Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: mido_ri    12/05/2019    0 recensioni
Allison Harvey, ereditiera di un'azienda di giocattoli di fama internazionale, conosce il ricco e affascinante Kim Seokjin, divenuto intimo collaboratore di suo padre in breve tempo.
Il Signor Kim, però, ha fin troppi riguardi per la giovane Allison, che si ritrova a dover fronteggiare situazioni al limite della sopportazione umana. Perché il Signor Kim la tratta in questo modo? Gode già dei favori del padre di Allison e presto, grazie alla collaborazione con lui, anche la sua azienda sarà all'apice della fama nel continente americano.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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pop corn

 

- E se fosse stato Taehyung... a mandarmi quei messaggi?

Dovevo ancora avere il viso tutto rosso perché il Signor Kim, intento a fissarmi, non aveva processato quelle informazioni. Infatti reagì a scoppio ritardato, facendo un passo indietro con aria sconvolta.

- Ah?! Uh... Intendevo... Perché pensi questo?

- Intuito femminile.

"Grazie Felix"

- Ma... Insomma, che motivo avrebbe di far- ah... Lascia perdere.

Il Signor Kim sembrava alquanto confuso. Si massaggiò la fronte con una mano e ritornò a sedersi. Be', almeno mi ero tirata fuori da quella situazione imbarazzante. 
Ricordai il suo respiro caldo sul mio collo pochi attimi prima e la mia schiena fu percorsa da un brivido.

- È da un po' che mi chiedo... Tu e tuo fratello non siete in buoni rapporti?

- Perché me lo chiedi?

- Così... Alla festa di mio padre Taehyung non sembrava molto felice di vederti. 

Il Signor Kim si grattò la nuca con fare pensieroso, ma probabilmente stava soltanto evitando di guardarmi negli occhi.

- Diciamo che dipende dai momenti. Sai com'è, i fratelli...

- No, non lo so. Sono figlia unica.

- Ah, già.

La conversazione era evidentemente arrivata a un punto morto. Sospirai e lasciai ricadere le braccia lungo il corpo, iniziando a vagare altrove con la mente. Erano appena passate le otto e mezza, quindi potevo dedurre che la cena non fosse ancora iniziata. Fino a che ora avrei dovuto sentire il peso di quel silenzio imbarazzante? 

- Allora... cosa facciamo fino a quando gli ospiti di tuo padre non andranno via? 

- Che ne dici di scappare dalla finestra e andare a minacciare il tuo fratellino con lo spray al peperoncino? 

- Allison... dopo aver scoperto che sono innocente hai così tanta voglia di trovare un altro colpevole? 

- T-ti ho detto che non sono quel genere di persona!

Mi sedetti sul letto con un tonfo e incrociai le braccia. D'accordo, forse sospettare di Taehyung e minacciarlo non era la soluzione migliore, ma mi sembrava che il Signor Kim fosse sempre molto vago quando menzionavo suo fratello. Possibile che volesse in qualche modo proteggerlo? Ma lui stesso non ne aveva mai sospettato. Era arrivato il momento di mettere in atto un piano. 

- Perché non ordiniamo qualcosa da mangiare?

- Tu... tu sei davvero stramba. 

- Eh? E perché? 

- Passi da un argomento all'altro. Insomma... qualche minuto sembrava che volessi ammazzarmi, poi hai proposto di minacciare mio fratello e ora vuoi... mangiare? 

- Sono un essere umano, ho bisogno di cibo e sì, se te lo stai chiedendo: quel frappè mi ha soltanto fatto venire ancora più fame. 

Gli rivolsi un sorriso di circostanza, cercando di apparire il più indifferente possibile, mentre in realtà stavo pianificando qualcosa di diabolico. O almeno nella mia testa lo sembrava.

- D'accordo... a me va bene qualsiasi cosa.

- Oh, pensavo che avresti ordinato delle ostriche e una bottiglia di vino di qualche secolo fa. Deve essere triste sapere che c'è una cena di lusso a cui non si è stati invitati al piano di sotto.

- Simpatica come sempre.

- Io ordinerò una pizza. Oh! E anche una Coca-Cola.

Tesi la mano verso il Signor Kim con un falso sorriso stampato sul volto, ma lui mi guardò stranito.

- Che cosa vuoi?

- Il cellulare, grazie.

- Il mio?

- Be'? Sei ricco, no?

- Anche tu, no?

Cercò di imitare invano il mio tono di gran lunga più acuto del suo e, per quanto fossi imbronciata per altro in quel momento, non riuscii a non ammettere a me stessa che era davvero carino.

"Decente. Non carino"

L'uomo sbuffò e tirò fuori il cellulare da una tasca, senza neanche sforzarsi di fare la figura del gentiluomo. A quanto pare offrire la cena a una donna su Just Eat è ben diverso dal pagare il conto in un ristorante di lusso.

Ordinai una pizza anche per lui, poi appoggiai il suo cellulare sulla scrivania, impostando furtivamente il silenzioso. Speravo che lo avrebbe dimenticato lì.

---

Riuscimmo entrambi a spiccicare di nuovo parola soltanto quando arrivò il nostro ordine. La mia adorata tata aveva accettato di andare in missione a ritirare il cibo davanti al portone senza farsi scorgere dai miei genitori in salotto; purtroppo, però, non aveva voluto dirmi chi erano gli ospiti.

- Allora?

- Cosa?

Avvertendo l'impazienza nel mio tono, il Signor Kim aveva deciso di trascurare il galateo per una buona volta e mi aveva risposto con la bocca piena, cosicché la sua voce suonò più bassa e ovattata. 

- Che ne pensi della pizza di New York?

- Niente male, ma sai... Dovresti davvero provare quella italiana.

- E tu l'hai provata?

- Certo.

Sgranai gli occhi.

- Dove? Sono secoli che cerco un ristorante italiano decente! Io e Felix li abbiamo visitati quasi tutti... Una volta siamo capitati per sbaglio in un ristorante messicano e io ho avuto mal di pancia per tre giorni. Sai... lo spagnolo e l'italiano sono molto simili...

Il Signor Kim rise, forse divertito più dal fatto che parlassi come una trottola anche mentre mangiavo piuttosto che dal mio racconto.

- In Italia.

- Cosa?! Sei andato in Italia?

- Sì, quando avevo più o meno la tua età. Mio padre fu chiamato da un'azienda italiana per affari e decise di portare tutta la famiglia. È stato uno dei viaggi più belli che abbia mai fatto.

- Vuol dire che ne hai fatti altri?

- Certo.

L'uomo appoggiò la fetta di pizza sul cartone e accavallò una gamba sull'altra.

- Quali altri posti hai visitato?

Rise di nuovo.

- Be'... tanti, tantissimi. Ma i paesi che ho amato di più sono stati la Tailandia, l'Australia e il Giappone.

- Wow... Il mio amico Felix ha vissuto per qualche anno in Australia quando era bambino, infatti lo prendo sempre in giro per il suo strano accento.

- Parli sempre di questo tuo amico. Dimmi com'è.

- T-ti interessa davvero?

Il Signor Kim scrollò le spalle.

- Perché no? Io ti ho detto un po' di me.

- Oh... Be'... Lui è coreano, come te. Entrambi i suoi genitori sono delle persone illustri, dei ricercatori che hanno viaggiato in tutto il mondo prima che lui nascesse. Si sono stabiliti un po' in Australia, dov'è nato Felix, poi sono venuti qui quando lui doveva cominciare le scuole elementari, dove ci siamo conosciuti. Ho visto i suoi genitori una sola volta quando facevo le scuole medie... Sai, hanno ripreso a viaggiare quando lui aveva soltanto dodici anni ed è stato costretto ad arrangiarsi da solo.

- Oh... Quindi vive da solo?

- Sì. I suoi genitori hanno venduto la casa che avevano comprato qui, a New York, per ricavarne dei fondi per la ricerca e Felix ora vive in un monolocale. Vede i genitori un paio di volte all'anno, ma loro si fermano in albergo perché la casa è troppo piccola per rimanere anche la notte.

- E con i soldi? Insomma come fa a vivere da solo? Non è ancora maggiorenne, immagino.

- Già... I suoi gli mandano dei soldi ogni settimana così può comprare da mangiare e pagare le tasse della scuola.

- E riesce a pagare la scuola privata con quelli?

- I suoi genitori sono messi benissimo economicamente, ma gli permettono di usare i soldi solo per la scuola, sai com'è... sperano che diventi un genio come loro e, anche se sono distanti, controllano costantemente i suoi voti nelle materie scientifiche, ma lui non ha nessuna intenzione di prendere la loro stessa strada...

Il Signor Kim annuì, sembrava sinceramente dispiaciuto.

- Avresti potuto passare la serata con lui.

- Già... ma abbiamo litigato.

- Oh, mi dispiace. Come mai? Se posso chiedere...

- Uhm... conflitti di idee, credo.

Posai lo sguardo sul pavimento, maledicendomi per aver mentito per l'ennesima volta; ma non avrei potuto dire la verità: e cioè che io e Felix avevamo litigato per lui.

- Allora cercate di fare pace al più presto.

- Certo... anche se non sono brava in queste cose.

- Troppo orgogliosa?

- No, mancanza di esperienza.

- Che intendi?

- Felix è il mio unico amico. Cioè... l'unico amico che io abbia mai avuto.

- Davvero? Non sembri una cattiva persona, a parte quando prendi di mira qualcuno...

- Già, ma nessuno mi si avvicina. Pensano che io sia antipatica soltanto perché mio padre è una persona importante.

Il Signor Kim rise.

- Che c'è?

- Non ti trovano antipatica, sono semplicemente invidiosi. Sai, tu hai la strada spianata per il tuo futuro e loro... be', loro devono studiare tanto.

- Anche io studio!

- Ci credo...

L'uomo scosse una mano con fare ironico. 

---

Alla fine riuscii a corrompere di nuovo la domestica per farmi portare dei pop corn. Io e il Signor Kim avevamo deciso di guardare un film per ammazzare il tempo. Sarebbe stato impossibile continuare a parlare per chissà quante ore ancora. Lui mi aveva convinto, dopo un discorso infinito e persuasivo, a guardare un film che aveva vinto l'Oscar e che durava la bellezza di tre ore e mezza.

- In questo film muore troppa gente.

Commentai aspramente mentre l'ennesima vittima emetteva urla di disperazione. Il Signor Kim non rispose, ma significava palesemente uno stai zitta.

Era strano, davvero strano che ci fossimo ritrovati in quella situazione in un giorno qualunque. Io e il Signor Kim. Fino a qualche ora prima lo avevo trattato come il mio più grande nemico e ora invece eravamo stesi sul mio letto a guardare un film al PC sgranocchiando pop corn, come se fossimo amici da una vita.

- Hey, secondo me quel tizio è il cattivo.

- Allison, non c'è un cattivo in questo film, è una guerra.

- Ma ha una faccia davvero inquietante.

Non potevo vedere l'altro in viso perché la luce era spenta, ma potevo immaginare che avesse alzato gli occhi al cielo.


- Ce la fai?

Mi canzonò il Signor Kim dopo circa mezz'ora che non aprivo bocca.

- Pensi che non riesca a guardare un film?

- Non ti vedo molto attenta, pensavo che ti fossi addormentata.

- Mai. Questa è una sfida fra me e te.

- Mmh, d'accordo, ma sappi che manca ancora un'ora e venti.

Mi accasciai sul materasso e affondai la mano nella busta dei pop corn. Mi chiesi se fosse possibile addormentarmi senza che lui se ne accorgesse. Impossibile: probabilmente mi sarei messa a russare.

---

Stranamente riuscii a resistere fino alla fine del film. Resistere si fa per dire, perché sentivo le palpebre pesanti come macigni e avevo perso il conto di tutte le volte che avevo sbadigliato. 

- Come ti è sembrato?

Il Signor Kim mi rivolse uno sguardo compiaciuto, pregustando l'ennesimo momento in cui mi avrebbe fatto sentire più ignorante della media nazionale.

- Carino. 

- E? 

- Cosa dovrei dire? Sono morti tutti! 

L'altro scosse la testa ridendo. 

- D'accordo, per questa volta siamo pari. 

Mi misi più comoda sul letto, appoggiando la schiena alla testiera. 

- Vuoi dire che ci saranno altre volte? 

- Se ti va. Non siamo più nemici e per giunta... Be', non puoi passare il tempo solo con Felix, avrà altri amici.

- Uhm... va bene. 

Feci finta di essere del tutto indifferente, anche se era impossibile nascondere il fatto che stessi per mettermi a urlare e saltare per tutta la stanza. Non che mi piacesse il Signor Kim. Ero semplicemente contenta di avere un nuovo amico - un amico ricco, popolare e affascinante -. In ogni caso seppur il Signor Kim se ne fosse accorto, non lo diede a vedere. 

Dopo un paio di minuti dalla fine del film, mia madre bussò alla porta per comunicarci che la cena era terminata e che mio padre era già andato a letto. Fortunatamente il Signor Kim era già in piedi e si stava abbottonando la giacca. Mentre lui finiva di prepararsi cercai di estorcere alla donna qualche informazione sul perché il Signor Kim non doveva farsi vedere in casa quel giorno, ma mi ritrovai soltanto la porta chiusa in faccia. 

- Non te lo dirà mai. 

- Sai, è anche nei tuoi interessi sapere il motivo, anzi, è soprattutto nei tuoi interessi.

- Te l'ho detto, si tratterà di affari con un'azienda che non mi riguarda o magari con qualcuno che mi detesta, chissà. 

Sbuffai rumorosamente mentre gli tenevo aperta la porta della mia camera. L'uomo mi ringraziò per l'ospitalità e fece per uscire, ma si fermò poco prima di varcare l'uscio e si chinò verso di me. Si avvicinò pericolosamente al mio viso per la seconda volta in quella giornata e, di nuovo, non potei far altro che rimanere in silenzio e arrossire. 

- Allison, il cellulare. 

- Uh? Non lo hai preso? Forse lo hai appoggiato sul comodino vicino al lett-

- Allison, non sono stupido. Dammelo. 

Deglutii e rimasi imbambolata per qualche secondo, non sapendo assolutamente come comportarmi. Molto probabilmente continuare a far finta di non capire era l'opzione peggiore.

- C-certo... 

Lo presi dalla scrivania, nascosto sotto un libro di scuola, e glielo porsi, così imbarazzata da non riuscire a cacciar fuori la voce neanche per scusarmi.

Il Signor Kim sorrise soddisfatto e uscì dalla stanza. Non mi proposi neanche di accompagnarlo alla porta. 

--- 

Ebbene, la mattina seguente a scuola mi dedicai alla progettazione di un altro piano per scoprire se fosse stato Taehyung a fare quelle cose e, soprattutto, perché. Dal momento che quel giorno era l'unico della settimana in cui io e Felix non avevamo lezioni in comune, nessuno venne a sapere del mio piano. Effettivamente non era nulla di elaborato, ma mi piaceva comportarmi come se fossi in missione segreta.

---

La sera mi incamminai verso la EnJINe con un cappuccio in testa e la bocca coperta da una mascherina. Molto furtiva, direi; soprattutto quando fui costretta a suonare il campanello di riserva perché a quell'ora le porte scorrevoli non si aprivano automaticamente. Mi tolsi il cappuccio per non sembrare una teppista e dissi a un uomo della sicurezza che ero la donna delle pulizie di Taehyung e che avevo urgente bisogno di vederlo perché avevo rotto il suo elefantino di ceramica. L'uomo alzò le sopracciglia e mi squadrò da capo a piedi, sembrava essere sul punto di cacciarmi fuori, ma invece mi invitò a entrare con un gesto della mano. Mi sentii i suoi occhi puntati addosso finché non girai l'angolo verso un altro corridoio. Probabilmente mi aveva presa per una psicopatica, ma al novanta per cento lo era anche Taehyung. 

Inspirai profondamente. Ero davanti alla porta a due ante dell'ufficio di Taehyung. Non avevo paura: ero giunta fin lì determinata a chiedergli spiegazioni, ma non volevo che fosse di cattivo umore perché lo avevo disturbato mentre faceva qualcosa di importante. O di losco.

Chiusi gli occhi e inspirai di nuovo. Bussai leggermente senza neanche guardare. Dopo qualche secondo la voce di Taehyung mi giunse molto ovattata, probabilmente i muri di quella stanza erano insonorizzati. 

- Chi è?

- A-All... Darna! La donna delle pulizie. 

La porta di aprì lentamente, lasciando uscire solo un spiraglio di luce che fu presto occupato dal viso infastidito di Taehyung.

- Io non conosco nessuna donn-

- AH!

Prima che potesse finire la frase gli saltai addosso con tanto impeto da farlo cadere a terra. Estrassi il mio fedele spray al peperoncino da una tasca del cappotto e glielo puntai in faccia. Spruzzai senza pietà. Taehyung si coprì immediatamente il viso cominciando a lamentarsi e a dimenarsi per farmi cadere. Quando il bruciore sembrò dargli un po' di tregua, fece per chiamare le guardie, ma gli tappai la bocca con entrambe le mani. Il ragazzo era sconvolto e non riusciva a smettere di gemere e strizzare gli occhi. 

- Smettila, se no ti spetta il secondo round! 

Taehyung smise di muoversi e si zittì di colpo. Portò in su le braccia e mi strappò la mascherina dalla faccia.

- Mhmh? 

Ovviamente non potevo capire cosa diceva, quindi tolsi la mano dalla sua bocca.

- Alli... son? 

- Sì, sono io. Ma non chiamare la sicurezza, per favore. 

Congiunsi le mani a mo' di preghiera e gli sorrisi in modo innocente. 

- Ma cosa diavolo ti salta in mente... Se volevi farmi uno scherzo... be', questo è stato indubbiamente di pessimo gusto. 

Lo aiutai ad alzarsi e lo osservai mentre si puliva con un fazzoletto gli occhi rossi e bagnati di lacrime. 

- In realtà non si è trattato di uno scherzo. Devo chiederti una cosa molto importante.

- Avresti potuto chiedermelo anche senza saltarmi addosso in quel modo. Non la passerai lisc-

- Ascoltami! Sei stato tu a farmi tutte quelle cose?

Il ragazzo corrugò le sopracciglia. 

- Le... le noccioline, la Nutella, il peluche...

- Di che cosa stai parlando?

"Ecco, ci risiamo"

  
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