CAPITOLO 8-Il compleanno di Rin,
prima parte
La città
di Tokyo sembrava un mucchio di piccoli pezzi di ferro dal suo ufficio.
Agglomerati di ferro e vetro, capaci di poter cadere da un momento
all’altro.
Eppure gli umani si sentivano così fieri di quelle
creazioni, come se potessero
essere una valida difesa contro il corso della Natura, come se
potessero essere
eterni.
Che
esseri sciocchi, che vite sprecate a rincorrere qualcosa che non
avrebbero mai
ottenuto.
Sesshomaru
sedeva sulla sua sedia girevole, rivolto verso il panorama che la
finestra del
suo ufficio gli offriva. Le mani affusolate incrociate e poggiate sulle
labbra.
Il cielo quella mattina era plumbeo.
La
sua giornata era iniziata con l’orripilante vista di
Inu-Yasha che girava per
casa. Non sarebbe mai riuscito ad abituarsi a quel maledetto tanfo di
mezzo
demone. Ma nemmeno alla sua faccia o alla sua voce. Sembrava che da
quando era
tornato non facesse altro che provocarlo, quando lui aveva promesso a
loro
padre assoluta calma ed una convivenza, più o meno,
pacifica. Certo, non era
colpa sua se Inu-Yasha sembrava così poco attaccato alla sua
vita: se avesse
continuato a provocarlo, non avrebbe risposto di sé, prima o
poi.
Suo
padre quella mattina era sembrato più allegro del solito.
Canticchiava e
sorrideva ad entrambi i suoi figli, i quali erano più
spaventati che deliziati
da quell’umore strano.
Una
volta finito il pasto, Inu-Yasha aveva afferrato la cartella e si era
recato a
scuola, mentre lui e suo padre avevano usato un’altra
macchina per andare in
ufficio, entrambi.
Affiancare
il suo vecchio non era facile: tutti gli occhi erano puntati su di lui,
pronti
a cogliere il minimo segno di debolezza, considerato troppo giovane per
riuscire a distinguersi dalla figura di suo padre, così
pesante ed ingombrante.
Ma lui era Sesshomaru No Taisho, un demone superiore, non si lasciava
di certo
intimorire da un pugno di miseri umani invidiosi.
Sarebbe
riuscito dove suo padre aveva fallito, potevano starne certi.
I
suoi pensieri furono interrotti dallo squillare insistente del telefono
sulla
scrivania.
Si
girò lentamente, pigiò con l’indice il
tasto rosso, non disse niente ma rimase
in attesa.
-No
Taisho-sama- disse la voce dall’altra parte
dell’apparecchio- c’è il signor
Naraku Onigumo che desidera parlare con lei sulla linea 2- lo
informò.
-Grazie,
prendo la telefonata. E non mi interrompa fino a quando non le
dirò di essere
di nuovo disponibile- ordinò lui. La segretaria
dall’altra parte rispose di sì
intimorita.
Sesshomaru
si concesse qualche secondo per raccogliere tutte le energie mentali:
da quando
condivideva il tetto con quel maledetto hanyou di suo fratello, era
diventato
difficile riuscire tenere testa anche a Naraku.
Prese
la telefonata.
-Che
cosa vuoi?- domandò duro senza tanti preamboli.
La
voce dall’altra parte scoppiò in una fragorosa
risata. Appunto, troppi sudici
mezzi demoni nella sua vita. Sentì salirgli un desiderio
omicida.
-Nemmeno
un saluto di cortesia? Dopotutto ora siamo “soci”-
-Non
perdo tempo in convenevoli e noi non siamo affatto soci, ricordatelo-
gli
rammentò Sesshomaru più duro di prima, la risata
lo aveva alterato non poco.
Storse il naso, come se il puzzo di quell’essere potesse
arrivargli tramite la
cornetta telefonica.
Naraku,
dall’altra parte, non si preoccupò minimamente di
quelle parole: sapeva che Sesshomaru
doveva sopportarlo perché, al momento, non aveva altre
risorse disponibili, era
anche consapevole dell’odio che lo youkai nutriva nei suoi
confronti, quindi
perché non divertirsi un po’ con lui? Era la sua
specialità tormentare le
persone, dono ereditato da suo padre.
-Non
so se ne sei a conoscenza del fatto che la nostra cara signora Midoriko
ha
intenzione di allestire uno spettacolo a marzo, del tutto imprevisto-
Sesshomaru
emise un sospiro: quella donna li stava sfidando ancora un volta.
-Non
dirmi che non ne sapevi niente, eppure il tuo fratellino passa molto
tempo con
i ragazzi della compagnia…- insinuò il mezzo
demone.
A
quelle parole Sesshomaru strabuzzò gli occhi incredulo.
Inu-Yasha
stava davvero fraternizzando con quelli che ora erano il nemico da
distruggere?
Non perdeva mai occasione per mettersi sulla sua strada, che essere
fastidioso.
Ma
la cosa che lo lasciò più basito fu la
preparazione di Naraku sull’argomento:
come poteva essere sempre un passo avanti a lui?
-Allora
è così, non ne eri a conoscenza-
sibilò trionfante.
Non
gli avrebbe dato quella soddisfazione.
-Sei
così disperato da spiare Inu-Yasha- disse prima di
riagganciare la cornetta
furiosamente.
Sesshomaru
si portò le mani alla fronte, confuso.
Maledetto
Inu-Yasha!
***
20
marzo. Era quella la data prefissata per la messa in scena dello
spettacolo.
Rin non poteva essere più elettrizzata all’idea di
festeggiare il suo
compleanno su un palcoscenico.
Le
settimane si stava susseguendo veloci ed incalzanti. In quel periodo
Rin non
aveva davvero tempo per pensare ad altro all’infuori del
teatro e della scuola:
la fine dell’anno si avvicinava inesorabile e avrebbe dovuto
tentare il test
per entrare al liceo. Sperava con tutto il cuore di essere accettata
nello
stesso complesso scolastico che ospitava i suoi amici, sarebbe stato
bello
vederli tutti i giorni tra una lezione e l’altra.
Rin
era seduta all’ombra di un albero del giardino, aveva finito
il suo pranzo e di
voleva godere l’aria primaverile alle porte. A fianco a lei
sedeva Kanna. Le
due amiche avevano ripreso i normali rapporti di prima, ma Rin
continuava a
sentire dentro di sé la spiacevole sensazione che qualcosa
si fosse rotto.
Sperava con tutta sé stessa di sbagliarsi.
La
prima avvisaglia l’aveva avuta quando era arrivato il momento
di riempire i
moduli per la scelta dell’istituto scolastico, ovviamente
Kanna aveva fatto
ricadere la sua scelta su un liceo ben più costoso di quello
di Rin. Non era di
certo un crimine avere soldi a sufficienza. Eppure una vocina nella sua
testa
non poteva farle ignorare quella sensazione di amarezza che aveva
provato
quando Kanna aveva detto ad alta voce che non sarebbero state nello
stesso
istituto. Temeva che un muro si stesse alzando tra di loro, lo aveva
confidato
anche a sua nonna quella sera, la quale aveva provveduto a dissipare
ogni
dubbio dalla mente di sua nipote. Eppure la sensazione rimaneva.
-Kanna,
è tutto a posto?- domandò poi la ragazzina,
leggermente preoccupata. L’altra si
girò nella sua direzione.
-Certo,
perché me lo chiedi?-
-è
da un po’ di tempo che ti vedo strana, distante. Ho forse
fatto qualcosa di
sbagliato?-
Kanna
si sentì immediatamente in colpa. Adorava Rin e lei a causa
di una stupida
gelosia rischiava di mandare tutto a rotoli. Prese le mani della sua
amica tra
le sue. Le strinse leggermente.
-Assolutamente
no, Rin. Sei la mia migliore amica, non potrei mai odiarti-
Gli
occhi dell’altra si illuminarono seduta stante. Si
lanciò in un abbraccio
appassionato.
-Oh
Kanna, non sai quanto temevo di averti fatto qualche torto-
La
diretta interessata chiuse leggermente gli occhi.
Non
era certo colpa di Rin se lei era sempre la numero due…
***
Inu-Yasha
era a casa, poteva sentirne il nauseabondo odore per tutta casa.
Arricciò il
naso disgustato.
Buttò
la valigetta da lavoro sul pavimento. Era furioso.
Tese
le orecchie per poter capire dove fosse sua fratello e capì
che doveva trovarsi
in camera sua.
A
grandi falcate si diresse verso la stanza di Inu-Yasha.
Spalancò la porta.
Il
mezzo demone, che era a letto intento a giocare con un videogioco, si
alzò
subito, sorpreso e infastidito da quell’intrusione non
gradita.
-Ehi,
non so tu cos’abbia ma sarebbe buona educa…-
Ma
non finì la frase, perché la sua gola si
trovò chiusa in una morsa letale.
Inu-Yasha
strabuzzò gli occhi, agitò le gambe, che
penzolavano a mezz’aria in cerca di un
piano saldo su cui poggiarsi, ma invano.
Sesshomaru
non lo aveva nemmeno fatto finire, che subito si era avventato su di
lui,
afferrandolo per il collo, sollevandolo a mezz’aria.
Inu-Yasha annaspava con la
bocca, in cerca di aria.
-Ma…
sei…p-p-pazzo?-riuscì a dire.
Sesshomaru
strinse di più la mano artigliata, qualunque cosa potesse
uscire dalla bocca di
quell’essere non poteva fare altro che accrescere la sua
rabbia.
-Ascoltami
bene, posso sopportare la tua presenza in questa casa, posso tollerare
il fatto
che non perdi occasione per provocarmi. Ma non ho nessuna
pietà se qualcuno si
intromette nei miei piani- disse Sesshomaru con ferocia.
Inu-Yasha
continuava a non capire, l’aria gli mancava e desiderava solo
essere lasciato
andare.
All’improvviso
sentì un vuoto e cadde sul pavimento. Sesshomaru aveva
mollato la presa. Si era
trovato steso sul pavimento, una mano intorno al collo.
Tossì diverse volte
prima di riuscire a prendere fiato normalmente.
Quando
fu capace di parlare di nuovo si voltò verso il fratello e
lo guardò adirato.
-Ma
che ti è saltato in mente? Cosa avrei fatto?-
-I
tuoi nuovi amichetti. Devo forse pensare che il fatto che tu sia
diventato
amico con i ragazzi della compagnia Sengoku non sia un semplice caso?-
domandò
Sesshomaru, abbassandosi al suo livello e inchiodandolo con lo sguardo.
Inu-Yasha
era sempre più confuso.
-Tu
sei pazzo…- tossì, del tutto incapace di
formulare altro.
-Ricordati
una cosa, Inu-Yasha, sarò io ad ottenere i diritti di
rappresentazione del
“Sengoku Monogatari”, tu cerca di starne fuori. Se
pensi che entrare in
contatto con quegli attori sia la mossa ideale, hai sbagliato i tuoi
calcoli-
L’hanyou
sbattè gli occhi, sempre più basito e a corto di
parole. Quel maledetto libro,
ma perché ossessionava suo padre e suo fratello fino a quel
punto? Poteva forse
giustificare il padre, perché era il libro preferito di sua
madre. Ma
Sesshomaru cosa c’entrava?
-A
me non interessa assolutamente niente di quel maledetto libro. E
sì, è un caso
che io li abbia conosciuti: molti di loro frequentano il mio stesso
istituto-
Sesshomaru
sorrise appena. A quanto pareva quell’essere dalle sembianze
umane capiva
meglio di quanto credesse. Forse non era così stupido come
pensava. Si rialzò
da terra, mentre Inu-Yasha rimase ancora a contatto con il pavimento.
-Vedo
che iniziamo a capirci- disse poco prima di uscire, lasciando un
Inu-Yasha
ancora scosso a terra.
***
Le
settimane erano volate. Letteralmente.
La
compagnia aveva lavorato duramente, provato fino a tardi e anche nei
week-end.
La primavera era alle porte, così come lo spettacolo e il
compleanno di Rin. La
ragazza non stava più nella pelle.
Anche
se l’agitazione e la preoccupazione erano palpabili
nell’aria, doveva ammettere
che quei giorni erano stati bellissimi da vivere.
Con
il passare del tempo Inu-Yasha aveva iniziato a fare delle comparse
nella
compagnia, dapprima sporadiche fino a diventare sempre più
frequenti. Sembrava
che con Miroku fosse riuscito ad instaurare un’amicizia
solida e distesa, con
Koga invece non perdevano occasione per provocarsi. Jakotsu, al
contrario,
approfittava di ogni minima occasione per toccargli le orecchie,
infastidendo
non poco Inu-Yasha.
Rin,
come Sango e Koga, all’inizio si era mostrata un
po’ titubante nell’accogliere
Inu-Yasha nel gruppo: aveva paura che si sarebbe rivelato spiccicato a
Sesshomaru, in tutto e per tutto. Alcune volte le era passata per la
testa
anche la malsana idea che potesse “lavorare” per
lui e si fosse infiltrato per
passare al glaciale fratello delle informazioni, fortunatamente dopo
pochi
secondi Rin si rendeva conto dell’assurdità dei
suoi pensieri. Forse guardava
troppi film. La sue convinzioni avevano cominciato a cambiare forma
quando,
giorno dopo giorno aveva notato quanto fosse diverso dal fratellastro:
Inu-Yasha era chiassoso, parlava tanto, si scaldava per ogni minima
cosa, ma
soprattutto, anche se con modi un po’ bruschi, si affezionava
alle persone. Con
Shippo, ad esempio, litigavano spesso, ma si vedeva che i due si
volevano bene.
Ciò
che Rin notò con stupore fu quanto fossero vicini Inu-Yasha
e Kagome, e non
solo per il semplice fatto che quando andavano ad assistere alle prove
si
sedevano in fondo all’aula l’uno vicino
all’altra, ma anche per il modo che avevano
di interagire, come parlavano e come si sorridevano. Non mancavano le
litigate,
molto appassionate, durante le quali Kagome urlava
“Osuwari!”, scatenando le
risate degli spettatori.
Molte
volte Rin si era chiesta se non ci fosse dell’altro, qualcosa
di più di una
semplice amicizia. Secondo il suo modesto parere, sembrava proprio
così e
doveva ammettere a sé stessa che, nonostante alcune
differenze caratteriali fin
troppo evidenti, formavano una coppia simpatica e ben assortita.
Fu
durante un freddo pomeriggio di febbraio che Rin cambiò idea
su Inu-Yasha: quel
giorno la ragazza aveva dovuto fermarsi a scuola oltre
l’orario delle lezioni
perché toccava a lei fare le pulizie in classe. Aveva
cercato di fare il prima
possibile, pulendo al meglio che poteva, ma il tempo era passato
velocemente e
lei era in ritardo per le prove. Sapeva che Saya non
gliel’avrebbe perdonata,
un po’ perché mancava poco alla data prevista per
la messa in scena, un po’
perché visto il suo ruolo, l’impertinente
cameriera Toniette, era una delle
prime ad entrare in scena, quindi il suo ritardo avrebbe gravato anche
sui suoi
compagni. Correva veloce per le strade di Tokyo, quanto le potevano
consentire
le sua gambe non propriamente chilometriche. Aveva il fiatone, ma non
accennava
a fermarsi o a rallentare: le prove prima di tutto.
Quando
arrivò al palazzo della scuola, entrò subito
senza nemmeno rivolgere una parola
di saluto alla segretaria e si catapultò nella sala prove.
Come aveva previsto,
Saya la rimproverò per il ritardo e lei non potè
fare altro che scusarsi, per
poi cominciare subito con le prove.
Quando
si presero una pausa, Rin andò a sedersi in disparte per
poter ripassare le sue
battute. Mentre leggeva il copione, sentì dei passi
avvicinarsi ed una tazza di
thè fumante le si materializzò di fianco alla
guancia destra. Rin si sorprese
nel vedere il viso di Inu-Yasha, che sorrideva timidamente, collegato a
quella
mano gentile.
-Ho
pensato che potesse farti piacere una bevanda calda- disse lui,
leggermente
imbarazzato.
Rin
era rimasta senza parole. Allungò la mano e prese il
bicchiere di carta, stando
ben attenta a non scottarsi.
-Grazie,
Inu-Yasha! In effetti ne avevo proprio bisogno!- trillò poi,
sorridendogli
grata.
Quel
giorno, non solo si godette il thè, ma cambiò
completamente idea sul mezzo
demone.
Una
volta tornata a casa, dopo aver cenato con nonna Kaede e aver lavato
tutti i
piatti, le ritornò alla mente un fatto curioso: la sua
sensei, la signora
Midoriko, non aveva fatto una piega quando Kagome aveva portato
Inu-Yasha per
la prima volta alla scuola di recitazione, al contrario si era mostrata
estremamente cordiale. Molti degli allievi erano rimasti interdetti da
tale scena:
pensavano che non lo avrebbe mai e poi mai accettato per via della sua
parentela. Rin aveva sempre considerato la signora Midoriko una donna
di
giudizio e quel gesto nei confronti di un No Taisho avrebbe dovuto
farla
riflettere prima. Era evidente che la sua maestra aveva visto prima di
molti
altri qualcosa di buono in Inu-Yasha, non aveva permesso al pregiudizio
di
offuscare la sua mente, contrariamente a quello che aveva fatto lei. Si
vergognò di sé stessa.
Nel
frattempo, mentre Inu-Yasha entrava sempre più nelle sue
simpatie, Sesshomaru
le diventava presenza sgradita ogni volta che lo vedeva: in quei tre
mesi lo
aveva visto spesso uscire dall’ufficio della signora
Midoriko, sempre con la
sua aura di glacialità al seguito.
Un
giorno, poiché era assorta nei suoi pensieri, gli
andò a sbattere letteralmente
contro.
-Stai
attenta, ningen- ordinò la sua voce.
Rin,
mentre si massaggiava il naso, alzò lo sguardo e lo vide,
impassibile come
sempre.
-Credo
che lei non mi abbia sentito bene l’ultima volta,
Sesshomaru-sama! Io non
sopporto questo nomignolo in bocca ad un demone-
-Ma
è quello che sei- ribattè lui.
-Non
sto dicendo di non essere un’ umana, dico solo che
è il modo in cui lei lo usa
che mi da sui nervi- sbottò Rin, visibilmente offesa.
Sesshomaru
alzò un sopracciglio, indeciso. Non sapeva se
quell’insolenza gli piaceva su di
lei o se non fosse meglio sollevarla da terra per il collo come aveva
fatto con
Inu-Yasha qualche settimana prima.
Rin,
invece, avrebbe tanto voluto capire cosa diavolo gli passasse per la
testa: era
un essere indecifrabile. Si chiese se anche la sua stessa madre non si
trovasse
in difficoltà di fronte a quel figlio-sfinge.
Ad
ogni modo non lo sopportava, questo era chiaro.
Quanto
ai suoi sogni, ancora nessuna traccia.
In
men che non si dica, il giorno dello spettacolo era arrivato. La
mattina era
cominciata insolitamente presto: si era svegliata prima del trillo
della
sveglia. Niente risvegli bruschi, almeno per una volta. Si chiese che
ore
fossero, controllò la luce che filtrava dalla finestra e
pensò che dovessero
essere più o meno le sei del mattino. Si concesse qualche
minuto in più sotto
le coperte, poi, poiché l’agitazione la stava
attanagliando, si alzò e aprì la
finestra. La luce del sole era ancora fioca, pallida mentre la natura
intorno a
lei dormiva ancora, incurante del fatto che di lì a poco
sarebbe cresciuta in fretta.
L’aria era fresca e accarezzava il viso della dolce Rin
delicatamente. Chiuse
gli occhi e respirò a pieni polmoni quella brezza.
Doveva
ammetterlo, non poteva essere giorno più bello quello.
Andò
in cucina a preparare la colazione, ormai era diventata grande e sua
nonna
molto anziana: sarebbe stata lei a farle una sorpresa.
Trafficò
con i vari utensili in cucina e quando un’ora dopo Kaede si
svegliò, trovò sua
nipote intenta a sistemare pietanze e piatti sul tavolo.
Le
sorprese però non erano finite quella mattina: mentre Rin si
sistemava per
recarsi a teatro, qualcuno bussò alla porta.
Quando
aprì la porta non potè credere ai suoi occhi: una
cascata di stelle filanti e
coriandoli la investirono, così come un coro di voci che
urlava “Buon compleanno,
Rin!”. Le ci vollero alcuni minuti per riprendersi e capire
chi fossero quel
gruppo di persone, poi li vide: i ragazzi della compagnia.
Erano
lì, sulla soglia di casa sua, tutti presenti, compresi
Kagome ed Inu-Yasha.
-Buongiorno,
festeggiata!- urlò Ayame saltandole addosso.
-La
nostra piccola Rin diventa adulta- gracchiò Jakotsu con il
suo solito tono
femminile.
-Non
potevamo non festeggiarti- esclamò Sango, la quale portava
in mano una scatola
di cartone con su stampato il logo di una pasticceria.
Rin
sentì gli occhi pizzicarle, non sapeva come altro esprimere
la sua gioia, le
parole non le venivano in mente, sembrava come se la lingua fosse
attorcigliata. Scoppiò in lacrime, biascicando un
impercettibile “grazie”.
-Su,
non c’è bisogno di piangere- le disse Miroku
dandole delle pacche sulla spalla.
Solo
quando si fu ripresa, li invitò ad entrare.
La
torta che le avevano comprato era alle fragole ed era a dir poco
deliziosa, ma
forse era talmente felice che avrebbe potuto mangiare anche cemento
armato e le
sarebbe piaciuto lo stesso.
-Allora,
come ci si sente ad essere un anno più vecchia?- le chiese
un sorridente
Kohaku.
-Esattamente
come ieri- fu la risposta di Rin, mentre trangugiava un grosso pezzo di
torta.
Dopo
un po’ Kagome prese parola:- Allora, siete pronti per questo
spettacolo?-
Tutti
gli attori si guardarono, incerti se dare una risposta sincera o meno.
C’era
nell’aria come la paura di dire la verità,
temevano che potesse rovinare
quell’atmosfera di festa.
-Carichi
ed entusiasti lo siamo… il punto è che temiamo
qualche… ehm… imprevisto-
rispose Miroku per tutti.
Non
ci volle molto per capire a cosa si stesse riferendo il ragazzo:
benchè in quell’
occasione fosse ancora a New York, Inu-Yasha era stato messo al
corrente del
fatto che Sesshomaru avesse cercato di mettere in cattiva luce la loro
compagnia e la loro sensei in primis.
-Puoi
dirlo, Miroku, non mi offendo per questo. È inutile dire che
io non c’entro
niente con mio fratello e se potessi trovare un modo per fermarlo lo
farei…-
disse uno sconsolato Inu-Yasha. La reazione di Kagome non si fece
attendere:
subito gli posò una mano sulla sua e gli sorrise dolcemente.
-Ehi,
Kagome, non fare la smorfiosa con il mio Inu-Yasha!!!- tuonò
Jakotsu,
riportando l’allegria nel gruppo.
Non
si accorsero nemmeno dello scorrere del tempo e fu Bankotsu a riportare
i suoi
amici alla realtà.
-Sarà
meglio andare, si sta facendo tardi!-
E
tutti corsero in direzione del teatro.
***
-Penso
che potrei morire in questo preciso istante- sussurrò una
terrorizzata Ayame
mentre spiava da uno spiraglio del sipario la gente che stava prendendo
posto
in platea.
-Non
sei d’aiuto!- le disse Hakudoshi, ormai spazientito
dall’atteggiamento ansioso
della ragazza.
Lo
spettacolo era stato pubblicizzato con molta insistenza, Midoriko aveva
fatto
leva sulle sue conoscenze.
Dopo
che Sesshomaru e Naraku le avevano tirato quel colpo basso, aveva avuto
il
tempo necessario per riprendere le forze e mettere su un piano
d’azione efficace.
L’articolo dell’ultima volta aveva portato con
sè delle ripercussioni: le
iscrizioni erano calate, non di molto, ma erano comunque di meno
rispetto alla
norma.
Aveva
lavorato d’anticipo quella volta, si era protetta le spalle.
In
più voleva mostrare a quante più persone
possibili il talento dei suoi allievi,
se lo meritavano. Sapeva che Tsubaki aveva scritto un articolo come
quello
sotto un lauto compenso, altrimenti non si spiegava la ferocia con cui
attaccava dei giovani attori in erba e semi sconosciuti.
Quello
spettacolo sarebbe stato anche il loro riscatto. Nutriva una profonda
fiducia,
se aveva assegnato loro un testo come quello era perché era
più che sicura che
sarebbero riusciti a creare uno spettacolo degno di quel nome.
Midoriko
si trovava nella sala audio e stava istruendo il tecnico sui tempi da
seguire
durante la rappresentazione, quando li vide: Sesshomaru e Naraku.
Ma
quella volta non erano da soli, entrambi erano accompagnati dai loro
padri.
Le
labbra rosse le si incurvarono leggermente, in un sorriso ironico:
chiunque nel
mondo dello spettacolo sapeva la rivalità che scorreva tra
Inu No Taisho e
Ryokotsusei. Chissà, forse dopo la loro commedia sarebbe
stato possibile
assistere ad un altro tipo di spettacolo.
“Che
la mia battaglia abbia inizio” pensò soddisfatta
Midoriko per poi andare a
salutare i suoi finanziatori.
Anche
Kagome ed Inu-Yasha avevano preso posto, lontani da Sesshomaru e suo
padre.
-Inu-Yasha,
non vuoi andare a salutare tuo padre?- chiese Kagoeme, guardando i due
uomini
da sopra la spalla del ragazzo, il quale a quella domanda
sbuffò leggermente.
-Non
è necessario- rispose, eludendo la domanda.
Kagome
si chiese che razza di rapporto ci fosse tra lui e Sesshomaru.
Alternava dei
momenti in cui si stupiva dell’astio che c’era tra
i due ad altri momenti in
cui capiva perfettamente come potesse sentirsi l’hanyou. Non
c’era niente di
diverso da quello che provava con sua sorella Kikyo, la perfetta Kikyo.
Presero
posto vicino a Kaede e Jinenji accompagnato dalla burbera madre, i
quali ormai
formavano un terzetto bizzarro ma simpatico a vedersi.
-A
quanto pare tuo fratello è stato più furbo di te
ed ha stretto amicizia con la
nipote di Midoriko- disse Inu a suo figlio maggiore, qualche fila
più dietro.
Lo
youkai non raccolse la provocazione, altrimenti avrebbe volentieri
rotto qualche
sedia, ma mantenne la calma e rispose:-Reputi quel mezzo demone
così
intelligente? Non pensa minimamente all’azienda o a quel
dannato libro che vuoi
con tanta foga-
Non
ottenendo una risposta, Sesshomaru capì di aver fatto
centro.
Ma
dopo poco suo padre disse:-Magari in un futuro la sua amicizia con
quella
ragazza potrà tornarci utile, nel caso in cui tu non
riuscissi ad ottenere
nulla-
-E
tu credi davvero che io non riuscirò ad averlo prima di
allora?-
Nessuno
dei due nominò la presenza dei rivali di sempre nel teatro,
stavano cercando di
prepararsi allo scontro verbale che sarebbe seguito a fine spettacolo.
Ma
la mente di Sesshomaru era attraversata anche da un altro pensiero:
chissà
quella piccola umana come sarebbe stata sul palco quella volta. Sentiva
un
leggero formicolio alla bocca dello stomaco. Che fosse agitazione?
Nemmeno
lui sapeva spiegarsi la natura di quella sensazione, ancora una volta
si
trovava del tutto sprovvisto di risposte. Sapeva per certo che quella
ragazzina
era un soggetto che lo incuriosiva tantissimo, cosa rara per un essere
come
lui, che dava importanza a poche cose nella vita e in questa categoria
era
impensabile pensare di infilarci un umano. Eppure lei era come una
piccola
calamita. Inoltre era divertente vederla prendersela quando lui la
chiamava
“ningen”, assumeva un’espressione buffa a
detta sua.
Doveva
ammettere però che sul palco si trasformava completamente:
diventava un’altra
persona, cambiava atteggiamento, modo di parlare e di muoversi. Quando
l’aveva
vista per la prima volta, sembrava davvero un folletto uscito da
qualche libro
di fiabe per bambini: così eterea, irriverente e leggera,
quando saltava pareva
volasse.
Era
curioso di vedere come avrebbe interpretato il ruolo della simpatica
cameriera.
Si
sistemò meglio sulla poltrona ed attese paziente che lo
spettacolo iniziò.
Poi
le luci si abbassarono e il sipario si aprì.
Lo
spettacolo aveva inizio.
***
-Io,
signora, ma che qualcuno mi fulmini se dico bugie. Non so proprio di
cosa il
signore stia parlando- disse Rin rivolta a Sango.
La
ragazza sentiva le risate delle persone alle sue entrate ed alle sue
battute.
Era gratificante come sensazione.
Doveva
ammettere che si era divertita da morire a studiare il personaggio di
Toniette,
l’insolente cameriera del malato immaginario. Molte delle
scene erano con
Miroku, ma anche con Ayame e Koga.
Dietro
le quinte gli altri attori seguivano con attenzione i movimenti dei
compagni
sul palco, in particolare Kanna. Con una mano appoggiata alla parete
analizzava
dettagliatamente ogni movimento di Rin. Si vergognava ad ammetterlo, ma
la
gelosia che si era sforzata di reprimere era sgorgata prepotentemente,
più
forte di prima. Non era solo per Kohaku, ma anche a causa della
recitazione.
Sempre i ruoli più belli, quelli che desiderava lei.
Poteva
ignorare quel sentimento quante volte le pareva, ma trovava sempre un
modo per
farsi notare.
Eppure
ci aveva provato, aveva fatto uno sforzo per far finta che tutto fosse
come
sempre tra lei e Rin, ma la realtà dei fatti era ben
diversa.
Kanna
strinse istintivamente il pugno della mano sinistra attorno alla stoffa
del suo
costume di scena.
Gli
occhi le pizzicavano, ma fece di tutto per ricacciare le lacrime.
Dall’altra
parte delle quinte Hakudoshi osservava attento ogni movimento di Kanna.
***
Il
suono scrosciante dei battiti di mani del pubblico gonfiò il
cuore di Rin. Lo
spettacolo era finito e gli attori erano sul palco per i saluti finali.
Stringeva la mano dei suoi compagni e, come voleva la tradizione, si
inchinava
a mo’ di ringraziamento.
Era
felice, estatica, eccitata. Era un ciclone di emozioni.
Per
la prima volta vide bene il volto di alcuni spettatori: notò
lo sguardo dolce
della nonna, l’espressione entusiasta di Kagome affiancata
dal buon Jinenji.
Vagando
qualche fila più in là notò anche un
altro tipo di sguardo: freddo e immobile.
Sesshomaru
era lì, con la sua presenza silenziosa. Chissà
cosa pensava di lei come
attrice.
Improvvisamente
si domandò se fosse presente anche
quell’ammiratore, colui che le aveva mandato
i garofani bianchi. Una piccola parte del suo cuore sperò
proprio di sì.
Quando
il sipario si chiuse definitivamente, tutti i ragazzi si lasciarono
andare ad
abbracci collettivi, travolti da un’ondata di entusiasmo e di
adrenalina.
Si
cambiarono velocemente e si tolsero il trucco dalla faccia, troppo
pesante
sulla pelle.
Rin
era al settimo cielo. Niente, secondo lei, poteva andare storto quel
giorno,
che stava anche per terminare.
Ma
non sapeva che quella sera sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe dato
il via ad
un cambiamento nella sua vita.
Buongiorno
a tutti voi, miei cari lettori. Questa volta sono stata più
che veloce,
consideratelo come una sorta di regalo di Pasqua.
L’ispirazione ha preso il
sopravvento (oltre al tempo libero che in questi giorni è
stato davvero tanto)
ed ho deciso di postare il nuovo capitolo per darvi una gioia (almeno
spero che
sia così!).
Come
abbiamo visto molte cose stanno succedendo, ma la strada è
ancora lunga e a
questa piccola autrice piace inerpicarsi su sentieri tortuosi, ergo ci
saranno
ancora tanti, ma tanti capitoli. Ho deciso di dividere in due parti
questo perché
mi ero resa conto che sarebbe stato troppo lungo per voi
lettori… e poi volete
mettere il gusto di lasciarvi un po’ con il fiato sospeso,
mentre immaginate
cosa possa accadere? Ma, tranquilli, non sono così sadica e
cercherò di
completare la seconda parte (già in fase di elaborazione) il
prima possibile.
Ringrazio
di cuore le persone che hanno commentato il capitolo precedente, mi
riempite il
cuore di gioia.
Fatemi
sapere cosa ne pensate.