Fandom:
Originale
Rating: Verde
Personaggi/Pairing: OMC
Tipologia: One-Shot
Genere: Hurt/Comfort
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e avvenimenti,
se non specificato
diversamente, mi appartengono in quanto mia esclusiva creazione.
Dedicata
a Mairasophia.
Scritta
per l'Advent Easter Calendar
Challenge del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanfiction
& Fanart
PROMPT:
Boom!
MY PARTNER
–
A MES AND VICTOR STORY
“Corri!
E non voltarti indietro!”
“Te
lo scordi, Mes! Io resto qui con te! Non
ti lascio a morire in questa trappola!”
“Non
dire stronzate, ragazzino! Vattene
subito, sta per saltare tutto per aria!”
“Vieni
con me! So dove possiamo passare per
andarcene da qui assieme!”
In
quell’inferno di fuoco e fiamme, Victor
afferrò la mano sanguinante di Mes e trascinò il
più anziano fino a un angolo
della stanza libero dal fumo, per il momento.
Con
un calcio ben piazzato al muro, l’agente
più giovane rivelò un passaggio piuttosto stretto
ma da cui proveniva un refolo
di aria dall’esterno: “L’ho visto sulle
carte del catasto che Ludovich ci ha
mostrato prima di passare attraverso R.E.D, pensava sarebbe stato utile
sapere
come muoverci in caso di bisogno, dal momento che- “
“D’accordo,
ora però entra e comincia a
muoverti, sai dove andare?”
Victor
annuì e, tossendo, si infilò nello
stretto passaggio, gattonando nel buio e sparendo in breve alla vista;
alle sue
spalle, Mes T., trent’anni di servizio per il Consiglio, di
cui venti come
agente scelto della Divisione R.E.D, osservò per un istante
ancora la stanza
invasa dalle fiamme, ne sentì il calore sulla pelle
lesionata del viso e
strinse i pugni: d’accordo, non sempre le missioni del
Consiglio erano una
passeggiata, anzi, non lo erano quasi mai, ma che Victor fosse rimasto
coinvolto prima in uno scontro a fuoco dove era stato preso in ostaggio
per far
uscire lui allo scoperto e poi costretto a strisciare come un verme in
quello
che, a tutti gli effetti, era un condotto dell’aria in disuso
non gli piaceva
per niente.
Improvvisamente,
il palazzo tremò e sarebbe anche
stato buttato per terra se non fosse stato abbastanza pronto con i
propri
riflessi per poggiarsi pesantemente contro il muro semi-divelto.
Dal
passaggio, in lontananza, udì la voce
preoccupata del suo giovane compagno: “Mes, muovi il culo!
Sbrigati!”
“Ragazzino!
Non fermarti, arrivo tra poco!”
Così
dicendo, Mes si infilò dentro lo stretto
passaggio, rivestito di metallo bollente al tatto, che si accaniva
ancora e
ancora sulle loro mani, bruciando lo strato superficiale di pelle e
colpendo la
carne viva che via via si scopriva; stringendo i denti,
l’uomo continuò a
muoversi praticamente alla cieca, seguendo la sola via presente che si
dipanava
per parecchi metri: non sapeva dove stavano andando e sperava soltanto
che
Victor avesse qualche informazione in più di lui.
“Mes,
sei qui?!”
“Sì,
ragazzino, sono dietro di te. Vai
avanti!”
Svoltato
un angolo, effettivamente, trovò il
compagno fermo; il palazzo tremò ancora, questa volta
più forte, e Mes strisciò
fino a lui afferrandolo per un orecchio: “Ti avevo detto di
andare avanti!” gli
disse con urgenza, scrollandolo, “Non devi
aspettarmi!”
“Col
cavolo, non mi frega niente del
protocollo. Io non lascio indietro il mio partner.”
Esasperato,
Mes lo lasciò andare, per poi
concentrarsi sulla strada oltre la spalla del più giovane,
sentendosi la bocca
asciutta e non solo per il caldo.
“Già.
C’è solo il vuoto, che facciamo?”
Victor
scosse la testa per riprendere il
controllo di sé, tradito dalla voce tremolante con cui si
era rivolto a Mes.
L’agente
più anziano restò qualche secondo a
osservare il vuoto sotto di loro, buio e sconosciuto: per quanto ne
poteva
sapere, la morte poteva essere in agguato lì in fondo,
fuoco, rovine, quello
che restava della sicurezza, qualunque cosa.
All’improvviso,
un rombo sordo si propagò da
qualche parte sotto di loro, dai piani inferiori del palazzo, e
quest’ultimo
ebbe un nuovo sussulto prima di cominciare ad accartocciarsi su
sé stesso: non
avevano più tempo.
“Con
tutto il gas che hanno diffuso nel
sistema di ventilazione dell’ala est dell’edificio
nel tentativo di farci
fuori, questo posto salterà in aria a breve!”
sbottò Mes, asciugandosi il sangue
dal labbro spaccato prima di armeggiare con il contenuto di una delle
tasche
laterali della tuta bio-sintetica; da essa, tirò fuori una
Stero-applicazione
Nanometrica che venne sbattuta senza troppi complimenti sulla propria
pelle
nuda prima di afferrare Victor per la vita e gettarsi nel vuoto.
Victor
non se lo aspettava e, per reazione,
si aggrappò a Mes urlando prima che l’attrito
dell’aria lo costringesse a
chiudere la bocca; da parte sua, il compagno osservava il caleidoscopio
di luci
e ombre che scorreva davanti ai suoi occhi tanto più
prendevano velocità, senza
freno alcuno, diretti probabilmente verso morte certa.
“Tieniti
forte!” gridò Mes, prima di piegare
le gambe, come a voler spiccare un salto: la cacofonia di suoni che li
circondava non era il massimo per veicolare un messaggio e sperava
soltanto che
Victor non si facesse prendere dal panico, gli sarebbero servite le
mani libere
per tentare di salvare sia sé stesso che il suo partner.
Sotto
di loro, apparve all’improvviso una
luminescenza rossastra, poi il rombo dell’esplosione e
infine, dalle profondità
del buio, eruttò una colonna di fuoco che divorava ogni cosa
sul suo cammino,
incurante di tutto quello che poteva incontrare, fossero state anche
forme di
vita, un turbine di fiamme che non lasciava scampo; con uno sguardo
rapido, Mes
fece alcuni calcoli, osservò i punti dove sapeva sarebbero
passate le fiamme
per darsi il tempo necessario e infine chiuse gli occhi.
Quando
le fiamme arrivarono rombando a
lambire i loro piedi, Mes era pronto.
Richiamando
alla mente gli insegnamenti
dell’Accademia, concentrò tutta
l’energia che gli aveva invaso i muscoli sui
piedi, sfruttando l’onda d’urto
dell’esplosione per rimbalzare contro la parete
più vicina e poi ancora un’altra e
un’altra ancora, una sorta di pallina da
flipper vivente, mentre Victor, aggrappato a lui, stringeva i denti e
teneva
gli occhi ostinatamente chiusi, sordo a qualunque rumore che non fosse
il
battito forsennato del suo cuore.
Sopra
di lui, Mes sorrise e, giunto infine al
tetto dell’edificio – o ciò che ne
restava – spiccò un ultimo, enorme salto,
potenziato dall’effetto dell’infusione del
Applicazione, e si librò nel cielo
notturno nell’esatto momento in cui la colonna di fuoco aveva
illuminato tutto
ciò che la circondava, creando uno spettacolo mozzafiato e
apocalittico al
tempo stesso.
Sapeva
che l’esplosione e poi le fiamme che
illuminavano a giorno la notte avevano attirato curiosi e forze
dell’ordine,
poteva sentirne in lontananza le sirene e vederne le luci lampeggianti
e sapeva
che non avevano più molto tempo.
Con
un movimento fluido, tirò su la manica e
schiacciò un punto sul proprio polso, che prese a brillare:
nel cielo, si aprì
un enorme occhio rosso, dentro cui si tuffò senza guardarsi
indietro neppure
per un istante.
Come
era comparso, l’occhio sparì,
inghiottendoli, mentre il palazzo, con un ultimo roboante ruggito, si
accasciò
su sé stesso, spargendo una polvere di vetri in frantumi su
tutto il quartiere.
§§§
“…ctor…
ctor… sci a
…ntirmi?”
Con
il cuore che batteva all’impazzata e
l’odore acre di pelle bruciata ancora nel naso, Victor
faticò un attimo a
rendersi conto che sì, erano finalmente al sicuro.
Non
appena Mes li aveva fatti rotolare dentro
R.E.D, Victor aveva avvertito la familiare sensazione di doccia fredda
e
risucchio che caratterizzava i viaggi attraverso il Sistema ma,
nonostante si
fosse successivamente accorto di essere tornati alla Base, di essere
sdraiato
sul pavimento di una delle Stanze di Trasferimento, era rimasto
immobile, con
gli occhi stretti e il respiro accelerato, sordo a qualunque stimolo
esterno.
Inginocchiato
accanto a lui, Mes lo scuoteva
con fare brusco, esaminando al contempo le eventuali ferite: non aveva
avuto
tempo di essere delicato, l’intera situazione era andata a
catafascio fin
dall’inizio e doveva pensare a salvare la loro pelle, non
potendo perciò
preoccuparsi delle condizioni immediate del suo partner.
Ma
vederlo così, a terra, tremante come un
bambino e pallido come un cencio, lo turbava non poco.
“Ragazzino,
apri gli occhi prima che decida
di schiaffeggiarti.”
Finalmente,
Victor sollevò le palpebre
tremando e mise a fuoco, notando con sollievo Mes sopra di lui.
“S-Siamo-
“
“Sì,
siamo tornati. Su, mettiti seduto.”
“Mi
tremano l-le mani.”
“E
la lingua no? Forza, meno chiacchiere e
mettiti seduto mentre io controllo che non abbia qualche buco
potenzialmente
letale addosso. Levati tutto e lascia soltanto il sottotuta.”
Nonostante
i suoi modi burberi, Mes aiutò il
partner a spogliarsi e, con l’ausilio di un piccolo scanner
medico che aveva
tirato fuori dalla cassetta del primo soccorso, trovata nella stanza,
ne
esaminò le condizioni.
Ustioni
varie, qualche costola incrinata,
forse un polmone contuso: il quadro non era dei migliori, anche se
aveva visto,
e vissuto, di peggio.
“D’accordo,
Victor, ora respira.” Cercando di
controllare il proprio tono, Mes poggiò le mani sulle spalle
del partner per
tranquillizzarlo: “Concentrati sulla mia voce e regolarizza
il respiro, so che
ti fa male il petto, ma devi prima calmarti. Poi andiamo in
infermeria.”
Con
l’aiuto della voce di Mes, dopo parecchi
minuti, Victor riuscì infine a calmarsi quel tanto che
bastava per abbassare la
propria frequenza cardiaca e rilassare i muscoli, cadendo poi con la
testa
contro il petto del partner, che lo sorresse con l’ombra di
un sorriso sulle
labbra prima di caricarselo sulle spalle, abbandonando la loro
attrezzatura sul
pavimento, dimenticata.
Mentre
uscivano diretti all’Infermeria della
Base, Mes si lasciò scappare una mezza risatina:
“Niente male per un
marmocchio.”
Victor
non rispose ma strinse più forte la
presa su di lui, nascondendo il viso nel suo collo.
“Sei
il peggior mentore mai esistito.”
“Ero
anche l’unico disponibile.”
“Bastardo.”
“Linguaggio,
ragazzino.”