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Autore: LeanhaunSidhe    13/05/2019    12 recensioni
La lama brillava ed era sporca. Imuen girò il taglio della falce verso la luna e ghignò incontrando il proprio riflesso. Si sentiva di nuovo vivo. Non distingueva il rosso dei suoi capelli da quello del sangue dei suoi nemici. La sua voce si alzò fino a divenire un urlo. Rideva, rinato e folle, verso quel morto vivente che era stato a lungo: per quanto era rimasto lo spettro di se stesso? Voleva gridare alla notte.
È una storia con tanto originale, che tratta argomenti non convenzionali, non solo battaglia. È una storia di famiglia, di chi si mette in gioco e trova nuove strade... Non solo vecchi sentieri già tracciati... PS: l'avvertimento OOC e' messo piu' che altro per sicurezza. Credo di aver lasciato IC i personaggi. Solo il fatto di averli messi a contatto con nemici niente affatto tradizionali puo' portarli ad agire, talvolta, fuori dalla loro abitudini, sicuramente lontano dalle loro zone di comfort
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Kiki, Aries Mu, Aries Shion, Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
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Era intento nella lettura di vecchi testi sacri sparsi sull'ampia scrivania degli studi privati. Saga era entrato senza annunciarsi, con una faccia talmente scura da risultare quasi truce. Per un attimo, Shion ebbe il terrore che la mente del cavaliere di Gemini fosse tornata preda del suo passato demone ed il riflesso di mettersi sulla difensiva fu così naturale da destabilizzare persino lui. Il sacerdote lesse il rimorso sul volto di Gemini e si sentì in colpa, quasi. Dopotutto un pugnale conficcato in pieno petto a tradimento non si dimentica a comando, nonostante il perdono. Saga aveva abbassato le spalle, mortificato. Aveva rallentato il passo, da che era entrato che sembrava sul piede di guerra. Fece un inchino ed aspettò un cenno per proseguire. Quando gli fu concesso, adagiò sulla scrivania del superiore un'altra pila di carte, come se non ce ne fossero già abbastanza.

Al sospiro seccato di Shion, seguito all'obiezione che di roba da visionare ce ne fosse già troppa, Saga si rivelò però deciso, mostrando documenti di natura del tutto diversa da quelli che erano stati analizzati fino a quel momento.

"Questi sono quotidiani, Gran Sacerdote."

Shion, infatti, vagamente sconcertato, aveva iniziato a sfogliare le varie testate, scritte in diverse lingue moderne. Ne padroneggiava solo alcune.

"E quindi?"

Chiese confuso a Saga. Non era talmente lontano dal mondo moderno da non informarsi sulle notizie odierne ma non era mai stato interessato a politica e sport. Aveva inarcato un sopracciglio, per quanto ne aveva, confuso, mentre il cavaliere più giovane gli indicava qualche titolo in inglese, un altro in greco. Francese e tedesco non li padroneggiava a dovere.

"Si parla di omicidi, commessi tutte con le stesse modalità. Gente sgozzata, grossi animali. Sempre lontano dai centri abitati."

Fu quando però riconobbe le stesse notizie anche per testate indiane ed asiatiche, che iniziò a preoccuparsi maggiormente. Lì, il numero delle vittime figurava essere molto maggiore. Il pensiero corse di nuovo ai suoi luoghi natali ed al primo attacco che era stato sedato senza troppe difficoltà, alla fine. Il novero dei morti riportati dalle due testate cinesi ammontava all'esatto numero attuale di abitanti del suo villaggio.

"Imuen aveva detto che i sigilli avrebbero iniziato a rompersi da est."

La voce baritonale di Saga aveva dato in tutto e per tutto voce ai suoi pensieri.

"Sarà il caso di mandare qualcuno in ricognizione? Almeno per sincerarsi che non scoppi il pandemonio tutto assieme, da un minuto all'altro."

Shion aveva riflettuto solo un istante, su chi potesse andare . C'erano due cavalieri d'ariete, si sperava, due di Gemini. Per il resto, la schiera dorata era al completo. Tuttavia, sarebbe stato sciocco inviare guerrieri sia poco preparati, che sarebbero potuti perire subito, sia troppo, col rischio di sprecare risorse preziose in caso di reale pericolo.

"Ci vado io."

Concluse, dopo una rapida analisi. A differenza di tutti gli altri cavalieri d'oro, infatti, lui era stato riportato alla vita col suo corpo non certo da diciottenne. Sorpreso, Saga aveva provato ad obiettare che non sarebbe stato una scelta saggia.

"Mi credi troppo vecchio?"

Gli chiese, infatti, a bruciapelo. Saga era rimasto in silenzio, aveva negato. Al suo posto, probabilmente, avrebbe optato per la stessa scelta.

"Potrei benissimo prendere io il suo posto, per una semplice missione di ricognizione. Kanon vestirebbe la mia armatura senza problemi, come è già accaduto in passato, se dovesse accadermi qualcosa."

Shion aveva negato.

"Se i perduti prendono te, avrebbero a disposizione un guerriero troppo forte. Se prendessero me... sono pur sempre un vecchio."

Aveva intrecciato le dita sul tavolo e si era sistemato meglio sull'ampio schienale.

"Mu mi ha raccontato come annebbiano la mente, caricandola di oscurità, poco a poco. Ti sei liberato da poco di Arles. A che pro farti correre il rischio di svegliarlo ancora?"

Gemini avrebbe voluto controbattere altro. La voglia di riscattarsi dal suo passato troppo forte. Shion, però, fu irremovibile. Disse che aveva anche voglia di sentire nuovamente il profumo dell'aria di casa.

 

 

 

Kiki non era riuscito a cavare altre informazioni a Mu, sul presunto spasimante della sua amica e dopo un po' aveva smesso di pensarci. Conosceva bene Seleina. Per frangenti così sciocchi era perfettamente in grado di difendersi da sola. La battuta di Mu sulla sua condotta, però, l'aveva portato a riflettere sul suo comportamento. Non sul cambiarlo. Dava a quell'eventualità lo stesso peso di Seleina importunata da un ammiratore troppo insistente. Gli dispiaceva invece degli screzi tra suo fratello ed il suo antico maestro. Era inutile cercare di sentire la versione di Mu sulla questione, visto che con lui aveva iniziato a riappacificarsi. Voleva invece discuterne con Shion. E si era promesso che, non appena sarebbe stato ricevuto, avrebbe ben tenuto presente tutti i titoli onorifici, visto che il maestro sembrava tenerci così tanto. Seleina gli rimproverava che quando partiva in quarta, col tatto che si ritrovava, era più facile che facesse arrabbiare le persone, invece che disporle al meglio, pure se si scusava. Temeva che con Shion sarebbe finita esattamente a quel modo. Tuttavia, preferiva sapere il maestro ancora più arrabbiato con lui, piuttosto che con Mu. Salì le scale verso la tredicesima come una furia e dispensò rapidissimi saluti ai suoi compagni. Aveva già iniziato a battibeccare con le guardie all'ingresso, che non volevano lasciarlo passare, quando Saga gli si fece incontro, deciso a mettere fine a quel siparietto. Quando, però, trovò Kiki talmente deciso a parlare con Shion, intuendo di aver di fronte qualcuno testardo come lo stesso sacerdote, non potè fare altro che introdurlo al cospetto dello stesso. O sarebbe scoppiata una guerra nuova guerra dei mille giorni, oppure uno dei due avrebbe ceduto. In ogni caso, sarebbe stato meglio non farsi trovare nelle vicinanze. Per cui, Saga disturbò nuovamente Shion, introdusse il ragazzo e si dileguò. Era stufo solo del ricordo dei suoi battibecchi mentali con Arles. Tutto aveva voglia, fuorchè ascoltare quello di due generazioni contrapposte di cavalieri d'Ariete.

 

Nella sua lunga età Shion aveva avuto di fronte una miriade di allievi, tutti diversi tra loro. Kiki, anche solo nell'aspetto, ai suoi occhi era unico. Era più alto e robusto di Mu. Eppure, gli sembrava conservasse un viso quasi di fanciullo. Forse era la sua espressione solare, vivace, a ricordargli quella di un ragazzo e non un uomo. Laddove Mu aveva però certezze, Kiki era ancora un insicuro. Sperava fosse soprattutto quella la causa della sua condotta. Curioso, ne saggiò le difese mentali, trovandole impenetrabili. Quando il sorriso del suo interlocutore, da vivace, si fece malizioso, il giovane si inchinò al suo cospetto.

"Sono qui per chiedervi di non litigare più con Mu a causa mia. Se avete problemi col mio modo di fare, è con me che dovete risolverli."

Shion, un po' in contropiede perchè gli avevano detto che era forte, ma non si immaginava così forte da resistere con quella estrema facilità alle sue capacità di telecinesi consolidate negli anni, non si concentrò subito sul senso delle sue parole. Lo stava ancora testando come guerriero. Era sbalordito del fatto che, coi pochi ridumenti che poteva avergli lasciato Mu quando era ancora un bambino, da semplice autodidatta, avesse potuto raggiungere simili livelli. Laddove Mu arrossiva quando si provava a penetrare la sua mente, Kiki se ne fregava bellamente e chiudeva la sua mente solo per dimostrare le proprie abilità. Peccato che avesse anche la soglia di attenzione di una mosca. Invece di aspettare la sua risposta, infatti, il ragazzo era stato colpito dai giornali ancora sparsi sulla sua scrivania. Ne aveva tirati su un paio, poi, preoccupato, aveva preso a fissare lui, come in cerca di una rassicurazione ad un enorme timore.

"I perduti stanno iniziando a far vittime vicino casa nostra?"

Shion annuì, semplicemente.

"Vengo con voi, allora."

Il sacerdote, per qualche istante, rimase sbalordito. Erano stati penetrati i suoi pensieri con una velocità ed una precisione tale da impedirgli, addirittura, di alzare una solida barriera. O, invece, quel ragazzo aveva penetrato le sue difese con una facilità inaudita, senza il benchè minimo sforzo.

"Come vuoi, figliolo. Allora spetterà a Mu la difesa del primo tempio."

Perchè, con un potenziale del genere, non si poteva certo dire di no ad un cavaliere, se non altro per testarlo a dovere, perchè da insegnargli, oltre le buone maniere, c'era ben poco.

 

 

 

"Da quanto tempo non tornavate al villaggio, maestro?"

Shion si era lasciato teletrasportare dal più giovne e, mentre percorrevano i sentieri che lo separavano dalla loro meta, non gli riuscì di mantenere il silenzio. Con quel ragazzo era partita persa.

"Di sicuro da prima che tu nascessi."

Kiki aveva calciato un sasso in terra, prima di fermarsi li nei pressi. Aveva sentito un cosmo familiare ed in effetti non erano soli. Si era grattato la testa, che la cosa non gli tornava. Poi si era rivolto a Shion.

"Mi pare Seleina ma non ho la minima idea di cosa ci faccia qui."

Shion, curioso, aveva alzato le spalle, a significare che lui non l'aveva mai conosciuta e non poteva essergli di alcun aiuto in quello. Si rese però conto che si andava allontanando in fretta.

"Mi sa che se vuoi raggiungerla, devi muoverti però."

Invce, Kiki restò fermo, espanse il proprio cosmo e presto fu la sua amica ad andare da loro. A giudicare dal tempo che aveva impiegato e dalla distanza da cui secondo loro era partita, dedussero che la velocità del suono l'avesse superata da un pezzo. Seleina apparve alle spalle di Kiki e si inchinò non appena si rese conto del calibro di chi lo accompagnava. In ginocchio, attendeva infatti un cenno per rialzarsi, in religioso silenzio.

"A me tante cerimonie non le hai mai fatte."

Shion le aveva permesso di alzarsi e alla risposta che a Kiki non doveva rispetto ma spaccargli la testa, in realtà, trattenne una risata.

"Perchè non hai ancora l'armatura dell'ariete addosso?"

In effetti, era la domanda che anche lui doveva porgli, per cui non trovò di meglio da fare che attendere la risposta del ragazzo. Era certo che, se fossero stati soli, si sarebbe cavato di impaccio con una battuta ma la sua presenza gli rendeva quello stratagemma impossibile.

"Ti starai prendendo troppe libertà con me, Sel?"

Rispose, infatti, con tono troppo astioso per quel che avrebbe voluto.

"Sai bene che chi è come me prende solo le libertà che gli sono concesse. La nostra natura non ci concede di fare altrimenti. Tu lo sai meglio di molti."

Voleva scherzosamente rimetterla in riga ma la battuta gli era uscita male. Se Seleina non fosse stata perfettamente in grado di cogliere ogni singolo moto del suo animo, probabilmente avrebbe finito per litigare con un'altra persona cara.

"Ad ogni modo, non sembrate in visita di cortesia. C'è troppa ansia in voi. Ispezionate qua attorno per i perduti?"

Dal tono di domanda, diverso dalle sicure affermazioni con cui la ragazza si rivolgeva a Kiki, Shion ebbe chiaro che Seleina percepiva le emozioni e non c'era alcun modo di precluderle la cosa. I pensieri, esatti, però, erano un'altra storia. Del resto, lei non aveva alcuna difesa mentale ed era semplicissimo leggere in lei.

Shion ammise di sì.

"Anche tu, a quanto sembra."

Le disse a sua volta. La ragazza annuì e spiegò di aver perlustrato i confini.

"Per ora posso assicurarvi che è tutto tranquillo. Almeno, per quanto possa essere valida la parola di una recluta."

Il sacerdote capì che era sola a fare quella pattuglia. Non doveva essere semplice, schierarsi contro la razza con cui doveva vivere per forza e di cui condivideva i poteri.

"Ti offriamo qualcosa di caldo. Almeno per ripagarti del disturbo. Quante volte hai controllato questo perimetro?"

Seleina era arrossita. Shion non ebbe dubbi che avesse girato per i loro territori tutti i giorni da quello successivo all'attacco dei perduti. Fece strada ai più giovani verso la pagoda. Si chiese se fosse un bene, per quella ragazzina, rimanere al fianco dei Dunedain.

 

Seleina aveva preso la tazza dalle mani di Shion con un certo imbarazzo. Temava di essere giudicata, biasimata. Percepiva che il maestro non era a proprio agio ed iniziava a convincersi di essere lei la causa. Non aveva declinato la sua offerta per paura di offenderlo ma iniziava a chiedersi perchè non avesse optato per una scusa, come la caccia per il pasto serale, che era una scusa fino ad un certo punto. Con il fratello maggiore di Kiki non aveva mai avuto quell'impressione. Se c'era stata diffidenza verso di lei era scemata in fretta, come la spuma di un'onda che si infrange contro la risacca. Aiutarlo era stato naturale, gradevole, scontato. Col gran sacerdote era stato subito diverso. Aveva specchiato i megnetici occhi azzurri nel liquido ambrato che rigirava pensierosa tra le dita. Poi aveva fissato Shion, ben consapevole di quanto fosse esposta ogni sua considerazione. Il maestro era rimasto leggermente turbato da quello sguardo, come ogni persona che puntasse gli occhi in quelli di un figlio di Haldir, la prima volta. La giovane aveva posato lentamente la tazza sul tavolo, attenta a non imprimere troppa forza in ogni minimo gesto, fosse mai che venisse giudicata male anche per quello. Si era alzata ed, inchinatasi di nuovo, senza aspettare quella seconda volta un invito a rialzarsi, salutò e fece per andarsene.

"Il maestro è infastidito da me. Preferisco andare."

Shion provò a fugare la strana sensazione dovuta alla sua presenza, inutilmente. Non era semplice confrontarsi quando tutti percepivano aspetti che era meglio tener celati agli altri.

"Cercherò di convincere qualche figlio di Imuen a svolgere il compito, se per voi è più semplice averli intorno."

Shion non era sciocco.

"Non troveresti nessuno disposto ad ascoltarti."

Seleina annuì, mesta.

"Un uomo di grande esperienza come voi riuscirà comunque a pattugliare la terra che ama senza che io mi intrometta ulteriormente."

Kiki aveva provato a trattenerla. Non si era sottratta al suo tocco, mostrandosene invece riuncuorata. Quando fu però Shion a cercare di metterle la mano sulla spalla si era tirata indietro repentinamente.

Se fosse stata paura o rifiuto non era semplice da capire. La sua mente era vuota. La sua anima, solo istinto. Un vento gelido l'aveva avvolta ed era sparita all'istante, per poi ricomparire in un baleno accovacciata sulla balaustra, pronta a saltare di sotto. Quando lasciava la mente del tutto libera, era tremendamente veloce.

Kiki tacque, riconoscendo l'inesperienza acerba di chi si avvicina alla velocità della luce, la prima volta. Per ogni persona è diverso. Lui c'era arrivato con la rabbia e si era placato mano a mano. Cristal c'era riuscito spinto dalle necessità della battaglia. Seleina sembrava esserci giunta con la naturalezza di chi, semplicemente, voleva. Non si era minimamente accorta dell'ammirazione con cui la guardava, colui che reputava un fratello, in quel momento. Era troppo piena di confusione ed insicurezza. Poi, l'ululato di un lupo lontano, come a rassicurarla dallo stato in cui si trovava, l'aveva attirata a sè.

"Sire Haldir mi chiama."

Comunicò semplicemente a Kiki, che la scrutava ancora silenzioso e meravigliato. Lo salutò con un sorriso, lo stesso che gli riservava sempre, da che era piccola. Lo stesso con cui era stata capace di rivolgersi anche a Mu, già dalla prima volta. Certe cose, evidentemente, non erano proprio possibili da cambiare.

 

 

Kiki aveva lasciato il Jamir molto presto, più preoccupato da ciò che accadeva nel continente asiatico. Shion aveva invece preferito trattanersi ancora. Non aveva del tutto mentito, quando affermava di voler riassaporare casa. La facilità con cui aveva appreso informazioni sulla principessina da un lato lo aveva rincuorato. Dall'altro, la semplicità con cui lei intuiva ogni sua sensazione lo turbava. Alla sua veneranda età, si vergognava. Perchè una maschera di protegge meglio di una corazza e anche quella della solennità spesso aiuta. Si domandò quante risate si fosse fatto Haldir con tutti i cavalieri d'oro, perchè se una sua recluta era così capace, figurarsi cosa poteva il capostipite. Eppure Cristal aveva raccontato che, a volte, bastava una trappola degli uomini, per mettere in seria difficoltà un essere come Haldir. Era anche vero che la principessina aveva anche avuto paura, in un certo momento. Aveva percepito chiaramente che, al dispiacere di non essere stata compresa, lei avesse sostituito la paura. Cosa che non c'era quasi per nulla stata, col suo allievo. Cosa avesse Mu, per mettere così a proprio agio le persone più controverse, pur essendo tanto timido, Shion doveva ancora impararlo. A conti fatti, anche Mu sembrava avere una buona impressione di quella ragazzina, quasi quanto Kiki. Glielo doveva: lei aveva rischiato parecchio per salvarlo, quando era stato ferito. Shion sospirò. Poteva solo aspettare e vedere come sarebbero evoluti gli eventi.

 

Quella volta non fu richiamato al grande tempio per il suo girovagare in città. Gli articoli che aveva letto sulla scrivania del gran sacerdote lo avevano fatto preoccupare parecchio. Aveva memorizzato il nome di una località di campagna e aveva tutta l'intensione di prelustrarla, in lungo ed in largo. Non era esattamente il piano del maestro, quello, ma un giro immerso nell'aria buona che male avrebbe potuto fargli? Del resto, se ci giravano anche i perduti, era perchè la zona meritava parecchio! Aveva percorso almeno una decina di chilometri in tutta calma, come qualsiasi turista europeo che amasse fotografare panda e bambù, in un clima esotico. Di rado, ai raggi che filtravano attraverso la vegetazione rigogliosa si univano gli uccellini che salutavano tranquilli. Aveva sbadigliato, deciso quasi a tornarsene da dove era venuto, che per quella giornata non sarebbe certamente accaduto altro. Lentamente, senza capire come gli fosse successo, si era ritrovato circondato da una nebbia sottile. All'inizio si chiese, semplicemente, se non fosse dovuto all'aria satura di umidità e dal fiume che scorreva lento, aprendosi poi verso la pianura, li vicino. Poi, la temperatura aveva cominciato a scendere. Lui, a darsi dell'idiota. Iniziava a riconoscere la nota particolare che preannunciava l'apparizione di quelle creature. La ricordava nel sinistro sogno che aveva condiviso con Seleina. La riconosceva nelle ferite che erano state inferte a suo fratello, prima che fosse trasportato al campo dei Dunedain, per essere curato. A proposito di suo fratello, gli chiese telepaticamente se poteva prendere in presto l'armatura. Come si aspettava, Mu non fece obiezioni ed agì in fretta. Se fosse stato però presente, di sicuro lo avrebbe preso a calci fino a riportarlo alla prima. Per fortuna o forse no, suo fratello non c'era e non poneva, stranamente, obiezioni di sorta.

Non appena una luce dorata tagliò per un minuto l'aria che si faceva più densa e difficile a penetrarsi con la vista, Kiki richiamò la corazza a sè. Le vestigia dell'ariete lo accolsero e gli donarono vigore. Mosse alcuni passi, il metallo che cadenzavano ogni suo movimento. Distinse chiaramente tre o quattro figure filiformi e scure che gli si avvicinavano, circondandolo. Erano alte, all'inizio poteva vedere la nebbia sbuffare, attraverso i loro mantelli che svolazzavano sospinti da un vento che non muoveva nè un filo d'erba ne una sola delle ciocche dei suoi capelli. Iniziava ad accrescere il cosmo, concentrandone il potere nei palmi delle mani. Vide che i mantelli si avvicinavano e diventavano più consistenti, la nebbia non vi passava più attraverso. La sua mente divenne pietra. Lo starlight extinction partì come un fuoco di luce dalle sue dita congiunte, colpendo quello che gli sembrava l'avversario più vicino e massiccio in piena testa, o almeno a quello che Kiki si aspettava essere tale, a giudicare dalla posizione del cappuccio. Per un istante, vi fu solo silenzio. Una testa doveva rotolare via.

In realtà, quell'essere non schivò: allargò le braccia, rivelandole mezze decomposte, sotto il mantello che scivolava violentemente via. Aveva aperto gli occhi, rivelandoli dello stesso identico colore di quelli di Seleina. Fu letteralmente bloccato sul posto, mentre la luce del suo colpo rinvigoriva il suo avversario, invece di distruggerlo. Vedeva il suo corpo putrefatto rinascere, i muscoli cadenti ricomporsi, una corazza simile a quella di Haldir avvolgerli. L'espressione, però, non aveva nulla di simile a quella del suo progenitore o a quella della sua sorellina adottiva. Le zanne erano troppo lunghe, oblunche, deformi. Scaturivano dalla bocca semichiusa, che ringhiava, come fauci. Mentre, incapace di scappare, si rendeva conto che quella cosa si avvicinava e desiderava voracemente conficcargliele nella carne, si rivide preda dell'incubo di Seleina, diverse notti prima. Per quanto ci provasse, la malia era troppo forte. I mantelli degli altri, ormai, erano a pochi passi. Li sentiva camminare, come se avessero davvero un peso. Sentiva colare il sudore lungo la tempia ma la volontà di vivere era troppo barbarica, troppo forte, troppo esplosiva in lui. All'improvviso riuscì a muoversi. Afferrò a mani piene la testa del suo avversario, che fino ad allora lo aveva bloccato e si era fatto vicino, troppo. Di nuovo, aveva concentrato il cosmo nelle mani. La temperatura aveva iniziato a salire e ad essere sprigionata dalle sue dita. Le iridi di quell'essere, che fino ad un attimo prima erano azzurre come zaffiri, iniziarono a schiarire, virare sul giallo, verso la fiamma. La temperatura si alzò fino a che quella maschera di zanne non divenne tutta fiamma. L'aria, carica di elettricità, sfrigolò, mentre uno dei perduti rimaneva ai suoi piedi come un mucchietto di cenere fumante. Kiki ansimò appena, per riprendersi dallo sforzo subito nel liberare quella immensa mole di energia in un lasso di tempo e di spazio così ridotto. La nebbia, attorno a lui, si era dispersa in fretta e lui si allontanò rapidamente, con una leggera corsa. Fuori dalla foresta, riprese un attimo aria, prima di teletrasportarsi di nuovo al santuario.

 

 

Imuen, protetto dalla penombra, aveva riposto la falce. Aveva assistito alla scena, pronto ad intervenire solo se ce ne fosse stato davvero bisogno. Esterrefatto, aveva lasciato Kiki ad agire da solo, per poi rivolgersi al fratello.

"E' forte da far paura quel moccioso! Ma anche gli altri sono così?"

Dei fuochi fatui che lo circondavano sempre, due si erano scontrati tra loro, per poi invertire subito la traiettoria. Haldir l'aveva fissato con la sua solita espressione spenta.

"Non hanno tutti quel potenziale ma messi insieme all'inizio e con un po' di pratica ci dovrebbero arrivare."

Imuen si era scaldato come al solito.

"Come accidenti facevi a sapere le loro esatte capacità contro i perduti?"

Haldir, che non gli rispondeva sempre subito, aveva annusato l'aria, più interessato alla cena che a lui.

"Lo immaginavo."

Imuen era impallidito, più di quanto gli conferisse il suo incarnato.

"Intendi dire che hai architettato tutto questo pandemonio col sangue di quella ragazzina, riportato alla vita mia moglie e usato me per liberare i cavalieri d'oro di Athena dalla loro prigione eterna, senza essere sicuro dell'esito delle tue azioni?"

Più il rosso si scaldava, più l'altro sembrava fregarsene.

"Sì."

Per la prima volta da che lo conosceva, Imuen ebbe quasi paura della follia di suo fratello.

"E che sarebbe successo se la tua immaginazione avesse fallito? Ti sei mai fermato a pensarci almeno una frazione di secondo?"

Haldir sbuffò, inziando ad essere contrariato.

"Alla peggio sarei finito a frignare come te, quando eri senza tua moglie e tuo figlio."

Incassando il colpo, Imuen aveva taciuto. Si convinse di dover continuare a sperare nell'intelligenza di suo fratello. Iniziava a capire sempre di più perchè ad Haldir andasse così a genio quella principessina che si faceva massacrare sull'arena: condivideva la stessa logica assurda di quel cretino del suo maestro. Chi era più pazzo? Il suo gemello o lui, che lo assecondava? Perchè, se fosse stato per lui, Haldir avrebbe spiegato la cosa ad Atena negli stessi identici termini. Non era che i Dunedain si sarebbero trovati anche le truppe di Athene, come nemici, oltre i perduti?

   
 
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