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Autore: hey_youngblood    14/04/2019    0 recensioni
[MINILONG] [FUTURA]
Taehyung, nel pieno di un brutto periodo, inizia casualmente una relazione con Ji-Ah, studentessa universitaria incontrata in un convenience store alla fine di una giornata particolarmente frustrante. Ora che sono passati alcuni mesi, deve decidersi se staccarsi da lei o continuare quella relazione che ha per sfondo l'appartamento di lei.
Dal testo:
Fu in quel momento che Taehyung capì che non voleva che quella notte finisse così; aveva bisogno di un modo per rivedere quella ragazza, per far sì che tutto ciò che aveva provato in quelle ultime ore non si azzardasse ad essere mai confuso con un sogno, seppur, in qualche modo, lo sembrasse già in quel momento.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Prima Notte 



 
Taehyung si ritrovò ancora una volta davanti a quell’edificio: un grattacielo tra i tanti che si incontravano a Seoul. Era tardi, davvero tardi, aveva lasciato lo studio verso l’una e mezza e aveva camminato fin lì. Non aveva incontrato praticamente nessuno, a parte alcuni ragazzi che stavano scherzando tra di loro sulla via del ritorno verso casa. Era una serata infrasettimanale, perciò la maggior parte delle persone, che al mattino avrebbero dovuto svegliarsi presto per andare a lavoro, si trovavano tutte già a casa loro. Taehyung, che, come loro, avrebbe dovuto lavorare il giorno dopo, però, si trovava lì, a fissare la facciata di un edificio.
Era vestito completamente di nero, casual, per stare comodo. Il cappuccio della felpa alzato sulla testa, a coprirgli parte della fronte, ad inombrargli gli occhi, coperti dagli occhiali da vista, per mitigare i suoi lineamenti così dannatamente riconoscibili, a causa delle sue apparizioni sempre più frequenti sulle tv nazionali insieme agli altri membri; una mascherina nera a coprirgli il resto del viso.  Ogni volta era la stessa storia, non riusciva mai ad entrare subito nel palazzo, doveva fermarsi, osservare quali e quante finestre erano ancora illuminate, riflettere se fosse la cosa giusta, anche se la risposta gli era ben chiara nella mente. No, non lo era.
Sospirò, si infilò le mani in tasca, poi, dopo essersi guardato attorno e scoprire la strada completamente vuota, si incamminò verso l’entrata. Quando fece per aprire la porta, la luce d’ingresso sfarfallò. Alzò il viso in alto, la guardò qualche secondo – gli sembrava un segno dell’universo: gli intimava di non commettere lo stesso sbaglio ancora – poi tirò la porta ed entrò. Fece un cenno con la testa al portiere, che lo riconobbe subito e lo lasciò passare. Quando salì sull’ascensore, pigiò il tasto del piano, poi sospirò ancora. Non aveva paura di finire quella relazione; non temeva la sofferenza di lei, sapeva che, nonostante tutto, avrebbe potuto vivere perfettamente senza di lui, e lo avrebbe fatto nel caso le si fosse presentata l’occasione. Ma era questo il problema, se era sicuro che lei sarebbe riuscita a superare tutto, non era altrettanto sicuro di riuscirci lui stesso. Negli ultimi mesi lo stress lo aveva portato ad uno stato di apatia verso il mondo; era consapevole del suo pessimo umore, ma non riusciva a fare niente per rimediarvi. Poi era arrivata lei, imperturbabile, inconsapevole, così stranamente serena nonostante tutto ciò che stava passando: aveva voluto sapere come riusciva a vivere in quel modo, conoscerla per farsi rivelare il suo segreto, ed ora non riusciva più a staccarsi da lei.
La campanella dell’ascensore lo avvisò d’essere arrivato al proprio piano. Le porte si aprirono e lui si riversò a testa bassa nel corridoio pervaso dal silenzio. Raggiunse la porta dell’appartamento 359, con la mano rovistò nella tasca e ne tirò fuori la chiave, la osservò per qualche secondo. Quella chiave era la fiducia che lei riponeva in lui, la consapevolezza di vivere senza segreti, tranne quello rappresentato da Taehyung stesso; in ogni caso, non aveva niente da nascondere proprio a lui. La girò nella serratura ed entrò. Fu attento a richiudere la porta dietro di sé nel modo più silenzioso possibile: le luci della sala erano spente, regnava il silenzio in tutto l’appartamento – probabilmente sta dormendo. Ora che se ne rendeva conto, dopo aver guardato l’orologio a muro sulla parete del salone, la sua esitazione ad entrare ancora una volta si era dilungata: era stato fuori ad osservare l’edificio per più di mezz’ora. Erano quasi le tre del mattino. Si tolse le scarpe e le ripose nella scarpiera vicino all’entrata; appoggiò lo zaino, con dentro poche cose, sul divano, in soggiorno, poi si diresse in cucina per prendere un bicchiere d’acqua.
Mentre sorseggiava l’acqua fresca, osservando la città riposare nel buio più totale, la luce si accese. Voltò di scatto la testa verso l’interruttore e vide Ji-Ah appoggiata al muro. Aveva l’aria assonnata: i capelli spettinati, gli occhi semichiusi, che si strofinò per farli abituare alla luce, il maglione rosa pallido e i pantaloni grigi della tuta che indossava per dormire, i piedi scalzi che sorreggevano quel corpo minuto poggiati sul parquet del pavimento. “Sei tu?” chiese, poi sbadigliò mettendosi una mano sulla bocca. Taehyung annuì, mentre ripoggiava il bicchiere, ormai vuoto, sul bancone. “E’ tardi” gli fece notare “hai deciso comunque di venire?”
Taehyung le si avvicinò lentamente, le afferrò gentilmente un polso, lo carezzò con la punta del pollice, se lo portò alle labbra per lasciarvisi un bacio austero. Poi la tirò verso di sé e la strinse in un abbraccio. Era passato del tempo dall’ultima volta che ne aveva sentito le forme. Mi sei mancata così tanto. Le poggiò la testa nell’incavo del collo, ispirando il suo profumo, poi la avvicinò ancora di più a sé. Lei gli circondò l’addome con le braccia, carezzandogli gentilmente la schiena, mentre poggiava la testa sulla sua spalla e richiudeva gli occhi stanchi. “Avevo voglia di vederti.” Mormorò il ragazzo, la sua voce bassa riecheggiò tra le pareti dell’appartamento. Lei annuì; si staccò dall’abbraccio di Taehyung, lo guardò dolcemente, poi gli prese una mano e lo condusse in camera da letto.
Ji-Ah si sistemò sotto le coperte, accucciata su un fianco. Taehyung si tolse il cappotto, poi la felpa, lasciandoli ricadere sul pavimento, e rimase con indosso una maglietta a maniche corte. Si sdraiò accanto a lei, cingendole la vita con le proprie braccia e stringendosela contro l’addome. Lei rilasciò un fievole mugugno, mentre già si attingeva a tornare nel mondo dei sogni. Dopo un po’ di tempo passato in quella posizione, in completo silenzio, Taehyung sentì il respiro della ragazza che, regolare, scandiva il tempo nella stanza regnata dall’oscurità. Si ricordò del giorno – o meglio, la notte – di pochi mesi prima, quando si erano incontrati per la prima volta, così fortuitamente. Sembrava che l’universo l’avesse mandata proprio per lui, lo stesso universo che ora gli intimava di lasciarla andare.

Anche quella sera era uscito tardi dallo studio e, prima di tornare in dormitorio, aveva deciso di scendere al convenience store che si trovava lì vicino per mangiare qualcosa. Mentre riscaldava il proprio ramyeon, spacchettò le bacchette e si sedette ad un piccolo bancone messo a disposizione per quelli come lui, proprio davanti alla finestra che dava sulla strada. La vide camminare al buio al lato della strada deserta, in una felpa grigia dell’università e un paio di semplici jeans azzurri; portava i capelli castani, lievemente spettinati, rilegati alla ben e meglio in una crocchia bassa che le rimbalzava sulla nuca ad ogni passo che faceva. Girò la testa prima a destra, poi a sinistra per attraversare la strada. Gli occhiali da vista le circondavano gli occhi stanchi. Entrò nel negozio e girò per gli scaffali silenziosamente, esperta e veloce nel trovare ciò che cercava. Dev’essere una cliente abituale.
Il cassiere del turno di notte la salutò amichevolmente, chiedendole come stavano andando gli studi. Lei rispose che era in periodo di esami, perciò le si sarebbero prospettate lunghe nottate insonni in biblioteca. “Stai venendo da lì?” le chiese il cassiere. Lei annuì. “Per quest’oggi ho dato, sto tornando a casa; ma mi era presa una certa acquolina e quindi ho deciso di fermarmi un attimo prima di andare a letto.” Ridacchiò. Il cassiere le disse di servirsi pure.
Taehyung la sentì avvicinarsi e si tirò su la mascherina nera che portava per nascondersi dagli occhi del mondo. Gli si sedette accanto, riscaldò il proprio ramyeon in silenzio, poi lo gustò osservando la città dormiente. Non sembrava averlo notato, di sicuro non lo aveva riconosciuto, ma continuava a fare le proprie cose senza dargli pressocché attenzione; come se la sua esistenza, seppur così vicina, non potesse toccarla. Il ragazzo si arrischiò ad osservarla ancora, di soppiatto, mentre, con le bacchette che faceva girare nel recipiente contenente il cibo, continuava ad osservare la notte, quasi ammirata.
“E’ bellissima” la sentì mormorare tra sé e sé, Taehyung si riprese e tornò a fissare davanti a sé. Probabilmente si è accorta che la stavo osservando. Le chiese di che cosa stava parlando e lei gli rispose tranquillamente, indicando con le bacchette la finestra. “Intendo la città. Ho sempre vissuto in un luogo che di notte sembrava sprofondare in un letargo profondo. Qui, invece, seppur sembri che la città dorma, in realtà c’è sempre così tanta vita, anche a quest’ora.” Sorrise alla città, lanciandogli uno sguardo veloce per capire se la stesse ancora ascoltando, poi sorrise a lui, prima di tornare con l’attenzione sul proprio ramyeon. Taehyung, adesso che poteva osservarla da vicino, si rendeva conto della stanchezza così palese che le invadeva i lineamenti del volto, comprese le sfumature bluastre che le circondavano gli occhi, al di sotto degli occhiali da vista. Era visibilmente stanca, probabilmente aveva anche passato una giornata stressante, a causa degli esami di cui aveva parlato al cassiere; eppure, in piena nottata riusciva ancora a rimanere ammirata da una città vuota e a sorridere ad un completo estraneo, in un convenience store, che si copriva quasi interamente il proprio volto.
“Di dove sei?” le chiese, ora incuriosito. Lei gli rispose che i suoi genitori avevano voluto farla crescere in una tra le città più belle del mondo, a detta sua per farle sviluppare una certa sensibilità. Ridacchiò mentre ne parlava. Taehyung poggiò il viso su una mano, lo sguardo fisso su di lei, mentre era intento a sentirla raccontare con passione e una certa intimità della città da cui veniva, come se si stesse aprendo con lui riguardo a un componente particolarmente caro della propria famiglia. Era di Firenze, in Italia, ma i genitori erano coreani; vi si erano trasferiti quando lei era piccola, e già da quando aveva compiuto cinque anni, la avevano iniziata a portare in giro per la città: avevano visitato le centinaia di musei e giardini antichi presenti in città. Crescendo si era appassionata all’arte, alla letteratura e all’atmosfera che trovava nei luoghi che avevano vissuto centinaia di anni di storia. “Firenze è una città romantica. Nel senso che decidi di andarci per coronare un amore, ma finisci per iniziarne uno; con la città.” Sorrise mentre ricordava; Taehyung, però, non scorse nessun accenno di malinconia nella sua espressione: se le mancava, non lo dava minimamente a vedere. Sembrava più concentrata a ricordarne la bellezza che i ricordi che vi aveva vissuto, e che questa riuscisse in qualche modo ad oscurare qualsiasi altro sentimento dentro di lei. Sorrise sotto la mascherina, e lei non lo poté vedere. Nel frattempo era passata quasi un’ora.
Taehyung continuava a farle domande – sull’università, su Firenze, sulla sua vita, su ciò che avrebbe voluto fare in futuro –, poi la lasciava libera di parlare in modo emozionato di tutto ciò che le veniva in mente; la ascoltava ammaliato e tranquillo, mentre analizzava ogni espressione che le passava per quei lineamenti dolci. Si sentiva finalmente sereno, fuori dal mondo e dalle proprie preoccupazioni, catapultato in una specie di locus amenus che rifiutava spazio e tempo e viveva di vita propria, coi propri ritmi.
Quando, dopo molto tempo, entrambi si accorsero dell’ora, si affrettarono a raccogliere le proprie cose e ad uscire nell’aria fresca delle cinque del mattino: gli autobus avevano già iniziato il primo turno della giornata, e poche altre automobili solcavano le strade di Seoul nel cielo color indaco. Il momento di congedarsi era troppo vicino. Taehyung non voleva lasciarla andar via: non si sentiva ancora pronto a tornare nel mondo reale, perciò cercò ancora di trattenere quella che non gli pareva più una totale sconosciuta, vicino a sé. “Se t-ti va, conosco un posto da cui l’alba è spettacolare.” Le aveva proposto.
Lei lo osservò ad occhi stretti per qualche secondo, ma la sua espressione rimaneva scherzosa. Taehyung si immobilizzò un attimo, per paura di essere riconosciuto, ma lei non parve riuscirci. “Ajusshi, sta per caso cercando in modo indiretto di invitarmi a casa sua? Perché in quel caso la mia risposta sarebbe un categorico no. In più, la considererei particolarmente scortese se, dopo tutto il tempo che abbiamo passato in quel convenience store, mi reputasse ancora una donna di strada. Non so se mi sono spiegata.” E gli fece l’occhiolino, attendendo la sua reazione. Quando Taehyung non riuscì più a trattenersi, scoppiò a ridere, e lei lo seguì, soddisfatta di aver raggiunto il proprio scopo. Fu la prima risata che gli veniva dal cuore in mesi. Le assicurò che non la pensava assolutamente in quel modo, perciò lei accettò.
“Ad una condizione:” replicò alzando l’indice e guardandolo “che lei mi dica il suo nome. Non vado in posti da cui l’alba è spettacolare con persone di cui non conosco nemmeno il nome. Sono una ragazza per bene, io.” L’espressione con cui disse quelle parole lo fece ridere ancora, poi, quando si ricordò che non poteva rivelarle il suo vero nome, ne balbettò un altro, uno a caso tra tutti quelli che aveva sentito durante la sua vita: “Si-Woo, mi chiamo Si-Woo”.
“Si-Woo,” ripeté tra sé e sé, per un momento Taehyung pensò di non essere stato credibile, ma poi lei gli rivolse un sorriso rassicurante. “Piacere di conoscerla, io sono Ji-Ah.” Rise lievemente, poi si lasciò guidare dal ragazzo per le strade soffuse di una Seoul in pieno risveglio. Taehyung la condusse all’interno di un palazzo, e lei gli chiese ancora se avesse intenzioni strane, coprendosi il petto con le braccia intenta a guardarlo con occhi sospettosi. Taehyung rise per la terza volta e le ripeté che, no, non aveva in mente niente del genere. Quando entrarono nell’atrio, fece un cenno al portiere, che scosse la testa ma li lasciò passare.
Presero l’ascensore fino all’ultimo piano e, nel silenzio, la osservò mentre si guardava le scarpe. “Ti stai pentendo?” Lei alzò il viso, come riscossa dai propri pensieri, poi sorrise e negò con la testa. Gli ricordò l’espressione tenera ed ingenua dei bambini, e gli venne voglia di strizzarle le guance.
Sul tetto, la portò sul tetto. Si stava avvicinando l’estate, perciò l’aria non era eccessivamente fredda. Taehyung si tolse comunque la giacca e la poggiò sulle spalle di Ji-Ah quando la vide strisciare le mani avanti e indietro sugli avambracci per riscaldarsi. Lei lo ringraziò con uno sguardo gentile, e lui, da quella vicinanza, si perse prima in quegli occhi grandi, poi notò le sue labbra leggermente carnose. Si riscosse qualche secondo dopo, quando si rese conto che lei lo stava ancora fissando – è troppo vicina. Scattò all’indietro, girando leggermente il viso dalla parte opposta a quella in cui si trovava lei.
“Perché si nasconde?” gli chiese lei, ridacchiando. “E’ per caso una di quelle persone che sono istintivamente gentili, ma che non sopportano la vicinanza con le altre persone?” La sentì avvicinarsi e, quando fece per risponderle, si sentì attorno al viso il calore delle sue piccole mani, che lo voltarono verso di lei. Gli sorrise ancora, poi strinse di nuovo gli occhi, con fare fintamente sospettoso, e si avvicinò ancora di più a lui. I loro nasi quasi si sfioravano mentre lei non lasciava mai i propri occhi dai suoi. Taehyung si sentì pericolosamente esposto, trattenne il respiro, ma non riuscì a sottrarsi a quel contatto. Si rese conto che lui la voleva così vicina, mentre cercava di estrapolargli segreti con gli occhi.
Ji-Ah fu la prima ad allontanarsi, probabilmente aveva voluto dirgli qualcosa, ma sembrava essersene dimenticata adesso. Continuava a guardarlo, un passo più distante da lui, mentre l’alba di un nuovo giorno si esponeva al mondo per essere ammirata. Ji-Ah seguì il suo sguardo, voltandosi verso la luce del sole e si mise ad osservarla, estasiata. Fu in quel momento che Taehyung capì che non voleva che quella notte finisse così; aveva bisogno di un modo per rivedere quella ragazza, per far sì che tutto ciò che aveva provato in quelle ultime ore non si azzardasse ad essere mai confuso con un sogno, seppur, in qualche modo, lo sembrasse già in quel momento.
Non agì lucidamente, la disperazione che sentiva dentro lo convinse a non lasciar andare categoricamente la persona che lo aveva fatto sentire bene per la prima volta in mesi, in un modo così semplice per di più, e così la baciò. Mentre ancora lei si trovava col viso girato verso il sole, lui osservava lei. Slacciò un elastico della mascherina lentamente, con la mano tremante, poi se la tolse. Lasciò l’aria fresca colpirgli le labbra, il sole riscaldargli lievemente le guance.  Le poggiò una mano sulla nuca, facendola girare verso di sé. Le permise solo qualche secondo per osservarlo e, quando vide i suoi teneri occhi da cerbiatto spalancarsi ancora di più per la sorpresa, poggiò le proprie labbra sulle sue. Non si era creato false speranze, era pienamente cosciente che lei avrebbe potuto allontanarlo da sé e andarsene; sentì le sue mani poggiarglisi sul petto ed era già pronto ad allontanarsi, se lei lo avesse voluto, ma non sembrò la sua intenzione. Ricambiò il suo bacio disperato, febbricitante, con movimenti gentili. Taehyung sentì le sue mani calde allacciarglisi sulla nuca e tirarlo più in basso, più vicino a lei. La strinse di più a sé, sentendo il proprio respiro cominciare a mancare.
Quando si staccarono l’uno dall’altra, perché entrambi senza fiato, il sole era ormai sorto e risplendeva della sua immensa bellezza nel cielo cristallino, ma nessuno dei due aveva occhi che non per l’altro. Taehyung si sentiva troppo scoperto di fronte a lei, che non sembrava voler accennare a nessuna reazione nel riconoscerlo. Nella sua testa, però, riecheggiava un’altra domanda, che sentiva più importante in quel momento, e fu quella a cui diede l’onore d’esser pronunciata. “Perché non mi hai cacciato via?”
Lei gli sorrise ancora – Taehyung si rese conto di non meritare quel sorriso. Lei alzò una mano verso il suo viso, lui istintivamente si ritrasse, mandandola in confusione. Quando si rese conto di ciò che aveva appena fatto, le afferrò gentilmente il polso, che era rimasto a mezz’aria, e se lo posò lui stesso sullo zigomo; come a voler rimediare. Lei lo carezzò gentilmente, col pollice, senza staccare gli occhi dai suoi. “Perché mi hai guardato per tutta la notte con occhi tristi; mi sono ritrovata curiosa nel volerne capire il motivo.”

Quella notte sembrava ora, a discapito di tutto, uno splendido e strabiliante sogno. L’unica prova tangibile della veridicità di tutto era proprio il fatto che in quell’esatto momento, sdraiato al buio, Taehyung stringesse proprio il corpo di Ji-Ah e, per di più, che lei si facesse stringere da lui senza alcun segno di fastidio. Ora che ci rifletteva, mai lei gli aveva mostrato un sentimento che avrebbe potuto farlo allontanare o rimpiangere quel grido di aiuto che lui le aveva rivolto e che lei aveva accolto prontamente quella notte. Ad occhi chiusi si accoccolò ancora di più contro il corpo di lei, e nel profumo dei suoi capelli si lasciò andare al sonno. Sentì, in quell’esatto momento, di potersi considerare a casa.



 
Ehilà! 
Sono tornata con questa minilong di non so precisamente quanti capitoli, né sono sicura sul rating. Nel mentre abbozzo i capitoli successivi rimedierò a tutto. La storia è ispirata dal testo di Mikrokosmos (come potete anche notare dal titolo lol), che non faccio che ascoltare a ripetizione da quando è uscito l'album. 
Come potete vedere, la storia dovrebbe essere strutturata in modo che in ogni capitolo ci sia un parallelismo tra le prime notti dei protagonisti e quelle a cui partecipiamo anche noi, per dare un po' di trama, ma anche per far capire meglio il rapporto ed il carattere dei personaggi, in più per vedere come si è sviluppato il loro rapporto. 

Una piccola specificazione: Ji-Ah si rivolge a Taehyung utilizzando il "lei" perché è più piccola di lui e in coreano ci sono norme linguistiche specifiche che volevo far apparire nella storia per renderla più credibile ma che, com'era da immaginarsi, non potevo rendere alla lettera. Poi tanto dura poco, perciò non mi ci sono scervellata per trovare una soluzione.
E... niente, fatemi sapere se avete cose da dirmi riguardo la storia: commenti, consigli, se vi piace, se non vi piace qualcosa. Tutto ciò che vi passa per la testa va bene! Voglio vedere se la storia è apprezzata e seguita, prima di immettermi a capo fitto in questo progetto.

Un bacio,
Carlotta.
  
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