Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Arashi_art    27/04/2019    1 recensioni
Diana è una ragazza dalle origini italiane che ha vissuto a Busan, il suo migliore amico si chiamava Jimin e la abbandonò all'età di 15 anni per inseguire il suo sogno a Seoul. Tra varie peripezie, i due non hanno più notizie e si rincontreranno 6 anni dopo per caso o per volere del destino? Diana non sa che lui è diventato un idol di fama internazionale e quale sarà la sua reazione?
Si creeranno situazioni ambigue e scopriranno entrambi a loro spese quanto siano cambiati in questi anni.
Genere: Erotico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Seokjin/ Jin, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Caput Mundi

2018

{Diana}


Toccare di nuovo suolo italiano, mi infuse una nuova energia ed un entusiasmo unico nel suo genere. Dall’aeroporto di Fiumicino prendemmo un taxi che ci avrebbe portato all’hotel scelto da Jimin. Avremmo potuto dormire dai miei genitori, ma la consideravamo più una vacanza romantica che una visita di cortesia. Avvertii Arianna del nostro arrivo, sani e salvi, mentre il taxi sfrecciava nel traffico di Roma; sarei andata a trovarla uno di quei giorni. A Seoul faceva veramente freddo in quel periodo, era persino nevicato, ma lì c’era un sole splendente che riscaldava l’atmosfera invernale. Jimin ancora non si era ripreso del tutto dal viaggio, infatti sonnecchiava sulla mia spalla.

Alla faccia della star mondiale abituata a viaggiare.

Gli accarezzai il viso delicato e lui si riscosse appena, ma non abbandonò la sua posizione comoda.

- Da dove venite? - chiese il taxi sta con il suo tipico accento romano.

- Da Seoul. Io sono nata lá, ma i miei genitori sono italiani. - risposi sorridendo allo specchietto retrovisore.

- Infatti parli molto bene l’italiano. Sei venuta a trovare la tua famiglia? -

- Sì, i miei vivono qua. Io invece lavoro in Corea. - risposi, ero davvero felice di poter parlare con un italiano.

- Lui é il tuo fidanzato? - chiese con un cenno del capo.

- Sì, vorrei fargli vedere la città. -

- Roma è unica, se ne innamorerà. -

Chiacchierammo per tutto il tragitto finché non avvistai la caratteristica architettura del Colosseo, ma non sapevo dove fossimo diretti: Jimin aveva mostrato l’indirizzo solo al conducente. Accostammo poco distante dall’anfiteatro e pagai l’uomo perché Jimin sarebbe stato capace di dargli 100 euro in più, visto che non era per niente lucido. Non si era risparmiato nella scelta dell’hotel, quasi mi sentii fuori luogo in tutta quella eleganza. Tappeti, lampadari, scalinate, vetrate: tutto era curato nei minimi dettagli e la camera non era da meno. Rimasi senza fiato quando aprii le tende bianche perché il Colosseo si mostrava in tutta la sua magnificenza antica e vissuta.

- Wow. - esclamò Jimin di fronte a quel panorama mentre si avvicinava.

Ero felice come mai lo ero stata in vita mia, con il ragazzo che amavo nella città che adoravo. Buttai l’occhio rientro di noi, sul letto matrimoniale ancora immacolato. Deglutii il nodo alla gola che mi bloccava le corde vocali. A casa dormivano ancora ognuno nella propria camera perché non avevamo ancora affrontato quel “problema”; forse avevamo evitavamo l’argomento per imbarazzo. Iniziai a sentire caldo, così aprii la finestra con la scusa di voler ammirare la città dal piccolo terrazzo in ferro battuto. Il sorriso di Jimin era luminoso e splendido come tutto il panorama circostante e lo spensi con un dolce bacio per ringraziarlo. Nonostante avessimo dormito poco e male, entrambi eravamo in fibrillazione, così ci buttammo per le strade della capitale romana. Obbligai Jimin a non indossare la mascherina, gli concessi solo il berretto di lana che lasciava intravedere la sua chioma argentata. Afferrai una sua mano mentre camminavano lungo i fori romani, ma sentivo che voleva mollare la presa.

- Nessuno baderà a noi, rilassati. - lo rassicurai.

- Non ci sono abituato. -

Baciai le sue labbra calde, ma lui si guardò subito intorno con fare furtivo come se avesse fatto qualcosa di sbagliato.

- Non importa a nessuno se ci baciamo, non siamo a Seoul. Fidati di me. -

Avvolsi il suo viso delicato tra le mie dita fredde e gli regalai un bacio dolce, al quale rispose ancora poco convinto.

- Voglio farti vedere una cosa. -

Lo guidai nei sotterranei nella metropolitana fitta di gente frettolosa per condurlo verso Città del Vaticano. Quando tornammo in superficie, rimase colpito dalle costruzioni antiche, ma la vista del colonnato di piazza S. Pietro lo meravigliò più di tutto. Passammo il controllo del metal detector e camminai sicura all’interno della cattedrale con Jimin che teneva il naso all’insù.

- Guarda lá. - indicai una vetrata.

- Ma quella...- iniziò a dire, ma io continuai per lui.

- E’ la Pietà di Michelangelo. -

Ci accostammo al vetro, quanto le misure di sicurezza consentivano, per ammirare il liscio marmo di Carrara. Non fiatò, totalmente rapito dalla statua davanti a lui; sembrava entrato in un mondo nuovo e sconosciuto, per cui ogni minima cosa aveva quell’effetto di meraviglia su di lui. Iniziammo ad accusare la stanchezza sulla via del ritorno, così ordinammo la cena in camera per non faticare troppo. Ci stavamo spegnendo lentamente come la batteria del mio cellulare, peccato che avevo dimenticato il caricatore a Seoul.

- Ti rubo il carica batteria. - annunciai dirigendomi verso la sua valigia aperta.

Mi ignorò per un momento, poi si tuffò all’improvviso sul suo bagaglio per rovistare tra i vestiti.

- Posso prenderlo da sola, ci vedo. - dissi insospettita dal suo comportamento.

- Non mi ricordo dove l’ho messo. - si giustificò, ma notai un leggero timore nella sua voce.

Mi chinai accanto a lui per aiutarlo nella ricerca perché stava solo facendo della confusione.Poi avvistai una scatolina scura, ancora avvolta nella plastica, far capolino tra i suoi maglioni pesanti. Riconobbi immediatamente la marca e mi bloccai quando capii il motivo della sua agitazione.

- Aspetta, posso spiegare. - tentò con le mani avanti. - E’ stato Tae. -

- Non c’è bisogno di dare la colpa a Tae. È normale, credo. -

Mi sentii imbarazzata davanti a quella scatola di preservativi perché non avevamo fatto ancora quel passo avanti. Era l’unico argomento di cui non riuscivo a parlarne liberamente, sdrammatizzavo o fuorviavo sempre con delle battute sarcastiche.

- È la verità. - insistette.

- Prevenire è meglio che curare, no?- chiusi il discorso acciuffando il cavo bianco.

 

"Get drunk on art." - Dionysus








 

Salveeee
Allora qua inizia la vacanza di Jimin e Diana!
Non ho molto da dire perchè c'è poco da spiegare XD

Penso che si sia capito il riferimento a Blood, Sweat and Tear grazie alla Pietà. Io amo quella statua. 
La simpatica premura di Tae è stata accolta con molto imbarazzo ahahhahah
Nel prossimo la vacanza continuerà e il POV alternato in uno dei capitoli più avanti verrà spezzato...
Lascio questo indizio a caso ahahah
Grazie a tutti veramente <3
A presto!

-Arashi-

   
 
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