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Autore: Barbra    07/05/2019    1 recensioni
Questa fanfiction è un crossover tra l'Universo di Pokémon Adventures (il manga) e l'Universo di "Avatar, the Legend of Aang"/ "Legend of Korra". La storia si svolge, secondo la cronologia Pokémon, dopo gli avvenimenti di Sole e Luna. Secondo la cronologia di Avatar, dopo la morte di Korra e la nascita della sua successiva reincarnazione.
DAL TESTO: Il Maestro dell'Aria Meelo scese dalla tribuna dei giudici e si diresse verso la sedicenne senza una parola.
Era stato chiamato per controllare che la sua allieva non “sporcasse” la Prova dell'Acqua applicando tecniche del Dominio dell'Aria per tenere d'occhio gli avversari. Sapeva bene che la cieca, nel cui mondo non esistevano né forme né ombre, avrebbe usato il Senso del Sangue al posto del super-udito che i montanari le attribuivano. Tuttavia, non si aspettava uno scivolone così clamoroso da parte sua. || NOTA: canon-divergent || PERSONAGGI PRINCIPALI (non in elenco): protagonista OC, Sird (pg esclusivo del manga), Lunala, Giratina (Pokémon); Raava e Vaatu (Avatar). TERMINATA
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Arceus, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate | Contesto: Manga
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- Questa storia fa parte della serie 'Avatar e Pokémon'
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16. I demoni (III)




WARNING: come al solito, gli spoiler sono “coperti” da una marea di dettagli che mi sono inventata di sana pianta. Se qualcuno di voi volesse leggere il manga e non l'avesse ancora fatto, sappia che NON scriverò cosa mi sono inventata e cosa è vero.




 
A Johto

 
Notte


Pryce, che dalla sua Palestra di Mogania era stato spostato in una casa di riposo dopo l'ultimo ricovero in ospedale, tossiva con tutta la forza dei suoi vecchi polmoni. Lavorare a stretto contatto coi Tipo Ghiaccio aveva un prezzo, da pagare in influenze e polmoniti sempre più frequenti man mano che il tempo lo rendeva più fragile.
Mentre tossiva, il vecchio notò con la coda dell'occhio la sagoma di un'infermiera sulla soglia della sua stanza. Forse stava andando via dopo un turno protratto, perché erano le due di notte e lei non indossava la divisa bianca.
Era vestita di nero, anzi. Ed era più alta e sottile di tutte le altre infermiere di quella struttura. Mentre entrava nella stanza buia, Pryce si rese conto che non la conosceva.
Il ciondolo della sua collana, una specie di timone d'argento nel cui centro era incastonata una Megapietra simile a una bilia, rifletté la luce dell'abat-jour appena fu accesa.
L'impressione del vecchio era stata giusta: quella donna era un'intrusa, e poco prima che comparisse la vecchia nell'altra stanza aveva smesso di cantare i suoi inni stonati.
«Che cosa vuole?» le domandò Pryce, brusco.
«Mi risponda lei. Sa chi sono?».






 
Giorno


«Didì! Scusa se non te l'ho detto, ma sono volata qui a Johto per una questione urgente. La saliva sulle scarpe di Giovanni si stava asciugando, e volevo evitare che smettesse di scivolare». E ridacchiò mostrando il mignolo sinistro fasciato. O quel che ne restava.
Diantha, dall'altra parte dello schermo, restò a bocca aperta, poi fu presa dall'angoscia. Questa volta, sua madre doveva essere seriamente in pericolo. «Yubitsume? A una donna?!».
«È stata una mia idea. Sono stata io a offrire al Boss la mia falange. Anni fa ho pietrificato suo figlio: dovevo espiare. Ora, ho riconquistato la sua fiducia. Ora posso dirmi al sicuro».
Se c'era un ruolo che le calzava a pennello, un ruolo che Sird amava riservarsi in ogni sua operazione, era quello dell'eminenza grigia. La consigliera astuta, crudele ma servizievole, capace di mozzarsi un dito per provare la propria lealtà.
La sua regola era di lasciare al Capo l'illusione di essere un passo avanti in tutto, mentre nelle sue mani non era altro che una marionetta. L'aveva insegnata a lei come a Cyrus, la cui forma lieve di autismo lo rendeva però incapace di seguire le sue orme.
Cyrus era a disagio con l'arte del mentire, le poche dritte della sorella sulla recitazione gli erano state utili per nascondere i suoi progetti agli avversarie e agli sconosciuti, ma non sarebbe mai riuscito a ingannare i suoi Comandanti.
Diantha, dal canto suo, era convinta di aver scelto la carriera di attrice influenzata dai comportamenti camaleontici della madre.
«Ma cambiamo argomento: tu dove sei?» le domandò Sird, insolitamente allegra. Gli antidolorifici dovevano aver fatto un certo effetto.
«Sono a Sinnoh, mamma» le rispose, seria, Diantha. «Sono rientrata alla base coi due prigionieri».
Sird non poté nascondere la sua sorpresa. Dopo un attimo di confusione cominciò a sfregarsi il viso con una mano, nervosa «Come hai fatto a influenzare il programma? Avanti, dimmelo: c'è una falla nel sistema. Lo sapevo. È così che ci distruggeranno».
«Ho minacciato di suicidarmi se non fossimo rientrati alla base senza terminare la missione. Se mi avessero costretta a non farlo, mi sarei comunque fatta del male alla prima occasione».
«Hmm... facile» commentò la donna. «Ma io mi interesso alla vostra pellaccia, e tu mi ripaghi così?!».
Le rispose una voce maschile, in perfetto francese, di qualcuno che era con lei nella stanza. «Adesso sai cosa si prova».
Diantha sobbalzò. Dimenticò le sue mille domande sulle intenzioni della madre. Conosceva quella voce, ma non voleva credere alle sue orecchie. «Chi c'è con te?!».
Sird le rivolse un sorriso tirato prima di girare il piccolo portatile.
La telecamera inquadrò un uomo rosso di capelli, cupo, a braccia conserte al centro della stanza. Dire che sembrava irritato era un eufemismo. Sird doveva averlo fatto imbestialire da poco, o aver toccato un punto dolente nel loro rapporto. Rapporto che, per quanto ne sapeva Diantha, era ridotto ai minimi termini. A Sird, Lysandre non piaceva. Non le era mai piaciuto, né durante né dopo la sua breve relazione con la figlia. Era stata lei a metterla in guardia nei suoi confronti, quando Diantha le aveva manifestato l'intenzione di reclutarlo. Le aveva consigliato di non fidarsi, non solo perché erano una l'opposto dell'altro, ma perché aveva riconosciuto il tipo e il tipo prometteva male. Adesso, dopo che il tempo le aveva dato ragione, Sird sembrava aver ritrattato, nonostante il litigio recente.
«Tu...!» bisbigliò Diantha.
Anche senza la sua bizzarra acconciatura, con la barba sfoltita e i capelli mossi lunghi fino alle spalle, era impossibile non riconoscerlo. Non aveva molti sosia in giro. «Non puoi essere tu...! Come sei sopravvissuto?».
L'uomo si avvicinò ulteriormente allo schermo. «È quello che mi chiedono tutti, Hua. Non lo so».
Oltre alla perplessità con cui guardava la piccola e usurata tastiera fissa, antidiluviana per la tecnologia a cui era abituato, c'era qualcosa di diverso nei suoi occhi azzurri. Una sorta di rassegnazione di fondo. Diantha non avrebbe voluto conoscerlo così bene da accorgersene.



 
 
Nel Mondo Distorto
 


«Perché ci hai portate qui?» domandò Lorelei al drago. «Chi stiamo aspettando?».
Giratina era inquieto, volava avanti e indietro davanti a loro e ogni tanto descriveva un cerchio passando alle loro spalle.
«Non fare domande» la zittì lo spettro.
Gong le diede manforte: «Sì, ma siamo qui da mezz'ora!».
Frase sbagliata. Giratina si fermò e la guardò dall'alto in basso. «Come sai che è mezz'ora?».
«Lo so perché è un modo di dire!» si spazientì la ragazza. «Chi deve arrivare, perché serviamo anche noi?».
«Folletti. Mi servite per coprire la loro puzza».
«I Folletti non puzzano. Profumano, spesso» obiettò Lorelei. «È l'unica cosa che so per certa su di loro. Ma perché dovrebbero venire qui?».
«Perché Yuht Gwong ha chiesto una Maestra per i suoi Folletti. A quanto pare, è incapace di capire da sola come addestrarli».
«Guarda che sono qui!» protestò offesa Gong.
«Lunala mi ha detto che questa creatura è capricciosa, infantile, e che voi l'avreste aiutata ad ambientarsi. Perché alle femmine della vostra specie piace fare combriccola, almeno finché non vi considerate rivali per l'accoppiamento».
Lorelei guardò Gong con l'aria vagamente sconvolta.
La monaca era lì in spirito, i suoi occhi perplessi potevano vederla. D'un tratto parve avere un'illuminazione: «Oh, è per quello che è successo con Grimsley, vero? Per questo Lunala ti ha detto queste cose?».
«Non lo so. Non so cosa sia successo».
«Beh...».
«Non mi interessa!» la zittì il drago. Poteva sopportare le loro voci, ma non i loro pettegolezzi.
«Va bene».




 
Ad Alola

 

Qualcuno bussò alla porta della sua villa.
Grimsley buttò da parte il giornale e si alzò dal divano per andare ad aprire. C'era una ragazza asiatica, minuta e piccola di statura come una bambina, ma solo un paio d'anni più giovane di Gong.
Lei lo salutò col tradizionale inchino giapponese. «Buongiorno» disse. «Mi chiamo Moon, sto cercando Shan Yueguang».
Grimsley, che badava all'etichetta meno di quanto sembrasse, accennò una risata quasi beffarda. «Moon...? Quella Moon?».
La ragazza si irrigidì e lo fissò con gli occhi sgranati, preoccupata per la sua reputazione.
«Beh... io...» tentennò. Aveva fatto molte cose degne di nota nella sua vita, era stata legata a doppio filo alla Lunala chiamata Nebby, però tutto ciò a cui pensava adesso erano i suoi errori. «…cosa intende?».
Lui liquidò la domanda con un gesto della mano. «Lascia perdere. Entra. Gong sta meditando, andrei a disturbarla se servisse a qualcosa. Ogni volta entra in trance, non si sveglia neppure se la scuoti. Puoi provare anche tu a infilarle negli aghi nel dorso della mano, o a pungerla sulle braccia: niente. Se mi aiuti, la mettiamo sul divano a testa in giù. È qui da pochi giorni e già ha qualcosa da farsi perdonare».
«Sì... no, signore, non credo di poterla aiutare a spostarla».
«Già, non la prenderebbe bene. Ma tu... perché sei qui?».
«Ho saputo di quel che è successo, durante e dopo l'incendio qui a Malie. So che il Kahuna le sta addosso e che perciò Yueguang non può lasciare la città. Però ha lasciato molte cose alla Residenza Aether, compreso un Cosmog. Volevo sapere se avesse bisogno di riaverle».
«Credo che ti chiederà solo il Cosmog. Il resto, se l'è già ricomprato con i miei soldi».
«Oh, bene. Temevo che le mancasse qualcosa. Posso... posso aspettare che si svegli? Se non disturbo, ovviamente».
«Ovviamente, puoi restare» le rispose Grimsley. «E dimmi... come va con il giovane Gladion?».
La domanda la lasciò spiazzata.






 
Nel Mondo Distorto

 

Finalmente, la loro lunga attesa fu premiata. Un barrito, e Lunala comparve in lontananza nelle sembianze di un'elefantessa bianca. Leggera come un'ombra, era capace di saltare da una piattaforma all'altra o di levitare senza mai toccare terra. Ma si fingeva lenta e goffa per sdrammatizzare una situazione che le lamentele di Giratina avevano reso pesante.
Sulla groppa portava una ragazza eccezionalmente piccola, vestita come una bambola da collezione.
Lorelei rise, era così poco avvezza all'umorismo che bastava una sciocchezza per sorprenderla. Gong rimase perplessa nel vedere per la prima volta Lunala trasformata in un animale.
Giratina parve solo irritato dalla sua performance.
L'elefantessa Lunala barrì di nuovo e si fermò vicino alle due donne perché aiutassero la terza a scendere. Valerie superava il metro e cinquanta solo grazie alle scarpe alte, e nonostante il peso del vestito restava un piuma.
L'elefantessa bianca divenne una capretta. Belò e spinse piano, con la testa, la nuova ospite verso il padrone di casa.
Giratina la squadrava in silenzio.
Se non fosse andata bene a lui, sarebbe stato inutile procedere con le presentazioni.
Il corpo di Lunala mutò di nuovo e mentre si alzava sulle zampe posteriori assunse le morbide curve di una ninfa dei boschi. La sua testa crebbe secondo le proporzioni ma rimase caprina fino all'ultimo, dandole per un attimo un aspetto grottesco. La monaca arrossì mentre la vampira si sistemava i capelli candidi: non era abituata a vedere il corpo nudo di nessuno. Assieme a Lorelei, ma per motivi diversi, distolse lo sguardo.
Valerie e Giratina continuavano a fissarsi, lui inespressivo dietro la maschera d'oro e lei allegra e tranquilla come un Sylveon.
Fu la ragazza ad avvicinarglisi e a parlare per prima: «Oh, ma tu sei bello! Non come quei brutti dragacci terrestri! E non puzzi neppure di drago, lo sai?».
«Lo so. Sono uno Spettro. Tu invece...».
L'avvertimento di lunala in lingua Pokémon, fulmineo e completo in partenza, lo interruppe.
“Non dire puzzi di folletto!” lo avvisò mentre i suoi occhi rossi, di una bellezza così strana, si spalancavano dando al suo delicatissimo viso elfico un'espressione da pazza.
«...odori di Folletto» si corresse il demone.
«Grazie!» esclamò entusiasta Valerie.





 
Ad Alola

 

Le presentazioni erano andate bene. Gong era tornata nel proprio corpo sollevata. Poi aveva scoperto che Moon, la ragazza di Gladion, era venuta a cercarla per offrirle il suo aiuto. Aiuto che la monaca avrebbe rifiutato, se il padrone di casa Grimsley non le avesse spinte fuori perché si prendessero un drink insieme al bar.
Così avrebbero parlato con calma, e lui avrebbe finalmente visto quella parassita cieca uscire dalla sua villa.
Gong non conosceva Malie, né la vita mondana, così Moon si limitò a scegliere il bar più vicino. Era un posto piccolo e poco frequentato, ma piuttosto pulito almeno a prima vista.
Si presero un tavolo e ordinarono un paio di cocktail.
La loro conversazione non riusciva a decollare, perché non si conoscevano e non avevano interessi in comune. Gong poi non aveva voglia di parlare. Rimasero praticamente in silenzio, finché la cieca non trovò, per salvare le apparenze, un argomento possibile: Sinnoh.
«L'altra volta mi hai detto che Eterna City, Yong Gu Cheng, è stata la Capitale Imperiale. Sinnoh non ha più un Impero?».
«Oh, no! Da oltre un secolo, ormai! Il Celeste Impero è caduto per mano del Generale Berlitz, appoggiato dalle Province ribelli di Kanto e Hoenn. Per ragioni politiche, egli ha preso in sposa una delle principesse della Dinastia Yu, tuttavia ha decretato la fine dell'Impero. I suoi discendenti hanno preso il suo cognome ma hanno continuato a dedicarsi agli studi, e considerano Yu-xie il loro totem».
«E il Mandato del Cielo?» domandò Gong, giusto per dare l'idea di capirci qualcosa, pur spacciandosi per un'Errante smemorata.
L'altra tentennò: «Il... mandato del cielo...?».
«Sì. Che fine ha fatto?».
Ci fu un attimo di silenzio.
«Il... il loro sigillo, intendi?».
Moon era imbarazzata. Nonostante per vocazione e mestiere si occupasse di veleni e non di Storia, per lei era spiacevole lasciarsi cogliere impreparata. Soprattutto su domande a cui la Signorina Platinum Berlitz avrebbe risposto facilmente. Ma Moon non apparteneva alla classe nobiliare. Quei buchi nella sua preparazione, più dei suoi vestiti economici, ne erano la prova.
Gong cominciò la lezioncina così come l'aveva sentita da Lunala: «Beh... no. I Leggendari danno a un umano un pokimon... il quale rappresenta il diritto e il dovere di governare sui territori protetti da loro. Uxie è uno dei tre Avatar del Creatore Arceus, quindi il suo Mandato vale più degli altri».
L'altra sbadigliò coprendosi la bocca con la mano. Gong se ne accorse e si indispettì all'istante.
«Ti sto annoiando...?» domandò la cieca, coi nervi a fior di pelle. Neppure lei si sentiva troppo bene.
«No... no... è che... non mi sento bene. È meglio che vada» ma non aveva dove andare. Era venuta in volo dalla Residenza Aether col suo Decidueye. E anche se fosse uscita da quel bar, qualcuno l'avrebbe seguita.
Il barista, il lupo, ebbe la faccia tosta di avvicinarsi per chiedere come si sentissero. Moon sapeva cos'era successo: quell'uomo aveva messo uno o più sonniferi nei loro drink, in dosi uguali perché uno come lui non spaccava il capello, e l'effetto su di lei era stato più rapido perché era la più piccola, pesava molto meno dell'altra.
E dietro doveva esserci la mafia Rocket, perché gli altri avventori fingevano di non vedere.



 


A Unova

«Chi è questa?».
«Assomiglia alla Campionessa di Kalos, Signore».
Il corpo di Colress era stato trovato su un'isoletta al largo di Alola. Lo scienziato era prudente, aveva delle telecamere di sorveglianza nel suo laboratorio segreto. Ma il video del giorno della sua morte era stato manomesso, in gran parte cancellato e rimaneggiato.
Compariva solo una donna esile, in camicia da notte, quando già lo scienziato era in coma. Il suo comportamento era inspiegabile per un osservatore esterno: prima controllava i segni vitali, poi sembrava ritirarsi in meditazione, poi saltava in piedi e fuggiva rapida come una lepre spaventata.
Ma il punto non erano le sue intenzioni.
Il Team Plasma, o ciò che ne restava dopo la seconda sconfitta, era riuscito ad ottenere il video.
Ghecis in persona lo stava visionando.
Irritato dalle menzogne altrui come qualsiasi bugiardo psicopatico, aveva chiamato il Trio Oscuro sospettando un tradimento. Voleva la loro confessione.
«Anche se fosse lei in persona, a me non interessa» continuò. «Questa è la ragazzina che voi dovevate uccidere diciassette anni fa. Ne sapevate forse qualcosa?»
I tre ninja di Mogania si scambiarono un'occhiata: Ghecis era diventato paranoico, pazzo, e vedeva cose inesistenti. L'evidenza veniva piegata ai suoi deliri.
«Quella ragazzina è una mummia sepolta nella neve del Monte Corona, Signore».
«E invece è rimasta nascosta in piena vista, per giunta sotto i riflettori, per diciassette anni. E voi volete dirmi che non ne sapevate niente?!».
La sua ira stava crescendo. Presto avrebbe perso il controllo, era nevrastenico.
«Yan Hua era orientale. La donna nel video è caucasica. Bianca. E comunque, non le assomiglia. Neppure la chirurgia estetica può arrivare a tanto».
Ghecis tornò a indicare lo schermo col bastone d'acciaio. «E allora, perché è qui?!».
«Il video è stato manomesso. È un fotomontaggio, e quella potrebbe essere Diantha in uno dei suoi film. Qualcuno vuole scherzare con noi».
«Mi avete chiamato, Signore?».
Era il Saggio Zinzolin, nato a Sinnoh e coinvolto fino al collo sia nel tentato omicidio di quella marmocchia, sia nei vecchi, loschi affari della sua odiosa madre. Quel capitolo, per lui, era chiuso da diciassette anni. Da Nevepoli si era rifugiato a Unova, dove aveva cambiato identità per sfuggire alla vendetta sicura della donna. Vendetta che non era mai arrivata.
Ghecis gli indicò il video che nel frattempo era stato riavvolto.
Al vecchio asiatico bastò un'occhiata per ricollegare i pezzi e impallidire.
Hua parlava bene il francese, lui lo sapeva, perché nelle scuole già bilingui di Nevepoli veniva insegnata come prima lingua straniera.
La Campionessa Diantha aveva confidato, ad una giornalista di seconda categoria che aveva pubblicato le sue dichiarazioni senza permesso e sotto pseudonimo, di aver imparato ad esprimersi correttamente solo grazie ai corsi di recitazione e dizione. In verità non era affatto Kalosiana: alcuni orientali sostenevano che il suo giapponese fosse al livello del suo francese.
Uxie “Il Sacro”, Guardiano del Lago Arguzia, l'aveva guarita e le aveva disegnato un nuovo volto1, probabilmente senza cancellarle la memoria. La sua abilità con la recitazione e le lingue straniere, assieme a una rete più articolata di quanto lui immaginasse, avevano fatto il resto.







 
1In Avatar c'è uno Spirito, la Madre dei Volti (Mother of Faces), che può fare quello che qui fa Uxie. Lei compare solo nel fumetto.






AUTRICE: non prendete questa terza (e ultima) parte del capitolo come un segno di ripresa. Mi scuso per il ping-pong tra le varie regioni, ma uno degli scopi della fanfiction era collegarle un po' tutte (se non si fosse già capito).
Ora, mi eclisso di nuovo e non so quando rispunto. Sono molto arrugginita nello scrivere e il tempo che posso dedicare a questo passatempo scarseggia (tra pochi giorni sarà un anno che sono tornata qui, ohimè -_- Maledetto Dialga...!). Approfitto di questo capitolo per salutarvi.
Ciao ciao a tutti ^_^
   
 
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