Capitolo ottavo
Sweet oblivion
You heal my
scars away
you show me the right way
to reach the true happiness
never ending
I can't wait anymore
to flow with your sweet notes
to lose myself deep into
your perfection…
(“Oblivion” -
Temperance)
Il
giorno dopo arrivò fin troppo velocemente. E quella mattina Antonio non volle
andare a Palazzo Medici, come faceva di solito, ma chiese a Jacopo di poterlo
accompagnare alla sua Banca: sarebbe rimasto lì con lui senza dare fastidio e
senza impicciarsi di niente, buono buono…
L’uomo
rimase sorpreso dalla richiesta del giovane, ma poi fece un sorriso bonario e
fu ben lieto di portarlo con sé: del resto, era un bene che Antonio si
abituasse a stare soltanto con lui, considerato il non trascurabile fatto che,
dopo quella sera, i Medici non ci sarebbero stati più!
Insomma,
tanto valeva che se ne facesse una ragione fin da subito, no?
Tuttavia
questo pensiero finì per turbare Pazzi: non gli piaceva soffermarsi troppo su
come il suo giovane amante avrebbe reagito alla morte dei suoi amici… doveva
trovare qualcosa per distrarlo e rincuorarlo, visto che il duplice omicidio era previsto proprio per quella sera.
Improvvisamente
gli venne un’idea fantastica (si vede che le congiure lo ispiravano
particolarmente…)!
“Stamani
la Banca può aspettare ancora un po’, c’è comunque Francesco ad occuparsene e
io ho fiducia in lui” disse. “E’ una bella giornata, perché non andiamo a fare
due passi fuori Firenze, magari fino alla Chiesa di San Miniato al Monte?”
La
famosa Basilica si trovava in uno dei punti più alti di Firenze e da lassù si
poteva godere una splendida vista della città. Antonio fu entusiasta di fare
una passeggiata romantica con Messer
Pazzi (beh, così la vedeva lui!) e accettò con grande gioia.
Il
percorso saliva in mezzo ad alberi e cespugli e, nascoste tra la vegetazione,
si potevano ammirare le eleganti ville patrizie che si godevano la solitudine
del luogo e la meravigliosa vista su Firenze.
“Messer
Pazzi, pensate quanto sarebbe bello vivere quassù!” esclamò Antonio, rapito.
“Potremmo stare rilassati e tranquilli, invitare gli amici quando vogliamo e… e
voi sareste comunque vicino alla vostra Banca per recarvici ogni volta che ce
ne fosse bisogno.”
Pazzi
sorrise. L’entusiasmo di Antonio all’idea di vivere con lui come marito e moglie era commovente
(Giuliano avrebbe detto raccapricciante,
ma insomma…), tuttavia tanto calore gli fece venire in mente un’idea… una delle
sue. Si vede che quel giorno era particolarmente ispirato!
“Sai
che hai proprio ragione, giovane Orsini?” disse. “Penso che acquisterò una
villa quassù per abitarci con te. Devo prima occuparmi di una piccola
questione… e poi saremo liberi di scegliere la villa che più ci piace e venire
a viverci.”
Tanto
sfoggio di generosità aveva il suo secondo fine: Jacopo pensava che, dopo la
morte di Lorenzo e Giuliano, Antonio sarebbe stato triste e depresso e lui lo
avrebbe distratto e consolato portandolo a vivere con sé in un posto speciale,
loro due soli… Dal canto suo, Antonio aveva sperato tutto il contrario, ossia
che Jacopo potesse lasciarsi affascinare dal progetto di una vita idilliaca con
lui (due cuori e una lussuosa villa)
tanto da distogliersi dalla congiura e da tutti i suoi intrighi. Beh, non si
capivano proprio, quei due…
Comunque,
nonostante fraintendimenti ed equivoci, la passeggiata fu piacevole per
entrambi e Pazzi, quando ritornò alla Banca accompagnato da Antonio, era
insolitamente sereno e rilassato, tanto da stupire non poco i suoi impiegati!
Le
ore, però, non potevano fermarsi, la giornata trascorse e la temuta sera del
banchetto arrivò. Antonio, per quanto fosse turbato e preoccupato, dovette
parteciparvi e fingere di essere quello di sempre, concentrandosi tuttavia su
ogni minimo particolare utile per sventare il complotto contro i suoi amici…
senza dover incolpare l’uomo che amava!
Tuttavia
ci fu qualche momento in cui il ragazzo perse la concentrazione…
“Quanto
siete bello e elegante stasera, Messer Pazzi!” gli disse, incantato e con gli
occhi a forma di cuore. “Siete senza dubbio l’uomo più bello di tutta la
festa!”
Pazzi,
che non era sicuro di essere l’uomo più bello della festa e nemmeno gliene
fregava più di tanto, era comunque uno dei più compiaciuti: sorrise e circondò
col braccio le spalle del giovane, avviandosi con lui nella grande sala del
banchetto.
Il
salone era magnifico: c’era un grande tavolo apparecchiato su cui facevano
bella mostra vivande di ogni tipo, i musici allietavano la serata con i loro
strumenti, dame e gentiluomini si aggiravano sorridenti con i loro abiti più sfarzosi…
insomma, quanto di più lontano si poteva immaginare da una futura scena del crimine!
Lorenzo
e Clarice stavano accogliendo gentilmente Salviati e il giovanissimo Cardinale
Sansoni Riario, mentre Bianca e Guglielmo e Francesco e Novella conversavano
piacevolmente poco distante. Novella, naturalmente, stava raccontando a tutti
dei suoi bellissimi gemelli ed era raggiante, mentre Francesco esibiva un
sorriso da papà orgoglioso.
Mancava
Giuliano.
L’assenza
del più giovane dei Medici innervosì non poco i congiurati, alcuni dei quali
erano chiaramente sul punto di esplodere. Poi c’era Montesecco che, vestito da
frate, si aggirava per la sala con una daga sotto la tonaca in cerca del
momento giusto per accoltellare alla gola Lorenzo… insomma, questi le congiure
non le sapevano proprio fare, si sarebbero fatti scoprire anche da mia nonna!
Jacopo
Pazzi era con Antonio e i due Priori Bandini e Vespucci. Ostentando
disinvoltura, prese una coppa di vino e si rivolse al giovane Orsini con un
sorriso.
“Sai
niente di Giuliano?” gli domandò. “Perché non è al banchetto con gli altri?”
Antonio
si guardò attorno, sorpreso, poi sorrise anche lui e si offrì con gentilezza.
“Se
volete, vado a chiedere di lui a Lorenzo e Clarice, sono proprio laggiù”
propose.
Jacopo
annuì, mentre Bandini si rivolgeva a Vespucci.
“Non
siete obbligato a restare” gli consigliò. “Sarebbe meglio per voi se vi
allontanaste con una scusa, così non risulterete coinvolto.”
“No,
io voglio veder morire Giuliano!” replicò l’uomo con un tono di voce fin troppo
squillante, ancora infuriato con il giovane Medici per i pettegolezzi che erano
nati dall’amicizia tra lui, Simonetta e il pittore Botticelli… e meno male che
non sapeva tutta la verità!
Jacopo
quasi si affogò col vino che stava bevendo. Ecco, ci mancava solo quell’idiota
per far scoprire la cospirazione prima del tempo, come se non fosse bastato
quel beccamorto di Montesecco con la sua faccia da patibolo appostato come un
avvoltoio alle spalle di Lorenzo… ma chi glielo aveva fatto fare di lasciarsi
coinvolgere in una congiura da quel gruppetto di disperati? E poi… se Antonio
avesse udito le parole di Vespucci? Che grandissimo imbecille…
L’uomo
fulminò Vespucci con un’occhiata che l’avrebbe incenerito sul posto, se solo
avesse potuto.
“Perché
non parlate a voce ancora più alta, Messere, forse in fondo alla sala non vi
hanno sentito bene!” sibilò. “Non siate così imprudente e cercate piuttosto di
tranquillizzarvi.”
Detto
questo, si allontanò seccato da lui e si fece un giro per il salone, salutando
cortesemente tutti i presenti fino a raggiungere i nipoti e le loro mogli.
Vespucci
si sentì un emerito cretino, come in effetti era.
Mentre
Jacopo si intratteneva con Guglielmo, Francesco e le loro spose, Salviati pose
a Lorenzo la domanda da un milione di fiorini d’oro.
“Vostro
fratello Giuliano ci raggiungerà presto?”
“Immagino
di sì” rispose il giovane, rivolgendosi però più ad Antonio, che aveva vicino,
piuttosto che all’odioso Cardinale.
In
quel momento, però, sopraggiunse Madonna Lucrezia, che con le sue parole diede
una gran delusione tanto a Salviati quanto a Jacopo, che poco distante stava
ascoltando disinvoltamente le conversazioni degli altri.
“Giuliano
si scusa con tutti voi, ma non potrà intervenire al banchetto questa sera”
disse, “tuttavia non crucciatevi, potrete incontrarlo domenica alla Messa di
Pasqua.”
L’unico
a preoccuparsi realmente delle condizioni di salute dell’amico fu Antonio, com’è
logico. Jacopo Pazzi rimase a bocca aperta come un fesso, mentre Salviati si
innervosì immediatamente, tanto più che Lucrezia si stava avvicinando al falso
monaco Montesecco.
“Non
siate timido” gli diceva, cortesemente ma con uno sguardo che raccontava un’altra
storia. “Perché non vi avvicinate al tavolo e non prendete qualcosa da
mangiare?”
Sempre
più nervoso, Salviati si intromise, prese Montesecco per un braccio e fece per
portarlo via, abbozzando una mezza risposta di scusa alla dama.
“Non
può rispondervi, Madonna, ha fatto voto di silenzio” disse, cercando di portarlo
via prima che lei insistesse. “E sta anche digiunando come penitenza
quaresimale.”
Prima
che Lucrezia potesse domandare che cosa diavolo ci facesse allora ad un
banchetto, Salviati condusse Montesecco all’altro lato del salone, dove ben
presto venne raggiunto da Bandini, Vespucci e Pazzi.
“Madonna
Lucrezia stava per scoprirvi” sibilò indignato il Cardinale all’indirizzo di
Montesecco.
“E
Giuliano non presenzierà al banchetto” aggiunse Jacopo.
“Forse
sospettano qualcosa e non si faranno più vedere insieme” azzardò Bandini.
“Ma
no, come potrebbero sospettare? Siamo stati così prudenti” protestò Vespucci,
guadagnandosi un’altra occhiata incendiaria da parte di Pazzi. Già, com’era
possibile? Erano dei perfetti congiurati!
Jacopo cominciava a pensare che quella manica di idioti non avrebbe saputo
nemmeno rubare una caramella a un bambino.
Proprio
in quel momento giunse Antonio e quelli
della gang si zittirono immediatamente. Montesecco, sempre con quel suo
fare disinvolto e insospettabile, si
allontanò dal gruppo e anche dal salone. Salviati, invece, si rivolse al
ragazzo con il sorrisetto più viscido e untuoso che riuscì a sfoderare.
“Messer
Orsini, so che siete un buon amico di Giuliano de’ Medici. Perché non andate a
fargli visita in camera sua in modo da sapere qualcosa di più sulle sue
condizioni di salute? Forse non sta poi così male e potrebbe anche scendere per
rendere omaggio al nuovo Cardinale” propose.
Antonio
sussultò. Sapeva bene perché Salviati voleva Giuliano al banchetto, eppure
seppe mantenere il sangue freddo.
“Certo,
potrei farlo, ma non vorrei disturbarlo, forse riposa” disse. “Comunque posso
andare a chiedere a Madonna Lucrezia e…”
“NO!”
ruggì inaspettatamente Jacopo, afferrando Antonio per un braccio. Lo sguardo
che rivolse al cugino Salviati era puro veleno.
Era
già abbastanza orribile che Antonio dovesse veder morire i suoi amici, non
avrebbe mai permesso che si sentisse in colpa per il resto della sua vita per
aver condotto Giuliano alla morte. Come poteva Salviati anche solo pensarlo?
Una vipera, era, un serpente. Doveva a tutti i costi tenere Antonio lontano da
lui, aveva un brutto presentimento, sentiva che quel depravato avrebbe potuto
fargli del male solo per pura malvagità.
“Messer
Pazzi, state bene?” chiese il ragazzo, che aveva compreso bene la manovra di
Salviati ma non gli scrupoli di Jacopo. “Non preoccupatevi, se voi non volete
non disturberò né Madonna Lucrezia né Giuliano…”
“Infatti,
non c’è ragione di disturbarli” tagliò corto l’uomo, tanto per mettere in
chiaro le cose. “Madonna Lucrezia ha già detto che Giuliano sarà a Messa
domenica, perciò non può stare così male. Lo incontreremo là.”
Il
discorso era chiuso per tutti e anche Salviati arrivò a capirlo.
Il
resto della serata trascorse in modo più o meno normale, anche se Vespucci e
Salviati lasciarono il banchetto prima del previsto.
Jacopo,
da parte sua, restò sempre vicinissimo ad Antonio, sentendosi turbato e
preoccupato. Non gli era piaciuto per niente il modo subdolo in cui Salviati
aveva tentato di coinvolgerlo nella congiura e si sentiva sempre meno convinto
che fosse la cosa giusta da fare, specialmente con quella compagnia di
imbecilli.
Doveva
proteggere Antonio, tenerlo lontano da quella feccia…
Forse,
chissà, avrebbe fatto meglio a tenersene lontano anche lui, ma ormai era troppo
tardi.
Fine ottavo
capitolo