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Autore: V4l3    10/05/2019    1 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Volevo ringraziare tutte le persone che stanno leggendo la storia, per me è davvero una sorpresa e voglio ringraziare di cuore le persone che hanno messo questo mio racconto tre le preferite/seguite/ricordate
Grazie!
 
7.
 
-Ciao Jason, tutto bene?- la voce di Molly lo accolse appena entrato nella caffetteria –Ciao Molly, si tutto come al solito- disse appoggiandosi al bancone, lei gli sorrise, era una donna di 60 anni piuttosto bassa e tonda,  portava i capelli raccolti dietro la nuca e il suoi occhi verdi erano sempre sorridenti così come il suo viso –Che ti preparo?- gli chiese pur conoscendo già la risposta, lui sospirò  -Un caffè e dammi una ciambella con un cappuccino da portare via- rispose, la donna non mascherò la sorpresa per quella richiesta dal momento che Jason prendeva sempre e solo un caffè, raramente dei dolci, ma non chiese nulla e si mise subito a trafficare. Poco dopo si ritrovò nel suo pick-up diretto verso casa con la testa piena di pensieri che si mischiavano a ricordi, erano appena le 07:30 quando spense il motore davanti casa osservando il piano superiore, si chiedeva cosa stesse facendo o cosa avesse fatto tutta la notte, ma poi scacciò quelle elugubrazioni e sospirando scese dirigendosi dentro; si rese subito conto del freddo che si era impadronito dell’interno, un po’ come quello che da tempo era piombato nel suo cuore, ma fino a qualche giorno prima non si sarebbe preoccupato della cosa, sarebbe bastata una serata con Jane, o Mike, lasciando che un altro giorno passasse, ma qualcosa, o meglio qualcuno, aveva riacceso un interruttore dentro di lui, riportandolo a considerare il suo passato, le sue azioni, ciò che era successo e, soprattutto, lo aveva costretto ad affrontare qualcosa che neanche nei suoi peggiori incubi poteva immaginare; si sentiva frustrato da tutto quanto, non riusciva ad accettare che Emma gli avesse imposto con questa sua azione, il suo futuro. Riaccese velocemente il fuoco, sperando che almeno la temperatura di casa si alzasse e riscaldasse anche un po’ della sua carne e si avviò lentamente al piano di sopra, sentendosi davvero un coglione per essere scappato ancora una volta in quel modo, ma non sapeva davvero come fare a gestire quella situazione, si era ripromesso di essere almeno civile, ma ogni volta che lei lo guardava, la sua mente e i suoi ricordi si torcevano procurandogli solo tanto dolore. Si ritrovò a sbuffare davanti la camera di Alex da dove non proveniva alcun rumore, così aprì lentamente la porta che cigolò leggermente, la persiana era aperta e le luci di quel mattino illuminavano l’intera camera. Jason fece un passo dentro guardando in direzione del letto e lei era lì, rannicchiata su un lato: le si avvicinò piano cercando di non fare rumore sul pavimento in legno  –Ehi- sussurrò cercando di capire se si fosse svegliata, ma da quel corpo non arrivò alcun suono, se non un respiro regolare, così si avvicinò al letto e la osservò raggomitolata, con alcuni capelli che le coprivano il volto, aveva le guance arrossate e così il naso, segno che avesse pianto, la bocca era socchiusa e stringeva il cuscino con una mano, quasi a non volerlo lasciar andare. Jason si accorse che aveva mangiato poco o niente, il vassoio era stato spostato di lato, così lo prese e vi levò il piatto per appoggiarci sopra il sacchetto bianco che aveva portato con sè. Uscì senza fare rumore richiudendosi la porta alle spalle, pensando che quella convivenza non sarebbe stata affatto facile.
Un profumo di dolce e di caffè stuzzicò le narici di Alex che si ritrovò a riprendere lentamente coscienza, si portò una mano sugli occhi ancora chiusi, per coprirsi dalla luce che inevitabilmente vedeva, si sentiva davvero a pezzi, inoltre la gamba le aveva fatto male per diverse ore, solo dopo aver preso l’antinfiammatorio era riuscita a calmarlo, ma quel profumo delizioso continuava a farle il solletico, così lentamente decise di aprire un occhio e poi l’altro, ritrovandosi ad osservare la finestra con le persiane rimaste aperte; sbadigliò e si mise a sedere sul letto osservando il vassoio che aveva allontanato e dove al posto del piatto, spuntava un sacchetto bianco. Guardò la porta pensando di vederci Jason, ma in stanza era sola e la porta era chiusa, così prese il sacchetto e lo aprì venendo investita dal profumo di un buon cappuccino e di una ciambella. Le spuntò subito un sorriso addentandola, poi passò al cappuccino, per fortuna ancora tiepido e lo bevve di gusto alternandolo a qualche morso di quella delizia glassata. Quando finì si sentì subito meglio e la tristezza della sera prima in qualche modo si era attenuata e venne sorpresa nel pensare a come Jason intervallasse atteggiamenti assolutamente scostanti a questo tipo di gesti che non potevano che scaldarle il cuore. Rimase semi distesa sul letto finendo la colazione, per poi dedicarsi alla lettura di un libro che aveva portato con sé, in fondo il medico era stato chiaro: riposo assoluto.
Rialzò gli occhi e la piccola sveglia sul comodino segnava le 10:48, aveva letto per più di due ore e si rese conto che doveva assolutamente alzarsi e soprattutto farsi una doccia, così decise di provare. Quando si ritrovò in piedi cercò di spostare il peso sulla gamba buona, così appoggiandosi al comò e poi al letto riuscì a muoversi, stringendo i denti per il dolore che lei sentiva stesse in agguato appena metteva un po’ di più il peso sulla gamba malandata. Riuscì ad arrivare alla finestra, dove aprì i vetri per far cambiare aria alla camera e con estrema lentezza rifece la strada per arrivare alla porta. Ci volle più tempo di quanto si fosse mai immaginata, tanto da dover riprendere fiato per lo sforzo arrivando a toccare la porta. Quando la aprì sperò di sentire qualche rumore provenire dal salone, ma l’unico suono era lo scoppiettare della legna che ardeva evidentemente nel camino. Alex si ritrovò a mordersi un labbro, aveva davvero bisogno di aiuto, anche perché arrivare fino al bagno sembrava davvero troppo, così decise di chiamare Jason, sperando di non svegliarlo se fosse stato in camera sua. Purtroppo si rese conto che il ragazzo non era in casa, pur chiamandolo per almeno tre volte, così si ritrovò a non saper davvero che fare, anche se tornare al letto sembrava sicuramente più fattibile potendosi  appoggiare ai mobili, ma aveva bisogno di lavarsi e di cambiarsi, così decise di stringere i denti e di provare. Appoggiandosi alla parete ricominciò a camminare, trascinandosi la gamba e cercando di non farle fare movimenti bruschi, il dolore stava ricominciando ad essere piuttosto forte e quando finalmente arrivò al bagno tremendamente accaldata per lo sforzo, si sentì come se avesse scalato l’Everest dovendo ammettere che la gamba le faceva molto male stando in piedi. Una volta all’interno, le uscì un vero e proprio sospiro di sollievo  sedendosi sul bordo della vasca per riprendersi e iniziò ad osservare il bagno: anch’esso piastrellato come quello del piano inferiore, ma con alcuni motivi geometrici di colore verde scuro sulla parte superiore delle pareti, lo specchio era incastonato all’interno di un mobiletto di legno con due ante e una mensola, mentre altri due mobiletti nello stesso stile erano stati sistemati, uno sotto il lavello, l’altro  con mensole in vetro addossato accanto alla vasca; da quest’ ultimo prese un asciugamano bianco e iniziò a spogliarsi, levandosi come prima cosa il tutore e osservando il colore violaceo che si irradiava dal ginocchio molto gonfio verso il polpaccio e in parte sulla coscia, si toccò leggermente la parte dolente e si chiese quanto quell’incidente le avesse permesso di stare lì, da una parte non vedeva l’ora che le passasse, ma dall’altra sperava che questo incidente le permettesse di poter prolungare un po’ la sua presenza lì. Si vergognò dei suoi stessi pensieri, si sentì un’egoista nei confronti di Jason, ma lei era sola e non sapeva neanche da che parte iniziare per riprendere un pò di vita normale, sospirò e sentì gli occhi umidi, avrebbe voluto la madre accanto per poterle parlare e confidare tutto, come aveva sempre fatto, ma ora, sola, era diventato tutto tremendamente difficile.
Una volta sotto il getto dell’acqua, il dolore e lo sforzo sembrarono essersi vaporizzati ed Alex si godette quei minuti di vero piacere, non pensando a nulla, lasciandosi cullare dal calore del getto d’acqua e dal profumo del bagnoschiuma; quando finì si avvolse nel telo asciugandosi i capelli con un altro asciugamano osservando il paesaggio dalla finestra, una distesa verde che morbida si perdeva a vista d’occhio, sorrise a quello spettacolo, vedendo l’erba creare come delle vere e proprie onde mosse dal  vento forte e si stupì nel constatare di come lì ogni giorno poteva raggiungere diverse tinte di colore,  mischiandosi come una tavolozza di un pittore, mutando completamente il paesaggio in un battito di ciglia, con un’infinità di toni che dall’azzurro potevano arrivare quasi a sfiorare il bianco e nero, con nuvole che correvano veloci come un gregge impazzito.
Dopo averci pensato qualche attimo lasciò i suoi vestiti a terra raggomitolandoli in un angolo visto che non sarebbe riuscita a portarli in quelle condizioni, decise solo di rimettersi il tutore e legare bene il telo che aveva, poi lentamente iniziò ad uscire dal bagno.
Guardò il piano che finalmente aveva finito e lo trovò di suo gradimento, nonostante quello stile che aveva richiesto il cliente, così barocco, non fosse proprio nelle sue corde. Passò la mano sul legno, lentamente, studiandone con il tatto e lo sguardo ogni centimetro e cercando qualche segno di imperfezione, ma tutto risultò perfettamente liscio, al contrario della forma tondeggiante dei tre cassettoni e delle zampe di quel comò. Soddisfatto si allontanò dall’oggetto che aveva occupato la maggior parte del suo lavoro nell’ultimo mese e tutta quella mattina, così decise di salire velocemente le scale e prendersi una meritata birra gelata che tracannò per metà. Guardando l’ora si accorse che fosse ormai ora di pranzo e pensò che forse sarebbe stato meglio andare a controllare la ragazzina, tanto per essere sicuri, ma poi ragionò che intanto poteva preparare un po’ di pasta per pranzo, così mise su l’acqua e iniziò a trafficare con una padella per il sugo, immobilizzandosi al suono di quella voce.
-J..Jason!-  quasi un grido strozzato che gli arrivò alle orecchie gelandolo  sul posto e senza pensarci, lasciò andare il barattolo di sugo che per fortuna non cadde a terra e corse come una furia al piano di sopra, facendo tre gradini alla volta con il cuore in gola; una volta sul corridoio, rimase paralizzato ritrovandosi Alex a terra, con le lacrime che le rigavano il viso, i capelli bagnati, coperta solo da un telo –Ma cosa diavolo è successo?!- sbottò avvicinandosi alla ragazza che si strinse nel telo tremante
-A..avevo bisogno d..di una doccia…però la gamba…s..sono caduta…tu non c’eri…- la ragazza singhiozzava e Jason le posò una mano sulla spalla –Cristo sei gelata!- sbottò rabbioso, così la prese velocemente in braccio e si avviò nella camera della ragazza adagiandola sul letto.
-Ho..ho chiamato, ma tu..- la ragazza non riusciva a parlare, mentre Jason scansò malamente il vassoio e la ricoprì con la coperta –Dove trovo dei vestiti?- chiese senza guardarla ma girando per la camera con gli occhi iniettati di sangue –Bors..borsone- fece lei cercando di scaldarsi con il piumone, Jason si piegò e lo aprì con gesti scattosi rischiando anche di rompere la lampo, ne tirò fuori una marea di vestiti, per poi prendere una maglia che si affrettò a passarla alla ragazza –Metti intanto questa!- disse agitato per poi trovare un paio di pantaloni da tuta –Tieni!- disse e finì con il cercare una felpa che non trovò –Cazzo, ma non hai una felpa qui dentro?- chiese rabbioso,mentre Alex si era infilata il tutto ma continuava a tremare
 –Di sotto- disse ricordando di averla lasciata sul divano il giorno prima quando avevano fatto ritorno, lui sbuffò e uscì come una furia per rientrare dopo neanche dieci secondi con un maglione blu –Mettiti questo, è più pesante di una felpa- e lei se lo infilò subito, venendo avvolta dal profumo dell’uomo –I tuoi capelli sono ancora bagnati!- disse lui uscendo di nuovo dalla camera e tornando poco dopo con in mano un phon. Alex sentiva il freddo essere penetrato fin dentro le ossa, non seppe quanto tempo era rimasta a terra, forse pochi minuti, ma si sentiva completamente congelata e la gamba le stava facendo un male cane; Jason inserì la spina e si sedette dietro di lei sul letto, facendola rimanere di sale per quella vicinanza improvvisa, ma si ritrovò a rabbrividire di gioia per quel calore che dalla testa si stava propagando per tutto il corpo, una volta che lui accese quel piccolo oggetto che inondò la camera con il suo rumore. L’imbarazzo si fece strada nel cuore di Alex quando avvertì una mano di Jason smuoverle i capelli, sentì improvvisamente il cuore battere più forte, ma cercò di calmarsi e respirare con regolarità mentre lui continuava nell’impresa, nessuno a parte la madre l’aveva mai accarezzata, nessuno si era permesso mai di avvicinarsi così tanto in quello spazio così intimo; quando il suono venne spento e lui si alzò dal letto, Alex sentiva le guance in fiamme così cercò di levarsi almeno il maglione
–Cosa credi di fare?- le chiese lui scontroso fissandola severamente  –Ho caldo- ammise –Ti ci strozzo se te lo levi!- la minacciò puntandole un dito contro lasciandola di stucco –Si può sapere che cazzo pensavi di fare?- le chiese adirato trattenendo a stento il tono della voce, Alex deglutì e non riuscì a guardarlo negli occhi –Te l’ho detto, avevo bisogno di una doccia, ma quando ti ho chiamato non c’eri così..-
-Così hai fatto di testa tua, ovvio!- disse rabbioso interrompendola, lei lo guardò fulminandolo  –Cosa volevi che facessi? Che rimanessi a letto in eterno?- chiese anche lei arrabbiata –Sono inciampata quando sono uscita dal bagno, ho chiamato, ma tu non eri rientrato!- disse cercando di mantenere lo sguardo in quello severo di lui –Ero nel seminterrato!- le rispose lui adirato –Hai rischiato di peggiorare le cose con la gamba- disse poi abbassando il tono e lei si portò inevitabilmente una mano sul tutore –Mi serve la medicina- disse e allungò una mano a prendere le due pillole che il medico gli aveva prescritto di prendere tre volte al giorno – Forse dovremmo andare di nuovo a farti controllare- disse lui osservandola severo, ma lei scosse la testa –Per ora vorrei aspettare e vedere se il dolore passa con l’antidolorifico, cadendo ho sbattuto sul fianco, non la gamba- rispose incerta e lui sospirò
–Vado a preparare un po’ di pasta, vedi di inchiodare il tuo culo su quel letto fino a quando non torno!- le disse ritrovando di nuovo durezza e freddezza nel tono, tanto da indurla a guardare altrove sentendolo uscire e scendere velocemente le scale.
Una volta in cucina si dovette bere almeno un paio di bicchieri d’acqua per riprendersi, quella ragazzina stava davvero attentando alla sua cazzo di salute, pensò mentre riprendeva a preparare la pasta.
-Ehi, amico!- esordì Mike entrando in cucina rivolgendosi a Jason che, seppur avendolo sentito arrivare, non si era voltato –Hai questo viziaccio di non chiudere mai la porta di casa!- constatò l’amico spostando una delle sedie –Da quando questo è un problema?- chiese Jason girandosi verso Mike e vedendo entrare in cucina anche Liz, la sorella –Ciao troglodita- lo salutò la ragazza con un sorrisetto, facendolo sbuffare e alzare lo sguardo al soffitto  -In un’altra vita avrò davvero fatto dei seri danni- disse frustrato –Beh ma credo che non hai ancora imparato la lezione, non pensi?- fece Liz in tono acido, quello che generalmente era riservato a lui e al fratello –Piuttosto dov’è Alex?- chiese la ragazza –Spero per lei che davvero si sia inchiodata al letto, altrimenti lo farò io!- rispose iroso ripensando all’accaduto, Liz sbuffò al comportamento del troglodita e senza dire un parola uscì dalla cucina per andare dalla sua amica.
-Che è successo?- chiese Mike finendo la birra mezza vuota che Jason aveva lasciato sul tavolo –E’un’idiota! Ecco che è successo!- rispose Jason accendendosi una sigaretta e prendendo la pasta dal mobile –Ha la testa dura come sua madre! E’caduta mentre tornava dal bagno!- disse rivolgendosi all’amico che alzò un sopracciglio –Caduta?Ma tu dov’eri?-chiese e Jason incrociò le braccia al petto –Non è questo il punto, Mike! Quella cretina si poteva fare seri danni!- disse in tono duroi, Mike non trattenne un sorrisetto     
–Jason, mi vuoi dire dove cazzo stavi?- gli chiese l’amico e Jason a quel punto sospirò abbassando la testa 
-Sono tornato stamattina e mi sono messo a lavoro fino a mezz’ora fa, quando l’ho sentita che mi chiamava- disse non mascherando un certo imbarazzo nel dover confessare la cosa, Mike sgranò gli occhi
 –Non dirmi che te ne sei andato da ieri?- gli chiese e Jason sbuffò girandosi verso i fornelli e buttando la pasta nell’acqua che stava ormai bollendo –Ma tu sei davvero un caso disperato, amico!- riprese Mike ridendo –Cioè te ne sei andato da ieri e non ti sei mai preoccupato che magari quella povera ragazza avesse bisogno di qualcosa?- chiese fintamente ironico –No dico Jason, ma ti è andato in pappa il cervello?Cazzo ma come si fa?- Mike sembrava davvero arrabbiato e Jason si ritrovò il suo sguardo accusatorio addosso
 –Ehi ma l’ho vista stamattina, stava dormendo!- cercò di giustificarsi il castano –E poi che cazzo vuoi Mike? Se ci tieni tanto perché non la porti da te?- sbottò alla fine esasperato. Seguirono attimi di silenzio, Jason aveva ripreso a preparare i piatti, mentre Mike lo osservava silenzioso –Sei stato da Jane?- gli chiese l’amico mentre Jason gli metteva sotto il naso un piatto fumante, in quel momento scese Liz sorridente –Dammi i piatti, noi ovviamente mangiamo su- fece  con quel suo tono perennemente infastifdito e Jason gli passò un paio di scodelle non trattenendosi dallo scambiarsi un’occhiataccia, subito dopo la vide uscire e risalire le scale. Jason si sedette sospirando, ma non rispose alla domanda di Mike, iniziando a mangiare –Lo sai che lei si merita di più di qualche notte con te, vero?- gli chiese ancora con voce pacata –Mike, hai deciso di rompere tutto il tempo, oggi? Cos’è hai le tue cose, che scassi le palle a me?- chiese scorbutico fissandolo negli occhi; Mike ricambiò lo sguardo, per poi sorridere e abbassare lo sguardo al piatto iniziando a mangiare –Comunque una cosa è certa, in Italia hai imparato a cucinare!- affermò ridendo, mentre Jason di nuovo venne riportato in un passato che da appannato, man mano diventava sempre più nitido.
 
Finalmente stava per addentare il suo amato cheeseburger con doppio formaggio e doppio bacon, quando qualcuno glielo levò praticamente da sotto il naso –Ma che cazzo!- sbottò Jason alterato e puntando i suoi occhi su quelli sorridenti di Emma –Em!Dannazione!- sbuffò Jason cercando di riprendersi il suo amato panino, ma lei lo buttò nel cestino accanto lasciandolo completamente basito –Avanti, Jason, vieni con me!- gli disse porgendogli una mano –Oggi ti cucino io qualcosa, non puoi mangiare sempre quelle schifezze!- gli disse lei scherzosa, Jason si fece trascinare dall’amica, ma guardava quel cestino come un bambino a cui avevano levato il giocattolo più bello, se non fosse stata Em, probabilmente avrebbe davvero commesso un omicidio  –Sei sicura che non ti rompiamo a casa Francy?- chiese Emma alla sua migliore amica Francesca che li stava aspettando seduta in macchina –Sto sempre sola a casa, non ci sono problemi!- affermò la ragazza e, dopo aver fatto salire i due, Jason aveva quasi le lacrime, ripartì alla volta della sua villa. Lì Jason entrò per la prima volta quel sabato, erano usciti prima, per via dell’assemblea e avevano fatto un giro per il centro, dove Jason aveva comprato il suo bottino, cestinato subito dopo dalla sua amica. –Sai Jason, preparare un piatto di pasta non ci vuole niente e sicuramente è meglio che mangiare quella robaccia- disse Emma iniziando a tagliare la cipolla, lui si era seduto sullo sgabello del bancone e la osservava, mentre Francesca preparava la tavola –Ma il sapore di quel panino non ha confronti- disse seccato, ripensando alla scena, Emma gli rifilò un’occhiata sorridendo
–Vuoi vedere che riuscirò a sorprenderti?- e dopo un po’ si ritrovarono a mangiare intorno al tavolo e Jason poté davvero apprezzare le doti culinarie di Emma. Iniziò tutto quel sabato, da quel giorno, la sua amica spesso lo inviata a mangiare insieme, magari a casa di uno di loro e gli insegnava a preparare sempre qualcosa. I cheeseburger erano diventati il pasto di una volta ogni tantoe, a dirla tutta, Jason aveva iniziato ad amare molto di più quel tipo di cucina al  fast-food, ma questo non glielo disse mai.
 
Liz ancora rideva al racconto di quanto era accaduto all’amica quella mattina e di come Jason si fosse spaventato,pur sapendo che non l’avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura –Secondo me ti inchioderà davvero a questo letto, finchè non ti levi il tutore- disse ridendo mentre assaporava la pasta preparata da quel troglodita, una delle poche cose che Liz apprezzava di lui era proprio il suo cucinare; Alex la guardò e sorrise mangiando anche lei –Mi spaventa ogni volta che mi guarda- ammise, rimanendo sempre più sorpresa nel costatare che quella pasta era simile a quella che le preparava spesso la madre –Lo so, ha quel modo di fare che davvero sembra uscito dalle caverne!- sbottò l’amica facendola sor ridere  -Comunque non mi sarei mai immaginata che tu lo conoscessi- disse abbassando lo sguardo al piatto –Jason voglio dire- e Alex si strinse nelle spalle –A dire il vero era un amico di mia madre in Italia, lei ha sempre voluto che venissi  qui- affermò la ragazza guardando la reazione sorpresa dell’amica –Ma per scontare una punizione?- le chiese e Alex iniziò a ridere –Ma no!- disse poi –Mi ha mandato qui perché…-ma si fermò non sapendo come poter spiegare la situazione, in  fondo si conoscevano da poche ore, anche se Liz le sembrava davvero una bravissima ragazza, forse dirle la verità non era ancora il momento –Pensava che mi facesse bene cambiare un po’ aria- aggiunse in una mezza verità, Liz le sorrise posando il piatto ormai vuoto  -Beh, bisogna ammettere che a tua madre piace il rischio- e sorrise divertita facendo ridere anche Alex  
-Diciamo che lei era piuttosto imprevedibile - ammise Alex ripensando alla madre –Ma lei ti raggiungerà?- chiese Liz curiosa, pentendosi subito dopo per lo sguardo che mutò nell’amica –Oddio- disse semplicemente, vedendo come Alex avesse abbassato lo sguardo immediatamente fattosi liquido –Mi…mi dispiace Alex! Ho deto qualcosa di sbagliat?-chiese imbarazzata, Alex la guardò di nuovo sorridendole debolmente –No Liz, assolutamente, ma purtroppo lei non cè più e tu non potevi saperlo- disse finendo anche lei di mangiare e cercando di inghiottire anche il nodo alla gola.
-Quando pensi ti leveranno il tutore?- chiese la moretta dopo un lungo silenzio cambiando discorso, Alex fece un’alzata di spalle –Ho dei controlli da fare, uno domani e l’altro la prossima settimana, spero presto- 
rispose pensando che una volta senza quel tutore, si sarebbe di nuovo ritrovata per strada. In quel momento entrò bussando Mike –Ehi Alex, come va oggi?- le chiese sorridendole –Ciao Mike!- lo salutò felice di vederlo –Bene, a parte l’intoppo di stamattina- ammise sentendo le gote imporporarsi ricordando l’accaduto –Si, me l’ha detto Jason, vuoi andare in ospedale? – chiese e lei scosse la testa –No, preferisco aspettare domani- disse e  Mike si portò una mano a toccarsi la barba –Mi è venuta un’idea, ragazze-  esordì dopo qualche attimo ritrovando il sorriso
 –C’è da preoccuparsi?- chiese scettica Liz rivolta al fratello che le diede uno scappellotto sulla testa –Dico sul serio- riprese l’uomo –perché non l’aiuti tu Liz la mattina?- chiese entusiasta –Visto che Jason non ha idea di come fare- le ragazze si guardarono un po’ sorprese –Per me va benissimo!- fece Liz ridendo
 –Potrei venire qui la mattina, magari dopo le 09:00, così ti aiuto a lavarti e se ti devi muovere ci sarei io- spiegò e subito Alex sorrise –Davvero?- chiese stupita Mike battè le mani –Deciso allora! Domani ti riporto Liz, così quel testone di Jason può lavorare tranquillo- disse ridendo girandosi a guardare l’amico che era appena entrato in camera con quell’aria sempre troppo seria –Per te va bene?- chiese Alex all’uomo che fece un’alzata di spalle –Non credo abbia molta scelta- disse sbuffando –Sei sempre così carino Jason che veramente rischi di farmi cariare i denti!- sbottò infastidita Liz alzandosi dal letto –Noi andiamo, pensi di sopravvivere con questo fino a domani?-  chiese la moretta ad Alex che rise e fece un cenno d’assenso
–Vabbè stiamo a fidarci…- disse poco convinta rifilando un’occhiataccia a Jason che invece non la calcolò spostandosi solo per farla passare –Noi dobbiamo andare, ci vediamo domani- fece Mike, posando poi una pacca sulla spalla all’amico che fissava il letto senza dire una parola –A domani e grazie!- li salutò Alex che una volta rimasta sola in camera con Jason venne subito assalita da un profondo imbarazzo –La..la pasta era buonissima- ammise senza guardarlo ma giocando con il lenzuolo, ricordando più una bambina che una ragazza di quasi 20 anni –Sei sicura che vada bene che venga Liz?- le chiese lui stupendola –Si perché?- non capiva dove volesse arrivare, lui sospirò e si appoggiò con le braccia alla parte in ferro che abbelliva la porzione finale del letto; Alex vide i muscoli delle braccia tendersi sotto la maglia celeste che aveva indossato arrossendo leggermente sotto lo sguardo dell’uomo –Magari gli hai detto si pensando che potresti darmi fastidio- buttò lì Jason assottigliando lo sguardo, Alex lo guardò un po’ sorpresa per poi sorridere –No, penso che sia meglio, in fondo è una ragazza e mi può dare sicuramente una mano- ammise e lui fece un cenno d’assenso con la testa –Mi dispiace per oggi- aggiunse dispiaciuta –non volevo certo farti prendere un colpo, ma ho pensato che potevo farcela- e si costrinse a guardarlo e per la prima volta lo vide atteggiare le sue labbra ben disegnate, in un sorrisetto –Hai pensato male- rispose semplicemente per poi ampliare il sorriso e mostrarle un volto sorridente che Alex non si sarebbe mai aspettata di vedere
 –Sei uguale a tua madre- e Alex sentì il cuore perdere un colpo, era la prima volta da quando lo aveva conosciuto che usava un tono quasi dolce, da sorprenderla, ma durò un attimo perché subito si girò per uscire dalla stanza –Aspetta!- lo fermò Alex e lui si bloccò prima di chiudere la porta; rientrò di un passo guardandola –Mi parlerai di lei?- chiese non riuscendo a controllare una certa emozione nella voce, quella domanda le era uscita così velocemente che non pensò in che modo lui le potesse rispondere, ma aveva bisogno di chiederglielo, lui era l’unico che davvero l’aveva conosciuta e si stupì perché lui abbassò la testa, coprendo un leggero sorriso che ancora una volta gli aveva colorito il volto –Parleremo- disse semplicemente ritornando fuori –Jason!- lo richiamò e stavolta lui si fermò dandole le spalle, sembrava essersi irrigidito e Alex ebbe paura che chiamarlo di nuovo l’avesse infastidito –Potresti lasciare la porta aperta?- lui si girò leggermente ad osservarla, vedendola arrossire –Mi sento più sicura se è aperta, chiusa mi sembra di essere arginata dal resto- ammise non riuscendo a mascherare il color pomodoro che avevano assunto le sue guance. Lui non disse nulla riaprendo la porta e sparendo per le scale. Il cuore di Alex iniziò finalmente a rallentare e si rese conto che la presenza di Jason oltre a farle saltare il suo apparato cardiaco, in qualche modo la rassicurasse, gli aveva detto della porta solo perché voleva sentirlo, sapere che c’era.
Dopo aver sistemato la cucina, Jason riprese a lavorare nel seminterrato, ma stavolta tenne la porta delle scale aperta e ogni tanto si fermava a sentire se per caso Alex lo chiamasse, ripromettendosi di fare più attenzione. Sorrise mentre passava del coppale sul mobile, per l’espressione di Alex, le ricordava tremendamente Emma quando doveva ammettere qualcosa che la imbarazzasse da morire, iniziava a mordicchiarsi la guancia dall’interno, a balbettare, ad arrossire. Faceva male, faceva tremendamente male vedere quella ragazza, sapere che Emma fosse morta, non poter più parlare con lei, non poter più rimanere in attesa di avere sue notizie, magari da una lettera o da un’improvvisa telefonata
 
-Pronto?- biascicò rispondendo al cellulare senza guardare neanche chi fosse, ma sapendo per certo che si sarebbe tirato le sue ire, dato che era più che certo che fosse troppo presto
-Ciao- la voce dall’altra parte gli fece sbarrare gli occhi e videro il chiarore della mattina farsi strada tra le persiane –Em?- chiese sorpreso, la risata allegra della ragazza sciolse ogni parte del suo cuore ormai ridotto ad un cumulo di ghiaccio –Ciao Jas- ripetè lei –non mi dire che stavi dormendo?- chiese ironica facendolo sorridere –Em, mi dici perché mi devi rompere alle 05:10 del mattino?- chiese, sapendo che lei avrebbe capito. Erano mesi che non si sentivano, lei aveva lasciato Roma, se ne era andata e lui non l’aveva più vista da allora, le mancava terribilmente, ma quel modo di parlarsi era loro, era il modo con cui lui le diceva in qualche modo “Ciao”; la sentì ridere, quella risata sbarazzina e se la immaginò mentre ridendo alzava la testa, chiudendo gli occhi –Come stai?- le chiese poi lui, sedendosi sul letto –Bene, la mia pancia cresce- ammise –sono entrata nel settimo mese e lei sta bene- Jason sentì un nodo alla gola così forte da fargli fermare il respiro –Jas?- chiamò lei –Si Em?- fece lui sforzandosi di trovare il coraggio di parlarle normalmente –Mi manchi-sussurrò e lui sentì chiaramente una parte del suo cuore rompersi  –Anche tu, Em- ammise con un profondo sospiro –Dove sei?- le chiese e lei sorrise –Non posso dirtelo- rispose dispiaciuta –ma vorrei che fossi qui con me, vorrei condividere con qualcuno la gioia che provo- gli disse
 –ma ora come ora è meglio tenerti fuori da tutto- altri attimi di silenzio –Lui non sa ancora nulla?- chiese Jason riferendosi al padre di Emma –Credo che lo sappia, qualche suo tirapiedi glielo avrà riferito, figurati!- disse un po’ scocciata per poi sospirare –ma credo anche che non possa trovarmi per ora, il centro mi sta aiutando- Jason avrebbe voluto materializzarsi lì davanti a lei e abbracciarla. Era più grande di lui di un anno, ma ai suoi occhi, Emma era sempre stata più piccola e sola, tremendamente sola.
-Cosa posso fare per aiutarti, Em?- chiese quasi disperato
-Parlami, Jas- rispose lei commossa e lui dopo un profondo sospiro le iniziò a raccontare dei suoi giorni senza la sua migliore amica,  dei suoi aneddoti nel cucinarsi o a qualche uscita con qualche amico che si era fatto entrando nella squadra di rugby, mentre lei rideva e ascoltava –E questo è tutto- finì lui dopo minuti dove aveva cercato di tirarle su il morale –E questo è tutto- ripetè lei malinconica –Em?- la chiamò lui piano
–Mmm?- e la sentì tiare su con il naso e questo fece fremere il cuore di Jason ancora di più –Perché?- chiese come se si sentisse sfinito –Perché ho una bambina, Jas, perché tu non dovevi innamorarti di me- disse lei con la sua solita naturalezza –perché la mia vita non è per essere vissuta accanto a qualcuno, ma l’arrivo della mia piccola,mi porterà quella felicità che cercavo- Jason sospirò –Quando mi richiamerai, forse sarò tornato a casa, in Inghilterra- disse lui sapendo che l’unico modo per ricominciare ad avere una sua vita era allontanarsi da quel posto fatto solo di ricordi –Un giorno ti verrò a trovare e magari potremmo ricominciare da capo- fece lei con una tristezza nella voce che fece salire il magone a Jason –e magari potremmo anche cambiare il finale, che dici?- fece cercando di farlo sorridere, ma lui si ritrovò a cacciare indietro le lacrime –Em?- chiamò poi
-Si, Jas?-rispose lei –Io ci sarò sempre- le disse lui abbassando la testa e facendo cadere una lacrima dai suoi occhi, gli solcò la guancia come se lo stesse marchiando –Lo so, Jas- disse lei trattenendo a stento il pianto che l’aveva presa –Tu…tu sei sempre stato speciale ai … ai miei occhi- confessò lei –Ti voglio bene- e riattaccò senza aspettare. A quel punto Jason potè piangere.
 
  
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