Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: SusanTheGentle    04/05/2019    5 recensioni
Ricordo il periodo delle medie…
Nella mia scuola c’era un ragazzo che non parlava quasi con nessuno. Era diverso da tutti i miei compagni, privo di quell’aria anonima tipica degli studenti della Toho, la carnagione un po’ più scura di un comune giapponese, come se avesse passato tutta la vita sotto il sole. E, come il sole, brillava di luce propria. Fu per questo che attirò la mia attenzione.
Lui spiccava prepotente tra la folla, simile a un felino dentro un recinto di pecore tutte maledettamente uguali.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Mellow/Takeshi Sawada, Ed Warner/Ken Wakashimazu, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
10. Una parola di troppo
 
 
«Abbiamo finito!» esclamò Kira, alzando le braccia al cielo. 
«Evviva! Evviva!» Danny e Ed si unirono alla sua esclamazione, mentre Gary sorrideva alle loro spalle annuendo di soddisfazione. Mark, infine, si gettò a sedere sul pavimento del magazzino.
«Era ora» mormorò sbuffando. 
Gli occhi di Kira brillarono di lacrime trattenute. La vista le si annebbiò per qualche secondo così che non riuscì più a vedere bene la bicicletta che aveva di fronte. «E' bellissima, sembra nuova!»
«Peccato che sia già terminata» disse Ed, sinceramente dispiaciuto. «Questo pomeriggio è stato molto istruttivo. Mi sono divertito»
«In realtà manca ancora il ricamo floreale» ricordò loro Gary. «Se vi fa piacere, ragazzi, potrete venire al negozio ogni volta che vorrete»
«Davvero?»
«Sì, dai, venite ancora!» esclamò Danny, speranzoso. Era un ragazzino timido, non aveva molti amici oltre Lenders e Warner, e conoscere Kira era stato un piacevole arricchimento della sua ristretta cerchia. Gli sarebbe dispiaciuto non vederla più.
«Io verrò senz’altro» assicurò lei, come se avesse letto nel pensiero del ragazzino.
«Beh, se la metti così…mi aggrego volentieri Gary-san» disse Ed.
Kira estrasse dallo zainetto un foglio da disegno lievemente spiegazzato. Lo dispiegò davanti a quattro paia di occhi curiosi, mostrando il grazioso ghirigoro di fiori, steli e foglioline tracciato con inchiostri diversi.
«Questo è il disegno che vorresti riprodurre sulla bici?» chiese Danny.
«Sì. Ho usato delle penne colorate per ripassare la bozza a matita. Ti piace?»
«Sì, è carino»
«Dipingerlo su una bici non sarà come disegnarlo su un foglio» disse Gary, mostrandole le difficoltà del lavoro.
«Certo, lo immagino, ma ce la metterò tutta. La mia bici sarà più bella di pima!»
«Fa vedere». Mark si alzò da terra per guardare meglio il disegno, prendendolo dalle mani della rivale. «Passabile»
«Mai un complimento, tu, vero?»
Mark sbuffò. Quel pomeriggio era nervoso e più silenzioso del solito.
Kira aveva già notato qualcosa di strano durante l’ora di punizione, e se aveva pensato riuscissero ormai a chiacchierare in modo abbastanza pacifico, negli ultimi giorni Mark aveva sfatato ogni pia illusione decidendo di tornare il musone dell’inizio. Kira sospettava che la causa fosse da ricercarsi nella prossima partita di campionato: per passare le eliminatorie ed accedere agli ottavi di finale, Lenders e compagni avrebbero dovuto battere la fortissima Mambo di Julian Ross.
Kira sapeva abbastanza di calcio da sapere che Ross era stato soprannominato il principe del calcio, per via del suo modo di giocare elegante e preciso, nonché per il suo bell’aspetto. A soli tredici anni rasentava la perfezione e in campo era in grado di ricoprire qualsiasi ruolo.
«Io ho fame. Chi viene con me a prendere un gelato?» chiese Danny, afferrando il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans.
Non si poteva rifiutare un buon gelato, così lui e Ed si offrirono di andarne a prenderne per tutti alla gelateria sull’angolo. Nell’attesa, Gary si mise a rassettare un po’. Mark e Kira sedettero fuori dal negozio, lui sul marciapiede e lei su alcuni bancali di legno ammucchiati accanto all’entrata.
«Perché hai la faccia così scura, in questi giorni?»
Mark, gli avambracci molleggiati sulle ginocchia, la guardò di sottecchi. «Ho delle cose per la testa»
«Sei preoccupato per la partita contro la Mambo, vero?» gli chiese Kira, diretta come solo lei poteva essere. «A scuola ne parlano tutti»
«Non sono preoccupato» rispose Mark, guardandola in segno di sfida. Lei fece lo stesso. 
«Bugiardo»
«Che ne vuoi sapere, tu?»
«Julian Ross è davvero così forte?» domandò ancora lei, ignorando l’inflessione sgarbata della sua voce.
La mascella di Mark ebbe un guizzo. Non c’era bisogno di dire nulla, quel nome parlava da sé. «L’anno scorso non hai seguito il campionato nazionale?»
«Sì, ma non tutte le partite. So chi è Ross, però non l’ho mai visto giocare»
«Allora vieni a vederci e giudica tu»
«Verrò» assicurò Kira.
La Mambo era uno degli ostacoli maggiori di tutto il campionato. Mark non era così ingenuo da sperare che la squadra di Julian venisse sbattuta fuori così presto, ma gli sarebbe piaciuto dare una lezione a quel dannato damerino. Si era promesso di mostrare a tutti i suoi vecchi avversari la squadra che stava costruendo, squadra che sarebbe arrivata a strappare la vittoria alla New Team.
«Julian è un giocatore essenzialmente completo» riprese Mark, gli occhi fissi sul fondo della strada dove il traffico del sabato risuonava dei suoni di motori monotoni. «Non ha più nulla da imparare, anche se può ancora migliorare»
«Se consideri questo, allora tu hai una marcia in più» osservò Kira. «Un atleta che non ha ancora raggiunto il massimo può ancora dare tanto. Ma se hai già raggiunto il limite delle tue capacità, il tuo futuro sarà solo in discesa»
Una ruga s’increspò sulla fronte di Mark. Lei non aveva tutti i torti, ma… «Non è questo il punto. Ross potrebbe diventare il miglior calciatore del Giappone se non fosse costretto a frenarsi. Attualmente ha raggiunto il massimo livello consentitogli dal suo fisico, ma se non avesse problemi di salute potrebbe arrivare più in alto. Però...» il tono di lui si fece amaro, «non è consolante potersi vantare del fatto che Julian Ross ha problemi cardiaci e io no»
«Soffre di problemi al cuore? Sul serio?» domandò Kira, molto colpita. «Non ne avevo idea»
«Non lo sanno in molti. Julian vorrebbe tenerlo nascosto ma, dopo la partita dell’anno scorso, la notizia sta girando»
Kira si sforzò di riportare alla memoria gli incontri a cui aveva assistito l'estate precedente. Ricordò quello di Mambo contro New Team: Julian Ross, famoso per giocare solo pochi minuti a partita, era invece entrato in campo sin dall’inizio, accusando un grave malore sul quale la famiglia aveva chiesta il silenzio stampa. I genitori di Julian erano molto ricchi, suo padre un noto avvocato.
«Capisci, ora perché sono di malumore?» chiese Mark, distogliendo lo sguardo dalla strada.
«Sì, credo di sì». Kira batté piano sulla cassetta con il tallone, ritmicamente. Un gesto inquieto. Era tutto il pomeriggio che tentava di introdurre l’argomento ‘Milly’, ma se si fosse azzardata a parlargli di romanticherie varie in un momento per lui così critico, l’avrebbe spedita a quel paese senza invito né complimenti. Il muro dietro cui Mark si escludeva dal mondo in quei momenti no, era un ostacolo che Kira non aveva ancora imparato a varcare.
«E così» riprese lui poco dopo, «abbiamo quasi finito con la bici»
«Già. Abbiamo fatto un buon lavoro, non trovi?»
«Abbiamo?»
«Si chiama lavoro di squadra»
«L’ho fatto perché era mio dovere, non ti mettere in testa strane idee»
Lei fece roteare gli occhi. «Oh, santo cielo, Lenders, smettila! Ti sei divertito e lo so. Me lo hai detto anche tu. Che ci vuole ad accettarlo? Io ci sono venuta a patti»
«Con cosa?»
«Con il fatto che può essere gradevole passare del tempo in tua compagnia. A volte riusciamo a parlare in maniera quasi umana, e non è male. Anche se sei sempre piuttosto odioso»
«Ha parlato miss simpatia»
Kira gli fece una smorfia.
«Quanto ci metterai a dipingere la bici?»
«Non ne ho idea. Il tempo che ci vorrà. Ma non sei obbligato ad aiutarmi anche in questo»
«Se la metti così...» lui tentennò, «potrei già considerarmi libero dall’impegno?»
Kira lo guardò un momento, incerta. «Direi di sì» rispose lentamente. Una parte di lei non pensava di continuare a frequentarsi una volta terminato di sistemare la bicicletta. Dipingerla era un extra non calcolato in precedenza che non comprendeva la presenza di Mark. Ciò che lei voleva lui facesse, lo aveva fatto. «Però, se tu volessi comunque aiutarmi ad abbellirla, insomma, puoi venire. Gary ci ha dato il permesso di scendere al negozio ogni volta che ci va»
«Mmm… non lo so, ci devo pensare. Non è nelle mie aspirazioni riparare biciclette». Ma era stata proprio la bicicletta a farli incontrare e far nascere la loro rivalità. E, forse, a Mark tutto questo sarebbe mancato almeno un po’.
«In ogni modo, ci vedremo a scuola» notificò Kira. «Dovremo lavorare nell’orto tutti i giorni, fino a che il preside non fisserà il termine della punizione»
«Già. Ti avrò ancora per i piedi»
«Possibile che tu non sappia dire nulla di carino?»
«Io non dico cose carine, dico cose pratiche»
«Ah, lasciamo perdere». Gli aveva appena detto che non era così male stare in sua compagnia e lui sembrava non farci neanche caso.
La realtà era che Mark non sarebbe mai stato amico di nessuno al di fuori di pochi eletti.
 
 
 
«Allora, ci hai parlato?»
«Veramente ancora no»
«Oggi lo vedrai?»
«Sì, siamo ancora in punizione»
«Puoi provare, più tardi, allora». Milly tirò Kira per la manica della maglietta, costringendola a chinarsi leggermente per parlare all’orecchio. Milly era più bassa di lei di tutta la testa.
«Attente, il prof ci sta guardando» sibilò Jem in tono di avviso.
Milly e Kira si portarono contemporaneamente una mano alla bocca, controllando se il signor Onda le avesse viste confabulare.
Falso allarme.
Di tutti i professori, Onda era quello che preferivano, forse per il fatto che insegnasse educazione fisica o magari perché il suo temperamento gentile e il perenne sorriso lo rendevano inevitabilmente simpatico. Quel mattino erano usciti in cortile per dedicarsi ad un’ora di giochi di squadra. Si era optato per palla prigioniera. Le tre amiche erano momentaneamente eliminate dal gioco; avrebbero potuto liberarsi non appena la palla fosse finita nella zona demarcata ‘prigione’, ma sembravano più interessate a confabulare piuttosto che rientrare.
«Scusami se insisto così tanto, Kira-chan, è che sono così impaziente…»
«Lo so, Milly, non ti preoccupare. Vedrai che presto troverò il momento giusto»
«Datemi retta, una buona volta» soffiò Jem alle altre. «Ne ricaverete solo delusioni. Lenders non si metterà con te, Micchan, poco ma sicuro»
Milly arrossi e gonfiò le guance in uno sbuffo trattenuto. «Sei cattiva, J-chan»
«Mi dispiace, dico solo il vero». Quando aveva saputo – o meglio, quando Kira si era lasciata scappare – che Milly provava interesse per il capitano della Toho, a Jem erano spuntati i capelli bianchi.
«Lo sapevo, non dovevo dirti niente» sospirò la Benson. «Io vorrei solo che le mie amiche condividessero il mio entusiasmo romantico»
Jem fece roteare gli occhi. «Come si può essere entusiaste se a una tua amica piace uno come quello! Santo cielo, Micchan, con tutti i ragazzi che ci sono alla Toho…»
Il discorso continuò su questi toni finché il professore non fischiò la fine della partita. Era ormai ora di pranzo. Kira e le sue amiche volarono di sopra a prendere i loro bento(1) per poi ridiscendere in cortile a mangiare. Il loro posto preferito era un angolo di prato dietro la palestra piccola, all’ombra di un grande castagno. Seguitarono a fare piani per ‘incastrare Lenders’, anche Jem, la quale, nonostante non lodasse i gusti di Milly, era decisa ad aiutarla. Kira, costrinse quest’ultima ad esibirsi in una breve simulazione del suo incontro con Mark. Jem scuoteva la testa e rideva mentre osservava Kira fingere di essere Lenders, incitando un’imbarazzatissima Milly a dichiarare il suo interesse.
«Sarà un fallimento» sentenziò la Benson con le lacrime agli occhi.
«Andrà benone» assicurò invece Kira, stringendo le mani dell’amica nelle proprie. «Su riproviamo. Cosa gli dirai quando sarai lì?»
Milly prese un respiro, aprì la bocca… e rinunciò. «Kira-chan, non ci riesco. Davvero, mi vergogno troppo»
«Devi solo fingere che io sia lui. Su, non è difficile»
La piccola recita proseguì finché il vero Mark non fece capolino in cortile insieme all’inseparabile Warner, più Loson e Mellin. Kira li fissò per lungi secondi. Non ci sarebbe mai stato un vero e proprio momento giusto, bisognava acchiappare la palla al balzo. Lui era lì, Milly era lì; non c’era ragione di aspettare ancora.
«Milly, guarda chi c’è?»
Milly e Jem seguirono il suo sguardo. La prima tremò quando li riconobbe, deglutendo sonoramente.
«Dai, vieni!» Kira abbandonò il suo pranzo sull’erba e si alzò.
Jem diede in un colpo di tosse, strozzandosi con un boccone. «Volete andare là adesso?!»
Kira le venne in aiuto, picchiettandole sulla schiena. «Dici di no?»
Jem la guardò con tanto d’occhi. «Con i suoi amici presenti?!»
Milly tremò alla sola prospettiva di parlare faccia a faccia con l’oggetto dei suoi desideri. «Kira, vai avanti tu, ti prego»
«Sapevo me lo avresti chiesto» sospirò quest’ultima. «E va bene. Cercherò di liberarmi dei suoi amici, ma voi tenetevi pronte. Appena vi faccio un cenno, avvicinatevi»
Kira si avviò attraverso il cortile a passo sostenuto, tagliando per il prato e calpestando aiuole che non avrebbe dovuto calpestare, palesando la propria presenza alle spalle dei quattro ragazzi quando li raggiunse.
«Lenders, posso parlarti un secondo?» lo chiamò, facendoli voltare tutti insieme.
«Che vuoi, Brighton?»
Kira fece vagare lo sguardo su Warner e gli altri. «Da soli, se non ti spiace»
Loson e Mellin iniziarono a fare strane facce, ma Mark li ignorò. «Perché?» protestò.
«Uffa, perché sì»
«E su, capitano, vuole parlarti da sola» sussurrò Nicholas Loson con voce melliflua. «Sicuramente vorrà dichiararsi»
Mark gli assestò una botta nello stomaco. «Chiudi il becco, cretino»
Kira grugnì indispettita. «Dobbiamo solo parlare della punizione» riprese a voce più alta e decisa. Loson era così scemo da pensare che non avesse sentito?
«Bè, allora noi ci avviamo» disse Ed, «fate pure con calma. Ci trovi agli spogliatoi, capitano». Un sorrisetto fece capolino sul suo viso mentre si allontanava insieme a Nicholas e Ian.
Mark avrebbe voluto fermarli o seguirli, invece si ritrovò lì in mezzo al cortile, Kira di fronte a sé pronta a sfornare chissà quale strambo argomento. Con lei non si poteva mia sapere.
«Ho detto una piccola bugia» confessò lei.«Non è per parlare della punizione che ti ho cercato»
«Senti, se sei venuta a chiedermi del pagamento della bici, sappi che sono già d’accordo con Danny su tutto»
«Eh? Oh, no, non volevo parlare di soldi»
«Mh. Meglio così». C’era imbarazzo nella voce di lui. Parlare di denaro non era mai facile. «Te la pagherò, in qualche modo»
«Danny però non mi ha accennato nulla»
«Lo farà»
«Ah, va bene. Ehm…sei pronto per la partita?» domandò poi lei, con un tono che più fasullo non si poteva. Niente temporeggiamenti!
Lui non rispose, sbuffando dal naso. «Posso andare?»
«Oh, no, no, un attimo» Kira allungò una mano per fermarlo. «Non era questo che volevo dirti, in realtà»
«Non sono in vena di cretinate, ti avverto»
«È una cosa seria, infatti». Perché era sempre così cafone? Sarebbe stato molto più semplice avere a che fare con uno dei suoi amici.
«Non vorrai propormi un’altra sfida?»
Lei scosse il capo. «Niente sfide»
«Bene. Quindi? Avrei fame, per cui muoviti»
«Un attimo! È una cosa un po’ delicata, non so come dirtelo». Pensare di farlo era stato molto più facile che farlo davvero.
«Devo preoccuparmi?»
«No, no, è una cosa del tutto innocente». Kira si mordicchiò un labbro. «Senti, c’è qualche ragazza che ti piace a scuola?»
Din-don! Un campanello d’allarme suonò nella testa di Mark. Una volta aveva sospettato che a Kira potesse piacere Ed. Non era per caso venuta a dirgli… No, un attimo: se fosse stata lì per sapere qualcosa su Ed, non gli avrebbe posto quella domanda.
Din-don, din-don! Ma Ed aveva insinuato che era lui stesso, Mark, a provare interesse per Kira (cosa assolutamente falsa!); ma se fosse stato il contrario? Se avesse avuto ragione Nicholas e ora lei fosse stata lì per...
Din-don, din-don, din don!
«Scusami, che hai detto?!» riuscì a domandare il ragazzo, quando riprese possesso delle facoltà mentali e fisiche. Questa poi!
«Ma sì, hai capito» Kira lo fissò insistentemente. «Ti piace qualcuno?»
Un principio di sudore freddo iniziò a condensarsi sulla pelle del calciatore. Perché glielo stava chiedendo?
Fa che non sia come credo, … pensò disperatamente, mentre i pensieri si mescolavano prendendo nuova forma senza che potesse farci nulla. Il dubbio si insinuò guardingo. Di nuovo: lui aveva ipotizzato che a Kira potesse piacere Ed; Ed aveva insinuato che gli piacesse Kira; a lui non piaceva Kira, piuttosto era a lei che…
No, no, ferma tutto! Calma. Smettila di pensarci. Non è così!
«Non c’è nessuna» sputò Mark d’un fiato, con convinzione. Dopotutto era vero. C’era la remota, remotissima possibilità che potesse trovarla carina. Ma la di là di quello, nient’altro.
«Accidenti, come sei categorico». Kira fu delusa dalla sua risposta. Proprio non ci voleva! Sarebbe stato difficile presentargli Milly, eppure doveva tentare.
«Non ho alcun interesse verso certe cose. Non ho tempo» provò di nuovo Mark, deciso a sfatare ogni possibile ombra di aspettativa nella sua controparte.
L’espressione pensosa di lei mandò una scintilla di di speranza. «Oh, allora non è che non vuoi. Lo faresti se avessi tempo»
«Fare cosa?» Istintivamente, Mark fece un mezzo passo indietro. «Io con te non faccio proprio niente!»
Kira gli mostrò un’espressione perplessa. «Chi ha parlato di me?!»
«Tu stessa lo stai dicendo!»
«Dicendo cosa?»
«Che ti piaccio!» Non seppe come riuscì a continuare a guardarla, mentre sentiva uno strano calore sul viso. Stava arrossendo? No, lui non arrossiva.
Kira si tramutò in una statua di sale. L’affermazione era stata disarmante.
«C-c-che COOOSAAA?!» esclamò con voce strozzata e acuta. Sollevò un braccio come per proteggersi e anche lei indietreggiò di un paio di passi, provando l’imbarazzo più atroce della sua vita. «Tu non mi piaci affatto!» Gli aveva dato quell’impressione? Com’era potuto accadere?!
Mark si grattò la punta del naso. «Ah...» Oddio, aveva preso una cantonata mondiale! «Bè, scusa se ho frainteso» le rispose, seccato da tanta avversione nei suoi confronti. Non è che faceva così schifo, dopotutto.
«Altroché frainteso!» Kira incrociò le braccia con patinata naturalezza. «N-non avrai dato ascolto a ciò che ha detto il tuo amico, vero? Che sono venuta qui per dichiararmi?»
«Chi, Nicholas? No di certo! Però sai, se fai tutta la misteriosa, scarichi i miei amici per iniziare a vaneggiare e chiedere se mi piace qualcuno…posso farmela un’idea sbagliata, non ti pare?»
«Bè, non fartela Non pensare che io possa interessarmi a te solo perché passiamo del tempo insieme»
«Tu nemmeno»
Lei? Mark pensava veramente che lei si facesse idee di quel tipo? «Figuriamoci se mi interessi, Lenders! Non sei nemmeno il mio tipo»
«Né tu il mio, se è per questo»
«Perfetto»
«Perfetto. Allora perché stiamo facendo questo discorso?»
Kira sbatté le palpebre, scuotendo il capo come per schiarirsi la mente. «Giusto, perché lo stiamo facendo?»
«E io che ne so!» Lui non ci capiva un accidente di niente. Cosa gli era saltato in mente di fermarsi con lei a parlare di…cosa? «Bah, tu sei tutta matta. Ci vediamo»
«No, aspetta, non puoi andartene!» Kira si liberò dell’imbarazzo e recuperò la distanza creatasi, afferrandogli la camicia sulla schiena. «Devo farti conoscere una persona»
«Ti ho detto che non mi interessa conoscere nessuno»
«Ma è proprio per questo che sono venuta a disturbarti. Dimentica quello che abbiamo detto prima, okay?»
«Sì, va bene, ma non ne ho voglia»
«No, fermo!» Kira afferrò la stoffa con entrambe le mani. Piantò i talloni nel terreno e non mollò la presa quando Mark riprese a camminare trascinandosela dietro. «Solo cinque minuti»
«No»
«Tre»
«Finiscila»
«Uno»
«Sai che sei una rompiballe?» le ringhiò a un centimetro dalla faccia.
«Andiamo, che ti costa?»
Mark imprecò a denti stretti. La sua insistenza era esasperante. Poco le importava se lui non voleva rimanere, se non lo incuriosiva nemmeno un po’ conoscere chissà chi, l’importante era che lo volesse lei, e degli altri chi se ne frega. Non aveva nemmeno chiesto per favore.
«Ascolta…» riprese lei, quando una voce la chiamò…
«Ehm, Kira-chan?» 
Kira e Mark si voltarono nel medesimo istante. A un paio di metri da loro, Jem e Milly li guardavano in attesa.
«Ragazze…». Nella confusione del piccolo battibecco, Kira si era totalmente dimenticata del suo obbiettivo originario e non si era nemmeno accorta della presenza delle amiche.
«Visto che ci mettevi tanto, siamo venute noi» rispose Jem, lanciando sguardi incerti al capitano della Toho.
Kira emise una risatina impacciata, prendendo le debite distanze da Lenders. Sperò che Milly non avesse frainteso nulla di ciò che era stato detto – se aveva sentito, ovviamente – ma di questo decise che si sarebbe occupata più tardi. Non perse altro tempo e spinse Milly di fronte a Mark.
«Lenders, ti presento la mia amica Milly Benson. Voleva conoscerti»
Mark fissò con impassibilità la ragazza davanti a lui. Così, tutta quella messinscena era per farli incontrare? Che assurdità.
«Io…» cominciò Milly con voce flebile. «Io…» riprovò, schiarendosi la gola quanto più le riuscì. «Ti guardo sempre giocare, sai? Il vostro campo si vede dalla nostra classe e…»
Mark infilò le mani in tasca dei pantaloni e sbuffò. Ora capiva tutto. Se solo Kira si fosse spiegata prima invece di fare tanti giri di parole inutili... 
Milly sollevò di poco la testa. «Non voglio infastidirti, vorrei solo conoscerti un po’ meglio». Lanciò un’occhiata alle amiche, le quali gesticolarono per incoraggiarla a continuare. «Il fatto è che tu…tu…»
«Senti…» Mark la interruppe, passandosi una mano nei capelli e sulla nuca. Ci mancava solo questa. «Ho già cercato di dirlo a Kira: non ho tempo per queste cose. Non mi interessa». Non avrebbe voluto esser brusco, ma non gli riuscì di tirar fuori un tono più cortese. Se ne pentì, ma ormai la frittata era fatta.
Gli occhi di Milly si velarono di lacrime. Non aveva avuto tempo di dirgli nulla e Lenders già la rifiutava. «Non ti piaccio neanche un po’?» trovò il coraggio di chiedere.
«È meglio che lasci perdere. Non sono il tipo che fa per te»
«Se potessi darmi una possibilità...» insisté debolmente Milly, la voce che veniva di nuovo meno. «Non sto parlando di uscire insieme, solo conoscerci. Tu mi piaci e…»
«Sei sorda? Ti ho detto di no!»
Alle loro spalle, Kira e Jem trattennero il fiato.
«C-certo, ho capito» disse Milly, sconsolata. «Scusa se ti ho fatto perdere tempo». Prima di iniziare a piangere davvero scappò via, mortificata.
Jem le corse subito dietro per tentare di consolarla, chiamando Kira quando vide che non si muoveva. Ma Kira rimase ferma dove si trovava.
Mark si era voltato per dirigersi agli spogliatoi, quando la voce di lei si levò nel meriggio.
«Dove stai andando?»
Il ragazzo si ritrovò a fissare occhi pieni di rimprovero. Per qualche strana ragione, come sempre quando si trattava di lei, lo prese un’insensata e improvvisa irritazione.
Se qualcuno fosse passato di lì e li avesse sentiti discutere di una cosa tanto sciocca, avrebbe sorriso. Ma loro erano Mark e Kira e non discutevano mai per cose intelligenti.
«Ti avevo avvertita. Non mi hai voluto stare a sentire»
«Potevi almeno ascoltarla»
«L’ho ascoltata»
«Non le hai dato il tempo di dire praticamente niente!»
«Per inteso, nemmeno mi interessava»
Kira emise un’esclamazione indignata. «L’hai ferita!»
«Dovrei tormentarmi per questo? No. Non doveva insistere. Anzi, tu non dovevi insistere»
Kira si premette una mano sul petto. «Adesso è colpa mia?»
«Se mi avessi dato retta fin dall’inizio, invece di ostinarti tanto, ce la saremmo risparmiata. E comunque, se voleva conoscermi poteva venire a parlarmi lei, che bisogno c’era di mandare te?»
«Ah, non capisci proprio un tubo, Lenders»
«Capisco che sono stanco delle tue cazzate»
«Ehi!» lei ebbe uno scatto rabbioso. «Non parlarmi in questo modo!»
«Ti parlo come mi pare, ragazzina!»
«Non puoi trattare male la gente solo perché sei nervoso per una semplice partita!»
Mark emise un suono seccato misto a una risata. «Dio, sei così bambina, Kira. Tu non hai la minima idea di cosa significhino queste partite, per me»
«Lo so, invece. Ho visto quanto ti impegni. Siamo molto più simili di quanto pensi» Lui credeva che il pattinaggio fosse un hobby, per lei?
«Tu non hai mai dovuto faticare per avere niente, quindi non dire che siamo simili, perché non è vero»
Lei si rannicchiò nelle spalle. «Ora sei ingiusto. Anch’io ho i miei problemi»
Mark scosse il capo. «Tu pattini per passione, ma io gioco perché il calcio è la mia vita!» Si batté una mano sul petto, come a farle capire che la sua stessa esistenza dipendesse da quello. «Se non avessi vinto quella borsa di studio non sarei qui a giocare. Avrei dovuto trovarmi un lavoro, rinunciare a studiare e forse anche allo sport, perché mia madre non aveva abbastanza soldi per pagarmi la scuola(2)».
Mark avrebbe voluto mordersi la lingua, ma ormai lo aveva detto. Aveva giurato a sé stesso di non parlarle mai di faccende troppo personali, dubitando della sua possibilità di comprendere.
Kira ne rimase colpita. Non aveva capito che la famiglia di lui vivesse una condizione così delicata. Certo, non facevano una vita agiata, ma non credeva che… Fu tentata di domandargli dove fosse stato suo padre mentre la moglie cresceva quattro figli tra le difficoltà finanziarie, ma si frenò prima di commettere un enorme sbaglio e lo lasciò continuare.
«Vincere mi permetterà di ripagare tutte le persone che hanno creduto in me, altrimenti non sarà servito a niente. Non ho tempo per altro, e non voglio altro. Poi sei spuntata tu, e nella mia vita scolastica è successo un casino dopo l’altro. Se mi becco una sospensione, se mi cacciano, dovrò rinunciare a tutto!»
«Stai di nuovo dando la colpa a me». Ora era Kira a sentirsi ferita. Aveva davvero preso in considerazione che potessero provare ad essere amici dopo i bei pomeriggi trascorsi al negozio di Gary, ma ora… «E comunque, non hai affatto capito. Il pattinaggio non è un divertimento, è l’unica cosa che ho». Le poche amicizie erano legate a quella disciplina. Kira non ne avrebbe avute altrimenti, sarebbe stata sola. Il pattinaggio era qualcosa di così prezioso che nemmeno lei sapeva come spiegarlo.
«Se è davvero così importante, avresti dovuto essere più accorta. A quest’ora ti staresti allenando per la festa dello sport»
Lei ebbe un nuovo fremito. «Vuoi sentirmi dire che mi sono pentita di averti sfidato? Sì, un po’ mi sono pentita, e sì, ho fatto dei casini; ma non sono il tipo che si piange addosso quando commette uno sbaglio»
«Tu non sbagli, Kira, te le cerchi proprio. E porti guai a chiunque»
«E che dovrei fare?»
«Smettere di ronzarmi intorno e trascinarmi ogni volta nelle stupidaggini che ti inventi»
«Non ti ronzo affatto intorno!». Kira lo squadrò quasi con disgusto.
«Ma se mi stai sempre appresso! Da quando ti ho conosciuta non fai altro che trovare pretesti per rendermi l’esistenza impossibile. Prima la biciletta, poi le sfide e adesso questo»
«La bici è un’altra storia. Per quella mi servivi» disse lei, più velocemente di quanto non avrebbe voluto.
L’espressione di Mark non richiese interpretazioni. «Ti servivo
«N-no aspetta… non intendo…lo sai!»
Lui tacque, furibondo.
Kira non mirava ad offenderlo. Forse, inizialmente le era importato solo che lui le ripagasse la bici e lo aveva detestato a morte, ma in seguito…
«Bè, non ti preoccupare» riprese Mark poco dopo, «quando riuscirò a finire di pagartela, e quando la punizione sarà finita, potremo dirci addio». Tremava di rabbia. «Non so nemmeno perché ti ho dato corda in questi mesi. Non me ne importava niente di te»
Quelle parole suscitarono in lei un’ondata di furia che scemò improvvisamente nella delusione più dolorosa. Aveva davvero pensato che quel ragazzo potesse esserle amico?
«Puoi evitare di venire al negozio, sabato prossimo. Per dipingerla non mi servi»
«Perfetto, non verrò»
«E smetti di chiamarmi per nome! Se vuoi farlo, almeno usa l’onorifico!»
Lui ebbe un attimo di smarrimento. «Che c’entra questo?»
«Non lo so. C’entra»
Mark sbuffò. «Come vuoi. Prenderò le distanze»
«Fallo». Kira alzò il mento, sfoderando il tono più menefreghista di cui era capace. «Tanto nemmeno a me importa»
Mark la fissò un momento, poi affondò di nuovo le mani in tasca dei pantaloni, con rabbia, e girò i tacchi per andarsene.
 
 
 
La Toho affrontò la Mambo nell’ultimo dei tre turni preliminari di campionato. Entrambe avevano conquistato solo vittorie fino a quel momento, perciò non cambiò assolutamente nulla quando, alla fine del match, il risultato fu un pareggio. Tutte e due sarebbero passate alla fase a gironi.
A scuola, il giorno dopo la partita, ci fu festa grande: finalmente, dopo quasi dieci anni che la squadra delle medie non passava la fase eliminatoria, la situazione si era sbloccata. I professori sembrarono più buoni e comprensivi, tranne la Amada, ovviamente, sebbene se quel giorno richiamò una 1B fin troppo chiacchierina soltanto due volte in un’ora.
Ma Mark non era soddisfatto.
Kitazume aveva fatto le congratulazioni a tutti, definendosi molto orgoglioso della squadra che aveva messo in piedi in pochi mesi dall’inizio della scuola. L’affiatamento tra i ragazzi era già molto solido, Mark era un eccellente capitano e il gruppo lo seguiva senza batter ciglio. Eppure, il ragazzo avrebbe voluto strappare una vittoria a Julian Ross con un tre a zero al minimo.
Julian era entrato in campo solo verso la fine della partita, giocando i soliti venti minuti. I due capitani si erano scontrati in una serie di attacchi, dribblate e falli che sapevano poco di gioco. Julian era uno dei più grandi rivali di Mark, insieme a Philip Callaghan e, ovviamente, Holly Hutton.
In quei venti minuti, Julian aveva dato sfoggio della sua tecnica impareggiabile, del suo controllo di palla e senso del goal innati. Era un connubio perfetto tra tecnica ed eleganza. Mark si era allenato tutto l’anno per arrivare a superare tutti i rivali, sperando di poter mostrare loro quanto fosse migliorato e cresciuto. Ma confrontandosi con Julian aveva capito che era ben lontano dal raggiungere quell’obiettivo. Avrebbe subito lo stesso smacco affrontando anche Philip e soprattutto Holly?
Per un momento, la sua spavalderia vacillò.
Il sabato successivo alla partita, non si presentò al negozio di Gary. Kira, la faccia scura mascherata da un sorriso forzato, dipinse la sua bici con il solo aiuto di Danny e Ed. Mark si risentì anche con il portiere, considerando quel gesto come una specie di tradimento.
Ed cercò di capire cosa avesse scatenato questa spaccatura tra Mark e Kira. Non credette alla versione ‘non voglio avere ragazze per i piedi’. Quella poteva essere una parte di verità, ma non tutta. Se così fosse stato, Mark avrebbe lasciato perdere Kira Brighton settimane fa. Tra i due esisteva un legame, benché sottile, e le cose stavano pian piano cambiando in positivo; poi, improvvisamente, qualcosa si era spezzato. Una parola di troppo detta in un attimo sbagliato e quel filo sottile aveva ceduto.
«Davvero non vuoi più vederla?»
«Sì, davvero, Ed. Perché fai quella faccia incredula? Credi io senta la sua mancanza?»
In tutta sincerità, Ed lo pensava, ma tale pensiero rimase inespresso. 
Mark si alzò dal suo posto, muovendosi per uscire in corridoio. Attraversandolo, diretto ai bagni dei maschi, intravide Kira fuori dalla sua classe chiacchierare animatamente con le solite due amiche. Milly tacque quando Mark passò loro accanto, arrossendo e fuggendo dentro l’aula. Jem, non si avvide della sua presenza, continuando a leggere un articolo da una qualche rivista di musica. Kira, invece alzò il viso e i suoi occhi incontrarono quelli di lui. Solo un istante, per poi concentrarsi nuovamente su ciò che stava facendo.
«Rileggi da capo, Jem, scusa. Mi sono distratta»
Mark passò oltre.
Nelle settimane successive, lui non fece nulla per impedirle di credere di essersi sbagliata sul suo conto, che forse aveva sempre avuto ragione Jem e non sarebbe mai diventato nulla per lei, se non un estraneo con cui aveva diviso parte dei primi due mesi di scuola media. Per breve tempo ricominciarono i litigi, sottili battute che facevano di Mark un prepotente i cui unici divertimenti erano il calcio e provocarla. Le parlava solo per sfogare la rabbia. Kira, da parte sua, non fece nulla per migliorare la situazione, tanto meno gli permise di essere il suo capro espiatorio. Poi, pian piano, tornarono ad ignorarsi. Quando si incrociavano nei corridoi, lui tirava dritto senza guardarla e lei faceva lo stesso.
Pochissime erano le occasioni di parlarsi, comunque. Kira prendeva ancora il treno per andare a scuola, ma non incrociava più Mark da un pezzo, ormai. Lui arrivava almeno un’ora e mezza prima di lei per allenarsi. Gli ultimi pomeriggi di punizione, ognuno badò al proprio lavoro senza disturbarsi vicendevolmente. Poi, la prima settimana di giugno, il preside comunicò a Mark e Kira la fine della loro punizione, augurandosi che ne avessero tratto giovamento e scherzando sul fatto che ormai dovevano esse talmente esperti da poter aprire una società agricola. La battuta non fece ridere nessuno. I due ragazzi lasciarono l’ufficio del direttore senza scambiarsi una parola.
Mark non mise piede al negozio di Gary per molto tempo. Una volta in cui decise di recarvisi, non trovò più la bici di Kira in fondo al magazzino. Gary gli disse che era venuta a prenderla molti giorni fa. Mark aveva desiderato che il giorno in cui non avesse più dovuto avere a che fare con lei arrivasse presto, ma non aveva calcolato quanto il non averla più intorno rendesse la sua vita un po’ più monotona.
Una mattina, a scuola, il ragazzo fermò Kira a metà di una rampa di scale, buttandole in mano con malagrazia una busta.
«I soldi per la bici» le disse senza guardarla.
Lei li fissò per un momento. «Non servono» disse, restituendogliela.
Mark la fissò a bocca aperta. Dopo tutto quel casino, tutto quel tempo perso dietro a lei…
«Mi avevi detto di esserti già messo a posto con Danny, ricordi?» disse Kira, fissandolo con impassibilità. «Bè, ho fatto la stessa cosa. Gli ho pagato l’attrezzatura di tasca mia. Mia madre non lo sa».
Giugno passò in un lampo. L’esibizione di gruppo del club di pattinaggio aprì la festa dello sport alla Toho School, riscuotendo un enorme successo. Kira, costretta in un angolo a guardare i compagni e rammaricandosi grandemente per non essere in mezzo a loro, ripensò alle parole di Mark. Forse aveva ragione, la colpa di essere stata esclusa era anche un po’ sua. Ma con la conclusione della festa dello sport, anche la sua punizione giunse all’epilogo. Risa Brighton si presentò a scuola un giorno a sua insaputa, chiedendo di parlare con gli allenatori della figlia. Fu così che Kanagawa e Fukushima annunciarono a tutto il team che, all’inizio del secondo trimestre(3), Kira sarebbe tornata ad allenarsi con loro. Freschi di un’esibizione perfetta e molto soddisfatti, i compagni del club ricominciarono a parlarle, ben felici di riaccoglierla.
Arrivò luglio, e con esso la fine del primo trimestre e le vacanze. Il campionato nazionale di calcio giovanile volgeva al termine.
Negli ottavi di finale, la Toho affrontò e batté la Hot Dog dei gemelli James e Jason Derrick, e la Flynet di Philip Callaghan, altre vecchie conoscenza di Mark e Ed. Accedettero ai quarti e alle semifinali senza particolari difficoltà, e il primo di agosto si scontrarono in finale con la New Team di Oliver Hutton. Sfortunatamente, la squadra di Lenders si piazzò seconda.
Nonostante l’amarezza iniziale, tutta la Toho School festeggiò il successo della seconda posizione. La signorina Daisy, della quale Mark era il pupillo, cercò di aiutare Kitazume a consolare la squadra parlando in qualità di presidentessa, assicurando che non avrebbero potuto giocare meglio di così. I ragazzi ringraziarono, chi ancora con gli occhi lucenti di lacrime, chi temendo il giudizio dei compagni di scuola, chi pieno di rimorsi. Ma ringraziarono.
Purtroppo, l’incoraggiamento non sortì l’effetto sperato su Ed Warner, ma soprattutto su Lenders.
Mark si barricò dietro un rabbioso silenzio. Lui e Ed passarono giorni e giorni a cercare di capire dove avessero sbagliato, perché ancora la squadra di Holly risultasse la più forte. Non erano forse migliorati anche loro? Non si erano allenati duramente durante tutto l’anno? Essere battuti per la seconda volta dalla New Team, a un passo dalla vittoria, era un’altra cicatrice sul loro orgoglio di calciatori.
Kira aveva seguito tutte le partite insieme al resto della scuola. Durante i novanta minuti della finale aveva dimenticato di essere ancora arrabbiata con Lenders, pregandolo mentalmente di battere quel nanerottolo dalla rovesciata impossibile di nome Hutton. Era stata proprio una di quelle rovesciate a fregare Warner, regalando alla New Team il goal della vittoria. Ed era un portiere fenomenale, ma quell’Holly da solo era stato in grado di far faticare l’intera squadra della Toho.
Sotto un cielo color piombo che annunciava un temporale estivo, Kira scese dagli spalti e si intrufolò in campo. Sapeva benissimo di non poterlo fare, ma non c’era più nessuno ormai. L’unico era Mark, rimasto a camminare sull’erba, a calciare quella dannata palla che non aveva saputo penetrare la difesa avversaria al momento giusto. A Kira non importò di importunarlo, se desiderava essere lasciato in pace a crogiolarsi nella delusione della sconfitta. Voleva sapere come stava. Voleva aiutarlo.
Lui si accorse della sua presenza quando si voltò per andare a recuperare altri palloni con cui sfogarsi, dopo aver disseminato per tutto il campo quelli a sua disposizione. Si immobilizzò un istante, riprendendo a camminare spedito verso la panchina. Kira era ferma in piedi appena fuori dal perimetro di gioco.
«Ho visto la partita» gli disse quando fu a portata d’orecchio.
«Sì, e allora?» Mark afferrò una cesta di metallo colma di palloni. «Sei venuta a sfottere?»
«No. Sono venuta a dirti che mi dispiace. Per quello che vale». Fissò il suo viso scuro, sconfitto, tormentato.
Mark non la guardò nemmeno per sbaglio. «Non cercare di essermi amica. Hai già chiarito la tua posizione con me. L’amicizia si dimostra, non si sfrutta»
«Ma io…»
Le si fermò accanto, sfiorandola solo con un’occhiata piena di risentimento. «Fai un favore a tutti e due: sparisci»
Mark tornò in campo, posò il cesto a terra e ricominciò a calciare.
Kira gli voltò le spalle e se ne andò.
Quella fu l’ultima volta che si parlarono per tutto il resto della prima media.

 
***** ***** ***** ***** *****
 
Note:
1- Il bento è un contenitore di varie forme, dimensioni e decorazioni, usato in Giappone per accogliere una porzione di cibo preparato in casa o preconfezionato. Nelle scuole giapponesi, gli studenti possono portare il bento da casa o acquistarlo nella mensa scolastica. Può essere portato al lavoro, ed è comune l’uso durante i picnic (vedi la festa dell’Hanami). Per questo motivo, è molto pratico da portare in giro: la scatola del bento è dotata di più reparti in cui dividere le pietanze (alcuni sono termici per mantenerle in caldo) e, come spesso si vede negli anime, viene avvolta in un fazzoletto di stoffa o inserito in borse speciali insieme alle bacchette. Il bento ha anche un valore sentimentale: infatti, spesso le ragazze portano all'innamorato un bento fatto in casa; lo stesso fa la moglie con il marito. Esistono diversi tipi diversi di bento in base alle pietanze con cui è preparato.

2- In Giappone la quasi totalità dei genitori iscrive i figli a scuola private, per il fatto che gli istituti pubblici hanno un livello qualitativo estremamente basso. Si pensa che se uno studente frequenti una buona scuola abbia più possibilità di entrare all’università e ottenere in seguito un buon lavoro. I genitori cercano di dare ai figli l’istruzione migliore possibile, per cui preferiscpno gli istituti privati, dove ovviamente si paga una retta più o meno alta in base alla qualità e alla fama della scuola.

3- Come già detto, dato che la scuola in Giappone comincia in aprile, le vacanze estive - che iniziano a luglio e terminano a settembre - non consistono nella fine dell’anno scolastico come da noi, ma sono un intermezzo di due mesi tra il primo e il secondo trimestre.

 ***** ***** ***** ***** *****
 
Salve ragazze, finalmente riesco ad aggiornare! Questa volta il mio ritardo non è dovuto a particolari impegni, ma al carica batteria del mio portatile che mi è caduto e si è rotto XD Fortunatamente sono riuscita a reperirne un altro piuttosto in fretta, e mi sono rimessa subito al lavoro.
Allora, allora… Come avevo detto, questo è il capitolo della svolta. È da quando ho iniziato a scrivere ‘Haru’ che ho in mente un litigio per concludere la prima fase di storia. Niente di tragico, per carità, ma nemmeno privo di fondamento. 
Diamo pure la colpa a una serie di parole pronunciate in un momento di rabbia, alla lingua senza freno di Kira e al caratteraccio di Mark, e il resto lo avete letto. Poi, ricordiamoci sempre che hanno tredici anni, perciò se pensate che il motivo di tale litigio sia un po’ stupido, di fatto lo è ;) 
 La prossima volta, i nostri eroi saranno in seconda media! 
Tutto ciò che sembra lasciato in sospeso, verrà ripreso. Non vedo l’ora di mostrarvi cosa ho in mente! 
 
Grazie a tutte voi che leggete, commentate e avete aggiunto la storia a qualche sezione.
Un bacio,
Susan <3
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: SusanTheGentle