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Autore: Marra Superwholocked    22/04/2019    0 recensioni
Ultimo capitolo della Trilogia delle impavide cacciatrici milanesi.
Durante il loro anno sabbatico, Catherine e Silvia avranno modo di capire se la caccia ai mostri fa realmente per loro. Tuttavia, da semplici cacciatrici in prova, si ritroveranno a dover escogitare un piano per eliminare la minaccia di Arimane, creatura malvagia scappata dalla sua Gabbia ai confini dell'Universo. Il Dottore le aiuterà anche questa volta? E Storybrooke da che parte starà?
Dal testo:
«Ed ecco a voi» disse Amnesha girando la scatolina bianca per mostrare alle cacciatrici il suo contenuto, «l'ultimo Fagiolo Magico.»
Genere: Angst, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Belle, Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: Cross-over, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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CHAPTER XXVI
Rescue Me*


Camminavano in silenzio, guardando per terra. Le foglie si sbriciolavano sotto i loro piedi mentre le due donne si dirigevano verso la città. La bionda solo più leggermente avanti rispetto alla mora a non pensare al buio ormai padrone della notte imminente il quale non le aiutava a capire se stessero girando intondo o se si stessero davvero dirigedo verso la città.
«Davvero avresti rischiato tutto per quell'essere?» disse Emma d'un tratto, guardando Regina di sottecchi dietro di lei. «Ad Henry non ci hai pensato? Oltre a tutta Storybrooke e al resto di questa realtà e tutte le realtà, ovviamente.»
«Certo che ci ho pensato» rispose Regina seccata; «Ma...»
«Ma cosa?»
Regina continuò a camminare senza risponderle; mosse leggermente una mano e produsse una sfera blu tendente al nero. Non è bianca, ma almeno è luminosa, pensò. «Era come se non volessi farlo, ma non potessi fermarmi» disse infine. «Il Nodo era senza alcun dubbio già danneggiato e-» Non aveva più Emma affianco a sè. Si voltò e la vide una decina di metri indietro.
«Regina» sussurrò Emma. «Dobbiamo sbrigarci.»
Preoccupata, Regina raggiunse Emma e guardò nella direzione che la bionda le indicava: tra gli alberi – alcuni caduti, altri solo un po' ammaccati – ruotava sospesa in aria un agglomerato nero; gridava aiuto, Regina lo percepiva.
«Credo che sia la magia di Arimane» spiegò Regina, ammaliata da cotanta disperazione. «Tu la senti?» Ma Emma fece cenno di no: che Arimane avesse creato un legame tra loro due? «Forse è questa cosa che ha giocato con la mia mente poco fa. Lo sta aspettando, si è persa.»
«Questo vuol dire che se non ci sbrighiamo, Arimane farà il suo primo check sulla sua lista.»
Regina non se lo fece ripetere due volte: al diavolo il profilo basso! Un altro vortice di fumo le avvolse partendo dai loro piedi fino ad arrivare alle teste e quando sparì, videro la loro cittadina: alberi abbattuti, palazzi attraversati da lunghe crepe, strade aperte in due dalle radici degli alberi più forti e infastiditi.
«Dividiamoci!» esclamò Emma. «Tu vai dritta alla cripta a prendere il Vaso di Pandora mentre io cercherò Tremotino.»
«Okay» annuì regina. «Però non si chiama Vaso di Pandora.»
«Regina, non abbamo il tempo di dargli un altro nome. Vai, corri! Ci vediamo al Nodo!» Il suo era un ordine e, sebbene non le piacesse essere così severa, era l'unico modo per far sì che Regina non prestasse troppa attenzione ad Arimane. La vide allontanarsi verso il cimitero, diretta alla sua cripta come da programma. Emma sospirò: Storybrooke non sarà mai una città normale e tranquilla, disse tra sé e sé.
Lasciò Regina alla sua missione e pensò a come poter convincere Tremotino ad aiutarli. Sarebbe stato difficile, ma ce la doeva fare.


Regina aveva smesso di correre: le facevano male i piedi e, come se non bastasse, aveva cominciato a piovere, ma tanto era quasi arrivata. Cosa avrebbe dato per avere una serata tranquilla, davanti a un camino o con Henry al Granny's... E invece no, un'altra emergenza. E questa volta non era nemmeno colpa sua! Chissà se un giorno gli abitanti di Storybrooke sarebbero riusciti a gustarsi un po' di pace e serenità?
Eccola, era arrivata. Regina aprì la porta della cripta e si chiese se fosse magari arrivato il momento di trasferire tutte quelle cose in un luogo più sicuro e a portata di mano. Andò dritta all'ultima stanza, laddove era solita custodire i cuori dei suoi avversari. Ora, al posto dei muscoli luminescenti, in quei cassetti riposavano incantesimi e talismani; uno fra questi oggetti era proprio il suo obiettivo. Aprì dunque un cassetto e dentro vi trovò un piccolo portagioie adatto a contenere un semplice e poco vistoso bracciale da polso. Era molto pesante e coperto da una stoffa simile al velluto, nero; le giunture erano fatte di un prezioso metallo dello stesso colore dell'argento ma idoneo anche al tocco delle fate. Nel mezzo, sul coperchio, una piccola targa con inciso La potenza del tre è più forte del falso re. Una frase che la diceva lunga.
Regina prese il portagioie, richiuse il cassetto, poi il suo sguardo ricadde sul tavolo colmo di provette vuote o contenenti antidoti ed altri incantesimi o fatture.
Trenta secondi dopo Regina era di nuovo fuori dalla cripta, di ritorno verso il Nodo, e con sé il portagioie e un incantesimo.


Emma era finalmente arrivata davanti la vetrina del negozio di Tremotino. Lo osservava, da fuori, controllare alcuni documenti. Lui l'aveva vista, ne era certa: faceva solo finta di non essersi accorto della sua presenza. Emma inspirò e aprì la porta del negozio per varcarne la soglia.
«Ehi» disse piano Emma.
«No.»
«Avanti, Trem-»
«Ho detto di no» replicò l'Oscuro staccando gli occhi dai suoi documenti.
Emma sospirò. «Perché?»
Ora Tremotino ripiegò i fogli in due e li ripose in un cassetto del suo bancone. Sospirò anche lui. «Sono stanco.»
Emma si avvicinò di più al bancone, scura in volto. Sapeva, era sicura, che l'unico modo per riuscire a coinvolgere l'Oscuro era parlare alle sue paure. «Se vuoi morire, fai pure, Tremotino» disse Emma. «Ma in questa città non ci sei solo tu. Ci sono persone che contano su di noi per porre fine a questa storia nel migliore dei modi. Ci sono donne, bambini e anziani che non sanno come aiutare e hanno risposto la loro fiducia in due donne che a malapena hanno capito cosa diamine stia succedendo.» Una ciocca di capelli biondi vibrò e si staccò dal resto della capigliatura ricadendole sul viso, ma lei non se ne preoccupò, mentre Tremotino pareva del tutto indifferente a quelle parole. «Se non ci aiuti, Arimane vincerà. Dannazione, sta già vincendo! Prenderà Storybrooke e la raderà al suolo, di noi non resterà nulla e poi passerà ad altre città oltre i nostri confini!» urlò Emma. «Non possiamo uscire dai confini di Storybrooke, Tremotino. Quindi quando sarai nell'angolo e non riuscirai a strappare uno straccio di contratto con quell'essere, cosa farai? Ti rassegnerai e basta? Fine dei giochi?» disse Emma, ora più calma, ma voleva sottolineare un concetto e perciò si avvicinò di più al viso dell'Oscuro e quasi in un sussurro finì: «Ti arrenderai alla morte e trascinerai Belle con te?»
Silenzio. Tra le strade della città delle favole non si udivano nemmeno gli uccellini e dentro il negozio di Tremotino il ronzio insistente del silenzio era ancora più assordante.
L'Oscuro, toccato nel profondo, abbassò lo sguardò sul bancone e chiuse gli occhi. Emma, ancora una volta, aveva ragione: nessuno aveva scampo.


«Non so se ce la faccio, Dottore.» Catherine si era seduta lontano da Silvia, da Arimane, con le spalle contro un albero. «Anzi, sono totalmente sicura che non ce la farò.»
Il Dottore si sedette proprio di fronte alla piccola cacciatrice, con le gambe incrociate e lo sguardo serio ma per nulla severo. «Perché pensi questo?»
Catherine giocherellò con il suo ciondolo a forma di pentacolo. Rimuginò a lungo e attentamente su come trasmettere al Dottore i suoi pensieri. «Io sono la Luna, lei è il Sole. Silvia vede sempre il lato positivo delle cose mentre io non ci riesco. È lei che trova il modo pratico di fare le cose, io penso e basta» disse tirando su col naso e scacciando una lacrima con la manica della giacca.
Il Dottore non si mosse, perfino i suoi capelli rimasero immobili, e la studiava. Non aveva mai avuto quell'occasione prima d'allora e così ne approfittò. «Tu puoi anche essere la Luna e brillare di una luce che non è la tua, Cathy. Ma le stelle sono le tue fidate amiche» le disse il Dottore. «I tuoi soldati.»
«I miei soldati?» chiese lei confusa. Arimane che cercava di ascoltare senza riuscirvi.
Il Dottore annuì e le sorrise. «Sì. La tua schiera di soldati pronti a combattere per farti riavere il tuo Sole. Una scorta di piccoli puntini luminosi che ti guiderebbero ovunque. Basta solo chiedere.»
«E cosa dovrei mai chiedere, io, alle stelle?»
«Un'eclissi.»


Tremotino uscì dal negozio accompagnato da suo fedele bastone da passeggio e da Emma. Chiuse a chiave la porta e il suo sguardo volò fino a una finestra sull'altro lato della strada. Una bambina lo guardava e pregava. Bae, pensò. Ripose le chiavi nella tasca del cappotto e sparirono entrambi in una nuvola di fumo.
Riapparvero poi dove ancora brillava il Nodo; qualche istante dopo ecco tornare anche Regina.
«Ho portato qualcosa che ci potrà aiutare» disse l'ex regina cattiva. Porse il pugno chiuso a Catherine e le lasciò cadere nelle mani a coppa una fialetta con un liquido al suo interno. «Emma, tu tieni il... Vaso di Pandora» disse affidandoglielo, poi guardando Tremotino: «Grazie.»
«Cos'è?» chiese Catherine studiando la fialetta che Regina le aveva lasciato tra le mani.
«Un incantesimo del Sonno.» Regina la prese per il braccio e l'allontanò da Silvia ancora di più – ovviamente il Dottore fu la loro ombra. «Basterà berlo e pensare a Silvia. Vi addormenterete entrambe e Arimane non avrà potere. Così potrai risvergliare la memoria della tua amica e questo indebolirà Arimane.»
«Non è pericoloso?» Catherine era dubbiosa. Di sé, dell'incantesimo, di tutto. Era sempre così. Finché non aveva successo nel risolvere la situazione, non credeva mai di poterci riuscire. «Forse è meglio che lo beva il Dottore, io potrei fare solo danni.»
«Cathy.» Il Dottore prese la fialetta dalle mani della ragazza e ora gliela sventolava davanti agli occhi e con quell'enfasi c'era il rischio che la fecesse cadere e addio a Silvia. «Sai perfettamente che mi getterei nelle fiamme per salvare coloro che amo e berrei l'incantesimo al posto tuo se questo aiutasse a riavere Silvia.» Le rimise la fialetta in mano e le prese il viso affaticato, stanco, appesantito. «Ma solo tu conosci Silvia a tal punto da farla ricordare. Tu e solo tu sei essenziale e fondamentale nella sua vita. Senza te, Silvia non sarebbe la ragazza che è oggi. Guardala» disse poi indicandole l'amica, sorvegliata da Emma e Tremotino. «Lei è così non a causa tua, ma grazie a te. Siete un punto fisso nella storia dell'universo. I Winchester, Thor e Loki, Miguel e Tullio. Storie diverse, stessi punti fissi a reggere tutto il resto. La scrittrice delle vostre avventure non ha messo le parole lì a caso, ma ha scritto perché la vostra storia passasse un messaggio: sorellanza al di là del legame di sangue
Catherine abbracciò il Dottore e pianse, bagnandogli la giacca in tweed, uno sfogo veloce perché non vedeva l'ora di scacciare Arimane a calci nel fondoschiena. Si asciugò le guance salate e andò di gran carriera verso il Nodo. Stappò la fialetta e guardò Arimane. Lui ricambiava la sfida. «Yo-oh, beviamoci su» disse la cacciatrice, poi trangugiò l'incantesimo e cadde a terra seguita da Silvia.


I movimenti erano lenti, come se fosse stata sott'acqua e impossibilitata a correre. Non sentiva freddo nonostante i corridoi con le finestre spalancate e cigolanti per la corrente. Catherine udì dei bambini in lontananza. Ridevano e urlavano di gioia. Poi i capelli corti di Catherine si rizzarono e qualcosa la richiamò. Volse il suo sguardo sulla sua destra, oltre una porta bianca con su di essa il disegno di un trenino arancio a vapore. Sentì qualcuno, aldilà della porta, canticchiare sommessamente, una melodia inventata e prodotta a bocca chiusa. Catherine entrò in quell'aula aspettandosi, dall'età della voce, tavole periodiche e segni inconfondibili di adolescenza, tuttavia grandi cartelloni con disegni astratti, foglie e foto di gruppo erano i padroni di quelle quattro mura punteggiate qua e là da fogli più piccoli con persone, animali o semplici alberi o case.
Non era come lo ricordava, ma Catherine era certa che quello fosse nient'altro che la sua scuola materna. Quindi ne dedusse che quella ragazza in fondo all'aula che le dava le spalle e che aveva una gamba ingessata fosse proprio Silvia.
Catherine avvertì dei lunghi brividi che dal collo le arrivarono fin giù alle ginocchia; non disse nulla e avanzò.
Silvia si fermò e cambiò matita, ne prese una azzurra e cominciò a disegnare il cielo: una riga orizzontale che correva lungo la cornice superiore del foglio.
«Posso sedermi?»
Silvia continuò a disegnare.
Allontanata la sedia dal tavolo, Catherine si sedette e solo allora riuscì effettivamente a notare con quanta fatica Silvia teneva le lunghe gambe sotto il tavolo dei bambini. «Ti va di giocare?» Glielo chiese con la speranza che solo quella domanda avesse compiuto il miracolo.
Allora Silvia smise di disegnare e posò la matita sul banco colmo di pastelli di ogni genere. Sembrò funzionare, tuttavia la cacciatrice disse: «Non ti conosco.»
«Sono Catherine» rispose sorridendole. « Ora sai il mio nome, mi conosci e possiamo gioc-»
«Ho come la sensazione di averti già incontrata. Come una personificazione di un sogno.»
«Senti, voglio essere diretta» disse Catherine, d'un tratto seria. «Noi due siamo migliori amiche sin dal tuo terzo e mio primo anno di scuola materna. Siamo inseparabili e così profondamente legate che ci sentiamo sorelle.» Catherine riprese fiato e guardò Silvia accigliarsi. «Io sono qui per davvero, non sono frutto della tua immaginazione, però questo è un sogno. Il ricordo alterato del nostro primo incontro. Probabilmente Arimane mi avrà spostata all'esterno dell'aula, modificando la giornata più imporante delle nostre vite, ostacolando il destino e-»
«Arimane...» Silvia fissava il vuoto. «Sì, questo nome mi è familiare, dove l'ho già sentito?»
«Nella realtà!» esclamò Catherine felice come una Pasqua. «Dobbiamo assolutamente sconfiggerlo, ma non riesco senza il tuo aiuto, Silvia!» La giovane cacciatrice sentì il sangue pomparle in testa con la violenza che solo l'adrenalina sapeva creare. «Ho bisogno che tu riprenda le redini per disarcionare quel demone, solo così riusciremo a intrappolarlo per sempre. E per farlo... Devi ricordare.»
Silvia sospirò. «Sembra un piano bellissimo. Ma cosa dovrei ricordare?»
«Il nostro giorno» disse Catherine posando una sua mano sul ginocchio dell'amica. «Questo giorno.»
Quel contatto, così semplice eppure così importante, fece scattare in Silvia qualcosa di inaspettato che era rimasto lì sepolto nella sua memoria per ore fino a che non vide le dita di Catherine, le stesse dita che adorava seguire – con scarso successo – mentre correvano veloci come il vento sui tasti del pianoforte di casa Girado. Un'immagine bene impressa nella sua mente, che la fece ripiombare nei ricordi di quelle giornate passate a casa della sua migliore amica e in cui non facevano altro che divertirsi con un po' di musica. Anime innocenti e inconsapevoli di ciò che le attedeva alla fine del liceo.
«Ricordo...» Silvia sussurrò questa parole con occhi sognanti e pieni di momenti felici e anche un po' meno felici. «Ricordo tutto. Tu sei la mia sorellina. A volte ti chiamo Alce, ma non ti piace, preferisci Moose. Sul mio gesso avevi disegnato una stella. Ti sei sottoposta ad un rituale filippino del Terzo Occhio.» Silvia si alzò in piedi e guardò verso l'uscita dell'aula. Catherine non lo vedeva, però Arimane era lì, nell'ombra, nelle sue vere sembianze; le sembrava quasi impotente. «Ti piace il tè alla pesca, il cocco, il cioccolato e il torrone. Gli Hollywood Undead. E la cicatrice che hai in fronte te la sei fatta giocando alle elementari, andando a sbattere contro il termosifone» proseguì con un sorriso. «Ricordo tutto. Ricordo la mia promessa: non ti abbandonerò mai.»
Catherine la guardava a bocca aperta, meravigliata da ciò che era appena accaduto dinnanzi ai suoi occhi: l'eclissi.
«Ricordo tutto» ripeté Silvia ora in un tono di voce più deciso e meno dolce del solito. «Facciamola finita.» Poi, come se l'effetto "fondo piscina" fosse terminato all'improvviso, Silvia si lanciò in una corsa contro l'uscita dell'aula preparando attorno al suo pugno destro un grosso e minaccioso globo di fuoc-
Catherine si risvegliò di sopprassalto, col fiatone. La prima cosa che le venne naturale fare fu girarsi subito verso Silvia e tirarsi su a sedere: la sua compagna d'avventure e di sventure era ancora stesa sulla terra umida e fredda, ansimava e sembrava in preda a un incubo. Ce l'aveva fatta, ma a quale prezzo? Non potevano certo sapere se Silvia sarebbe riuscita a tenere a bada Arimane il tempo necessario a loro per imprigionarlo definitivamente. «Veloci!» esclamò quindi. «Adesso o mai più!»
Regina era tornata in possesso del Vaso; lo posizionò a terra vicino al bordo del Nodo e prese Emma per mano. «Circondiamo il Nodo.»
Catherine cercò di avvicinarsi a Silvia stando questa volta attenta a non sfiorare nemmeno per errore l'incantesimo di prigionia. «Tieni duro, sis, ce la faremo.» Si rialzò in piedi e prese posto al fianco del Dottore.
Dunque fu così che mentre Henry orbitava – un po' in collera col Dottore – sopra Storybrooke senza meta, Uncino e gli Azzurri tenevano al sicuro gli abitanti della città delle fiabe e io, umile narratrice, pensavo a come tutto non potesse essere evitato nemmeno non salvando l'Arcangelo Gabriele, Emma, Regina e Tremotino si tenevano per mano e cercavano di porre fine a quelle terribili ore. Hanno fatto loro il lavoro sporco, sì, è vero, ma d'altro canto avrei potuto farlo io?
«Ripetete con me» disse Regina agli altri due. «La potenza del tre è più forte del falso re.» Aspettò qualche secondo poi disse nuovamente la stessa formula e questa volta Regina venne seguita anche da Emma e Tremotino, diventando un coro tendente alla perfezione.
Fu allora che Silvia spalancò gli occhi e cominciò a urlare.

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*https://www.youtube.com/watch?v=yEWb6bsd5lo (tasto destro mouse, apri un'altra scheda)

   
 
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