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Autore: Kimando714    01/05/2019    0 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 29 - UNIVERSES



 

La campanella la ridestò improvvisamente dal torpore in cui era caduta da più di mezz’ora. Giulia si risistemò gli occhiali, dopo essersi stropicciata pigramente gli occhi; le prime due ore di lezione erano state particolarmente noiose, come tutte le lezioni tipiche delle ultime settimane di scuola. Lanciò un’occhiata fuori dalla finestra, annoiata: con il sole alto che splendeva avrebbe desiderato enormemente di più passare la mattinata fuori, anziché rinchiusa in classe.
Seguì Caterina, già alzatasi poco prima di lei, fino nel corridoio. Non servì dire nulla per farle capire di dirigersi verso la 4°A: per tutta la settimana Giulia l’aveva ammorbata così tanto sull’arrivo imminente del suo primo anniversario con Filippo che sarebbe stato difficile per Caterina dimenticare quel particolare proprio ora che finalmente, il giorno era arrivato.
Era una sensazione strana, quella che la stava pervadendo da quando aveva aperto gli occhi quella mattina: aveva immaginato a lungo come sarebbe stato poter dire di aver raggiunto quel traguardo, ma non aveva mai davvero preso in considerazione l’idea di vivere quel 25 maggio con quell’insieme di felicità ed agitazione che si sentiva all’altezza dello stomaco.
Un minuto dopo arrivarono di fronte alla 4°A, stranamente silenziosa. La porta era ancora chiusa, come se si stesse svolgendo ancora lezione nonostante l’inizio dell’intervallo. Giulia vi si accostò, cercando di captare qualche voce: tutto taceva, e l’unico rumore di sottofondo che lasciava intuire la presenza di qualcuno era il graffiare delle penne sui fogli.
-Ma avevano qualche compito in classe?- chiese a Caterina, strabuzzando gli occhi.
-Non che io sapessi. Nicola non mi ha detto niente– replicò lei, confusa allo stesso modo.
Giulia si avvicinò ancor di più, cercando di capire meglio: quel silenzio non poteva far altro che suggerire che, effettivamente, la 4°A fosse impegnata in una qualche verifica.
-Ma all … -.
Giulia si scostò di scatto, talmente velocemente da farsi quasi male ai muscoli del collo; non era riuscita a finire la frase che la porta era stata aperta, quasi colpendola in viso. Questione di pochi centimetri e si sarebbe ritrovata dolorante su tutto il viso.
Quando alzò gli occhi si ritrovò di fronte l’espressione disorientata di Pietro, appena uscito: lo vide richiudere subito la porta, prima di accostarsi a lei e Caterina.
-Beh?- chiese, ora lasciandosi andare ad un ghigno divertito – Origliavate, per caso?-.
Caterina ignorò del tutto la provocazione:
-Avete verifica?-.
L’espressione di Pietro mutò ancora, il ghigno che gli si congelò all’istante in faccia, sostituito da uno sguardo piuttosto cupo:
-Di matematica- sbuffò, stremato – A sorpresa-.
Giulia si ritrovò ad annuire, ora decisamente meno confusa: Nicola e Filippo non avevano detto nulla semplicemente perché nemmeno loro erano a conoscenza di quel che li aspettava.
-E com’è andata?- chiese a sua volta, massaggiandosi il collo dolorante.
Pietro la guardò come se la risposta fosse già piuttosto ovvia:
-C’è davvero bisogno che risponda?- rise amaramente, muovendo qualche passo verso le scalinate – Ora, se permettete, vado a fumare. Ci vediamo dopo-.
Giulia lo seguì con lo sguardo, fino a quando non lo vide svoltare e scendere lungo le scale: uscì dal suo campo visivo in meno di un minuto.
-Secondo te finiranno così presto anche Nicola e Filippo?- si ritrovò a chiedere, mentre si accostava a Caterina, andata ad appoggiarsi mollemente contro la parete dal lato opposto del corridoio.
-Credo che Pietro se la sia cavata così velocemente solo per aver lasciato il foglio in bianco-.
A quelle parole Giulia rise immancabilmente, divertita. Era consapevole che rimanesse comunque il secondo intervallo, ma dover rimandare l’incontro con Filippo proprio quel giorno la scocciava più di quanto non avrebbe voluto ammettere.
Caterina le si avvicinò ulteriormente, lanciandole un’occhiata maliziosa:
-Agitata per stasera?-.
Giulia rimase in silenzio per qualche secondo, sperando di non aver assunto l’espressione disperata che sentiva piuttosto appropriata in quel momento, a pensare alla svolta che avrebbe potuto assumere quella serata. Aveva parlato a Caterina anche della sua permanenza di qualche giorno a casa di Filippo: lo aveva fatto a lungo, cercando di esprimere i suoi timori e le sue speranze. Si era soffermata a pensarci anche la serata prima, mentre preparava un secondo zaino con le cose che le sarebbero servite a casa Barbieri: aveva atteso così tanto quel giorno che ora, immancabilmente, si ritrovava a convivere anche con l’ansia.
Non aveva idea di come sarebbe andata a finire quella sera – non dopo aver ripensato all’ultima volta in cui Filippo era stato da lei - ed era forse quel senso d’ignoto che la faceva sentire così tanto in soggezione.
-Dovrei esserlo?- chiese, fingendo nonchalance.
-Beh … - iniziò Caterina, dandole una leggera gomitata – Sarete a casa da soli, è il vostro anniversario … Sarebbe la serata perfetta per … -.
-Non mettermi ansia- la interruppe bruscamente Giulia, chiudendo gli occhi e gesticolando nervosamente. Si sentì un’idiota nel rendersi conto che a Caterina erano bastati cinque secondi per far crollare quella sorta di apparente sicurezza.
La sentì ridacchiare compiaciuta:
-Allora sei agitata sul serio!-.
Giulia la fulminò con gli occhi:
-Tu non lo saresti?- la rimbrottò, incrociando le braccia contro il petto. Caterina alzò le spalle: per un attimo, anche se non ne era affatto sicura, a Giulia parve di vederla a disagio.
-Per ora non ci penso- rispose infine, vagamente.
-Ma tu e Nicola … -.
Caterina la interruppe prima che potesse concludere la frase: le fece un cenno verso la direzione opposta del corridoio, e quando Giulia si girò non si sorprese affatto di vedere Pietro già di ritorno.
Tacque all’istante, lasciando perdere la domanda che aveva in mente di porre a Caterina, ed attendendo che l’altro le raggiungesse. Qualche secondo dopo era già lì, di fronte a loro, mentre dava le spalle alla porta della 4°A, ancora chiusa e dalla quale non era ancora uscito nessun altro.
-Già di ritorno?- gli si rivolse Caterina, perplessa.
-Mi sono reso conto di aver finito le sigarette solo dopo essere uscito- borbottò Pietro, con aria distratta. Stava controllando qualcosa al telefono, ma qualche secondo dopo lo ripose subito nella tasca dei jeans:
-Quindi oggi pomeriggio ci si vede?- buttò lì, alzando di nuovo gli occhi.
Giulia se ne rimase in silenzio: era stata un’idea sua, quella di organizzare un’uscita collettiva per quel pomeriggio, approfittando della sua permanenza a Torre San Donato.
-Dire di sì- gli rispose prontamente Caterina – O hai altri impegni migliori?-.
Pietro la guardò con aria di sfida:
-Chi ti dice che non ne abbia sul serio?-.
L’occhiataccia che gli rifilò all’istante Caterina fece ridere sia lui che Giulia, ma la sua fu una risata che durò poco: un attimo dopo Pietro si era voltato verso di lei, il ghigno malizioso che non prometteva nulla di buono.
-A proposito- fece, con aria fintamente casuale – Tu hai cambiato persona a cui chiedere ospitalità per la notte, eh?-.
Giulia si bloccò all’istante, strabuzzando gli occhi, rossissima in viso: non c’era possibilità di mal interpretare quelle parole, nemmeno sforzandosi. Si schiarì la voce a fatica, ben consapevole di avere il volto in fiamme:
-Tu come fai a saperlo?- farfugliò, di fronte al sorriso piuttosto divertito del moro.
-Secondo te?- Pietro allargò le braccia, come se la cosa fosse ovvia – Filippo ha fatto qualche anticipazione-.
Giulia rimase in silenzio, indecisa se cercare di scoprire cosa esattamente Filippo avesse detto a Pietro e Nicola, o andare dritta al punto e riempire il suo ragazzo d’imprecazioni al primo momento utile.
Che avrebbero passato quei giorni insieme, a casa sua, non era un segreto, ma nemmeno una cosa che avevano sbandierato in giro: l’unica a cui ne aveva parlato, un po’ per informarla e un po’ per avere qualcuno con cui confrontarsi sui mille dubbi che l’attanagliavano, era stata Caterina.
Poteva capire che per Filippo potesse essere valso lo stesso, ma quelle frasi allusive di Pietro non l’aiutarono affatto a sentirsi meno in imbarazzo.
-Non prenderti male, ha solo detto che stasera e domani starai da lui- si affrettò ad aggiungere Pietro, forse intuendo i suoi pensieri – Anche se … -.
Lasciò cadere la frase, ma Giulia non gli dette tregua alcuna:
-Parla-.
Pietro la guardò a lungo per qualche istante, prima di alzare le spalle:
-Non c’è bisogno di esplicitare a voce come andrà a finire, no?-.
Giulia dovette ammettere, anche se solo tra sé e sé, che no, non ce n’era affatto bisogno: era da quando Filippo l’aveva invitata da lui, quando sarebbero stati a casa da soli, che pensava e ripensava a come sarebbe potuta finire una di quelle notti. Era presa in una morsa di entusiasmo e paura da cui non riusciva a fuggire: l’ultima notte che Filippo aveva dormito da lei non erano certo arrivati fino in fondo, anche se per un attimo Giulia ci aveva davvero pensato.
Ora che la possibilità si stava materializzando sempre di più si sentiva audace e spaventata contemporaneamente, in un infinito circolo vizioso.
-Perché dovete fare tutti certe allusioni?- si ritrovò a sbottare, spostando lo sguardo da Pietro fino a Caterina – Vi diverte così tanto?-.
-No, certo che no- Caterina le rispose subito, con una certa rilassatezza – È che è piuttosto naturale pensarlo. E non c’è niente di male se dovesse succedere-.
-E poi è Filippo- aggiunse Pietro, cercando di smorzare la tensione – Pensi che ti ricapiterà ancora in futuro la fortuna di avere uno con la sua stessa pazienza? Ti conviene approfittarne-.
Giulia lo guardò con un sopracciglio alzato:
-E se magari sono io quella che tra i due ha più pazienza?-.
-Allora conviene a lui approfittarne- la risolse facilmente lui, ancora una volta.
Lo guardò incredula per qualche secondo – doveva ancora abituarsi all’idea di riuscire a parlare con Pietro senza sentirsi troppo nervosa anche solo per la sua presenza-, prima di replicare, scettica:
-Sei invidioso, per caso?-.
Non seppe definire il modo in cui Pietro la guardò, a metà tra l’imbarazzato e la malinconia. Lo osservò mentre si stringeva nelle spalle, di colpo molto meno spaccone di prima:
-La mia verginità è perduta da quattro anni, quindi direi di no-.
Pietro aveva parlato con una sorta di sorriso stampato in viso, talmente finto che a Giulia non servì nemmeno chiedergli qualcosa per avere conferma del suo poco entusiasmo a ricordare quel particolare.
Per un attimo calò un silenzio imbarazzato, interrotto solamente dallo schiocco di labbra improvviso di Caterina:
-Il discorso è davvero molto interessante, ma credo approfondirò un’altra volta- disse, facendo voltare verso di sé gli altri due – Vado in bagno un attimo-.
Prima che Giulia potesse dirle qualsiasi cosa – di aspettarla, di farsi accompagnare, qualsiasi cosa-, Caterina si era già allontanata in tutta fretta, diretta al bagno del primo piano. In qualche secondo ebbe già svoltato l’angolo del corridoio, scomparendo alla loro vista.
Giulia tossicchiò a disagio, appoggiandosi contro la parete. Lanciò un’occhiata speranzosa verso la porta della 4°A, ma nessun altro sembrava ancora aver finito il compito di matematica: quella porta stava rimanendo ostinatamente chiusa, facendola rimanere lì da sola con Pietro.
Era una situazione strana, quella: non ricordava nemmeno più quale era stata l’ultima volta in cui si era ritrovata da sola con lui, senza sapere bene cosa fare e come comportarsi. Nonostante i loro dissidi ormai superati, le risultava ancora difficile l’idea di condividere il suo spazio vitale senza la presenza di qualcun altro che potesse mediare.
Cercò di pensare ad una qualche scusa per andarsene a sua volta, ma la voce di Pietro la distrasse da quel suo intento:
-Comunque non volevo metterti ansia- disse, serio in viso e tranquillo nella voce – Non devi farti prendere dalla pressione sociale o dalle aspettative che puoi avere tu o che può avere Filippo. Voglio dire … -.
Si interruppe per qualche secondo, cercando le parole migliori:
-Fate quel che vi sentite, nel momento in cui preferite-.
Giulia dovette reprimere a stento un moto di sorpresa: tutto si sarebbe aspettata, tranne di trovare una fonte di confronto – e di conforto- in Pietro.
Si sentiva meno a disagio in quel momento, mentre cercava di incoraggiarla, che prima quando l’atmosfera era più goliardica.
-Da come ne parli sembra che tu non abbia un gran bel ricordo- mormorò, sperando di non essersi spinta troppo in là.
Pietro sbuffò debolmente, con una nota d’amarezza:
-Avrei fatto meglio ad aspettare, e farlo con qualcuno più meritevole. Ma quel che è fatto non si può cancellare, no?-.
Giulia annuì, cupamente: la paura che potesse pentirsene anche lei, a dispetto delle sue aspettative, era sempre dietro l’angolo, a farla sentire più vulnerabile di quanto avrebbe voluto.
-Tu e Filippo avete la fortuna di avere l’un l’altra. È già tanto, fidati-.
La voce di Pietro venne coperta dal suono della campanella; Giulia sussultò quando ne sentì il rimbombo. Non riuscì a dire nulla, limitandosi ad annuire ancora, di fronte allo sguardo grave che Pietro le stava lanciando.
 
*
 
La porta della 4°A era già aperta quando Giulia ci arrivò di fronte, poco dopo l’inizio del secondo intervallo. Caterina era andata a prendersi qualcosa di caldo da bere ai distributori, e lei si era avviata da sola: non si dovette comunque sforzare troppo per individuare Filippo, già in corridoio, attorniato da Nicola, Pietro, Gabriele e Alberto.
Superò un gruppetto di ragazze in tutta fretta – riuscì a distinguere solo Laura tra di loro, che le lanciò un’occhiata sprezzante-, ma le bastò fermarsi poco dopo: Filippo l’aveva notata, e le stava venendo incontro a sua volta, un sorriso luminoso ed enorme stampato in faccia.
-Giulia!- la chiamò, mentre percorreva gli ultimi metri che li separavano.
Lei rimase ad osservarlo, sorridendogli di rimando: avrebbe preferito un’atmosfera più intima, per salutarlo,  ma quella piccola rivincita presa proprio di fronte alle facce tutt’altro che entusiaste delle compagne di classe di Filippo non le sembrò poi così male.
Non appena le fu abbastanza vicino, Giulia lo attirò a sé, passandogli le braccia dietro il collo e seppellendo il viso tra il collo e la spalla, stretta a lui:
-Auguri, amore- le sussurrò Filippo, così debolmente che, se fossero stati a qualche passo di distanza, Giulia non sarebbe riuscita ad udirlo.
Quando si staccò appena da lui, Giulia gli sorrise ancora:
-Un anno che ti sopporto, eh?- lo prese in giro, ridendo subito dopo. Zittì Filippo con un bacio a fior di labbra, ignorando del tutto l’occhiataccia che le aveva appena lanciato.
Sbuffò appena, muovendo qualche passo e prendendola per mano, guidandola distante dalla 4°A; camminarono per un po’, scendendo le scale fino al pianterreno.
-Allora? Hai scoperto i programmi di Fabio per oggi?- gli chiese Giulia, mentre scendeva l’ultimo gradino della scala. Gli aveva posto quella stessa domanda anche il giorno prima, ma Filippo non aveva saputo risponderle: a quanto pareva suo fratello preferiva programmare il suo weekend sempre all’ultimo.
Filippo annuì, prendendo una direzione piuttosto casuale nel corridoio:
-Da quel che mi ha detto stamattina sembra che pranzerà con noi- le rispose, con fare pensieroso – Ma stasera dovrebbe uscire. Prevedibile-.
“Fin troppo” si ritrovò a pensare Giulia, arrossendo appena.
Le parole di Pietro l’avevano in parte tranquillizzata, ma non riusciva nemmeno ad ignorare del tutto il fatto che si sarebbe davvero ritrovata da sola in casa con Filippo. Era elettrizzata e terrorizzata come non mai.
Ripensò a quello che le aveva detto anche Caterina, alle sue supposizioni su come sarebbe finita la serata, e si sentì arrossire ancor di più.
-E dove ceneremo?- gli chiese istintivamente, per sviare il discorso – Voglio dire: staremo a casa o usciremo da qualche parte?-.
Filippo aveva fatto il misterioso per tutte quelle settimane, ogni volta che Giulia provava ad andare su quell’argomento: sembrava aver qualche asso nella manica che era deciso a tener nascosto fino all’ultimo, e anche in quel momento non sembrava affatto aver cambiato idea in merito.
-Lo scoprirai stasera- le rispose infatti, enigmatico. Le lanciò un sorriso piuttosto divertito, voltandosi indietro verso di lei, mentre arrivavano nella zona particolarmente affollata dei distributori automatici.
-Continuerai a fare il misterioso fino all’ultimo?- lo rimbrottò, fintamente offesa. Dovette fare uno sforzo notevole per non sorridergli comunque, quando Filippo le si avvicinò, guardandola con aria astuta:
-Mi sembra ovvio-.
Le lasciò un bacio all’angolo della bocca, facendola inevitabilmente ridere.
-Almeno sarà una bella sorpresa?- fece un ultimo tentativo Giulia, la voce addolcita. Sapeva che Filippo non gliel’avrebbe detto comunque, ma si fidava sufficientemente di lui per sapere che, qualunque cosa fosse, non sarebbe mai stato qualcosa di negativo.
-Credo ti piacerà molto- le rispose, riavvicinandosi a lei, posandole prima un bacio sui capelli e poi un altro ancora sulle labbra – Altrimenti non l’avrei organizzata-.
 
*
 
L’aria del pomeriggio era ancora più afosa e umida: sembrava di essere in piena estate, e Giulia sentì la maglietta appiccicarsi fastidiosamente alla schiena leggermente sudata, mentre lei e Filippo percorrevano gli ultimi metri che li separavano dal Caffè della Piazza.
Avevano finito di pranzare poco più di un’ora prima, con Fabio che aveva fatto loro da chef e che, tra una risata e l’altra, aveva raccomandato loro di non far danni in casa quella sera in cui lui sarebbe stato fuori. Giulia continuò a camminare, cercando di non ripensare al silenzio che aveva fatto seguito a quella raccomandazione che – inevitabilmente- sottintendeva talmente tante altre cose da sentirsi girare la testa.
Strizzò gli occhi, cercando di mettere a fuoco, nonostante i raggi del sole che le impedivano di vederci bene: riconobbe, ormai poco distante da loro, Nicola, Caterina, Pietro e Gabriele. Non appena li vide girarsi, accorgendosi di lei e Filippo, Giulia li vide sorridere e trattenere le risate.
-Da quanto tempo non ci vediamo, eh?- Filippo li salutò per primo, quando lui e Giulia arrivarono finalmente di fronte al resto del gruppo.
-Tanto sappiamo tutti che sentivi la nostra mancanza, Pippo- ghignò Pietro, in tutta risposta.
Tutta quell’allegria e vivacità non fece altro che rendere Giulia ancor più sospettosa:
-Si può sapere perché ridete?- chiese, rivolta a Caterina e Pietro.
Li vide scambiarsi un’occhiata d’intesa, segno che effettivamente qualcosa dietro doveva esserci.
-Nulla- rispose subito la riccia, con aria innocente – Solo una cosa che io e Pietro vogliamo regalarti. Ma te la daremo più tardi-.
Giulia si sentì sudare ancor di più, perché la sola idea che Caterina e Pietro avessero pensato di comprarle qualcosa, insieme, bastava già a farla andare in panico.
Spostò lo sguardo verso Nicola, ma lo vide scuotere subito il capo, desolato:
-Non guardare me, non ne so nulla-.
Prima ancora che potesse fare un tentativo, anche Gabriele alzò le spalle:
-Io nemmeno-.
Giulia sbuffò appena, sbattendosi una mano sulla fronte.
-Lasciamo stare- tagliò corto Filippo, che fino a quel momento li aveva guardati tutti perplesso – Ma Alessio? È in ritardo?-.
Caterina guardò un attimo il display del suo cellulare, tenuto stretto tra le dita della mano destra:
-Gli ho scritto poco fa, ma non mi ha ancora risposto- sospirò, in quello che a Giulia parve un moto d’apprensione.
Alessio non era tipo da arrivare in ritardo ad un impegno, ma c’era ancora tempo e poteva aver avuto un imprevisto qualsiasi ed essersi preso tardi. Provò di sembrare ottimista:
-Ci raggiungerà più tardi- disse, vagamente.
Pur cercando di convincersene, aveva la sensazione di potersi sbagliare.
 


La riviera era particolarmente frequentata, in quel momento della giornata, ma Caterina non se ne stupì granché: faceva caldo, il cielo era terso come se fosse estate, e fermarsi su una delle panchine lungo il canale, magari all’ombra di uno degli alberi, era l’ideale per passare la giornata in relax.
Abbassò gli occhi, distratta, nell’attimo in cui sentì, dalla tasca dei jeans, il suo telefono vibrare: quando lo prese, tenendolo tra le mani, non si stupì di leggere il nome di Alessio come mittente. La risposta che il messaggio conteneva, invece, la lasciò spiazzata e con l’amaro in bocca.
-Ragazzi- richiamò l’attenzione del resto del gruppo su di sé qualche secondo dopo, un sospiro preoccupato bloccato in gola – Alessio mi ha appena risposto-.
-Sta arrivando?- chiese Giulia, voltandosi indietro verso l’amica.
Caterina tenne basso lo sguardo per qualche altro secondo, cercando di mascherare la preoccupazione che, all’improvviso, cominciava a percepire:
-In realtà no- mormorò, sentendosi addosso gli occhi di tutti – Ha avuto qualche imprevisto a casa. Non ci raggiungerà-.
Si morse il labbro inferiore, sperando che non le domandassero altri particolari che, inevitabilmente, non sarebbe riuscita a fornire. Riusciva ad intuire, almeno in parte e con superficialità, quel che doveva essere accaduto, ma era altrettanto consapevole di non poter renderne partecipi anche gli altri.
Notò lo sguardo di Giulia farsi più disorientato – doveva ancora ricordarsi della catastrofica telefonata della sorella di Alessio-, così contrapposto alla serenità che continuavano ad avere sia Filippo che Gabriele.
Nicola le si avvicinò piano, la fronte corrugata e l’aria tutt’altro che tranquilla:
-Ma è successo qualcosa di grave?- le chiese, quasi sottovoce.
Giulia e Filippo, in testa al gruppo, ripresero a camminare in quel momento, lungo il viale lastricato della riviera; Caterina si prese qualche secondo per pensare, mentre si accingeva a riprendere a camminare a sua volta:
-Non credo-.
“Lo spero”.
-Non sembrerebbe, vista la faccia che hai fatto dopo aver letto quel messaggio- ribatté lui, guardandola ancora dubbioso.
Caterina represse a stento uno sbuffo: sapeva di non poter parlare dei suoi timori – non con Alessio assente, e non quando la consapevolezza che lui, di quel lato della sua vita, tendeva in continuazione a tenerlo in ombra-, anche se confessarli a Nicola l’avrebbe fatta sentire meglio. Alzò le spalle, sforzandosi di sorridergli:
-Sono sicura che se fosse successo qualcosa di brutto ci avrebbe avvisati-.
Nicola annuì, forse ancora troppo poco convinto, ma senza la voglia di insistere. Caterina gliene fu grata: gli strinse una mano, rimanendosene in silenzio e consapevole, con amarezza, di non essere convinta nemmeno lei di quel che aveva appena detto.
Qualche minuto dopo si fermarono ad una coppia di panchine ancora vuote, ombreggiate e lungo le sponde del canale. Caterina ci si sedette di peso, il caldo che cominciava a sembrarle soffocante.
Dette un’altra occhiata al display del proprio telefono, quasi con la speranza di leggere un altro messaggio da Alessio in cui correggeva il tiro e l’avvertiva che, finalmente, li avrebbe raggiunti. Non era arrivato nessun altro messaggio, e da Alessio era tornato quel silenzio angosciante che non la faceva sentire tranquilla.
-Che caldo che fa!- esclamò Giulia, sedendosi di fianco a Filippo sull’altra panchina, e sventolando una mano per farsi aria.
-Ci vorrebbe qualcosa di fresco da bere- convenne Gabriele, che era invece rimasto in piedi, come Pietro.
-Beh, qua vicino c’è un bar- iniziò a dire Nicola, scostandosi i capelli dalla fronte leggermente imperlata di sudore – Se qualcuno si offre per andare a prendere qualcosa per tutti … -.
-Mi offro io-.
Caterina alzò gli occhi verso Pietro, stupendosi appena: era rimasto in silenzio fino a un attimo prima, restandosene in disparte. In quel momento, invece, si stava dirigendo proprio davanti a lei, con tutta la nonchalance possibile:
-Vieni con me?-.
Caterina lo guardò per qualche secondo, trattenendo a stento uno sbuffo:
-Devo proprio?- replicò, seccata.
Pietro la guardò con uno sguardo che non ammetteva obiezioni:
-Ovvio, la mia era una domanda retorica-.
Caterina chiuse gli occhi per un attimo, indecisa se mandarlo al diavolo o se accontentarlo. Aveva l’impressione che quella proposta, fatta proprio a lei, fosse tutt’altro che casuale.
Senza dire nulla – era piuttosto sicura che le proteste non sarebbero valse a niente- si alzò, facendosi forza, sbuffando debolmente e lanciandogli un’occhiataccia.
Qualche minuto dopo, nel vano tentativo di ricordare tutte le varie ordinazioni da fare, si stavano già avviando lungo il resto della riviera, verso il primo bar a disposizione.
Pietro non aveva ancora detto nulla, nonostante ora fossero soli: Caterina gli lanciò uno sguardo riluttante, mentre lo fiancheggiava sotto il sole del primo pomeriggio, maledicendolo per averla costretta a farsi quella ulteriore passeggiata.
-Ho l’impressione che non sia un caso il fatto che ti sia fatto accompagnare da me- cedette, rompendo il silenzio per prima.
Pietro tacque per qualche attimo, prima di risponderle:
-Diciamo che volevo domandarti una cosa-.
-Su Alessio-.
Pietro non lo negò, e Caterina la prese come una tacita conferma di quel che aveva sospettato da subito. Ricordava il modo in cui Pietro l’aveva guardata, dopo che aveva spiegato che per quel giorno Alessio non si sarebbe fatto vedere: era uno sguardo perplesso, a tratti deluso.
Non si stupiva affatto che l’avesse presa in disparte per farle altre domande.
-Ti ha detto che gli è successo?- le chiese infine, con una certa esitazione.
Caterina sospirò a fondo, incerta su cosa dire:
-No, è stato un messaggio piuttosto breve, il suo- mormorò, senza voltarsi verso l’altro – E quando è così, è meglio non fare domande-.
Sperò che quella risposta bastasse a far desistere Pietro dall’insistere: si trovava nell’annosa situazione tipica di chi non può dire tutto quel che sa.
S’immaginò Alessio, al posto suo, in quella conversazione che di sicuro l’avrebbe mandato più in palla di quanto avrebbe voluto: forse era un bene che Pietro avesse chiesto solo a lei delle spiegazioni.
Continuarono a camminare in silenzio ancora per qualche minuto, il bar ormai in vista. I tavolini all’esterno, sotto gli ombrelloni aperti per creare ombra, erano tutti occupati, e attraverso le vetrate Caterina notò una certa ressa anche all’interno: era piuttosto sicura che ci avrebbero messo un po’ di tempo ad ordinare.
-Posso farti un’altra domanda?-.
Si voltò verso Pietro, di nuovo tesa: era stato esitante, nel rivolgerle ancora la parola, forse non del tutto sicuro di volerle davvero chiedere qualcosa. Si ritrovò ad annuire, lei stessa incerta.
-Due mesi fa è stato chiamato da sua sorella, ed è dovuto tornare di corsa a casa- iniziò Pietro, corrucciato e con la fronte aggrottata – Oggi ha avuto un altro imprevisto, sempre a casa, giusto?-.
Caterina si strinse nelle spalle, non molto sicura di sapere cosa potergli confermare e cosa no. Scostò lo sguardo da Pietro, in difficoltà:
-Se mi stai domandando se a casa sua ci sono problemi, non credo di poterti rispondere- borbottò, tenendo sempre gli occhi fissi davanti a sé. Si sentiva lo sguardo di Pietro addosso, insistente quanto sembrava essere il suo bisogno di sapere.
-Perché non sapresti che dirmi, o perché non vuoi farlo?-.
Caterina sbuffò appena, di fronte al non demordere di Pietro. Si trovavano ormai a qualche metro dall’entrata, a poca distanza dai primi tavolini, e prima che potessero immergersi nella ressa del locale Caterina si bloccò, fermandosi di fronte a lui: gli leggeva in faccia la stessa apprensione che si era sentita addosso per tutto il tempo dopo il messaggio di Alessio, e quel particolare riuscì a calmarla almeno in parte.
-Perché non posso-.
Incrociò le braccia contro il petto, sospirando pesantemente.
Era più di un anno e mezzo che conosceva Alessio, ed aveva smesso di cercare di fargli domande sulla sua famiglia da molto tempo: quel poco che sapeva – o che aveva intuito-, lo aveva recepito dalle poche e lapidarie frasi che gli aveva sentito pronunciare in tutto quel tempo.
Sapeva che non ne parlava volentieri, e che ancor più raramente si sbilanciava a parlare di suo padre, e quel che la preoccupava di più era la consapevolezza che quella rarità non era indice dei pochi litigi tra di loro, ma della poca voglia di aprirsi su quel fronte.
-E perché in fin dei conti non ne so davvero molto- continuò, sciogliendo la postura rigida che aveva mantenuto fino a quel momento – Non ne parla volentieri-.
Osservò Pietro annuire, particolarmente pensieroso:
-Quindi qualcosa dietro c’è-.
“Certo che c’è”.
Caterina annuì lentamente, alzando lo sguardo verso l’altro: lo guardò con occhi gravi, senza cercare di nascondere l’agitazione che si sentiva addosso.
-Ne devi parlare con lui, se vuoi- disse, a mezza voce – A me ha detto qualcosa, di molto vago, e non credo vorrebbe si spargesse la voce. Non ne sa molto nemmeno Nicola-.
Prima che Pietro potesse risponderle qualcos’altro, non attese oltre: si girò e camminò velocemente verso l’entrata del bar, senza aspettarlo. Era l’unico modo che le rimaneva per mettere un punto a quella conversazione.
 
*
 
-Allora, si può sapere che mi avete comprato?-.
Giulia si scostò un ciuffo di capelli castani dalla fronte, ormai imperlata di sudore. Erano passate almeno tre ore da quando si erano ritrovati tutti, e dal momento in cui Caterina e Pietro le avevano annunciato di aver pensato ad un regalo per lei: aveva passato tutto quel tempo cercando di evitare il più possibile di pensarci.
Il sole del tardo pomeriggio era meno insopportabile di quello di qualche ora prima, ma Giulia continuava a sentirsi accaldata come non mai: ammetteva, seppur con una punta d’imbarazzo, che forse l’agitazione non la stava affatto aiutando a farla sudare meno.
-Qualcosa di estremamente utile, ovviamente- iniziò Pietro, con un ghigno malizioso stampato in viso e che gli dava un’aria ancora meno affidabile – Siamo persone pragmatiche, noi-.
Giulia lo guardò scettica, trattenendosi a stento dal voltarsi verso il resto del gruppo, a pochi metri da loro: si sentiva lo sguardo di Filippo addosso, probabilmente voltato verso di lei mentre l’attendeva seduto sui gradini del Caffè della Piazza insieme a Nicola e Alberto.
-È qualcosa che potrai usare per fare qualcosa stasera, o domani … O quanto più ti aggraderà- aggiunse Caterina, subito dopo aver rovistato nella sua borsa ed averne tirato fuori un pacchetto ricoperto da una anonima carta beige.
Giulia la guardò qualche secondo, prima di prenderlo tra le mani: Caterina le era sembrata piuttosto assente per tutto il resto del pomeriggio, dopo il messaggio di Alessio. Si ripromise che, al primo momento utile, le avrebbe domandato cosa la preoccupasse così tanto; in quel momento, però, preferì concentrarsi sullo strappare la carta beige per rivelare il regalo.
-Andate al diavolo- proferì subito, sgranando gli occhi di fronte alle risate mal trattenute degli altri due. Si rigirò il pacchetto di preservativi tra le mani, sentendosi arrossire violentemente in viso, senza sapere bene cos’altro dire oltre alle varie imprecazioni che le stavano venendo in mente.
Caterina la guardò fintamente offesa:
-Ehi, tu mi hai fatto lo stesso regalo l’anno scorso- le ricordò, puntandole un dito contro. Giulia dovette mordersi il labbro per quella dimenticanza.
-Rimasto inutilizzato, però- commentò Pietro, facendo arrossire Caterina allo stesso modo. Riportò gli occhi su Giulia, senza togliersi dalle labbra il sorriso compiaciuto:
-Non fare come lei- le disse, indicando Caterina con un cenno del capo – Il sesso fa bene all’anima, te l’assicuro-.
-Non eri tu che dicevi di non avere fretta per le pressioni sociali?- lo rimbrottò, sbuffando. Pietro alzò le spalle, incassando il colpo con eleganza:
-Infatti il nostro è solo un invito a farlo in sicurezza, non una costrizione a farlo- rispose, con totale nonchalance – Nessuno dei presenti vuole accollarsi un nipote prima ancora di prendere la maturità-.
Caterina annuì a sua volta:
-Sottoscrivo quel che ha detto-.
Giulia alzò gli occhi al cielo, chiedendosi se da quel momento in avanti Pietro si sarebbe intromesso in quel genere di faccende con quel modo stranamente premuroso, ora che le cose tra loro erano miglioriate.
-Siete perfidi insieme- sospirò, esasperata.
Caterina rise appena, con aria soddisfatta:
-Lo prenderemo come un complimento-.
-E un’incitazione per altre future collaborazioni- le fece eco Pietro, passandole un braccio attorno alle spalle.
L’unica risposta che Giulia riuscì a formulare in quel momento fu il dito medio che mostrò loro, facendoli ridere ancor di più.
 
*
 
-Filippo! Non puoi tenermi rinchiusa qui dentro per sempre, lo sai?-.
Giulia sbuffò sonoramente, mentre si accasciava contro la porta appena richiusa della stanza di Filippo, gli occhi alzati al cielo.
-Abbi pazienza- lo sentì parlare dal corridoio del piano di sopra, probabilmente in procinto di tornare al piano di sotto – Preparo la sorpresa e ti vengo ad aprire-.
Giulia non tentò nemmeno di insistere: sentì i suoi passi ovattati scendere le scale, in fretta, e farsi sempre più distanti. 
Andò a sedersi sul bordo del letto di Filippo, cercando di mantenere una parvenza di calma esteriore.
Avevano salutato il resto del gruppo in piazza ormai un’ora prima: quando erano tornati si erano resi conto dopo qualche secondo che Fabio era già uscito, lasciando la casa in mano loro. Era ancora presto per cenare, e per un po’ di tempo se ne erano rimasti stravaccati sul divano del salotto, la tv accesa ma che faceva solamente da sfondo alle loro voci. Giulia aveva riso parecchio, in quei minuti, nel cercare di distrarre Filippo dal chiederle cosa Caterina e Pietro le avessero regalato: il pacco di preservativi era ancora nella sua borsa, celato alla sua vista, e Giulia non aveva – non ancora- la minima intenzione di mostrarglielo. Alla fine aveva risolto la questione alzandosi per andare a farsi una doccia, lasciando Filippo a bocca aperta a protestare per non aver ricevuto le risposte che avrebbe voluto.
Quando era uscita dal bagno, lasciando posto a Filippo, era andata a sdraiarsi per qualche minuto su quello stesso letto dove si trovava in quel momento: aveva ascoltato lo scrosciare dell’acqua della doccia, cercando di resistere all’agitazione che cominciava a chiuderle la bocca dello stomaco.
Quando poi Filippo era uscito dal bagno, rivestitosi con una camicia leggera e dei jeans che Giulia reputava tutt’altro che comodi per restare in casa, non le aveva dato il tempo di fare nient’altro: l’aveva praticamente rinchiusa lì dentro, con la scusa di non spiare mentre lui se ne andava giù in cucina a preparare la sala per la loro cena. A quanto sembrava, contro le sue previsioni, Filippo doveva aver optato per una serata completamente casalinga.
Giulia sospirò pesantemente, gli occhi che le finirono ancora una volta sulla sua borsa, a terra accanto al letto. Si ritrovò a pensare, per un attimo, che forse Pietro e Caterina non avevano avuto poi un’idea così pessima: non aveva idea se Filippo si fosse procurato preservativi, per ogni eventualità. Averli, perlomeno, la faceva sentire più sicura e meno vulnerabile.
Si alzò dal letto, avvicinandosi alla porta per provare a recepire rumori proveniente dalla cucina: pur accostandovi l’orecchio non riuscì a captare nulla. Si ritrovò ad artigliare l’orlo del vestito che aveva indossato dopo la doccia, in un gesto nervoso: cominciava ad odiare quella situazione d’attesa che iniziava a sembrarle infinita.
Quando dopo diversi minuti udì il rimbombo dei passi di Filippo lungo le scale, Giulia tirò finalmente un sospiro di sollievo; dopo qualche attimo vide la porta venire aperta, Filippo che vi fece capolino con un sorriso alquanto agitato.
-Allora? Hai finito di preparare questa sorpresa?- gli chiese, le braccia incrociate contro il petto, mentre lo osservava con fare critico. Il modo in cui Filippo le si avvicinò, esitante e dolce, la fece sciogliere subito:
-Ero giusto venuto a prenderti per portarti giù- le disse, cingendole i fianchi con un braccio, appena rosso in viso – Pronta ad andare?-.
Giulia annuì, lasciandosi guidare da lui. Uscirono dalla stanza qualche secondo dopo, avviandosi verso le scale; quando arrivarono al pianterreno, fu di nuovo Filippo a rompere il silenzio, in poco più di un sussurro:
-Ora chiudi gli occhi- le sussurrò, avvicinando le mani al suo viso – Ti guido io-.
Giulia lo guardò per un attimo scettica, prima di cedere e ridere appena:
-Se mi fai sbattere contro il muro te ne pentirai-.
Lo sentì ridere a sua volta, mentre le calava le mani sugli occhi, avvicinandosi a lei per far aderire il suo copro alla sua schiena e guidarla così, con un po’ d’impaccio.
Ci vollero pochi passi prima di attraversare la soglia della sala: Filippo si bloccò in meno di un minuto, facendo fermare anche Giulia.
-Ora puoi aprire gli occhi- la voce del moro le giunse emozionata, e Giulia poté giurare che fosse piuttosto soddisfatto della sua opera. Filippo scostò velocemente le mani, lasciandole la visuale libera, e quando lei rialzò le palpebre rimase per un attimo a bocca aperta.
Dalla vetrata arrivava ancora sufficiente luce naturale, aranciata per il tramonto imminente, per non dover accendere il lampadario; a rischiarare ancor di più la sala c’erano, in centro al tavolo, tre lunghe candele dorate affiancate da un vaso di vetro con rose gialle. La tovaglia rossa, che risaltava l’oro delle candele e il colore vivace ed acceso dei fiori, completava il quadro, coprendo il tavolo già sistemato con piatti e bicchieri.
-Wow- mormorò Giulia, incantata – È davvero bello, Filippo-.
-E siamo solo all’inizio-.
Le lanciò un sorriso soddisfatto, mentre si avvicinava al tavolo, spostando verso l’esterno la sedia più vicina alla finestra aperta. Fece un cenno verso Giulia, che si avvicinò a sua volta:
-Mademoiselle, prego-.
La invitò con un gesto elegante della mano a prendervi posto, e Giulia non se lo fece ripetere due volte: si sedette nello stesso momento in cui Filippo faceva rientrare la sedia, avvicinandola al tavolo.
-Persino il francese, ora?- rise lei, piuttosto colpita – Che galanteria-.
Filippo andò a recuperare un accendino da una credenza, accendendo subito le tre candele; Giulia lo osservò con interesse, sentendosi già un po’ accaldata per l’emozione.
-Che hai preparato per cena?- gli chiese, per spezzare l’atmosfera.
Filippo si rimise dritto, guardandola con il suo miglior sorriso:
-Specialità della casa: una gustosissima, splendida e … - prese un sospiro, alzando gli occhi su di lei e arrossendo – … Banalissima pizza-.
Giulia scoppiò a ridere fragorosamente, portandosi una mano alla fronte:
-Appena tirata fuori dal freezer?-.
Filippo annuì, ancor più rosso in viso. Ora che Giulia ci faceva caso, guardandosi meglio intorno, il forno era effettivamente acceso ed in funzione, pronto a riscaldare la loro cena.
-Ho provato a pensare a qualcosa da cucinare, ma facendo qualche prova nei giorni scorsi ho scoperto di essere totalmente negato- le spiegò, alzando le spalle con aria rassegnata. Rimise a posto l’accendino, fermandosi un attimo di fronte al forno per controllare quanto rimanesse del tempo di cottura.
-Allora andrà bene la pizza- lo rassicurò Giulia, passandosi una mano sull’abito per riassettare le pieghe che si erano formate – Non vogliamo dar fuoco alla casa, giusto?-.
-Direi di no- ammise Filippo, accostandosi al frigo – Però ho le birre in fresco-.
“L’alcool è esattamente quel che mi serve”.
Giulia cercò di soffocare quei pensieri, rispondendo con tutta la nonchalance possibile:
-Tirale fuori e brindiamo, allora-.
Qualche secondo dopo Filippo aveva già messo in tavola tre bottiglie di birra, e dopo averne stappata una e riempito per metà i loro due bicchieri, si era finalmente seduto.
Ora che lo aveva di fronte, Giulia riuscì a studiarlo meglio: era appena rosso in viso, accaldato per i movimenti veloci e l’emozione, i capelli leggermente spettinati e gli occhi allegri come poche altre volte glieli aveva visti. Lo trovò più bello del solito, e si ritrovò a sorridergli raddolcita.
Filippo alzò il suo bicchiere a mezz’aria, sorridendole:
-Alla nostra-.
Anche Giulia gli sorrise, prendendo il suo bicchiere tra le mani e facendolo scontrare delicatamente con l’altro:
-Ai nostri anniversari alternativi-.
Risero entrambi, prima di berne un sorso, continuando a guardarsi.
 


-Lavastoviglie a posto, candele spente … -.
Filippo lanciò uno sguardo veloce al resto della cucina, prima di girarsi verso di lei:
-Direi che siamo a posto. Possiamo spostarci di là-.
Giulia gli sorrise, mentre le passava un braccio intorno alle spalle, incamminandosi insieme verso il salotto. Avevano finito di cenare da poco: erano rimasti lì per un’ora, usando gli ultimi dieci minuti per riporre i piatti usati nella lavastoviglie e rimettere tutto in ordine.
-Fabio si dovrà complimentare con noi per l’ottima tenuta della casa- commentò Giulia, appoggiando il capo contro la spalla di Filippo, e sorridendo nel sentirlo ridere debolmente.
Durante la cena si era sentita bene, come sempre quando era con Filippo: avevano parlato praticamente per tutto il tempo, ed era riuscita a relegare ad un angolo della sua mente l’ansia per il momento che, ormai, sembrava essere giunto.
Non aveva idea di quali fossero i programmi per il dopo cena, ed era esattamente quella sensazione di vaghezza a farla sentire emozionata e nervosa allo stesso tempo.
Si sedettero sul divano esattamente come avevano fatto appena rientrati prima di cena; Giulia si accoccolò di nuovo contro Filippo, lasciando che le accarezzasse il fianco con gesti lenti e circolari. Perse la cognizione del tempo, mentre se ne rimaneva lì, cullata dal respiro dell’altro.
C’era una sorta di pace, in quel silenzio che li attorniava. Non avevano acceso la tv, e Giulia preferì di gran lunga così: sarebbe potuta rimanere in quel modo, seduta con il capo appoggiato alla spalla di Filippo, nella penombra della stanza, per sempre. Mentre calava la sera, con i raggi del sole del tramonto che entravano dalla finestra sempre più debolmente, riuscì a sentirsi davvero calma.
Aveva cercato di raggiungere quella pace interiore per tutta la giornata, e quasi ironicamente ci stava riuscendo solo in quel momento: c’era qualcosa che le diceva, dal profondo, che qualunque cosa fosse successa da lì in poi tutto sarebbe andato bene.
-Sei felice, Filippo?-.
Lo sentì voltarsi appena ed abbassare il viso sul suo. Quando Giulia alzò gli occhi a sua volta, vide Filippo guardarla un po’ confuso, ma sorridente:
-Lo sono, sì- le rispose, dopo qualche secondo – Perché me lo chiedi?-.
Giulia abbassò di nuovo gli occhi, prendendogli una mano tra le sue. Gli accarezzò il dorso con il pollice, così delicatamente da sembrarle quasi di star toccando aria.
-Perché un anno fa lo ero anche io, ma allo stesso tempo avevo mille timori- mormorò, a mezza voce – Ora so che se siamo ancora qui, insieme, è perché ci siamo impegnati a darci forza tra di noi-.
Per qualche secondo seguì solamente il silenzio; fu solo dopo qualche minuto che, con lentezza, Filippo divincolò la mano dalla sua presa, portandola al suo viso: le fece alzare il mento, con gentilezza, e Giulia ne seguì il movimento. Incrociò gli occhi ambrati di Filippo, ricambiandone lo sguardo:
-E ora sei ancora felice?-.
Giulia avvicinò il volto al suo, arrivandogli quasi a sfiorare le labbra. Riusciva a sentire il respiro di Filippo sulla sua pelle e il suo profumo fresco: erano anche quelli i particolari che riuscivano a farla sentire a suo agio, a farla stare bene. Si sentì stupida per essersi preoccupata così tanto per tutto quel tempo.
-Non sai quanto-.
Fece incontrare le sue labbra con quelle di Filippo, dopo aver agognato quel bacio per attimi che le erano parsi durare in eterno.
 
Take it easy with me, please
Touch me gently like a summer evening breeze
Take your time, make it slow
Andante, andante
Just let the feeling grow
 
*
 
Make your fingers soft and light
Let your body be the velvet of the night
Touch my soul, you know how
Andante, andante
Go slowly with me now*
 
 
Si stavano baciando da ormai qualche minuto. I baci, prima leggeri e timidi, si stavano facendo sempre più passionali; erano coinvolti in un contatto intimo, sempre più diverso. Nessuno dei due riusciva a fermarsi.
 
E non volevano fermarsi
 
Giulia si staccò a corto di fiato, ansimante mentre rimaneva a pochi centimetri dal viso di Filippo. Ne osservò le gote arrossate, il respiro corto, le labbra stese in un sorriso.
Le venne da ridere, per un secondo, rendendosi conto che anche lei doveva essere nel suo stesso stato: si sentiva la pelle del viso bruciare, le labbra gonfie per i baci dati.
Quando alzò un po’ di più il volto, arrivando ad incrociare gli occhi castani di Filippo che la stavano già osservando, si sentì arrossire più per l’imbarazzo che per la foga: la stava guardando in modo diverso rispetto al solito, riusciva a percepirlo pur non avendo alcuna certezza concreta.
Si sentì spaesata, per un attimo, sentendo il peso dell’inesperienza tutto sulle spalle: non sapeva bene cosa fare, quando farlo e come.
Per un attimo l’agitazione tornò a galla, facendole sentire il petto appesantito. Sapeva che Filippo doveva trovarsi nelle sue stesse condizioni, disorientato e incerto allo stesso modo, e sapeva anche che se non si fosse sentita davvero pronta lo avrebbe accettato.
Rimase a rimuginare fino a quando non sentì di nuovo le sue labbra premerle addosso, coinvolgerla in un nuovo bacio, più dolce e più lento, come se potessero prendersi tutto il tempo del mondo.
 
Le sembrava che il mondo avesse smesso di girare
 
Giulia cercò di non pensare ad altro, chiudendo gli occhi e cercando di respirare dal naso.
Si bloccò di scatto, quasi senza accorgersene, quando percepì una mano di Filippo sfiorarle appena la pelle nuda e fresca della coscia, poco più sotto dell’orlo del vestito.
Filippo la ritrasse subito, accortosi della sua reazione:
-Giulia…- la sua voce, insolitamente roca, ruppe il silenzio che regnava nel salotto. Le parve più spaventato di lei, e la cosa le sembrò talmente ironica da farla quasi scoppiare a ridere: forse, in fin dei conti, tra loro due era davvero lui il più insicuro su come comportarsi.
Prima che Giulia potesse alzare il viso e calmarlo – e calmarsi- Filippo le poggiò le mani sulle spalle, guardandola con sguardo grave:
- Scusami… - le disse piano – Se non sei pronta, o se non vuoi, possiamo aspettare e … -.
Venne interrotto dal bacio appena accennato di Giulia. Fu un semplice sfioramento di labbra, ma bastò a persuaderlo dal continuare a parlare.
Giulia richiuse gli occhi, consapevole che non sarebbe riuscita ad esprimere a voce tutto il vortice di emozioni che si sentiva addosso in quell’istante.
In pochi secondi il bacio si fece più audace, e da esitante com’era iniziato, era diventato sempre più istintivo.
Pian piano appoggiò le mani sulle guance ispide dell’altro, accarezzandole, tenendogli il viso tra di esse. Si staccò lentamente da lui, guardandolo, ritrovandosi a sorridere: sperava di avergli fatto capire che non voleva più frenarsi e tornare indietro.
 
Non più
 
Filippo ridusse lo spazio tra loro ancora una volta, un bacio a stampo all’angolo delle labbra, prima di alzarsi lentamente dal divano e offrirle la mano.
-Seguimi-.
Giulia si sentì fremere – se più per esaltazione o agitazione non riusciva a dirlo-, mentre si alzava a sua volta, afferrando la mano di Filippo.
“Questa è una via senza ritorno”.
Salirono le scale mettendoci più tempo del dovuto: bloccò Filippo un paio di volte, baciandolo sul collo e sulla nuca, rallentando inesorabilmente il loro passo e facendolo ridere per il solletico sulla pelle.
Entrarono nella sua stanza qualche minuto dopo, la penombra ormai calata e il cuore di Giulia che le batteva talmente forte in petto da mozzarle il fiato.
-Cercherò di non far nulla di sbagliato-.
Quando Filippo si girò verso di lei, sorridendole, pur essendo quasi nell’oscurità completa, a Giulia sembrò di vederlo felice e terrorizzato allo stesso tempo: aveva parlato nervosamente, ma con un velo di allegria che addolciva il disorientamento dell’inesperienza.
Gli si avvicinò, portandogli le mani sulle braccia, fino alle spalle, ed infine sul collo:
-Nemmeno io posso prometterti grande esperienza-.
Prima che Filippo potesse replicare, lo spinse gentilmente verso il letto, facendolo sedere; il suono cristallino del riso di Filippo la fece sentire meno in tensione, e per la prima volta anche lei si lasciò andare a quella risata che aveva trattenuto fino a quel momento. Non rise per il nervoso, né per sdrammatizzare la situazione: si sentiva felice, nonostante tutto.
 
La tensione diventa palpabile, così come l’emozione
 
Filippo si mise meglio seduto sul letto, allungando le braccia verso Giulia, accarezzandole la vita. La attirò a sé, facendola sedere accanto a lui prima di baciarla di nuovo, più a lungo.
Giulia boccheggiò per qualche secondo, quando le labbra di Filippo passarono a torturarle il collo, facendola gemere debolmente. A poco a poco si sentì spingere sul materasso, finendo sdraiata; Filippo si portò sopra di lei, cercando di tenersi sui gomiti per non farle pesare il corpo sopra il suo.
Giulia rabbrividì appena, quando sentì la mano destra di Filippo insinuarsi sotto l’orlo del vestito, accarezzandole la coscia e poi il fianco. Non si sentì impreparata, stavolta: portò a sua volta entrambe le mani sotto la maglietta di lui, accarezzandogli la schiena.
Lo stesso impeto che l’aveva portata a spogliarlo qualche settimana prima, a casa sua, la portò ad imitare gli stessi gesti: gli sfilò la maglia dopo qualche secondo, facendo staccare Filippo per poterla passare oltre la sua testa.
Con la stessa velocità e l’istinto a comandarla, Giulia ribaltò le posizioni: con un po’ d’impaccio riuscì a farlo stendere sul materasso, e a sedersi su di lui, cavalcioni, poco più su del suo bacino. Gli accarezzò il petto niveo, i muscoli sottili: sentiva la pelle calda di lui sotto le sue mani.
Lo sentì fremere, trattenere qualche ansimo, mentre continuava a toccarlo; un gemito di piacere gli sfuggì dalla bocca.
Non gli dette tregua lo stesso: si stese su di lui, il seno premuto contro il petto già nudo ed accaldato di Filippo, la sua voglia che le premeva sul ventre.
Le mancò il respiro per qualche secondo: fino a quel momento non si era troppo soffermata a pensare cosa fare, perché l’istinto aveva agito per lei. In un certo senso sapeva che, se si fosse fermata a riflettere in quella situazione, difficilmente sarebbe riuscita a venire a patti con se stessa e non bloccarsi per l’imbarazzo.
-Tutto bene?- la voce di Filippo le giunse affannata, roca come non l’aveva mai sentita. Giulia si ritrovò ad annuire, lasciandogli un bacio sul collo:
-Sto bene-.
Stavolta fu lei a venire sorpresa: Filippo le aveva artigliato l’orlo del vestito, alzandolo fino a sfilarglielo dalla testa, facendola rimanere in intimo.
Si trovavano quasi allo stesso punto in cui si erano ritrovati l’ultima volta, ora che Filippo la stava riportando sotto di sé, facendole aderire la schiena nuda contro le lenzuola fresche.
Giulia si sentì arrossire, e si ritrovò a ringraziare mentalmente la penombra della stanza.
Non ebbe il tempo di pensare ad altro: le loro labbra si incontrarono di nuovo, con passione, lentamente.
In quel momento Giulia allacciò una mano ai jeans dell’altro, slacciandogli il bottone.
Ci mise un po’ a sfilarglieli, con l’aiuto di Filippo: i jeans scivolarono lungo le sue gambe, finendo a terra insieme al resto degli abiti.
Le mani inesperte di Filippo la sfiorarono ancora, esitanti, risalendo lentamente dal bacino al gancio del reggiseno. Si era fatto un po’ più audace, e Giulia si sentì presa alla sprovvista di nuovo: trattenne il fiato nel momento in cui sentì il gancetto aprirsi, con qualche difficoltà, e la stretta del reggiseno allentarsi.
Si sentì vulnerabile, almeno per i primi attimi, quasi completamente nuda davanti a lui. La penombra gli lasciava intravedere poco, e Giulia ringraziò mentalmente che non avessero acceso luci: era consapevole che le sarebbe servito ancora un po’ per fare quell’ulteriore passo.
Filippo sembrò quasi intuire il suo tentennamento: ricongiunse le loro labbra, lambendo quelle di Giulia, che ricambiò il bacio quasi subito. Boccheggiò, ansimando, quando sentì le labbra di Filippo scendere sempre di più, prima sul collo, poi sui seni, sul ventre teso, poco più su dell’elastico degli slip.
Si ritrovò a chiudere gli occhi, lasciando stare i timori della sua nudità: le stava venendo facile, mentre si concentrava solamente sui baci di Filippo.
-Oh Cristo!-.
Giulia spalancò gli occhi, spaventata nel sentirlo staccarsi di colpo e parlare così agitato. Non riusciva a vederlo bene in viso, ma non le serviva per capire che ci fosse qualcosa che non andava.
-Che succede?- gli chiese, intimorita. Gli avvicinò una mano al viso, accarezzandogli la pelle accaldata della guancia.
-Ho dimenticato una cosa … - Filippo prese fiato, sbuffando – Che ci sarebbe servita se … -.
Prima che finisse di parlare, Giulia aveva già intuito cosa intendesse:
-Aspetta un secondo-.
Si tirò su a fatica, sentendosi addosso lo sguardo probabilmente confuso di Filippo. Non le fu semplice raggiungere la sua borsa a tentoni, orientandosi con la sola luce lunare e dei lampioni che veniva da fuori la finestra; quando riuscì a trovarla ed aprirla, non le servì rovistarvi più di tanto: ritrovò la scatola di preservativi di Caterina e Pietro in pochi secondi.
Quando tornò a letto, l’aveva già aperta – le mani che le tremavano leggermente-, tirandone fuori un piccolo involucro quadrato di plastica bianca.
-Quel che mi hanno dato Caterina e Pietro prima che tornassimo qui- spiegò, mentre Filippo si allungava per accendere la lampada sul comodino.
Giulia cercò di non fare caso all’improvvisa scomparsa della penombra in cui si era crogiolata fino a quel momento: si costrinse a non coprirsi, rimanendo con gli occhi fissi sul viso disorientato di Filippo.
-Sul serio?- domandò lui, gli occhi sgranati – Beh credo che in questo caso siano stati più previdenti di noi-.
-Molto più previdenti- confermò Giulia, trattenendo una risata nel ripensare a come Pietro aveva definito se stesso e Caterina persone pragmatiche. Prese mentalmente nota di doverli seriamente ringraziare.
Quando Filippo allungò una mano verso il preservativo, Giulia dovette fare un respiro profondo: mai come in quel momento le sembrava evidente come sarebbe andata a concludersi. Restare calma le stava sembrando praticamente impossibile, il cuore che le batteva all’impazzata e il respiro affannato.
Filippo si appoggiò con i gomiti sul materasso per riuscire a mettersi seduto accanto a lei, ancora distesa. Ora che la luce, seppur fioca, era accesa, vestito solamente dei boxer, la sua eccitazione era ancora più visibile.
Anche Giulia si mise a sedere, il viso di fronte al suo. Si guardarono per qualche secondo, prima che i loro sguardi si abbassassero sull’involucro bianco che Filippo teneva ancora in mano.
Il primo a rompere quel silenzio fu proprio lui:
-Ora… Dovrei… -
Era rossissimo in viso, ed imbarazzato come non mai; Giulia non poteva dargli torto, perché si stava sentendo immersa nella stessa identica situazione.
- … Indossarlo?-.
Filippo annuì in risposta, debolmente.
Calò di nuovo il silenzio su di loro. Era un silenzio pesante, a tratti fastidioso; Giulia gli appoggiò una mano sulla spalla, delicatamente:
-Filippo… -
Non seppe che altro dire: aveva sentito il bisogno di chiamarlo, di pronunciare il suo nome. Stavolta, lo vedeva, quasi ironicamente era davvero lui quello più spaventato: non seppe in che modo tranquillizzarlo, se non cercando di fargli capire che di lui si stava fidando, e che doveva fare lo stesso con lei.
Fece scivolare la mano fino alla sua guancia, prima di baciarlo; quando si staccarono Giulia si ridistese, le labbra tumide per tutti i baci dati nelle ultime ore. Filippo la raggiunse, continuando a baciarla lungo il collo; fu in quel momento che Giulia si ritrovò ad artigliare i suoi boxer, dopo aver maledetto mentalmente i suoi gesti impacciati che non facevano altro che dilatare i tempi. Quando dopo averli sfilati completamente Filippo si rimise a sedere, Giulia richiuse gli occhi per qualche secondo.
Quello spazio buio racchiuso dalle sue palpebre abbassate rappresentava l’unico suo rifugio per cercare la calma che le serviva per quell’ultimo passo. Cercò di respirare a fondo, regolarizzando il respiro, mentre accarezzava l’idea di fermarsi.
Sapeva che era la paura a parlare – la paura del dolore, della delusione, di qualsiasi cosa potesse andar storto-, e che non era razionale. Sentiva di volerlo: per la prima vera volta da quanto tutto era iniziato ne era davvero consapevole.
Non poteva ragionare solo attraverso i suoi timori, non quando poteva vivere qualcosa di bello con la persona che amava.
Quando avvertì Filippo adagiarsi di nuovo sopra il suo corpo, Giulia riaprì gli occhi.
Lasciò che le facesse scivolare lungo le gambe gli slip, con una lentezza che le parve quasi estenuante.
Richiuse gli occhi, quando Filippo le posò un bacio all’angolo della bocca, per poi scendere al suo orecchio sinistro.
-Sei sicura?-.
Era stata una semplice domanda, e talmente carica di così tanti significati che sentì formarsi un groppo in gola.
Fece un respiro lungo e profondo, prima di lasciarsi andare ad un sorriso. Era sincero, forse il più spontaneo di tutta la serata: paradossalmente cominciava a sentirsi più a suo agio in quel momento che non prima, durante tutti gli attimi che erano serviti per arrivare dove si trovavano ora.
Quando incrociò il sorriso di rimando Filippo, si sentì felice.
-Se lo sei tu, io lo sono-.
Non pensava avrebbe mai potuto sentire Filippo più vicino a sé come in quel momento. Non c’era spazio a separarli, più nulla che li distanziasse.
Si sentiva unita a lui fino all’ultima cellula, come due universi che si fondono in uno.








* il copyright della canzone (Abba - "Andante, andante") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Come vi avevamo annunciato la settimana scorsa, forse saremmo tornate in questi lidi già in questa serata … E come potete vedere, siamo riuscite a farvi questa sorpresa di Pasqua e darvi questo nuovo capitolo, di cui vi avevamo dato qualche piccola anticipazione tempo fa.
Siamo a fine maggio, giusta atmosfera per questo caliente capitolo... anche se il suo contenuto non era poi un gran mistero!
Giulia e Filippo, nel giorno del loro anniversario, hanno infatti seguito l'istinto (e soprattutto il cuore) e si sono finalmente uniti in una notte di passione (e meno male però che i loro amici sono stati più lungimiranti di loro)!
Appuntamento ora tra due settimane, mercoledì 15 maggio, con il capitolo 30!
Kiara & Greyjoy
PS: e buon Primo Maggio a tutti!

 
   
 
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