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Autore: Hermes    28/04/2019    0 recensioni
Diciassette anni di giorni da spiegare e mettere a fuoco.
Un’autopsia al tempo fra la nebbia di San Francisco e la polvere del deserto, per arrivare nel presente che potrebbe essere solo una possibilità nel futuro.
Il mondo è costruito sulle nostre scelte.
[Questa storia fa parte della serie 'Steps']
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Steps'
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Doubt grows with knowledge.
~ Goethe

Un uomo biondo platino sulla cinquantina scendeva le scalette di Lombard Street, smartphone all’orecchio e mano libera in tasca, gli aviator a specchio che gli scivolavano appena lungo il naso.
“Stiamo parlando, Claudia.” disse tranquillo “No, non credo che sia una buona cosa.”
No overthinking, Linds. Come ti senti dopo questi ultimi giorni?” arrivò la voce dall’altra parte del filo.
L’uomo inghiottì, osservando le aiuole di begonie sgargianti al livello dei suoi occhi.
“Male.”
“Definisci la parola ‘male’.”
“Il tremens sta aumentando e non penso di poterlo nascondere ancora per molto a meno che non prenda qualcosa.”
“Perché lo nascondi?”
Claudia!
“Sii sincero con te stesso e con la dottoressa Hervas, Linds.”
Il capo biondo si scosse seccato “Cosa dovrei fare?! Se scopre che mi tremano le mani Michelle andrebbe nel panico, è già preoccupata per Kurt.”
“Cosa ti terrorizza Linds? Il fatto di essere scoperto od il fatto di apparire umano?”
L’uomo biondo smise di camminare, le labbra strette prima di replicare glaciale “Vuoi che spiattelli a Michelle gli ultimi dieci anni, Creane?”
“Cosa voglio è che la tua esistenza sia sana ed equilibrata, Lagden.”
“Oltre ai miei soldi.”
“Le mie parcelle sono in linea con il minimo tariffario degli specialisti in psicoanalisi.”
Linds sorrise appena, riprendendo a scendere le scale mentre il sole fissava vitamina D nel suo organismo.
“Ammetto che parlare con Michelle non è così difficile.”
“…”
“Piantala con i tuoi silenzi accusatori, ok?! Va bene, sono fottutamente sollevato! Contenta!?”
“…”
“Il prossimo passo sarà depurarmi da pollo fritto e diventare vegetariano per contrastare la violenza nel mondo.”
“…”
“Stavo scherzando, Claudia. La tua diagnosi?”
“Misurati con la dottoressa Hervas, Linds. Non nasconderti e non analizzare più di tanto le sue emozioni, cercando di schermarla dalla verità.”
“Claudia…”
“Sì, Linds?”
“Rivoglio indietro la mia vita.”
“Giunto il momento, il resto dipende solo da quanto sei disposto a metterti in gioco.”
I know.

~

“Kurt! Here!
La sua mano era già pronta a ricevere il passaggio di Nigel prima di correre più avanti verso la metà campo e l’area dei tre secondi, palleggiando e sgusciando fra le guardie mentre i trenta secondi dell’azione scivolavano avanti.
Muoviti Nigel o qui ci freghiamo.
Aveva scansato e fatto finte prima di vedere movimento amico con la coda dell’occhio ed attuare un passaggio raso cemento.
Una frazione di secondo dopo Nigel volava su, infilando la palla nel canestro come se fosse nato per farlo e chiudendo il primo tempo della partita in loro vantaggio di un punto.
Abbraccio collettivo e sudato prima di raggiungere il bordo campo e sedersi in crocicchio tecnico per scambiarsi impressioni, punti di forza e debolezze dell’altra squadra in attesa del secondo.
Alla faccia dell’amichevole…li stendiamo!
“Hey, K.”
“…?” aveva alzato il capo verso Nigel con sguardo interrogativo.
“Hai cose da fare dopo la fine del corso?”
“No…veramente no.”
“Voglia di venire a Charleston per qualche giorno?”
“Mi farebbe piacere, grazie.”

[…]

Keep my head under the water, pride buried in my chest
Not counting all the minutes, the seconds, not holdin' my breath
Now sinkin' from the surface, swimmin' in my lungs
Losin' all my vision, religion, I'm holdin' my tongue
Whetan & Dua Lipa ~ High

È passata un’ora da quando Linds è uscito.
Ho deciso per un bagno caldo, nonostante ci siano trenta gradi.
Le mie spalle mi stanno uccidendo.
Sono un fascio di nervi, ho smesso con la palestra da quando avevo scoperto della fuga di Kurt e non ho alcuna intenzione di ricominciare, troppa la paura di lasciare casa e magari perdere un segno.
Sembro rilassata e paciosa magari, infilata in questa vasca di metallo smaltato enorme.
Non ricordo l’ultima volta che l’ho usata, troppo presa dal correre ogni secondo della mia vita.
Correre per non pensare.
MAI pensare.
Piego le gambe e scivolo con tutta la testa dentro l’acqua.
Il mio respiro che sale e mi lascia sul fondo, dove la superficie è solo uno specchio inverso.
Torno al mondo reale mezz’ora dopo.
Mi sento decisamente meglio.
Certo che stai meglio, Hervas.
Hai fottutamente frignato come una bambina ma nessuno potrebbe provarlo, no?

--ping!--

A piedi nudi raggiungo il tavolino del salotto ed afferro lo smartphone.
“Vieni di sotto? Mangiamo fuori.”
Rimango in silenzio, guardando lo schermo spegnersi.
Due minuti dopo ho calzato l’unico paio di all stars che possiedo ancora ed mi son chiusa la porta di casa alle spalle, con un tonfo.
Stoica ma imbecille…come di tuo solito quando Lagden ti gira intorno, Hervas.
Non imparerai mai.

~

I've been losing my religion
Makin trouble for myself
and these nights are getting longer
You know I just need your help
I keep running for you baby
And it's eating me alive
I'll be dying for you baby
'Till you'll bring me back to life
JRY feat. Rooty ~ Pray

Sto giocando con il fuoco, ne sono perfettamente consapevole.
Le dita che battono sulla scocca della Jag, mentre aspetto.
DING!
Il momento che si aprono le paratie dell’ascensore ed gli occhi grigi di Michelle mi trovano e puntano, inchiodandomi on the spot da venti metri di distanza.
Ho sempre adorato i suoi occhi.
Si avvicina in silenzio, la domanda ovvia nel suo sguardo.
Vorrei smettere di fissarla.
Vorrei davvero.
Blue jeans slavati, maglietta bianca e coda di cavallo.
Bella.
Apro la bocca ma Michelle lo fa per prima.
“Aspettavo del take-out.”
“Già…” non mi vengono le parole “Ecco…”
“…” ha inclinato il capo nella mia direzione, i capelli scuri che scivolano dietro le spalla.
Lagden,non fare la figura del deficiente…smettila con gli occhi a cuore e – per l’amore della fisica molecolare – rimetti in moto i due neuroni che ti sono rimasti e respira!
“Okay, lo ammetto.” affermo calmo, aprendo la portiera per metterla fra di noi “Questa città mi è diventata sconosciuta, Michelle.”
“…” ha allargato gli occhi, sorpresa. Potrei affogare dentro tutto quel grigio argento…no, Linds, rimani razionale!!!
Lancio le chiavi della macchina verso di lei che le prende al volo, sbattendo le palpebre.
“Guida e scegli tu. Mi fido di te, ma- Michelle.” quindi mi siedo al posto del passeggero, con le dita incrociate nelle tasche dei jeans.
Michelle mi osserva con sospetto poi gira intorno al muso e si infila con grazia alla guida, aggancia la cintura ed accende l’auto senza un’altra parola, mettendola in moto.
Continuo a fissarla – maledizione a me – ma lei mi ignora, salendo sulla rampa d’uscita ed immettendosi nel tremendo traffico di fine giornata con cautela.
Un’ora dopo, più a causa del traffico che della distanza, ha parcheggiato la Jaguar sotto la luce di un lampione a filo della costa sul Pacifico.
Scende dall’auto ed inizia a camminare, senza guardarsi indietro.
E solo quando arriviamo a destinazione che mi scappa una risata.
Pier 46.
Michelle vuole la mia testa, e di questo passo...

Il posto è stato rimaneggiato, le vetrate ora prendono tutte le pareti in una visione unica ed indisturbata dell’orizzonte blu.
Gli arredamenti moderni e informali con dettagli in acciaio che mi ricordano un po’ il laboratorio.
“Un piacere rivederla, Miss Hervas. Preferisce un tavolo o sedersi al bar?”
“Un tavolo per due.”
Il cameriere sorride “Prego, seguitemi.”
Passiamo in mezzo ad altri tavoli occupati.
Anche la clientela è cambiata dopo tutti questi anni…prima era di stragrande maggioranza anziana e piena di colletti bianchi, ora vedo alcuni tavoli di soli studenti che si godono un cocktail di gamberi e fritture di pesce sofisticate.
Il bar è diviso dalla cucina a vista da un acquario pieno di aragoste vive, pronte per essere preparate sul momento a seconda delle richieste dei clienti.
Il cameriere tiene la sedia a Michelle, ci lascia un paio di menù e sparisce, letteralmente.
Troppo presto per i miei gusti.
“Non sapevo che questo locale fosse ancora aperto.” tento di fare conversazione, il menù aperto ma senza leggerlo, Michelle non mi degna di uno sguardo.
“Potresti perlomeno parlarmi.”
Una sola occhiata, una stilettata argentea nella mia direzione.
Fa un cenno al cameriere “Un filetto di salmone aromatizzato e come contorno insalata di quinoa. Per vino un bicchiere di bianco abbinabile, possibilmente secco.”
“Per lei signore?”
“Lo stesso, acqua frizzante per me.”
Sorrido al cameriere mentre occhi grigi e calcolatori mi pesano addosso.
Come faccio ad essere sincero con lei quando sembra una cassaforte a combinazione?! Cristo!
Non sono passati dieci secondi da quando siamo rimasti soli e…
“Va bene, adesso ne ho abbastanza Linds.” ha incrociato le braccia, i muscoli delle sue spalle leggermente più gonfi e voluminosi che mi affascinano “Cosa vuoi?”
“…”
Rotea gli occhi, un muscolo sulla sua guancia che guizza “Okay…il succo della questione è che non capisco cosa credi di ottenere. Ti ho chiesto di tornare, lo hai fatto su due piedi. Non mi sembra che tu abbia cambiato atteggiamento nei confronti di Kurt…eppure solo questo pomeriggio hai ritrattato. In teoria, mi hai invitata fuori a cena; esattamente che cosa vuoi?”
Logica, lucida e acida come un limone.
Michelle ma belle.

Il suo sguardo si è indurito mentre mi scappa un sorriso, non posso farci niente.
Arriva il vino ed la mia acqua.
“Vuoi la verità?”
“Possibilmente sì.”
Unisco le punte delle dita sopra il tavolo.
Non è così semplice come sembra, Michelle.
“Ricordi quando è iniziata la nostra pausa?” inizio nervoso, non la guardo.
“Sì.”

~ Quindici anni prima, Michelle POV
Sento l’atmosfera cambiare, Linds il fulcro di quello che sembra un campo magnetico di insicurezza.
Un umore che, per quanto ci ho provato, so di non riuscire a fargli passare.
Kurt ha ululato fino ad un’ora e mezza fa, sta mettendo gli ultimi denti da latte ed il processo è doloroso.
Una tragedia dato che gli ho vietato nel modo più assoluto caramelle dure e cioccolata per evitare di far gonfiare o sanguinare le gengive più del necessario.
Ha quasi due anni con l’intelligenza di uno di sei e non c’è modo di farlo ragionare se vuole qualcosa.
La giornata è stata pesante, Linds era tornato dalla Base il giorno prima con un sorriso che si era sciolto come un cono di gelato il momento che aveva capito cosa stava succedendo.
Aveva messo più distanza possibile fra se stesso e Kurt, rinchiudendosi nello studio con la scusa di lavoro in arretrato.
Ha passato il weekend agli arresti domiciliari davanti al notebook mentre mi barcamenavo con un Kurt capriccioso e pronto allo scontro.
Ora sono coricata al suo fianco in un silenzio fondo.
Linds non dorme, fissa il soffitto.
Mani intrecciate poggiate sull’addome, una piega scontenta nelle labbra.
La verità è che vorrebbe solo più fuggire da questa gabbia di matti.
L’ho appena pensato che Linds si alza, spostando le gambe sul pavimento e ravviandosi i capelli dietro il capo, la schiena tesa sotto il cotone della t-shirt.
Le parole che mormora appena dopo non mi stupiscono molto…le aspettavo da un po’ a dire il vero.
“Non ce la faccio, Michelle.”
Chiudo gli occhi, ascoltando il silenzio della stanza prima di rispondere calma, quasi indifferente.
“Cosa pensi di fare?”
I suoi occhi neri che calano nei miei, nel bel mezzo dell’oscurità.
Lo sguardo di un Linds che non sa cosa sia meglio ma che si sente fuori posto, braccato da demoni che non vuole – o non può – affrontare.
Non avrà mai il coraggio di parlarne, anche se combatte da solo stringendo i denti.
Sento l’amarezza che mi ribolle nell’addome e si mischia con un senso di tristezza.
Lagden ci ha provato, Hervas. Il fatto che non abbia funzionato rimane.
Vorrei fermarlo e provare ancora in un nuovo tentativo ma…
Sai perfettamente bene che il risultato non cambierebbe. Linds non è pronto, non è capace di adattarsi. Andrebbe a finire ancora peggio.
Sbatto le palpebre, fissando il soffitto bluastro, mentre il topo mi guarda assorto, in attesa.
“Penso…” inghiottisco, cercando di suonare calma, ragionevole “È da un po’ che non và, Linds.”
“Huh?”
“Fra di noi.”
Non solo ‘un po’’…Kurt occupa una buona fetta dei miei pensieri e delle mie giornate festive.
È già capitato più di una volta che un momento fra me e Linds venisse interrotto.
Con un bambino piccolo non c’è pace.
“…” ha abbassato gli occhi, i gomiti poggiati sulle ginocchia.
“Non voglio trattenerti qui.”
“Mi stai dicendo che è finita?”
“Sto dicendo che hai bisogno di un po’ d’aria Linds, incolparti non mi fa sentire meglio.”
Non è colpa ne mia ne sua, la colpa sta in mezzo invisibile.
“Posso rimanere.”
“Hai appena detto che non ce la fai più.”
Ma Belle.
Scuoto la testa di scatto sul guanciale “Non negare l’evidenza, Linds. Non fuggirò via appena svolterai l’angolo. Vai, prenditi un po’ di tempo.”
Il biondo apre la bocca per ribattere poi la richiude, torn.
Non parlo più, sono svuotata e di parole ne ho abbastanza.
Alcuni minuti dopo sento il materasso muoversi, mi ha voltato la schiena.
Ho perso Linds.
Non ha bisogno di dirmelo.
Il mattino dopo non ci salutiamo.
E la nostra pausa inizia ufficialmente.

Il cameriere ci ha servito i nostri due filetti mentre vedo le iridi argento di Michelle acquistare una nuova durezza.
Il momento che siamo di nuovo soli prendo un respiro prima di continuare.
“Il mattino dopo sono tornato alla Base.” apro il tovagliolo posandolo in grembo prima di afferrare coltello e forchetta “Per una settimana o due, non ricordo con precisione, ho funzionato come di mio solito.”
“…” Michelle sta ignorando la sua cena.
“Non ricordo per quale motivo ma sono arrivati al Lambda dei campioni di alcaloidi vegetali, piante nuove ottenute incrociando famiglie botaniche molto diverse fra loro.”
“La tua curiosità non ha retto.”
Ringrazio di essere in un luogo pubblico, solo dal tono è pronta per schiaffeggiarmi.
“Esatto.”
“Stai scaricando su me e Kurt il fatto che hai ricominciato a drogarti?”
“No.” porto alla bocca il primo boccone di salmone, masticando lentamente “Mangia o diventerà freddo.”
“Mi è passata la fame.”
Alzo gli occhi per trovarmi dei dardi acuminati lanciati nella mia direzione “Non fare l’idiota, Michelle.”
L’argento delle sue iridi che diventa mercurio liquido a pari passo con la sua furia.
“Ho ricominciato a drogarmi per mia deficienza personale. In quel periodo mi sentivo un fallito.”
Sbatte le palpebre, schiude le labbra poi ci ripensa e sta zitta.
“Non ero pronto, lo sapevamo entrambi. Sono scappato con la coda fra le gambe per il deserto e da lì è iniziata la mia discesa a spirale.”
“…” ha corrucciato la fronte, con la forchetta punzecchia un angolo del filetto senza romperlo.
“Per un paio d’anni costruii una routine: lavoravo durante la settimana ed nel weekend assumevo. Per la maggior parte erano allucinogeni piuttosto pesanti che perduravano anche fino a metà settimana, poi altri miscugli di droga comune.”
“Non sei più tornato.”
“Credimi è stato un bene e comunque non mi ricordavo di te o di Kurt.”
Si è portata una mano alla tempia, gli occhi strizzati. Rimango in silenzio un po’, continuando a mangiare.
“Linds.”
“Dimmi.”
“Eri fatto quando Kurt è stato morso, vero?”
“…”
Oh God…
Vorrei sprofondare qui ed ora…troppo occupato a cavalcare gli arcobaleni e salire le scalinate verso il vuoto.
“Quando…” devo continuare a parlare o non avrò più il coraggio di farlo “Abbiamo litigato…non capivo perché ce l’avevi tanto con me, non mi era sembrato importante.”
“…” ha nascosto la faccia fra le mani.
“L’effetto dell’acido scemò tre o quattro giorni dopo. Tornato sobrio la gravità della situazione mi investì in pieno.”
“A scoppio ritardato…” digrigna a denti stretti da dietro le mani.
“Sì.” annuisco, anche se non può vedermi.
“Perché non hai mai telefonato per sapere come stava?” chiede Michelle, una domanda che probabilmente la rode da anni.
“Non…decisi di non farlo.”
Perché?!
“Non ricordo, Michelle.” cancello la condensa dal mio bicchiere con il dito “Di quel periodo non ricordo quasi nulla.”
“Cosa significa?”
Mi mordo la lingua, impaziente poi inspiro.
“La mia assunzione era fuori controllo. Avevo difficoltà a riconoscere la realtà dallo sballo. Non ricordo.”
“Riuscivi a lavorare, però.”
Barely. Ho una sfilza di assistenti e omini che mi girano intorno, delegavo a destra e manca.”
“Non mi sembri in astinenza, ora.”
La osservo, gli occhi grigi si sono fatti ancora più scuri.
“Pardon?”
“Non mi dai l’impressione di aver assunto acido.” ha spostato il piatto di lato con una smorfia, attaccando il vino ed ingollandone metà.
“Ho smesso con quella roba.”
“Come?”
“Sono stato aiutato, Michelle.”
Ride.
Una risata incredula ed isterica.
“Non hai mai voluto essere aiutato!”
Sorrido.
In realtà è un ghigno.
“Vero.”
Di nuovo mi inchioda alla sedia con tutta la forza bruta del suo sguardo, non ha bisogno di parole per rendermi quanto è delusa di me.
“Perché mi stai dicendo tutto questo?” occhi argento schermati, armati fino ai denti.
Non rispondo alla sua domanda, non ho ancora finito.
“Mi hanno tirato fuori per i capelli solo perché non ho fatto bene i miei calcoli e sono collassato al lavoro.”
Ci vuole qualche secondo prima che le mie parole registrino sul suo viso, anche quelle che non ho detto.
Sbiancata e rigida come uno stoccafisso.
Frugo per il locale ed aggancio con gli occhi un inserviente “Un doppio whisky, senza ghiaccio.”
“Sì, subito.”
Nei cinque minuti non aggiungo null’altro. Quando il drink arriva e Michelle lo prende di mano al cameriere per berne un sorso e arricciare il naso subito dopo.
“Cosa…cosa è successo dopo?”
Perché continua a farmi domande?
Perché è ancora seduta qui a fissarmi con quegli occhi?

“Un ossimoro.” sbatto le palpebre, confuso dal suo comportamento “In quel periodo ero l’unico scienziato in grado di mandare avanti il Lambda. Il Governo mi pagò le spese mediche e la riabilitazione solo perché gli servivo vivo. Venni messo in isolamento per la disintossicazione e quasi un anno dopo ritornai al lavoro con il divieto assoluto di avvicinarmi al magazzino degli alcaloidi se non accompagnato dal Comandante della Base.”
Le sue dita ancora intorno al vetro del doppio whisky.

Would you pray for me?

“Check, please.”
Un cameriere di passaggio annuisce e si dirige alla cassa quindi si porta il bicchiere alle labbra.
Fa tutto questo senza smettere di fissarmi.
Vorrei scappare…datemi un’uscita d’emergenza!
Ha prosciugato l’ultimo goccio del liquore senza dire un’altra parola.
Il silenzio permane mentre salda la consumazione e torniamo fuori dove la sera è immobile, falene che ronzano intorno agli aloni di luce dei lampioni sulla passeggiata che costeggia la spiaggia.
Non ci siamo ancora lasciati indietro il Pier 46 che-
“Che diavolo vuoi da me, Linds?”
Non vedo la sua espressione mentre continuiamo a camminare ma la voce è come un diamante su un vetro.
Cosa voglio Michelle?
Principalmente ciò che ho stupidamente lasciato indietro.
Se possibile trovare un po’ di pace.
Conservare ciò che è stato senza guardarlo con amarezza.
Non chiedo di essere amato da una famiglia che non ho mai riconosciuto come tale ma se potessi-

Esco fuori dalla mia reveriè quando dita color caramello si serrano sulla manica della mia giacca, per poco non me ne accorgevo.
Occhi grigi quasi neri come i miei, così vicini.
“Perché non me l’hai detto?” parla piano, il suo respiro sa di liquore e soffia all’altezza del mio labbro inferiore.
Per un decimo di secondo vorrei chinare il capo e…
Mordo il labbro, occhi chiusi, respiro profondo.
Non sei più adolescente, Lagden.
“All’inizio, non sapevo se dirtelo…e poi, come dirtelo, perché non ero esattamente sicuro di cosa significasse averci provato sul serio.” dico questo con voce fredda e distaccata.
Un Lagden che non sono più da un po’…
Ma l’irritazione di fondo è vera, anche quando cerco di addolcire il tono “Non mi è mai piaciuto raccontare la verità censurandola.”
“C’è altro, vero?” ha lasciato la stoffa, le dita ancora rigide ed il capo ritto e fiero, Michelle ma belle che mi sfida, spavalda.
Sorrido, inclinando la testa verso il basso e di lato, i nostri nasi che quasi si sfiorano.
Lei che si allontana di qualche centimetro.
“Sì ma per stasera ne ho abbastanza, Michelle. Tu no?”
Apre la bocca.
La richiude.
La riapre e quindi…
…tace.

Where do we go from here?
This isn't where we intended to be...
We had it all
You believed in me
I believed in you
Certainties disappear.
What do we do for our dreams to survive?
How do we keep our passions alive,
as we used to do?
Lana del Rey ~ You must love me (Evita Cover)

~~~

Canzoni del capitolo:
- Whetan & Dua Lipa ~ High;
- JRY feat. Rooty ~ Pray;
- Lana del Rey ~ You must love me (Evita Cover).

Le note di questo capitolo sono:
- Lombard street è una strada a senso unico molto nota di San Francisco a causa della sua pendenza. Per supeare il dislivelli infatti la strada è stata modellata con un grosso numero di tornanti;
- Ovviamente Linds non ha niente contro i vegani o altri stili di vita green, ma si sa il topo è abituato a mettere le zampette dove non gli conviene...xD
- Charleston, qui stiamo parlando della città balneare in South Carolina dove risiede la famiglia di Nigel. Degno di nota ricordare Fort Sumter, guarnigione federale nordista che venne attaccata nel 1861 dai sudisti, evento dal quale scoppiò la Guerra di Secessione americana;
- Il Pier 46 è il nome del ristorante nel quale Michelle e Linds cenano per la prima volta insieme in ASTTL. Consideriamola una licenza poetica dato che non ho mai accennato al nome del locale nella storia pilot. Ammetto di essere stata molto affascinata dall'idea che i due tornassero a confrontarsi in un posto già conosciuto, per così dire. In UT Linds e Michelle sono due persone molto diverse da i due giovani della prima storia ed anche la loro conversazione prende una piega molto più pesante di quella d'allora...eh beh...non voglio dilungarmi troppo!

Sì, un altro pezzo di questa storia pubblicato...paura!
E già che siamo in vena di cose impossibili la domenica sera un annuncio: la storia è completa al 99.9%, l'unica cosa che mi manca è l'epilogo che riesca a legare le ultime tre scene del finale.
Ormai è già estate, almeno nei posti che frequento abitualmente ed UT verrà conclusa e postata. Almeno è questo quello che intendo fare.
Non so chi legga ancora ma per chi è rimasto spero solo che vi divertiate ancora.
Saluti, tanto sole e copacabana.
Hermes

  
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