Giuramento
«Non
voglio neanche essere un cavaliere» disse. Come se fosse non
perché le donne
non potevano esserlo, ma perché non le interessava. Il che
era diverso. Dopotutto non le
serviva uno sciocco
titolo, erano la lealtà, l’onore, il coraggio che
contavano. Combattere con
onore per difendere i deboli e gli innocenti. Aveva sempre cercato di
farlo. A
lady Catelyn aveva giurato di proteggere e difendere le sue figlie e
quella
promessa valeva più di un semplice ser
davanti
al proprio nome. Per questo era lì, a Winterfell, pronta a
morire per loro. Era
un vincolo più forte di uno sciocco titolo. Questo si
ripeteva.
«Non
sono un re. Ma se lo fossi, ti farei dieci volte cavaliere.»
dichiarò Tormund.
«Non
serve un re. Ogni cavaliere può nominarne un
altro.» intervenne ser Jaime.
Appoggiò la coppa. «Ve lo dimostro.»
Sfoderò la spada e disse: «Inginocchiati,
lady Brienne.»
Un
sorriso comparve sul volto di Brienne. Dunque aveva ripreso a prendersi
gioco di
lei, come era solito fare? Ma il suo sguardo era serio, come era stato
serio
quando quel giorno le aveva chiesto di combattere ai suoi ordini.
«Vuoi
diventare un cavaliere o no?»
Brienne
trattenne il respiro. No, non era tempo di scherzare: potevano morire
tutti di
lì a poco. E poi la nomina a cavaliere era una faccenda
seria, sacra. La verità
era che quello sciocco titolo lo aveva sempre voluto, dannazione. Non
era
affatto sciocco, era importante. Lady
Brienne non le si addiceva e la faceva sentire sempre a disagio: lei
non era
una lady e non lo sarebbe mai stata. Lei era un combattente, e pari ad
un uomo.
Aveva sudato per diventarlo ed era stata derisa per tutta la vita. Era
stata
chiamata in molti modi offensivi, eppure lady le pareva il
più offensivo di
tutti. Aveva lottato una vita intera per non essere una lady.
Sì,
lo voleva.
«Inginocchiati»,
ripeté ser Jaime. Il pensiero che questa sarebbe stata la
sua rivalsa le
attraversò la mente in un lampo. Un riconoscimento. Davanti
a uomini che erano
tutti grandi combattenti, chi in un modo, chi nell’altro. E
davanti all’uomo a
cui doveva la vita, ovviamente.
Brienne
si alzò e si avvicinò a ser Jaime. Anche a lui
aveva fatto un giuramento, gli
aveva promesso di trovare e difendere lady Sansa. Aveva la sua spada. Oathkeeper, l’aveva chiamata, perché la
promessa l’aveva mantenuta.
Brienne
si inginocchiò. Il rituale ebbe inizio. Ser Jaime
posò piano la spada sulla sua
spalla destra.
«Nel
nome del Guerriero, ti ordino di essere coraggiosa.» Lo giuro.
La
spada toccò la sua spalla sinistra. «Nel nome del
Padre, ti ordino di essere
giusta.» Lo giuro.
Di
nuovo la spada si posò sulla sua spalla destra.
«Nel nome della Madre, ti
ordino di difendere gli innocenti.» Lo giuro.
Ser
Jaime abbassò la spada. Brienne alzò gli occhi e
lo guardò in volto.
«Alzati,
Brienne di Tarth, cavaliere dei Sette Regni.» Il suo volto le
parve fiero.
Brienne
si alzò. Fu come nascere una seconda volta.
Si
levò un applauso e Tyrion esclamò: «Ser
Brienne di Tarth, cavaliere dei Sette
Regni!»
Così Brienne rinacque. Lady Brienne non esisteva più (era mai esistita?), in futuro l’avrebbero chiamata ser Brienne. Se ci fosse stato, un futuro. Ma non le importava di questo, adesso. Grazie, disse a ser Jaime con lo sguardo. Ser Jaime fece un cenno con la testa: non c’è di che, sembrò dirle, è il tuo riconoscimento. Ser Brienne rise, con le lacrime agli occhi. Cavaliere dei Sette Regni, ripeté mentalmente. Suonava bene. Ser Brienne, il mio nome è ser Brienne di Tarth. Assaporò quel momento, quegli applausi che erano per lei. E si concesse di ridere, finalmente.