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Autore: didi_95    02/05/2019    3 recensioni
" 20 settembre 2948, Ered Luin
Oggi sei nata! Io e tuo padre siamo così felici... il cuore mi dice che finalmente, insieme a te, potremo essere davvero felici.
Niente più guerra amore mio, non più.
Solo io, lui e te, piccolo fagottino biondo.
Quasi non ci credo di essere mamma! "
-
Questa storia narra gli eventi della ben nota Guerra dell'Anello e di come i nostri altrettanto ben noti nani l'hanno vissuta.
Da considerarsi inoltre come seguito della mia vecchissima long "Ti ho visto nascere".
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dìs, Dwalin, Fili, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il messaggero


                                                                                           Anno 3018, Erebor.


La sentinella si aggiustò il pesante martello sulle spalle, in modo da rendere la ronda leggermente più confortevole.
Stava calando la sera sulla piana di Erebor; il consueto via vai giornaliero tra la rifiorita città di Dale e la Montagna stava lentamente scemando.
Con una punta di preoccupazione notò come, anche quel giorno, il numero di mercanti fosse notevolmente diminuito; la cosa andava avanti da qualche anno ed era del tutto attribuibile alle voci che giravano.
C'era chi diceva che il male stava rinascendo e che, nella fortezza di Dol Guldur, l'oscurità cresceva ogni giorno di più.
Erano soltanto voci o c'era qualcosa di vero?
Il nano non lo sapeva e nemmeno avrebbe voluto saperlo; ciò che contava era che,
di lì a qualche ora, le porte di Erebor sarebbero state chiuse per la notte e, cosa più importante, il suo turno sarebbe finito.

< Hey Dùfr! Com'è andata la ronda? >
La sentinella si voltò, vedendo con piacere il nano che, entro qualche minuto, avrebbe preso il suo posto sul lungo camminamento al di sopra delle porte.
Alzò la mano in cenno di saluto, la bocca tirata in un sorriso stanco.
< Niente da segnalare, Horr... se non la tremenda voglia di un letto e magari di una buona birra. >
Ora i due nani stavano uno di fronte all'altro, salutandosi con reciproche pacche sulle spalle.
< Se avessi anche io una moglie, non vedrei l'ora di tornare a casa! > replicò Horr con un sorriso malizioso.
< Perché tu non conosci mia moglie... da quando mi hanno assegnato questi turni massacranti che mi permettono di stare poco in casa, ho dovuto sopportare più volte di dormire sul divano. >
Del tutto impegnato a ridacchiare, il nano non si avvide dello sguardo improvvisamente attento del collega, rivolto verso Sud; solo quando alzò lo sguardo notò che era cambiato qualcosa.
< Tutto a posto? > chiese.
< Lo vedi quello? > ribattè Horr mettendo le mani a coppa sulla fronte per schermarsi dal sole calante.
Dùfr, dopo aver posato a terra il grosso martello, seguì lo sguardo dell'amico e tutto ciò che vide fu un altro dei tanti puntini neri che si avvicinavano alle porte.
< Sembra uno dei soliti mercanti... > ma poi si interruppe, guardando meglio.
Non poteva essere un mercante.
Era a cavallo e procedeva velocemente... quasi ad una velocità innaturale.
Dùfr sentì all'improvviso una fitta di ansia allo stomaco; più guardava e più desiderava allontanarsi, ma era come malignamente attirato dalla nera figura in avvicinamento.
< P-per Durin... > gemette Horr con voce glaciale.
< Credo che quell'essere venga da Mordor... >
Il nome di quella terra oscura di cui da tanto tempo non si faceva altro che parlare, fece gelare il sangue nelle vene dei due nani.
< Credo che anche stanotte ti toccherà il divano, amico mio. Dobbiamo scendere a vedere che cosa vuole. >
Dùfr annuì, riprendendo il martello.
< Tanto ormai la mia schiena non sa nemmeno più che cosa sia un materasso... ma le mie mani non si sono certo scordate come si usa questa bellezza! >
Sussurrò passandosi l'impugnatura dell'arma da una mano all'altra.

Dopo aver avvertito alcuni colleghi di prendere il loro posto, entrambi cominciarono velocemente a scendere le scale che li avrebbero condotti alle porte.

Qualche minuto dopo, fatti rientrare tutti fino all'ultimo mercante, le porte furono chiuse in fretta e furia, lasciando fuori una ben misera delegazione di nani in attesa del macabro visitatore.
Dùfr ed Horr erano tra questi.
Ora lo straniero era finalmente del tutto visibile; il cavallo era nero, come il proprio cavaliere, ma gli occhi...
Dùfr rabbrividì e strinse con forza l'impugnatura del suo martello.
Gli occhi erano di un rosso acceso e spiccavano come fari di sangue su tutto quel nero.
< Che venga... che venga pure. Assaggerà il mio martello. > ringhiò tra i denti.
Horr fu l'unico a sentirlo e gli posò una mano sul braccio.
< Ricordati... prudenza. Non siamo in guerra. >
< Non ancora. > ribatté il nano e poi sollevò la testa di scatto.
Il cavaliere nero era arrivato.

La sala del trono era tranquilla e silenziosa.
Dain sedeva sul trono, aspettando pazientemente l'arrivo della sera.
Il vecchio nano si sentiva stanco.
Dopotutto, essere Re sotto la Montagna si era rivelato un compito piuttosto ingrato; più faticoso che onorevole.
Molto spesso in quei sessant'anni si era recato sulla tomba del cugino Thorin ScudodiQuercia e molto spesso aveva maledetto la sua prematura scomparsa.
< Saresti stato un Re migliore di quanto lo sono stato io... > era solito dire alla dura lapide di pietra sotto la quale riposava il cugino.
Ma Dain non era mai stato tipo da lasciarsi andare ai rimpianti; più che altro lo stava diventando in vecchiaia e la cosa gli dava alquanto fastidio.
Era già stato Re, ma sui Colli Ferrosi... e non avrebbe mai immaginato quanto potesse essere diverso.
Aveva dovuto mettersi d'accordo con Re Thranduil di Bosco Atro, e non solo una volta; aveva dovuto trovare un compromesso con gli uomini di Dale e non era stato facile. In più la Montagna andava ricostruita e liberata dall'annosa e puzzolente presenza del Drago Smaug; su questo non aveva nulla da rimproverarsi, il suo lavoro era stato egregio.
Adesso, dopo ben sessant'anni di sforzi, le cose sembravano aver trovato un proprio equilibrio; tuttavia c'era ancora qualcosa di irrisolto, qualcosa che turbava l'animo del Re, che si insinuava dentro di lui con tentacoli oscuri ed invisibili.
La cosa che più desiderava al mondo era cedere il trono al figlio e finire la propria vita in pace, ma tutto questo non era possibile e il proprio disagio si concretizzò non appena le porte della sala del trono furono spalancate con forza davanti a lui quella stessa sera.

Si alzò dal trono velocemente, un'ansia crescente alla bocca dello stomaco.
< In nome di Durin! Cosa diamine è successo? > chiese con voce perentoria all'ansimante sentinella che si era fermata ad un metro da lui.
< Mio Signore! > cominciò il nano con voce allarmata.
< Bando ai formalismi Horr... cosa succede? >
< Mio Signore Dain... alle porte c'è un messaggero. Vuole parlare con voi a nome del suo Signore... viene da Mordor. >
Dain strinse i pugni.
< Mordor... - sussurrò, mentre tutti i suoi timori si concretizzavano - Non è niente di buono, ci scommetto la barba. D'accordo, fallo passare e manda a chiamare mio figlio. >
< Si Maestà. > replicò Horr con un lieve inchino, prima di voltarsi e tornare sui suoi passi.

Qualche minuto dopo, Thorin III detto l'Elminpietra entrò nella sala con aria di sfida, i ribelli capelli rossi raccolti in una coda bassa.
Dietro di lui marciava un gigantesco nano pieno di tatuaggi; l'espressione marziale del viso era impassibile e non mostrava alcun cenno di debolezza o vecchiaia; tuttavia il suo incedere era più rallentato e rigido di una volta e la sua barba molto più grigia.
Dain accolse il figlio con un sorriso tirato ma sincero.
< Inùdoy... > disse, posandogli una mano sulle giovani spalle.
< Padre. > lo salutò lui con un sorriso, sistemandosi in piedi sul lato sinistro del trono.
< E' vero? > chiese il secondo nano, molto più diretto.
Dain chinò il capo, puntellandosi sul duro trono di pietra scura.
< Lo vedrai con i tuoi occhi Dwalin, dovrebbe essere qui a momenti. >

Proprio mentre Dwalin si sistemava all'altro lato del trono, le porte si spalancarono, lasciando spazio alla figura più nera ed oscura che essi avessero mai visto.
Il messaggero di Mordor incedeva velocemente e senza peso, come se scivolasse invece di camminare; il mantello nero e lacero lo copriva del tutto, lasciando scoperto solo il viso, fatto di pura oscurità.
Di fatto, l'unica cosa veramente visibile erano i luccicanti occhi vermigli.
I nani che lo attorniavano, membri della guardia reale, si tenevano a debita distanza e sui loro volti si leggeva un profondo senso di disagio.
Non appena il messaggero fu visibile a tutti, dalla corte si levò un sonoro bisbiglìo impaurito, che Dain si affrettò a far cessare con uno stizzito gesto della mano.
Il messaggero si fermò, era ormai a pochi passi dal trono.
Quando cominciò a parlare o meglio a sibilare, Dain desiderò ardentemente per un attimo di non averlo fatto entrare.

< I miei rispetti insieme a quelli del mio Padrone...
Oh Dain, Re sotto la Montagna.
>

Le parole erano all'apparenza gentili ma, al di sotto, Dain riuscì distintamente a percepire lo sdegno e la minaccia con cui esse venivano pronunciate.
Dwalin, alla sua destra, si irrigidì; gli occhi che mandavano lampi.

< Potrei offrirti i miei, messaggero oscuro, se solo sapessi da dove vieni e perché. >
Tuonò Dain cercando in tutti i modi di non apparire spaventato.

La nera figura piegò la testa con fare da rettile e sibilò; pareva quasi divertito.
< Hai ragione, potente Sovrano dei Nani... in questi tempi così oscuri è sempre meglio sapere con chi si ha a che fare... >

Il continuo sibilo della creatura stava cominciando a dargli fastidio, così come la sua falsa adulazione; Dain lo spronò, sottolineando le parole con un gesto della mano.
< Ebbene? Quali sono dunque le tue intenzioni? Parla! >

Il silenzio nella Sala era palpabile.

< Hai detto bene... io sono un messaggero e ti porto una richiesta di alleanza da parte del mio Padrone, Sauron l'Oscuro Signore di Mordor... Egli potrebbe aiutarvi a mantenere la pace in queste terre... Egli è molto generoso con coloro che accettano la sua amicizia. >

Dain raggelò; non si era certo aspettato una richiesta così diretta, né così improvvisa.
Dunque era vero: Sauron era tornato.
Tutti i loro sforzi per trovare la serenità erano svaniti nel nulla, la pace non esisteva più, forse non era mai esistita... forse per ognuno di quei sessant'anni non avevano fatto altro che illudersi.
L'oscurità era avanzata di soppiatto e adesso li stava sommergendo.
Non sapeva cosa dire.
Si schiarì la voce.

< Per esperienza so che niente viene concesso per niente. Perciò dimmi, messaggero di Sauron, cosa potrei io offrire ad un Signore così grande e potente? >

< Un piccolissimo pegno della tua lealtà... nient'altro. Sauron desidera sapere ogni singola informazione che possiedi sul conto degli hobbit. Un tempo ne hai conosciuto uno... Se ci fornirai queste insignificanti informazioni, il mio Padrone te ne sarà per sempre grato e nuovi Anelli saranno da lui creati e consegnati a voi, come in passato. Nessuno più di te, Dain Re sotto la Montagna, può sapere quanto sia utile avere i giusti alleati... al momento giusto. >

La mente di Dain era in subbuglio.
Bilbo Baggins?
Perché mai all'Oscuro Signore sembrava interessare così tanto quel piccolo hobbit?
L'espressione di Dwalin era una rigida maschera di disprezzo e rabbia, eppure... che fosse possibile? No... Del tutto impossibile, doveva essersi sbagliato.
La paura non aveva mai raggiunto gli occhi di ghiaccio del guerriero più formidabile di Erebor, ma fu proprio in quel momento che le labbra del nano tatuato formularono una frase silenziosa.
< Vi prego maestà... tacete. >
Dain alzò le sopracciglia, non aveva mai sentito Dwalin pregare nessuno.
Gli pose una mano sul braccio, cercando di rassicurarlo; non aveva intenzione di accettare l'offerta e adesso meno che mai.
Tuttavia non poteva neppure rifiutare.
"Serve tempo" si disse.
Ma il messaggero non aveva intenzione di aspettare ancora.
Adesso il suo tono si era fatto notevolmente minaccioso e gelido.

< Se rifiuterai, avrai Sauron come nemico... e non è cosa che ti convenga. Ebbene? Qual è la tua decisione? >
Il nemico fece un passo avanti, seguito a ruota da Dwalin.

< Non voglio rifiutare, messaggero, ma neppure accettare. Un Re saggio non può decidere così su due piedi e questo tipo di decisione richiede tempo. >

Dain strinse le labbra, sperando di aver ottenuto ciò che desiderava.
La sagoma avvolta nel nero mantello fece di nuovo un passo indietro.

< Sottile è il limite tra saggezza e stupidità, Signore dei Nani... spero che tu lo comprenda. Tornerò qui per tre volte in attesa di una tua risposta.
Intanto sappi che di tempo ne è rimasto ben poco. >

Dette queste parole, la nera figura si voltò ed uscì dalla Sala del Trono, scortata dalle guardie.
Dain si appoggiò pesantemente allo schienale del trono e si passò una mano sul viso e sulla barba ormai del tutto bianca.
< Padre... Cosa facciamo adesso? > chiese Thorin, nel brusìo generale.
Dain fu sincero.
< Non lo so, inùdoy... quella creatura tornerà e prima o poi dovrò dargli una risposta che non credo gli piacerà. >
< Dobbiamo chiedere consiglio, maestà. >
La voce di Dwalin suonò del tutto sicura e Dain si risollevò dal trono, interessato.
Il vecchio nano lo guardò con la fronte aggrottata.
< Non siamo soli, mio Signore. Dobbiamo informare gli uomini di Dale e, mi duole dirlo, anche gli "orecchie a punta"... perfino Thranduil potrebbe preferire noi Nani all'Oscuro Signore. In più, ci sono alcuni nani che potrebbero darti saggi consigli; dopotutto... un tempo erano principi di Erebor. >
Dain annuì; il suo capitano dell'esercito riusciva sempre a consigliarlo bene dopo che suo fratello Balin se n'era andato a Moria.
< D'accordo allora. Thorin, figlio mio, organizza un incontro con Brand... sentiamo prima lui.
E tu Dwalin, manda dei corvi sugli Ered Luin; avvertiamoli. >

< Non è necessario maestà., sarei in ogni caso partito stasera per quella destinazione... devo essere là tra un paio di giorni. Li avvertirò di persona. >
< D'accordo Dwalin, ma fa' in fretta. Come ha detto quella specie di lenzuolo nero, di tempo ne è rimasto ben poco. >



 
   
 
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