. Adesso ascoltami, ok?" Nathan li asciugò le lacrime con la manica. "Presto usciremo da qui e tutto questo sarà solo un brutto ricordo, ok? Ora calmati. Stai serena." 
Eva si rannicchiò contro il muro, le mani attorno alle ginocchia, la testa che dondolava avanti e indietro.
Nathan si accostò a Julien, i suoi occhi erano freddi, inespressivi. "Non sappiamo se il cartello dice il vero." Nathan cercò il suo sguardo, ma lei continuò a fissare le parole, la torcia che crepitava "Hai detto che dobbiamo continuare, quindi andiamo" voltandosi, andò da Eva e cercò di farla alzare lentamente. 
"Non voglio morire, Nathan." disse Eva quasi in un sussurro.
"Troveremo l'uscita, vedrai." rispose Nathan, sorridendogli. Poi insieme a Eva, si avvicinò a Julien. "Andiamo!"

Julien s'incammino per prima, anche se non aveva detto una sola parola. La luce della torcia illuminava le pareti rocciose che in alcuni punti erano bagnate, in altre scavate o crollate. Ad ogni passo il terreno sotto i loro piedi diventava fanghiglia.
"Forse ci stiamo avvicinando all'uscita. C'è terra qui" disse Nathan con un lieve senso di rassicurazione.
"O forse è un lago o fiume sotterraneo" rispose secca Julien, che non aveva per niente intenzione di sperare nella buona sorte. Ogni volta che lo faceva, qualcosa di brutto accadeva e lei non voleva che succedesse proprio ora.
"Beh, porterà da qualche parte, credo." Nathan fece spallucce.
Julien non disse nulla.
Eva, occhi arrossati dal pianto, affiancava Nathan e si guardava attorno circospetta. Ascoltava, ma non parlava. Aveva paura delle sue parole e la sua mente poteva tradirla, facendogli emergere pensieri cupi e negativi. Cercava di rimanere calma e di non dar voce ai pensieri che l'assillavano di continuo. "Morirai qui... Lui ti mente... Non troverai mai l'uscita..." gli bastava guardare Nathan per trovare quel poco di sollievo che le permettesse di non impazzire. 
L'aria diventava più putrida, ma si poteva respirare meglio rispetto a prima. Si coprirono i nasi con una mano. La puzza diventava sempre più forte, quasi insopportabile. Il fuoco della torcia crepitava, quando svoltarono a destra e si ritrovarono davanti a una recinzioni di ferro arrugginita alta tre metri. Sulla parte superiore correva del filo spinato corroso dal tempo. Julien vide un cancello chiuso con una catena e un lucchetto.
"Forse posso romperlo" Nathan alzò l'ascia e sferrò un colpo forte e deciso sulla catena. Il rumore del ferro contro ferro echeggiò attorno a loro, come se il colpo provenisse dai profondi meandri della galleria. Provo e riprovò ancora, ma senza successo. Eva si guardò continuamente alle spalle; la paura che qualcosa di nascondesse dentro l'oscurità, la stava divorando dall'interno.
Julien se ne stava ferma, osservando ogni minima parte del cancello o della recinzione che avesse una sola fessura per poterla rompere e passarci attraverso. Tutto era intatto, a parte la ruggine. D'un tratto la catena si ruppe a metà e cadde a terra. "Finalmente! Il lucchetto sarà facile da rompere, forse" disse Nathan con il fiato corto. Poi udirono qualcosa alle spalle. Un suono lontano, molto lontano. Nathan si voltò indietro. Julien fece lo stesso, allungando più che poté il suo braccio verso il buio in modo da illuminare meglio lo stretto cunicolo da cui erano venuti. Eva tremava dalla paura e si appiccicò a Nathan. 
"Runner?" Nathan serrò gli occhi.
"Forse" Julien corrugò la fronte.
Eva scoppiò a piangere.
"Merda!" imprecò Nathan, tornando vicino al lucchetto e lasciando Eva sul posto. "Devo sbrigarmi!"
Julien si ritirò vicino al cancello, lo stesso fece Eva coprendosi il viso lacrimato con le mani.
Un colpo, due, tre. Nathan mise tutto sé stesso per distruggerlo. Le grida e le urla si amplificarono e l'eco divenne insopportabile. Eva si coprì le orecchie. 
"Veloce, Nathan! Veloce!" urlò Julien.
"Questo fottuto lucchetto non vuole rompersi!" Nathan continuò a colpirlo senza sosta. Sentiva bruciare i polmoni dallo sforzo e la fronte grondava sudore, come il resto del corpo.
Il lucchetto cadde a terra. Dall'oscurità emerse il primo Runner, che si stava scagliando contro Eva. Julien lo colpì al braccio con la torcia e la sua lurida camicia prese fuoco. Si dimenò cercando di togliersi le fiamme di dosso, quando sopraggiunsero come un fiume in piena altri Runner. Julien lanciò la torcia contro una donna dal viso pieno di vesciche, colpendola in faccia e infiammandogli le poche ciocche di capelli che aveva. Nathan spinse il cancello, un suono stridulo, metallico, e fece passare Eva. Julien fece in tempo a insinuarsi, quando Nathan spinse il cancello e lo sbarro con l'accetta di ferro. I Runner si scagliarono contro il cancello come una travolgente onda, urlando e gridando, battendo e affondando i denti nella recinzione. Dietro di loro alcuni infetti presero fuoco e in breve tempo le lingue di fiamme s'innalzarono fino al tetto roccioso, diffondendosi su altri Runner. Non ci furono grida di dolore, solo il crepitio del fuoco che divorava la carne putrefatta. Passarono pochi istanti prima che gli infetti si trasformassero tutti in torce umane, sbattendo gli uni contro gli altri, sulla recinzione e sulle pareti rocciose. Poi caddero al suolo divorate dalle fiamme, illuminando l'ampia sala che non era per niente vuota. Davanti a loro, c'erano casse ovunque, carrelli e soppalchi di legno che portavano tramite gradini in diverse zona o altezze. Alcuni di essi erano crollati, altri in fase di costruzione e altri ancora marciti. Diversi picconi giacevano vicino a dei barili e tre escavatori corrosi dalla ruggine erano a ridosso di un grande fosso. Lungo tutta la sala, sul soffitto e sul muro, correvano a distanza di tre metri l'uno dall'altra delle lampade impolverate, ormai spente da tanto tempo. Eva, Nathan e Julien s'incamminarono senza esplorare l'area e si diressero direttamente verso l'unico passaggio a duecento metri davanti a loro. La luce delle fiamme che crepitavano sui corpi dei Runner diminuiva ad ogni passo, e qualunque percorso ci fosse dietro quella porta di legno, non potevano percorrerlo al buio. 
"Vado a prendere qualcosa per farci luce" disse Julien, senza aspettare una risposta.
"Qui non ci sono torce" rispose Nathan.
"C'è del legno, non vedi?" Julien indicò pezzi di legno distrutti o marciti attorno loro.
"Ma non sono torce" disse Nathan scuotendo la testa "Il fuoco li brucerà completamente."
"Giusto..." rispose Julien "Allora passeremo da quella porta. Non abbiamo altra scelta"
Eva ascoltò tutto, ma non disse niente. Qualunque cosa avesse detto, avrebbe complicato solo le cose, e lei lo sapeva.

Arrivarono di fronte alla porta, e si accorsero che le assi che reggevano la porta erano marciti. Nathan girò la maniglia e questa gli rimase in mano. La porta venne giù con un gran tonfo, sollevando attorno loro nubi di polvere. I tre tossirono per un attimo. A Julien la polvere gli entrò negli occhi "Dannazione!" e li sfrigolò per un poco. 
"Guardate!" Nathan indicò qualcosa davanti lui, poco oltre la salita e dietro una svolta a sinistra del passaggio. "C'è della luce?" la nube di polvere andava dissipandosi "Siamo arrivati all'uscita, forse."
I tre corsero entusiasti verso la luce, inciampando quasi sulla porta e svoltando l'angolo. D'un tratto, per una manciata di secondi, un potente bagliore accecò i loro occhi e si protessero con le mani. Non riuscivano a vedere niente. Tutto era diventato bianco, le pupille bruciavano. Poi lentamente la vista tornò e videro l'immenso grigio e tetro paesaggio che si stendeva fino all'orizzonte. Lo scheletro di un fiume ormai secco, serpeggiava tra alberi morti e terra nera, declivi rocciosi e resti di edifici distrutti e carbonizzati. In lontananza, quasi invisibile tra la foschia e torreggiata da minacciosi nuvoloni plumbei, una città o quel che ne rimaneva di alcuni grattacieli. Piccoli fasci di nebbia puntellavano diverse zone, strisciando sul terreno come un essere vivente. Realizzarono solo in quel momento di essere sbucati su un piccolo terrazzo roccioso, dal tetto a forma di cupola e dalle pareti sorrette da travi di legno. Erano sul fianco di una piccola montagna. Alla loro destra, c'era uno stretto e ripido sentiero che scendeva fino a terra, fiancheggiata da una staccionata di legno marcio distrutta in vari punti.
"Non sono mai stata così tanto felice di rivedere la luce del giorno" disse Eva con un grosso sorriso.
"A quanto pare la galleria non era crollata" aggiunse Julien, ignorando ciò che aveva detto Eva.
"Magari è accaduto molto tempo fa" rispose Nathan "e si sono scordati di levare il cartello dopo che hanno ripulito tutto e proseguito i lavori."
Julien non rispose.
"Ora dove andiamo?" domandò Eva, guardando cautamente giù dalla terrazza rocciosa.

   
 
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